Quella di sabato 29 marzo a Maltepe è stata una delle più grandi manifestazioni antigovernative che la storia della Turchia moderna ricordi; ha registrato una partecipazione che ha superato le aspettative dello storico partito laico socialdemocratico, il repubblicano Chp, la maggiore forza di opposizione del Paese, che l’ha organizzata. Mai il Partito repubblicano del popolo era riuscito a portare in una piazza così tante persone. Il suo presidente, Özgür Özel, ha tracciato la road map dei moti popolari in difesa della libertà e della democrazia esplosi dopo l’arresto del sindaco della municipalità metropolitana di Istanbul, Ekrem İmamoğlu.
Alla manifestazione, che secondo gli organizzatori ha visto la partecipazione di circa due milioni di persone, provenienti da ogni angolo dell’Anatolia, sono intervenuti anche il sindaco di Ankara, Mansur Yavaş, e Dilek İmamoğlu, la moglie del primo cittadino della megalopoli turca. Folta era anche la partecipazione del filocurdo Partito della democrazia e dell’uguaglianza dei popoli, Dem.
Grazie alla tecnologia, Ekrem İmamoğlu, pur in carcere, ha potuto partecipare alla manifestazione. È apparso sullo schermo un suo video costruito con l’intelligenza artificiale in cui ha pronunciato il discorso scritto per questa manifestazione.
L’oceanica affluenza di Maltepe ha un significato profondo perché dimostra che il problema non riguarda più solo İmamoğlu, ma che la reazione dell’opinione pubblica è andata oltre l’arresto del più popolare esponente politico dell’opposizione. Le parole pronunciate da Özel nel suo discorso sono molto emblematiche ed eloquenti a tal proposito.
“La partita è finita!”, ha detto Özel a coloro che riempivano la vasta area meeting di Maltepe. “Il vaso è rotto! L’arresto di İmamoğlu e di centinaia di esponenti del maggior partito d’opposizione è un golpe e al golpe si risponde stando nelle strade”, ha precisato, sommerso da una valanga interminabile di applausi. Özel è stato chiaro e perentorio: “Se il governo vuole scendere dal treno della democrazia su cui è salito, se vuole criminalizzare l’opposizione bollando le nostre pacifiche manifestazioni come terroristiche, allora il luogo della nostra lotta è nelle strade”. Queste parole stravolgono la strategia di lotta politica del maggior partito d’opposizione – che aveva sempre esitato a pronunciare parole simili per non provocare un’escalation – e aprono una nuova fase politica dall’evoluzione imprevedibile.
Özel ha lanciato quattro messaggi da Maltepe: elezioni anticipate; una campagna di raccolta firme con l’ambizioso obiettivo di raccogliere oltre 27 milioni e 700 mila firme (pari ai voti ricevuti dal presidente Tayyip Erdoğan nelle presidenziali del 2023) per tornare alle urne e la liberazione di tutti prigionieri politici; la trasmissione in diretta del processo a İmamoğlu; due raduni a settimana.
È bene precisare che il procuratore della repubblica accusa İmamoğlu di corruzione. L’opposizione ritiene che tali accuse siano politicamente motivate e volte a eliminare dalla scena politica uno dei maggiori rivali del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Mehmet Pehlivan, il suo avvocato, anch’egli arrestato e poi subito messo in libertà condizionale, aveva denunciato il fatto che l’indagine aperta contro il sindaco fosse costruita su dichiarazioni di “testimoni segreti” e osservato che uno di questi testimoni aveva più di cento precedenti penali e che altri che accusavano İmamoğlu avevano a loro volta decine di precedenti e che, nonostante ciò, erano stati considerati testimoni credibili.
