Il Fatto quotidiano: “La bomba Mps scoppia su Monti e il Pd. Dopo giorni di silenzio il governo è ‘pronto a riferire in Parlamento’. Ma ormai è guerra di tutti contro tutti. Il ministro dell’Economia si difende e scarica su Bankitalia la responsabilità sui mancati controlli, ma Napolitano si schiera con la Banca centrale. L’imbarazzo dei democratici”.
La Repubblica: “Montepaschi, scontro sui controlli. Il ministro Grilli: emergenza nota da un anno, la vigilanza spetta a via Nazionale. Il premier attacca la Cgil sul lavoro, Bersani difende Camusso. Napolitano: caso grave, fiducia in Bankitalia. Monti: riferiremo alle Camere”. A centro pagina un sondaggio: “Sinistra 12 punti sopra Pdl e Lega, i centristi al 16 per cento, Grillo a quota 13”.
Il Corriere della Sera: “Caso derivati, tensione su Bankitalia”; “Il ministro dell’economia: i controlli spettano alla Vigilanza. Il presidente della Repubblica: fiducia nell’Autorità centrale”. “La difesa del Quirinale. Monti: Grilli in Parlamento su Monte dei Paschi”. A centro pagina una foto racconta la cerimonia di commemorazione di Giovanni Agnelli: “Napolitano, le riforme e l’unità del Paese”, il titolo dell’articolo di Aldo Cazzullo.
La Stampa: “Mps, Monti contrattacca. ‘No a strumentalizzazioni elettorali, pronti a riferire in Parlamento’. E accusa il Pd: spaventate i mercati. La replica: si occupi degli esodati. Tensioni sui controlli tra Grilli e Bankitalia. Napolitano: questione grave. Il titolo crolla (-8 per cento), oggi l’assemblea”. Di spalla “Torino commossa ricorda l’Avvocato”. In alto, sotto la testata, la campagna elettorale: “Manca un mese al voto. Centrosinistra avanti, ma a Bersani serve il Centro”, dice un sondaggio di Piepoli.
Il Sole 24 Ore: “Mps, resa dei conti in assemblea. Oggi lo scandalo dei derivati all’esame dei soci, ancora giù il titolo (-8,19 per cento), il cda rassicura. Grilli: la vigilanza spetta alla Banca d’Italia”. Di spalla, su Agnelli, il quotidiano pubblica il ricordo di Giorgio Napolitano (“Agnelli, l’orgoglio delle istituzioni”).
Il Giornale: “Banca rossa fraudolenta. Lo scandalo Mps si allarga e nel governo parte lo scaricabarile. Monti in imbarazzo e Napolitano lo baccheta”. “Dieci domande a Bersani sul ‘Monte’ di guai del Pd”.
Libero: “Sotto la banca ilPd crepa”, con foto di Mussari insieme ai leader del Pd e della Cgil: Bersani, Veltroni, Amato, Camusso. “Ora i compagni fanno finta di non conoscere il loro banchiere”.
Oggi a Roma si apre una due giorni di conferenza sul lavoro della Cgil: “Salvare l’Italia con il lavoro”, il titolo de L’Unità. “Oggi a Roma il piano della Cgil per l’occupazione e un nuovo modello economico”.
Monte dei Paschi di Siena
Il Corriere della Sera si sofferma sulle parole pronunciate ieri dal ministro dell’economia Grilli, riferendo che sono state interpretate come un attacco alla Banca d’Italia: “non è un fulmine a ciel sereno. Sappiamo da un anno che la banca è in una situazione problematica. Non ho evidenza di problemi simili in altre banche. Sui controlli dico soltanto che spettano a Bankitalia”, ha detto Grilli. Nel pomeriggio il portavoce del Tesoro ha invece tenuto a sottolineare che non c’è stato “nessun attacco alla Banca d’Italia” da parte di Grilli. E che “i rapporti del ministro del tesoro con il governatore e con l’istituto non sono ottimi, sono eccellenti”.
Ha parlato anche il presidente Napolitano: “E’ una vicenda grave, bisogna occuparsene”, “io ho fiducia nella Banca d’Italia che se ne sta occupando”. Mario Monti è intervenuto da Davos, assicurando che il governo, nella persona del ministro Grilli, riferirà in Parlamento. E secondo il Corriere ha difeso anche l’operato di Bankitalia, allora presieduta da Mario Draghi: “Non si può parlare di fallimento della supervisione bancaria”.
Un altro articolo del quotidiano milanese si occupa dell’acquisto di Antonveneta, origine dei mali della Mps: l’autorizzazione fu data da Bankitalia rapidamente perché – si fece allora sapere – erano rispettati tutti i requisiti richiesti dalla legge: quella nuova sul risparmio in cui, come reazione alla bufera creata dalle decisioni dell’ex governatore Fazio, era stata abolita ogni forma di discrezionalità per Bankitalia. All’epoca – non era ancora scoppiata la tempesta dei mercati seguita al crollo della Lehman – l’operazione fu giudicata sostenibile, sia pure con l’esortazione a rafforzare il patrimonio. Quanto al prezzo troppo alto, rientra nella piena autonomia imprenditoriale delle banche, fanno sapere da Bankitalia: compito della Vigilanza è verificare che il prezzo pagato sia sostenibile dal punto di vista patrimoniale, e che la banca risultato dalla fusione sia in grado di funzionare dal punto di vista tecnico e organizzativo”.
Il Fatto quotidiano scrive che è una relazione dell’amministratore delegato Viola a spiegare ai soci la vicenda del buco di 200 mioni di euro ancora non iscritti a bilancio e dovuti alla operazione del 2009, un “contratto segreto” tra Mps e la banca giapponese Nomura, fatto dall’istituto senese per ristrutturare alcuni dei suoi investimenti, fatti con due fondi – Alexandria e Santorini – e giudicati nel 2009 troppo rischiosi. Ampi stralci di quella relazione sono pubblicati dal quotidiano. E’ ancora Il Fatto a scrivere che Mussari, ex presidente della Banca e della Fondazione, ha dovuto “aggiustare i bilanci” per “garantire” anche negli anni più difficili del Mps, dopo la scalata ad Antonveneta, un dividendo all’azionista, cioè alla Fondazione Monte dei Paschi.
Tito Boeri su La Repubblica (“Le mani della politica sulle Fondazioni”) scrive su che questa viceenda è figlia del sistema di potere creato dall’intreccio tra politica locale, fondazioni bancarie e governance degli istituti di credito. Tutto punta in questa direzione, a partire dalla carriera del protagonista principale, quel Giuseppe Mussari che solo un mese fa veniva incoronato alla guida della Associazione bancaria italiana, nonostante i problemi della banca da lui guidata fossero noti da tempo, come ha dichiarato il ministro Grilli.
Il Presidente della Consob Giuseppe Vegas ne scrive sulla prima pagina de Il Foglio. Si occupa in particolare dei derivati finanziari, strumenti “originariamente creati per consentire di coprire i rischi di operazioni di natura finanziaria o reale e permettere, per tal via, di intraprendere attività economiche con minore difficoltà. In sostanza si tratta di una sorta di assicurazione, per certi aspetti ismile a quella che ordinariamente si fa sulla vita o sulla automobile”. Ma strada facendo ci si è resi conti che “lo strumento poteva essere utilizzato per altri scopi, in sostanza per moltiplicare le occasioni di guadagno. Da strumento assicurativo, cioè, si è progressivamente trasformato in strumento speculativo, utilizzato per vere e proprie scommesse finanziarie. Progressivamente poi c’è stato un meccanismo di trasferimento del rischio, ed ora manca una “chiara individuazione del soggetto su cui ricade il rischio finale”: ciò finisce per deresponsabilizzare ed agevolare comportamenti di azzardo morale. Si è approfondito il solco tra la dimensione della finanza derivata e l’economia reale. Vanno quindi introdotti meccanismi di trasparenza e di contenimento del rischio sistemico.
Monti Bersani Cgil
Scrive il Corriere della Sera che ormai è scontro aperto tra Monti e Bersani. A scatenare le polemiche è stato l’accenno del segretario Pd alla “polvere sotto il tappeto” che sarebbe stata nascosta dai tecnici. La risposta di Monti: “Al di là della volontà, parlare di polvere sotto il tappeto può risultare sinistro ai mercati internazionali, dando l’idea che ci siano cose nascoste nel bilancio pubblico”. Il quotidiano ricorda che è la seconda volta, peraltro, che il professore tenta di fermare su questo tema il segretario Pd, accusato in qualche modo di spaventare la comunità finanziaria internazionale, danneggiando l’Italia. Ma non è l’unico fronte conflittuale, poiché lo scontro verte anche sul ruolo della Cgil: “E’ ridicolo parlare di eterodirezione della Cgil sul Pd”, ha detto Bersani, dicendosi stupito del fatto che Monti “usi certi luoghi comuni insufflati dalla destra”. Bersani ha chiesto un “salario minimo garantito per chi non ha contratto”, ed ha chiarito che chi pensa che il Pd possa lasciare Sel per Monti deve levarselo dalla testa. Della Cgil Monti ha parlato a Davos, accusandola di frenare le riforme: “Ha resistito decisamente al cambiamento e non ha firmato accordi che altri hanno firmato. Questa cultura va cambiata”. Oggi, peraltro, la Cgil presenterà il suo piano del lavoro nella “Conferenza di programma” che vedrà gli interventi del segretario Pd Bersani, di Nichi Vendola, dell’ex premier Amato, del ministro della coesione Barca. Il Corriere della Sera riferisce della riunione del network di economisti di area Pd nei giorni scorsi, per concentrarsi su politiche per la crescita, disuguaglianza, politiche sociali, crisi dell’euro, politiche europee. Il Pd, scrive il Corriere, punta a cambiare la lettura dominante della crisi economica e delle ricette per uscirne. E la sintetizza come “la sua ricetta antiliberista su welfare, crescita e lavoro”. Il seminario tenutosi nei giorni scorsi ha visto la presenza di oltre 50 esperti guidati dal responsabile del dipartimento economia Pd Fassina. Tra le letture della crisi, ha prevalso l’opinione che il fiscal compact non reggerà, perché saranno molti gli Stati non in grado di rispettare i vincoli di pareggio di bilancio e di riduzione del debito: rischia di essere superato dai fatti, dice Massimo D’Antoni, che coordina il network di economisti. Lo stesso D’Antoni precisa che non c’è una richiesta di revisione del fiscal compact
Su La Repubblica, ampio spazio per il piano che la segretaria Cgil Camusso presenterà oggi: “Interventi da 50 miliardi per battere la recessione, ecco la ricetta Camusso”. Il piano punta sul sostegno pubblico alla domanda, una chiave in qualche modo keynesiana che la Cgil però non traduce in aiuti a pioggia a banche, imprese, ricerca. Punta invece a coinvolgere anche capitali privati. Per contrastare la austerità è necessario mettere fine alla politica dei tagli. Serve “una grande spinta verso politiche di sviluppo, sostenuta da un nuovo intervento pubblico”. E’ necessario quindi agire sul dissesto idrogeologico, rischio sismico, trasporto pubblico locale, evitando spreco di energia, migliorando il ciclo dei rifiuti, intervenendo su una scolarizzazione insufficiente, sulle lacune dell’assistenza agli anziani.
Se ne parla ampiamente su L’Unità, che riferisce anche della proposta di una mutualizzazione europea del 20 per cento del debito e della creazione della “banca nazionale di investimento”, ovvero un fondo a controllo pubblico aperto ai privati per finanziare filiere di innovazione e progetti sui beni comuni. Un intervento di Laura Pennacchi illustra il contenuto di questo “libro bianco per la creazione diretta di lavoro”.
Stefano Folli, nella sua analisi politica sul Sole 24 Ore, sottolinea come la “vera frattura” tra Monti e Bersani non sia su Vendola, ma sulla Cgil: “Se l’idea di Monti è una democrazia non concertativa, dove nessuna organzizazione sociale può mettere ‘veti’ sulle decisioni governative, la Cgil diventa l’organizzazione da sconfiggere. L’opposto di quel che vuole Bersani, e non solo per gli storici rapporti con il sindacato. Infatti il candidato del centrosinistra descrive una nuova era della concertazione, quando a Palazzo Chigi saranno invitate anche le sigle della solidarietà e del volontariato”. Sullo stesso quotidiano si riferisce della presentazione della coalizione ieri, con “photo opportunity” di Vendola, Bersani, Tabacci. Vendola ha risposto ancor più irritato di Bersani alle critiche di Monti: “Faccio notare con quanta pignoleria io venga sottoposto quotidianamente all’analisi del sangue, per quanto riguarda l’affidabilità di governo. La mia esperienza alla guida della Puglia è un esempio di stabilità e capacità sotto qualunque indicatore economico”.
Quanto alla possibilità di sotituire Vendola con i centristi di Monti qualora il centrosinistra non avesse la maggioranza, ha ricordato: “Abbiamo sottoscritto un patto”.
