“Stupido sconosciuto dal volto coperto con il fucile, non abbiamo bisogno di altri morti per sapere che sei un codardo, dopo che hai già ucciso Naji al-‘Ali (vignettista palestinese freddato nel 1987 a Londra da un colpo di pistola sparato probabilmente da uno dei tanti bersagli della sua matita, ndr) conficcandogli il tuo proiettile nella testa, quella testa che ti infastidiva e ti minacciava. Non vogliamo altri morti. Sappiamo che le nostri armi sono più forti delle tue”. Sono queste alcune delle parole della lettera che il disegnatore egiziano Ahmed Makhlouf invia agli attentatori dei vignettisti di Charlie Hebdo. A completare la missiva di questo artista che da anni pubblica sul quotidiano Al-Masry al-Youm sono due caricature: un suo autoritratto mentre sfida un guerriero incappucciato con il fucile, brandendo in aria come unica arma una matita e una vignetta nella quale compare un uomo armato messo in fuga da una faccetta sorridente che fa l’occhiolino.
Chi è l’uomo mascherato al quale invia il suo messaggio?
Un anonimo. Non so dirvi neanche se si tratta di un musulmano o di un fedele di un’altra religione. Quello che so è che è un estremista. Una persona che non conosce l’Islam in profondità. Se comprendesse la vera essenza del credo musulmano non ucciderebbe alcun uomo. Apprezzerebbe invece l’arte frutto della fantasia e dell’ingegno umano. Certi disegni possono anche essere contro la nostra cultura e offenderla. Ma proprio in rispetto della nostra cultura, nulla può giustificare degli attentati come quello alla redazione di Charlie Hebdo.
Chi è il responsabile della violenta repressione della libertà di espressione?
Non l’Islam. Non è il credo musulmano la fonte dell’estremismo. Gli estremisti si nutrono di una distorta visione dell’Islam che tutti noi musulmani dobbiamo contribuire a estirpare. Un nutrito gruppo di vignettisti arabi sta tentando di compiere questa operazione. Ci serviamo delle nostre matite per farlo. Certo, una matita non è un kalashnikov. Ma può essere abbastanza appuntita da portare, nel tempo, risultati.
Che rapporto c’è tra Islam e satira?
Una relazione complicata. In Egitto nessuno si sognerebbe di pubblicare vignette come quelle che riempiono le pagine di Charlie Hebdo. Il nostro pubblico non le capirebbe e non le gradirebbe. Noi vignettisti arabi conviviamo poi con l’autocensura. Pensiamo quotidianamente ai tabù sociali perché vorremmo abbatterli, ma inevitabilmente ne siamo condizionati. È molto difficile abbattere queste barriere di paura ed esprimersi realmente liberamente. In Francia invece è diverso. L’autocensura non condiziona i nostri colleghi che sono liberi di esprimersi senza pensare alle vere conseguenze di quello che pubblicano. In questi giorni tutti parlano di come i vignettisti di Charlie Hebdo prendono di mira l’Islam, ma non scordiamoci che tra i protagonisti delle pagine di questo settimanale ci sono anche ebrei e cristiani. La religione viene trattata senza problemi. Da noi questo non è possibile.
Dopo le primavere arabe queste barriere sembravano abbattute. Eppure anche in paesi come il suo dove le autorità fanno il possibile per mostrare al mondo un volto “laico” la libertà di espressione è ugualmente a rischio.
Il periodo rivoluzionario non ha ancora portato i frutti sperati. Il momento di grande speranza nel quale abbiamo respirato una maggiore libertà è durato poco. Abbiamo in fretta capito che dobbiamo prestare molta attenzione anche quando disegniamo presidenti e militari. Molte mattine, mentre vado al lavoro mi sento in guerra contro le linee rosse con le quali sono al contempo costretto a confrontarmi.
In questi giorni ha fatto poca notizia il supplizio di Raif Badawi, un blogger libertario saudita condannato a mille colpi di frusta, 10 anni di prigione e 270 mila dollari di multa. Aveva detto di respingere ogni repressione condotta in nome della religione ed è stato accusato di aver apparentemente insultato l’Islam nella sua versione saudita.
Perché così poca attenzione nei confronti di un’altra vittima della repressione della libertà di espressione?
Delle vittime occidentali si parla in generale di più di quelle arabe. I nostri mezzi di informazione non sono soliti condurre vere e proprie battaglie a sostegno della libertà di opinione e di espressione, soprattutto quando queste si combattono sul proprio territorio. Quello che è certo è che gli eventi di questa settimana, tanto quelli di Parigi che quelli di Riyad, spaventano tanto noi vignettisti. Ora sento che ogni vignettista sulla faccia della terra può essere ucciso per un suo fumetto.