Özel ha inoltre annunciato il boicottaggio dei media vicini al Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), delle aziende e dei conglomerati industriali vicini al governo e alla famiglia del presidente. Tra i media ci sono l’emittente statale Trt, quelle vicine al regime come CNNTürk, Ntv, A Haber, Atv, Tgrt e diverse altre. Saranno boicottate anche la più grande agenzia di viaggi del paese, ETS Türk, di proprietà del ministro della Cultura e del Turismo, Mehmet Nuri Ersoy; nel mirino dell’opposizione sono finiti anche gli store di musica e le librerie della joint venture D&R e İdefix del gruppo “Turkuvaz Media” e la catena di caffetterie turche “Espresso lab”, presenti anche in Europa e Medio Oriente. Dal boicottaggio è colpito anche il Gruppo Demirören, la holding imprenditoriale vicina alla famiglia di Erdoğan, molto attiva nel settore minerario, in particolare nel campo dell’energia fossile e che ha acquistato, per decisione del presidente turco, decine di media indipendenti come il colosso Doğan per esercitare un diretto controllo sull’informazione radiotelevisiva e della carta stampata.
Intanto la repressione si fa sempre più dura. Il regista e accademico İlker Canikligil è stato arrestato per un post sui social in cui criticava l’“Islam politico”. Il Consiglio supremo della radio e della televisione (Rtük) ha sanzionato alcuni canali per aver trasmesso le proteste e i discorsi di Özgür Özel, ad esempio Sözcü Tv, che dovrà sospendere le trasmissioni per 10 giorni, Tele1 e Halk tv, per 5 giorni. Now Tv pagherà una multa salata; oscurati anche i canali YouTube del giornalista Fatih Altaylı e Flu TV per 72 ore. Il giornalista Mark Lowen della Bbc è stato espulso dal Paese in cui viveva da cinque anni per “minaccia all’ordine pubblico” mentre seguiva le proteste in corso.
Erdoğan non sta solo cercando di impedire a Ekrem İmamoğlu di diventare presidente, ma vuole anche riprendersi Istanbul. E non è tutto: è l’intero maggior partito d’opposizione a essere sotto esame da parte delle autorità turche che aprono inchieste per corruzione per screditarlo e lo accusano di aver operato brogli nelle elezioni del suo presidente Özel durante il congresso del partito del novembre 2023. Per questo Özel ha convocato un congresso straordinario che si terrà il 6 aprile e che dovrà confermare l’attuale classe dirigente che il governo vuole delegittimare. Erdoğan scommette probabilmente che l’indignazione pubblica per l’arresto di İmamoğlu alla fine evaporerà e che l’economia si riprenderà prima che il Paese vada nuovamente alle urne, una volta che si sarà liberato di ogni opposizione.
Erdoğan sta però agendo con molta prudenza, non si aspettava una mobilitazione popolare di così vasta portata; inoltre, i 15 milioni e mezzo di voti riscossi da İmamoğlu nelle primarie del suo partito, corrispondono al 25 per cento dell’intero elettorato, qualcosa che non si è mai visto alle primarie di alcun partito, forse non solo della Turchia.
Tutto ciò ha costretto il presidente turco a fare un passo indietro. Avrebbe potuto semplicemente nominare un suo fedele custode, come il governatore di Istanbul, alla gestione della megalopoli, ma avrebbe innescato una pericolosa escalation delle proteste. La nomina di un Kayyum, cioè di un fiduciario, nell’amministrazione più importante del Paese dopo aver defenestrato e arrestato il suo sindaco eletto democraticamente avrebbe evocato il modus operandi dei militari nel terribile golpe del 1980 e in quello, fallito, del 2016, quando fu epurata tutta la pubblica amministrazione.
Ha così preferito consentire al Consiglio comunale di eleggere il sostituto di İmamoğlu. Il Partito repubblicano del popolo, che ha la maggioranza all’interno della municipalità, ha così eletto un suo consigliere, Nuri Aslan, che ha sconfitto al terzo turno il candidato dell’Ak Parti, Zeynel Abidin Okul.
İmamoğlu è l’unico uomo politico che ha battuto il partito di Erdoğan per ben quattro volte ed è largamente in testa a tutti i sondaggi. Carismatico, pio e nazionalista, il leader d’opposizione ha le qualità per battere il presidente perché gode di una ampia base elettorale trasversale, che spazia da destra a sinistra. Tutti gli istituti demoscopici ritengono che prevarrebbe se le elezioni si tenessero in questo momento. Per questo Erdoğan considera İmamoğlu una minaccia politica e vuole liberarsene. Vuole una Turchia con un’opposizione addomesticata o, addirittura, senza opposizione. Vuole garantirsi un terzo mandato e, se fosse possibile, un mandato a vita. