La strage a Charlie Hebdo.
L’Europa teme per la sua libertà

Dopo la sparatoria alla redazione di Charlie Hebdo, i morti confermati dalle forze dell’ordine sono dodici: il direttore Charb (Stéphane Charbonnier) e almeno tre vignettisti del settimanale di satira (Jean Cabut, Bernhard Verlhac e Georges Wolinski), altri giornalisti e poliziotti. Dodici vittime piante non solo da un intero Paese ma da una comunità che travalica i confini, riconoscendosi europea prima ancora che occidentale.

Negli uffici di rue Nicolas Appert si temeva semmai l’attacco delle banche: “Charlie è in pericolo“, si leggeva sul sito, in riferimento alle difficoltà finanziarie della rivista che si mostrava ben ben più sprezzante di fronte alle minacce dell’Islam radicale. Al punto di essere presentata da NewStatesman, nel 2007 come “Il magazine che osa prendersi gioco della religione”.

Da quando, nel 2006, presero la decisione di ripubblicare le dodici dissacranti vignette del quotidiano danese Jyllands-Posten (che rappresentavano ironicamente il profeta Maometto e che furono considerate blasfeme dai musulmani), erano finiti di fatti al centro di una fatwa.
Nel novembre 2011, il numero speciale “Charia Hebdo” aveva portato un incendio doloso alla redazione; il settembre successivo, il sito del giornale aveva subito un attacco hacker in seguito alla pubblicazione di altre vignette che ironizzavano su Maometto mostrandolo addirittura nudo. Un anno dopo, il direttore Charb era stato incluso in una lista di “ricercati” stilata da Al Qaida. “Siamo un giornale come tutti gli altri”, si difendeva di fronte alle telecamere di Al-Jazeera, rivendicando che “in Francia c’è un principio di libertà che non può essere minacciato”.

Le testimonianze della sparatoria del 7 gennaio riportano che gli attentatori invocavano “Allah u akhbar”, mentre mettevano a segno il loro colpo mortale alla libertà di espressione.

Unità nazionale ed unità europea

 

Il presidente francese François Hollande non ha alcun dubbio in merito: “È un atto terroristico”, ha affermato di fronte alla redazione del giornale. Per poi specificare in un tweet: “Nessun atto barbaro saprà mai uccidere la libertà di stampa. Siamo un Paese unito che saprà reagire e fare blocco.”

 

L’appello alla unità nazionale dei francesi si accompagna anche alle dimostrazioni di solidarietà a livello europeo. Da Londra arrivano i tweet del sindaco della città e del Primo Ministro inglese:

 

 

Da Madrid, tra gli altri, quello del Segretario generale del PSOE, Pedro Sanchez:

 

Ma la solidarietà arriva da ogni angolo d’Europa, dal Belgio…

 

… A Roma

 

Le reazioni del governo italiano

 

 

 

 

 

Le reazioni della stampa europea

“La stampa europea pubblichi oggi sul web e domani sulla carta le caricature di Maometto del 2006”, chiede un giornalista del quotidiano spagnolo El Pais

 

Mentre il direttore de La Stampa, Mario Calabresi definisce l’attacco con queste parole, pubblicate su Twitter:

 

Per Alberto Negri del Sole 24 Ore, invece l’attacco è:
“Una prova di forza del terrorismo che prende di mira non solo un giornale ma un intero Paese con una forte e storica presenza di milioni di musulmani: un terreno ideale di propaganda del messaggio jihadista e radicale perché la Francia è considerata la culla della laicità ma anche la nazione dove con l’ascesa della destra lepenista sta diventanto sempre più acceso lo scontro sull’immigrazione, sulla presenza di gruppi e fasce sociali che non condividono gli stessi valori repubblicani e secolaristi della Francia illuminista.” Nello stesso articolo, Negri indica anche quello che, a suo avviso, potrebbe essere il vero significato della strage del 7 gennaio: “La Francia, e forse l’Europa, stanno cominciando anche a pagare il prezzo di quello che sta accadendo da anni in Medio Oriente. Centinaia di francesi ed europei sono andati a combattere in Siria e in Iraq per il Jihad del Califfato e di altri gruppi islamisti contro il regime di Bashar Assad: molti stanno tornando da quell’esperienza e potrebbero avere costituito o rafforzato delle cellule con l’obiettivo di colpire obiettivi clamorosi. Oltre al terrorismo “fai da te”, di cui è stato un esempio l’attentato di Sydney, il Jihad, la guerra santa, importando tecniche di guerriglia maturate in guerra, è arrivato in Europa, nel cuore della Francia e di Parigi: questo potrebbe essere il messaggio inquietante della strage a Charlie Hebdo.”

La condanna dalla Grande Moschea di Parigi e della comunità islamica

“Un atto barbaro, di una gravità estrema” che è anche “un attacco contro la democrazia e la libertà di stampa”. Con queste parole, in un comunicato sul sito della Grande Moschea di Parigi, la comunità islamica francese condanna l’attentato a Charlie Hebdo.
“In un contesto politico internazionale di tensioni alimentate dai deliri di gruppi terroristi che si avvalgono ingiustamente dell’Islam, noi facciamo appello a tutti coloro che sono attaccati ai valori della Repubblica e della democrazia a evitare le provocazioni che non servono che a gettare benzina sul fuoco.”

Un giornalista del sito francese La Croix, twitta che la condanna alla strage avvenuta a Parigi è arrivata anche da parte delle massime autorità dell’Islam sunnita:

 

Le ultime vignette

 

 

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