«Non si giura fedeltà ai beni di consumo né alle “cose” che si comprano in un negozio. E infatti quelle cose non affollano più la nostra vita un attimo dopo che il piacere si è esaurito». Questo standard del consumo è entrato in maniera definitiva anche nella nostra sfera sentimentale. Perché i matrimoni diminuiscono, perché il commercio sessuale è aumentato? Viviamo in un mondo di consumi estemporanei e relazioni “modello escort”. Anche le Femen, il collettivo di donne che ha protestato nudo qualche settimana fa in piazza San Pietro a Roma, usano il corpo come uno spazio pubblicitario.
Per Zygmunt Bauman oggi la libertà conquistata da decenni di lotte femministe rischia di rovesciarsi nel suo contrario. Lo scrive in un libretto di qualche anno fa, che esce in questi giorni anche in Italia, Gli usi postmoderni del sesso (il Mulino, pp. 88, euro 10). Il sociologo polacco può sembrare a volte moralista, eppure la sua chiave liquida per comprendere il mondo funziona con molte porte.
Qual è il carattere fondamentale di quello che lei ha definito “amore liquido”?
Oggi è più facile buttarsi nelle relazioni, ma si tende anche a farlo avventatamente, in maniera sconsiderata, gioiosa e priva di qualsiasi preoccupazione, angoscia o paura, perché entrambe le parti possono contare su una facile via di uscita nell’eventualità che il piacere ricavato non sia all’altezza delle aspettative o finisca per esaurirsi. Volendo parafrasare lo slogan utilizzato per promuovere una carta di credito, “elimina l’attesa dal desiderio”, potremmo affermare che la fragilità dei legami ha l’effetto di spogliare il desiderio dall’attesa.
È la pietra tombale sull’amore romantico?
Sì, la prima vittima del rapporto “liquido” è l’amore, il cui habitat naturale necessita di prospettive a lungo termine. Libertà e sicurezza sono due aspetti entrambi indispensabili per garantire gratificazione all’esistenza, ma ora ci è dato solo uno di loro. Con la libertà sessuale ci siamo anche guadagnati l’insicurezza.
“Libertà sessuale” uguale “insicurezza”.
La volatilità della relazione sessuale è una benedizione controversa. Ci dà e ci toglie qualcosa allo stesso tempo, una condizione estremamente ambigua, che produce atteggiamenti ambivalenti. Quest’ambivalenza investe in egual misura entrambi i sessi, malgrado le sue conseguenze pratiche per uomini e donne siano diverse.
Questo ha a che fare con la società dei consumi di cui parla in numerosi libri?
Molta della responsabilità di tale cambiamento nelle relazioni affettive e sessuali è da attribuire allo spettacolare sviluppo della cultura consumistica, che postula l’intero mondo abitato come immenso contenitore pieno fino all’orlo di nient’altro che oggetti di potenziale consumo. Ciò incoraggia la percezione e la valutazione che ogni individuo e ogni entità esistente al mondo sulla base del modello consumistico. Ossia, istituendo una relazione profondamente asimmetrica tra clienti e servizi, consumatori e merci: i primi si aspettano dai secondi unicamente il soddisfacimento dei propri bisogni, dei propri desideri e delle proprie volontà, mentre i secondi derivano il loro unico significato e valore dalla misura in cui riescono ad accontentare le aspettative.
Questo, applicato ai rapporti umani, significa che ci sono persone usate come cose, come merci. La prostituzione è un modello?
Assistiamo a un trasferimento del tipo di relazione soggetto/oggetto ai rapporti tra esseri umani, che mostra quindi la tendenza a trattare le persone secondo lo schema di relazione elaborato per le “cose” e riservato ad esse. Una volta smesso di garantire e fornire piacere o comodità, o una volta che il fruitore abbia intravisto la possibilità di ricavare maggiore soddisfazione o migliore qualità di soddisfazione altrove, i beni di consumo possono, devono e generalmente sono dismessi e rimpiazzati.
Torniamo alle donne. Le Femen protestano nude in piazza. Anche in questo caso il corpo sessualizzato è vittima della società dei consumi o non c’è invece un uso consapevole del voyeurismo del pubblico?
