Crisi indiana

Le aperture

Il Corriere della Sera: “I tre misteri del caso indiano. L’orario dell’incidente, la posizione della nave e l’ipotesi di un’altra imbarcazione coinvolta. New Delhi arresta i nostri marò che spararono ai pirati”. A centri pagina: “Per la presidenza tedesca Merkel sceglie Gauck, l’uomo dell’opposizione”, pastore protestante, 72 anni, ex dissidente nella Ddr. L’editoriale è firmato dagli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: “Essere prudenti è poco saggio”.

La Stampa: “Arrestati i due marò. Tensione India-Italia. La morte dei pescatori scambiati per pirati è un caso diplomatico. Severino: non siamo tranquilli. Roma: atto unilaterale. Delhi: li processiamo. Rischiano la pena capitale”. A centro pagina: “Intesa sul lavoro, Camusso frena. La leader Cgil: l’articolo 18 norma di civiltà. Tensioni nel Pd, Fassina critica Veltroni”.

La Repubblica: “Taglio delle tasse, Monti accelera. Pronto un decreto. Intesa sul lavoro, Cgil frena. L’articolo 18 divide il Pd”. Il quotidiano ricorda che per domani è previsto un “pre-consiglio dei ministri”.”%’5 miliardi tolti agli evasori serviranno ad abbassare l’aliquota Irpef ai redditi più bassi”. A centro pagina la vicenda dei due militari italiani arrestati nello stato indiano del Kerala: “India, arrestati due militari italiani. ‘Situazione tesa e grave'”.

Il Giornale: “Sciopero Cisl contro la Rai. La Cisl pensa al boicottaggio del canone perché Fazio invita solo la Cgil. ‘E’ il conduttore più settario’. Non c’è pace a viale Mazzini”. Il quotidiano si sofferma anche sul “business dei corsi di formazione” gestiti anche dai sindacati: “Sindacati e Regioni si mangiano 1,6 miliardi”. A centro pagina, con foto, ancora Celentano e Sanremo: “Adriano, il santone che non sa perdere”.

Il Sole 24 Ore: “I tribunali tagliano 400mila cause. Tra un mese il via alla seconda fase della mediazione civile: procedura obbligatoria estesa a controversie su Rc auto e condominio. In campo 400 mila conciliatori. Nel primo anno di applicazione risultati modesti”.

Erica Lexie

Sul Corriere della Sera si dà conto del rapporto firmato da Massimiliano Latorre, uno dei due militari italiani arrestati in India, su quanto avvenuto il 15 febbraio scorso a bordo della nave Erica Lexie, petroliera su cui era imbarcato insieme ad altri militari per “contrastare gli atti di pirateria”. La ricostruzione dei fatti di parte italiana e di parte indiana, infatti, non coincide. E i dubbi ruotano su tre “misteri”: orario dell’azione, luogo esatto in cui è avvenuta, l’imbarcazione su cui hanno sparato i militari italiani. Secondo il report trasmesso da Latorre, l’allarme scatta alle 11.30 del 15 febbraio, quando la petroliera si trova a 33 miglia dalla costa sudovest dell’India. La posizione viene “confermata” dal satellite, ma contestata dall’ndia. E anche gli orari non coincidono, poiché gli indiani collocano gli spari almeno due ore dopo. “Questo ha fatto nascere l’ipotesi che i due pescatori siano stati uccisi in un diverso conflitto, anche tenenedo conto che quella stessa sera risulta avvenuto un altro attacco di pirateria in un tratto di mare poco distante”, scrive il Corriere. Latorre ha allegato al rapporto tre fotografie, che indicherebbero come il peschereccio individuato dalla nave italiana sarebbe diverso dal St’ Anthony, quello dei due pescatori uccisi. Le immagini però non sono abbastanza chiare e non bastano a fugare i dubbi. Per tornare al momento degli spari, il rapporto dice che sono stati sparati colpi di avvertimento mentre la nave si avvicinava alla petroliera, e che gli ultimi colpi, quando la nave era vicina, vengono rivolti verso lo specchio d’acqua, “senza colpire l’imbarcazione”, che invece avrebbe – secondo gli indiani – i segni di 16 proiettili, e 4 sarebbero andati a segno uccidendo i due pescatori. Le autorità diplomatiche e investigative italiane ritengono “incredibile” questa ricostruzione. L’ultimo dubbio riguarda la scelta fatta dalla petroliera di entrare nelle acque territoriali indiane per consegnare i due militari, scelta sulla quale il comando della marina aveva espresso parere contrario. “Le procedure prevedono che le decisioni a bordo siano prese dal comandante, d’accordo con la Compagnia, ma generalmente in situazioni di emergenza ci si muove in accordo con le autorità militari e il governo italiano. Adesso bisognerà dunque verificare se davvero sia stato l’armatore a ordinare di abbandonare le acque internazionali e con chi sia stata condotta la trattativa”, conclude il quotidiano.
La Stampa, in un altro “retroscena”, spiega anche che l’Italia chiede di controllare i tipi di proiettili che hanno colpito il peschereccio e che hanno ucciso i due pescatori. “Le autorità italiane hanno chiestro fin dal primo istante, oltre all’esame del peschereccio, di procedere all’autopsia sui due cadaveri”, ma anche questo accertamento “al momento non viene accordato”.

