Il Corriere della Sera. “L’Ilva chiude, 5 mila a casa. La risposta ai 7 arresti decisi dai magistrati di Taranto”. “L’azienda annuncia il blocco anche di altri stabilimenti. La Fiom agli operai: restate in fabbrica”.
La Stampa: “Dramma Ilva, 5 mila a casa”. “Taranto, Riva blocca l’acciaieria. Badge degli operai disattivati, è sciopero”. “Monti studia un decreto e convoca per giovedì enti locali e parti sociali. Preoccupazione per gli altri impianti italiani”.
Il Sole 24 Ore: “Nuovo sequestro e l’Ilva chiude. Giovedì vertice a Palazzo Chigi. Confindustria: impatto gravissimo sull’industria. A Taranto sette arresti (tra cui Fabio Riva). Indagato anche Ferrante. Bloccata la produzione degli ultimi quattro mesi”. L’editoriale di Alberto Orioli è titolato. “I diritti negati dell’industria, in gioco il Paese”:
Il Fatto quotidiano: “Rappresaglia: l’Ilva chiude, ora Bersani restituisca i soldi a Riva. Taranto, 7 arresti per concussione e veleni. L’azienda caccia 5 mila lavoratori. Il Gip: ‘Vendola regista delle pressioni sull’Arpa’. Lettera della proprietà al segretario Pd (finanziato con 98 mila euro nel 2006-2007) per bloccare la battaglia ambientalista del suo parlamentare Roberto Della Seta”.
Il Giornale: “Sallusti agli arresti. La Procura di Milano ha deciso: va ai domiciliari. Gli tolgono la libertà. Il direttore: ‘Ma io continuo a lavorare’. Il Pdl al Senato fa saltare la legge anti-giornalisti. Riparte tutto da zero”.
La Repubblica: “Bersani-Renzi, duello finale. Riparte lo scontro sulle regole. Vendola si schiera con il segretario. Polemica anche sui risultati definitivi: 9 punti di distacco tra gli sfidanti. Il sindaco di Firenze chiede di aprire la partecipazione al ballottaggio”. A centro pagina: “Ilva, sette arresti per inquinamento; l’azienda chiude, 5 mila operai a casa”.
L’Unità: “La sfida ricomincia da 9. E’ il distacco tra il segretario (44,9) e il sindaco (35,5). Al ballottaggio con 290 mila voti di differenza. Il leader democratico: ora basta dire ‘noi’ e ‘loro’. Lo sfidante: voglio un’altra squadra. Vendola: non voterei mai Matteo, ma Bersani ci convinca”:
Europa: “Renzi, una rimonta difficile. Bersani cerca i voti di Vendola”.
Libero: “Primarie farsa, ecco le prove. Abbiamo votato tre volte”. Il quotidiano scrive che un giornalista di Libero ha votato tre volte in poche ore alle primarie: una a Monza, e due allo stesso seggio di Milano”.
Ilva
Ieri la Procura di Taranto ha chiesto, e il Gip Todisco ha disposto, sette arresti, tra cui il manager Fabio Riva, ha inviato un avviso di garanzia al Presidente Ferrante, ha sequestrato i prodotti finiti negli ultimi quattro mesi dell’Ilva.
L’azienda ha deciso di fermare la produzione, ed ha messo in ferie forzate i cinquemila dipendenti. Il Sole 24 Or scrive che non sono stati soli gli arresti e l’avviso notificato a Ferrante, ma il sequestro dei prodotti finiti disposto dal Gip a determinare la decisione di fermare la produzione. “Non potendo più spedire coils e lamiere ora bloccati dalla Guardia di Finanza, da ieri sera l’azienda ha fermato gli impianti dell’area a freddo, annunciando anche la chiusura di tutti gli altri stabilimenti che dipendono dalla produzione di Taranto”. I reati contestati sono associazione a delinquere e corruzione, con riferimento ad una “mazzetta” da 10 mila euro che, per i Pm, l’ex consulente aziendale Girolamo Archinà avrebbe consegnato all’ex perito della Procura di Taranto Liberti in una stazione di servizio, mentre per l’azienda si trattava di una donazione alla Diocesi. Il Gip ha negato la richiesta di arrresto per un altro figlio di Riva, Nicola. Cinque degli arresti sono legati direttamente al filone Ilva. A questi se ne uniscono due del secondo capitolo di un’altra inchiesta, chiamata “Ambiente venduto”, relativa a permessi e autorizzazioni ambientali rilasciati dalla pubblica amministrazione. Qui, con una altra ordinanza, sono ai domiciliari l’ex assessore all’ambiente di Taranto Michele Conserva e Carmelo delli Santi, dalla Promed Engineering. Per loro l’accusa è di associazione a delinquere e concussione. Conserva avrebbe utilizzato la sua funzione per condizionare il rilascio delle autorizzazioni all’utilizzo di consulenze tecniche e professionali da lui stesso indicate”.