Entrambe le cose. Senza l’“ossessione voyeuristica” già promossa e consolidata dalla cultura consumistica non ci sarebbe nulla da “guadagnare” dal protestare in topless. E allora il topless diviene uno di quei “significanti fluttuanti” che si adattano a essere associati a un numero indefinito di “significati”, anche opposti al messaggio inizialmente veicolato. Scriversi sul seno nudo uno degli ultimi slogan per vendere prodotti o al contrario un motto anti-shopping hanno in comune il vantaggio di rendere il messaggio comprensibile a un pubblico ben allenato della società dei consumi. Ma a prescindere dal contenuto trasmesso e da quanto militante possa essere il messaggio esplicito, queste manifestazioni comunicano anche, per quanto in maniera obliqua, l’accettazione dello “status di significante” del corpo umano.
Esiste una via d’uscita al rapporto consumistico nelle relazioni?
In una società dei consumi veniamo imbevuti fin dalla prima infanzia e per tutta la vita della sovrapposizione tra le interazioni umane e lo schema di relazione cliente-merce o utente-servizio. Questo martellamento è la causa principale dell’attuale fragilità dei legami umani e della fluidità delle associazioni e dei rapporti, e per questo l’abbandono, la solitudine e l’esclusione ci fanno così paura.
Divorzi, separazioni, conflittualità nelle coppie. Tutta colpa della società liquida?
Certo che no. Gli attriti nelle relazioni sono inevitabili e i protagonisti non hanno altra scelta se non quella di predisporsi alla prospettiva di scomode e spesso irritanti e spinose contrattazioni. Nessuno può rivendicare un potere o una sovranità assoluta rispetto alla situazione. È il prezzo inesorabilmente connesso alle gioie uniche e totalizzanti che “un’unione amichevole e collaborativa tra esseri umani” porta con sé. Accettare di pagare tale prezzo è la magia che ci può aprire il Sesamo di favolosi tesori. Ma non deve stupire che molti oggi trovino questo prezzo troppo alto e considerino il pagarlo un peso troppo pesante.
Perché il modello consumistico è così attraente anche nei rapporti d’amore?
È a questa gente che è diretto il messaggio del mercato consumistico, che promette di liberare i rapporti umani dai disagi e gli inconvenienti a essi associati, e quindi riplasmandoli secondo lo schema di rapporto cliente-merce. È per questo che tanti di noi trovano l’offerta allettante e la accettano di cuore, gettandosi deliberatamente in una trappola nella piena inconsapevolezza delle perdite che lo scambio comporta.
Nell’epoca del sesso liquido a che perdite ci esponiamo?
Le perdite sono enormi, e si pagano in nervi scossi, paure che aleggiano su di noi. Per vivere dentro la trappola bisogna stare sempre all’erta: bisogna annusare la possibilità, addirittura la più remota probabilità, di intenzioni malevole e di nascoste trame da parte di qualsiasi estraneo, passante, vicino o collega. Agli occhi di chi è caduto nella trappola il mondo si presenta saturo di diffidenza e brulicante di sospetti; tutti o quasi tutti i suoi abitanti sono colpevoli fino a prova contraria, e allo stesso modo ogni assoluzione è solo temporanea, fino a ulteriore rettifica, sempre suscettibile di appello o revoca immediata.
Molto interessante e condivisibile l’analisi di Bauman. E’ sconcertante come alcune lotte, giustissime, sulla libertà sessuale e sulla liberazione della donna si siano arrestate una volta ottenuti gli obiettivi più visibili. A me pare che in genere le donne , invece di portare una visione del mondo più ampia, data la loro esperienza di sfruttate, abbiano assunto la mentalità maschile e che da lì non si siano più mosse.
qualche anno fa si era espresso, in modo analogo, anche Chastells
Concordo con l’analisi di Baumanche analizza attentamente la postmodernità e i problemi ad essa legati. Le democrazie sono sofferenti su più fronti;la dimensione della politica è anch’essa irretita e svilita dentro l’universo del rapporto “cliente-merce”ed ha per questo perduto la sua essenza e la sua autonomia;la relazione governanti-governati ne esce stravolta. Parallelamente le relazioni individuali e affettivo-sentimentalisono inesorabilmente sempre più mercificate. Che dire? Torniamo ad un sano inizio!