Su La Repubblica, l’Atlante politico con i sondaggi, illustrato da Ilvo Diamanti. Sono i dati forniti dunque da Demos, secondo cui il Pd sarebbe il primo partito, sfiorando al Senato il 35 per cento. Il Cavaliere a quota 18, Monti al 16, Grillo a 13, incerti sarebbero il 30 per cento, molti di loro nel 2008 votarono per Berlusconi. Ma, secondo lo stesso quotidiano, il Senato resta una “roulette”: Sicilia e Lombardia sono in bilico, poiché la maggioranza a Palazzo Madama dipende dai premi regionali. Anche La Stampa offre una proiezione in termini di distribuzione dei seggi, grazie all’Istituto Piepoli: alla Camera vincerebbe il centrosinistra, ma il centrodestra conqusiterebbe Lombrdia, Veneto e Sicilia in Senato, il che significa che per governare Bersani avrebbe bisogno di Monti. Piepoli, intervistato, si dice convinto che le regioni chiave resteranno a Pdl e Lega, poiché il Pd avrà, secondo i sondaggi, 121 seggi a Palazzo Madama. Con i 38 previsti per Monti la maggioranza assoluta c’è, anche senza gli altri alleati di centrosinistra, come ad esempio Sel. La Stampa, occupandosi delle regioni in bilico, focalizza l’attenzione sulla Puglia, dove il “Vendola di governo”, perderebbe consensi a sinistra, rischiando di non raggiungere la soglia del 4 per cento alla Camera.
Internazionale
Su Il Corriere della Sera un reportage dal Mali, dove gli operatori umanitari denunciano esecuzioni sommarie in strrada da parte di soldati. Una vendetta, fatta di caccia ai tuareg e rastrellamenti nella comunità araba. Si dà conto anche della scissione di un gruppo di tuareg dal sanguinario Ansar Dine: è nata così una nuova formazione, il movimento islamico dell’Azawad (Mia) che rinuncia al terrorismo e chiede alla Francia l’avvio di una trattativa. Il Mia conterebbe centinaia di combattenti su un vasto territorio, è guidato da un personaggio che era un portavoce fino a ieri del movimento Ansar Dine, e, condannando estremismo e terrorismo, si impegna a combatterli.
Il documento di dissociazione, peraltro, viene dalla città sahariana di Kida, dove si stanno concentrando proprio i fondamentalisti islamici.
Su La Repubblica la notizia che il consiglio di Stato turco ha sospeso l’esecutività di un articolo del regolamento dell’Associazione Avvocati (Tbb) che vietava alle donne di indossare il velo in aula durante lo svolgimento della loro professione. Un’altra “picconata” al kemalismo, commenta il quotidiano, plaudono alla decisione i settori vicini al governo di Erdogan, primo ministro turco.
Sul Corriere della Sera e su Repubblica, attenzione anche per la minaccia nucleare della Corea del Nord, che ha annunciato un nuovo test atomico. E’ la risposta alle nuove sanzioni Onu approvate lo scorso dicembre, con il via libera di Cina e Russia. Pyongyang, scrive La Repubblica, ha reso noto che “nella nuova fase della secolare lotta anti-americana” prevede di avviare il suo terzo test atomico e di sparare “più razzi a lunga gittata” con l’obiettivo di “colpire gli Stati Uniti”. Delusi, scrive il Corriere, quanti si illudevano che Kim Jong-un, il nuovo, giovane leader, sarebbe stato meno aggressivo.
E poi
Su La Stampa si dà notizia della lectio che terrà oggi a Torino Frédéric Lenoir, sociologo francese e direttore dell’inserto “Le Monde des religions”. Gli viene chiesto quali siano oggi le forme della laicità e Lenoir distingue due modelli: il regime di separazione che confina la religione alla sfera privata, perfettamente rappresentato dalla Francia, e il “caso” Stati Uniti, che legittima l’espressione religiosa all’interno della dimensione pubblica. In questo secondo modello sono coinvolte società che hanno identità collettiva profondamente legata a un riferimento religioso; ed è a questo tipo di laicità, in cui la fede dominante continua ad essere il contrassegno identitario collettivo, che si stanno orientando i Paesi arabi teatro delle rivoluzioni democratiche. Al contrario, secondo Lenoir, Paesi de cristianizzati come Spagna, Germania, Paesi Bassi, si stanno avvicinando al modello francese, nel quale “le rivendicazioni di religioni, che reclamano maggiore visibilità o influenza, sono osteggiate da una parte rilevante della popolazione”.
Con un richiamo in prima, La Repubblica offre ai lettori una inchiesta su quella che definisce “l’offensiva dell’Islam radicale” in Italia. Il titolo: “Il bel Paese dei Fratelli Musulmani”. Alle pagine interne l’inchiesta è così titolata: “Soldi a moschee e aziende. Così i Fratelli Musulmani si infiltrano tra gli immigrati”. L’obiettivo è la conquista del milione e 650 mila immigrati in Italia. Le attività: soprattutto negozi di frutta e verdura, poiché quelli gestiti da egiziani nell’ultimo anno sono cresciuti del 20 per cento. Gli affiliati sono supportati da un investimento iniziale, poi fanno rete tra loro.