Lavoro

Oggi al ministero del Lavoro riprende la trattativa tra il governo e le parti sociali. La Repubblica parla di un “asse sindacati-Confindustria” a difesa della Cassa Integrazione Straordinaria. Ieri, racconta il Corriere, la segretaria Cgil Susanna Camusso, intervistata da Fabio Fazio, ha detto: “Quando il ministro Fornero dice con troppa scioltezza che la Cassa straordinaria si può eliminare dice una cosa non vera, perché non ostacola ma consente la re-industrializzazione”. Luigi Angeletti, della Uil: “Fino a quando non ci sono risorse per fare qualcosa di meglio della Cassa Integrazione, non si può fare un dibattito serio”. Scrive La Stampa che in apparenza, la questione della riforma degli ammortizzatori sociali è altro dalla discussione sulla modifica dell’articolo 18, ma si tratta in realtà di due facce della stessa medaglia: il governo è convinto che per cambiare il mercato del lavoro occorra mettere mano a un sistema che tiene in vita a caro prezzo aziende e posti di lavoro privi di futuro. Proprio ieri il vice di Fornero, Martone, ricordava come ogni anno le casse dello Stato spendano per Cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga (quella introdotta per le piccole imprese), più di un punto di Pil, ovvero circa 16 miliardi di euro. E chiosa La Stampa: “Sindacati e Confindustria hanno ottime ragioni, confessabili e inconfessabili, per dire no. Temono le ricardute su aziende e lavoratori di una riforma in corsa, mentre il Paese consuma la più grave crisi economica del dopoguerra”. Il quotidiano sottolinea anche che il sistema in vigore garantisce ai sindacati e a quella parte di Confindustria affezionata ai contratti nazionali un potere di mediazione che sarebbe spazzato via: basti pensare alla ristrutturazione della vecchia Alitalia, che ha garantito ai lavoratori licenziati cassa integrazione e scivoli verso la pensione da ormai sette anni.
La Repubblica, parlando per l’appunto di questo “asse” tra sindacati e Confindustria, cita le cifre fatte da Fulvio Fammoni, della segreteria nazionale Cgil, secondo cui senza Cassa integrazione straordinaria salterebbero circa 800 mila posti di lavoro a partire dal 2013. La stima è ricavata da due dati: mediamente durante l’anno i lavoratori in Cassa integrazione a zero ore (cioé quelli che non vanno mai a lavorare e percepiscono solo il sostegno al reddito) sono intorno a 4-500 mila; mentre nell’arco del 2010 sono stati 1,5 milioni i lavoratori interessati alla  cassa integrazione nelle sue varie versioni. Incrociando questi due dati, la Cgil arriva a quei circa 800 mila lavoratori che, senza più la cassa straordinaria, potrebbero esser destinati – secondo lo schema accennato dalla Fornero – al sussidio di disoccupazione, privi di legami con l’azienda.
Spiega Il Sole 24 Ore che l’obiettivo di medio periodo del governo è quello di procedere ad un restyling della cassa integrazione, limitandone durata e confini, e introdurre un sistema universale di tutele per chi perde il posto legato a doppio filo con le politiche attive (chi non accetta un nuovo impiego prede il sussidio). Un sistema a due vie che sostiene – a parità di costi – da un lato le crisi temporanee con la cassa integrazione ordinaria rafforzata e – dall’altro – il reddito dei disoccupati con indennità e sussidi.