Sul versante Ilva le dichiarazioni del Gip e del Procuratore Capo di Taranto fanno riferimento al fatto che si è deciso di intervenire per fermare “reati di pericolo ‘che interessano la vita e la salute di migliaia di persone. Un diritto, questo, che non può essere compresso da alcuna esigenza tecnica ed economica. Anche il diritto al lavoro, di fronte al diritto alla vita e alla salute, deve fare un passo indietro’”.
Su L’Unità Patrizio Bianchi firma un commento (“Una prova per il governo”) in cui si ricorda, come esempio, che la Commissione europea ai tempi di Romano Prodi aveva deciso non soltanto di puntare su una green economy, ma di “greening the economy”, cioé di riorganizzare tutta l’economia europea sul principio di una qualità ambientale che oggi appare essere la via per uscire dalla crisi. Si tratta di ‘allungare l’orizzonte’ e tornare a delineare una via di rilancio del Paese di cui Taranto sia emblema e laboratorio. Per Bianchi “il governo dovrà riattivare tutte quelle strumentazioni che permettano una gestione straordinaria dell’impresa e, nel contempo, o meglio in parallelo, gestire la bonifica del sito”.
La Stampa riferisce le parole del ministro dell’Ambiente Clini: a questo punto una iniziativa del governo è necessaria. Secondo il quotidiano, tra le opzioni praticabili, vi sarebbe l’idea di seguire l’esempio del 2008, quando il governo Berlusconi, per tamponare l’emergenza rifiuti in Campania, dichiarò per decreto legge l’area come “sito di interesse strategico nazionale”. Il decreto legge del 2008 trasformò la discarica di Acerra in un’area in cui molte leggi non avevano più vigore, gestita da un commissario straordinario con poteri eccezionali. Il provvedimento consentì di scaricare i rifiuti di Napoli nella cava e in altri nove siti, sospendendo quarantatre leggi e decreti, tra nazionali e regionali, in materia ambientale, igienico sanitaria, urbanistica e via dicendo. Un’altra ipotesi allo studio sarebbe un decreto che imponga all’Ilva il risanamento completo del sito industriale, erogando divieti e sanzioni a chiunque (all’azienda, ma anche ad altre autorità, come quelle locali o la stessa magistratura) ostacoli l’operazione.
E ancora dichiarazioni di Clini: Chi oggi si assume la responsabilità di chiudere l’Ilva a fronte dell’autorizzazione ambientale che abbiamo rilasciato si assume la responsabilità di un rischio ambientale che potrebbe durare anni e che potrebbe non essere risanabile nel breve periodo.
Primarie
Su La Stampa una ricerca della Società italiana di scienze politiche in collaborazione con Il Mulino viene così sintetizzata: “Un elettore su cinque ‘estraneo’ al centrosinistra”, “tanti i nuovi votanti: nel 2008 il 10 per cento si era astenuto e l’8 per cento aveva scelto la destra”. Leggendo le preferenze, si scrive che Renzi è stato più in grado di attrarre voti “nuovi”: il 16 per cento del suo elettorato, ovvero quattro volte più di Bersani. I ricercatori la considerano in qualche modo una “capacità innata” di Renzi, poiché anche alle primarie per il sindaco di Firenze più di un elettore su dieci proveniva da chi in passato aveva votato per la destra. L’esatto opposto di Bersani, che ha un elettorato più militante (l’88 per cento è del Pd, contro il 64 per cento di Renzi).
E’ anche per questo che il 42 per cento dei sostenitori di Renzi è “matricola”, ovvero non aveva mai votato prima alle primarie. Bersani ha invece fatto il pieno tra i “veterani” delle primarie: l’85 per cento, come la Puppato, coloro che cioè avevano votato già nel 2005 per la scelta del premier e nel 2007 o nel 2009 per la scelta del segretario del partito. Il 77 per cento dei votanti non è iscritto ad alcun partito. L’operato di Monti riceve un giudizio positivo dal 69 per cento dei votanti, e questa ampia maggioranza di cittadini vota in modo pressoché indifferenziato per i candidati Renzi e Bersani (con una lievissima prevalenza del primo sul secondo).
Su Il Fatto quotidiano una intervista a Rosy Bindi, presentata come “Bersaglio numero 1”. La Bindi legge i dati di grande affermazione di Renzi in Toscana: “Siccome nei paesi ci si conosce, le posso dire che c’è stato anche molto, molto voto di centrodestra, gente che non ci voterà comunque alle politiche, anche se il candidato fosse Renzi”. Poi spiega che si tratta di “quell’elettorato che in quelle regioni e da decenni in minoranza, ora è allo sbando, e ha votato per far perdere la sinistra. Diciamo che ha capito il vero messaggio di Renzi”.
Sul Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte scrive che anche ai tempi in cui ci furono le primarie a sindaco di Firenze non mancarono le polemiche sui voti di destra che lo avrebbero fatto vincere. Questa poleemica aveva oscurato il fatto che il giovane trentenne aveva conquistati voti in zone della città che erano più operaie che borghesi, dove vecchi iscritti Pci lo votarono. Ora il fenomeno si è ripetuto su scala più vasta. Partendo da Firenze, Renzi ha conqusitato la zona rossa, dove ha ottenuto il 45 per cento dei voti contro il 42 di Bersani. Renzi ha vinto in tutte le province della Toscana tranne Livorno e Massa e la prima ragione di questo risultato e nell’aumento dell’affluenza alle urne: in Toscana sono andati a votare 150 mila elettori in più rispetto alle primarie del 2009. Bersani qui non ha perso voti rispetto a quell’anno: allora ne aveva presi 132, oggi sono 152 mila: Renzi però ne ha presi 224 mila. Questo ci spiega che il suo successo è dovuto proprio alla capacità del sindaco di portare a votare “elettori nuovi che si sommano a elettori del centrosinistra che sono diventati critici”.
L’Unità mette a confronto i pareri di Miguel Gotor (ha sostenuto Bersani) e Pietro Ichino (ha sostenuto Renzi). Per il primo la notizia è il grande successo delle primarie: “In questi anni abbiamo avuto un discorso pubblico subalterno al berlusconismo, tutto incentrato sulla contrapposizione tra partiti e società civile, i primi come ferri vecchi di un 900 perduto, dall’altro una società civile come la rosa del piccolo principe, che sboccia ogni giorno nuova”. Ichino, alla domanda su cosa cambi nel Pd dopo le primarie, risponde: “Il partito riscopre la propria natura originaria, di grande partito capace di rappresentare tutto il centrosinistra. Per un verso abbiamo toccato con mano che Vendola è uno dei nostri: non c’è ragione che stia fuori dal partito. Ma soprattutto, queste primarie ci hanno dimostrato che il Pd è perfettamente in grado di rappresentare anche il centro: cioè che non abbiamo alcun bisogno di ‘delegarne’ la rappresentanza a terzi”.
Sulle primarie Giancarlo Bosetti su Reset
Primarie Pdl
Ieri i quotidiani ospitavano interviste a personaggi di primo piano del Pdl come Sandro Bondi, in cui si accusava il segretario Alfano di aver abbandonato lo spirito del partito del 1994 privilegiando gli ex An. Oggi su Il Giornale si legge che ieri sera Berlusconi “ha chiamato ad Arcore Ignazio La Russa per cercare di tirare le somme: io faccio Forza Italia, voi lanciate un partito di destra, magari anche con Storace, e poi corriamo in coalizione insieme alla Lega e ad altre liste civiche. E a quel punto il Pdl resterebbe davvero una bad company dalla quale tutti cercherebbero di scappare”.
Anche un retroscena de La Repubblica legge gli intedimenti di Berlusconi allo stesso modo: “Trattativa ad Arcore con gli ex An, ‘uscite anche voi, poi ci alleiamo’”.
Lo stesso quotidiano intervista Daniela Santanchè: “Lancio un ultimo appello ad Alfano: fare queste primarie che servono solo a lui e a nessun altro, inseguire una legittimazione personale dal basso, non risolve i problemi del centrodestra italiano”. Dice anche che “sta per nascere con il presidente Berlusconi la più grande lista civica del Paese”. E di nuovo: “Come dice Berlusconi, non ci sono tempo e soldi per fare la consultazione”.
Internazionale
Su La Repubblica una pagina è dedicata alla decisione del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak di lasciare la politica: il soldato più decorato di Israele ha colto di sorpresa il sistema politico israeliano che ha all’orizzonte le elezioni del 2013. L’ex leader del Partito laburista, oggi all aguida di una piccola formazione centrista, ‘Atzmaut’, forse l’uomo politico più influente dopo il premier Netanyahu, ha capito -secondo quanto scrive il quotidiano Haaretz- che l’atmosfera intorno a lui non era più sostenibile. “Sono esausto a causa dell’attività politica -ha detto- che non è mai stata un oggetto del desiderio per me. Ci sono altri modi per servire il Paese”. I rapporti con Netanhyahu – scrive La Repubblica – sono stati pessimi. Come ministro della difesa gli rinfaccia il blocco delle costruzioni negli insediamenti – competenza di quel ministro – e lo smantellamento di altri. Nello scorse settimane Netanyahu aveva persino lasciato intendere – in vista delle elezioni – di esser pronto a garantirgli un seggio nel proprio partito ma, scrive Haaretz, ai deputati del Likud non importa granché che Barak diventi un membro del proprio partito ma non lo vogliono nel prossimo governo. Lui lo ha capito e ha scelto di lasciare a testa alta.
Esultano per l’addio di Barak Hamas e la Jihad islamica che vedono nelle sue dimissioni la conferma della vittoria della resistenza palestinese nell’operazione militare israeliana a Gaza. Per quel che riguarda Hamas, peraltro, ieri il leader Meshal ha annunciato il suo sostegno all’iniziativa del presidente Abu Mazen che questa settimana presenterà all’Onu la richiesta dell’adesione della Palestina come stato non membro. Appare una iniziativa personale del leader Meshal in esilio: al contrario, i dirigenti di Hamas nella striscia di Gaza sono nettamente contrari, tanto che il portavoce del premier Haniye ha smentito il sostegno all’iniziativa.
Sul Corriere, attenzione proprio alla decisione di Abu Mazen, prevista per giovedì al Palazzo di Vetro: stavolta i Paesi dell’assemblea Onu diranno di sì, e per Abu Mazen sarà un successo. La Palestina non diventerà uno Stato, ma potrà adire ad organismi come la Corte Penale dell’Aja e chiedere sanzioni contro Israele, contro l’occupazione della Cisgiordania, contro l’espansione delle colonie illegali. Il giorno scelto non è casuale: il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite votarono la partizione della Palestina ex mandato britannico e riconobbero il diritto di Israele ad esistere. L’Europa si presenta divisa: sarebbero per il sì una quindicina di governi tra i quali Francia, Spagna, Irlanda, Portogallo e gli scandinavi. Per il no Repubblica Ceca, e pochi altri. Per l’astensione Germania, Gran Bretagna, Olanda. L’Italia, che Israele spinge a schierarsi sul fronte del no, sarebbe orientata per l’astensione: così ha fatto capire Monti un mese fa nella sua visita a Gerusalemme.
Tanto Il Foglio che Il Sole 24 Ore si occupano di Egitto: le dichiarazioni del presidente Morsi di assumere poteri che per i critici sono “da faraone” ha riportato la gente in piazza, con scontri e morti. I due quotidiani sottolineano come l’Egitto sia appeso a un finanziamento del Fondo Monetario Internazionale, che, per Il Foglio, è “a rischio”. Anche per Il Sole 24 Ore la crisi istituzionale mette a rischio gli aiuti, ed è l’economia il test per il presidente egiziano Morsi. La Borsa del Cairo, domenica, non a caso, aveva perso quasi il 10 per cento.
Il Corriere della Sera dedica un articolo alle polemiche suscitate dalla decisione del premier albanese Sali Berisha di celebrare i cento anni dell’indipendenza albanese con un “mega sacrificio” di agnelli, che saranno sgozzati in piazza domani per esser cucinati e dati in pasto a migliaia di persone su due tavoli lunghi duecento metri. “Ve li immaginate Merkel e Hollande che chiedono di uccidere migliaia di animali innocenti”, ha ironizzato subito Edi Rama, ex sindaco di Tirana e capo del partito socialista albanese, all’opposizione in Parlamento. Peraltro Berisha aveva avvertito che agnelli e montoni avrebbero dovuto essere albanesi doc, ma gli esperti smentiscono che il Paese abbia tanta disponibilità di agnelli e montoni. La tv locale A1 reporto dice che due tir pieni di animali sono sbarcati anche dall’Italia, e si sospetta che molti vengano dall’Epiro, dalla Macedonia e dalla Bulgaria.