Una intera pagina del Corriere della Sera è dedicata ad un approfondimento sugli ammortizzatori sociali: “Ecco dove si cercano i fondi per il welfare”. Con tre riquadri in cui si spiega la situazione attuale e i suoi cinque pilastri, dalla cassa integrazione alla cassa integrazione straordinaria, alla indennità di mobilità; e poi la riforma ipotizzata, “un sistema con due sussidi”; infine il capitolo delle risorse, poiché la spesa per le tutele è cresciuta del 119 per cento”. Dettagliato e utilissimo.

Università

Sul Sole 24 Ore una intera pagina è dedicata alle università e al piano del ministro Francesco Profumo, che punta sulla internazionalizzazione degli atenei: l’obiettivo è quello di aumentare il numero degli studenti stranieri, soprattutto da Paesi oggi poco rappresentati. Un riquadro confronta l’Italia con altri Paesi europei: da noi soltanto 3 studenti su 100 provengono da un Paese straniero, mentre nel Regno Unito la quota di universitari stranieri è al 19.9 per cento, in Germania al 10,9. Il ministro Profumo, intervistato, dice che non si tratta di raggiungere un obiettivo solo in termini “statistici”, perché è centrale il “progetto Paese”: studenti cresciuti in contesti più internazionali sono importanti per le imprese”, se portiamo studenti stranieri alla laurea o al dottorato, dobbiamo fare in modo che poi possano lavorare nelle nostre imprese”.
Il ministro Profumo cita casi come il Politecnico di Milano, che ha deciso di tenere in inglese tutte le lauree magistrali e i dottorati a partire dal 2014. E dice che la presenza di un quota crescente di studenti internazionali responsabilizza i docenti, li fa lavorare in un contesto più ricco e crea rapporti tra docenti di diversi Paesi. Il quotidiano ricorda che la novità del Politecnico ha significato anche forte spinta ai visiting professor e ad altre forme di collaborazione con i docenti di altri Paesi.

Internazionale

La Stampa racconta che ieri il Presidente-candidato Sarkozy ha fatto il suo primo grande comizio, e lo ha fatto a Marsiglia, con due novità: la presenza di Carla Bruni e una sterzata a destra nei programmi per una opinione pubblica scettica. Sarkozy, infatti, combatte su due fronti: contro lo sfidante socialista Hollande, che nei sondaggi gli resta saldamente davanti, e contro la “femme formidable” dell’ultradestra Marine Le Pen, che lo tallona. E già la scelta di Marsiglia è significativa, visto che è l’unica metropoli governata dalla destra. Ma soprattutto, è la città dove il Front National di Le Pen attira di più gli elettori moderati. Lo slogan è “la France forte”. Sarko ha parlato della crisi, sottolineando che è stata evitata la catastrofe: “Guardate quel che capita all’operaio greco, guardate quel che succede al pensionato italiano”. Contro la sterzata a destra, per cercare di bloccare Marine Le Pen, no al comunitarismo, no all’eutanasia, al matrimonio o alle adozioni gay, sì a un giro di vite sull’immigrazione: “La Francia padrona a casa sua”, scandisce Sarko.
Bernardo Valli è inviato in Francia per La Repubblica e racconta “l’acrobatica giravolta di Sarko nell’arena populista di Marsiglia”. Sarkozy vuole attirare Hollande nell’arena, convinto di poterlo superare con la sua energia e la sua abilità di oratore, convinto che al suo avversario manchi il carisma indispensabile ad un candidato alla presidenza. Ieri Sarko è stato un “agile, appassionato tribuno”, impegnato a destreggiarsi tra riforma e conservazione, presentandosi come nemico delle elites.

E poi

Alle pagine delle Idee e opinioni del Corriere, Alberto Melloni ricorda che oggi il patriarca ecumenico Bartholomeos I terrà, per la prima volta nella storia della Repubblica turca, un discorso al Parlamento di Ankara in vista della nuova Costituzione. Parlerà a nome delle minoranze cristiane ortodosse di greci, armeni e simili, ai quali il laicismo abrasivo della Repubblica ha reso la vita difficile. Domanderà che la presentazione denigratoria e antinazionale delle minoranze in alcuni libri scolastici turchi venga dissuasa alla radice. Per Melloni è la prova che Erdogan fa della politica religiosa la chiave della nuova centralità di un impero nei cui ex territori la primavera araba vira verso una torrida estate salafita.

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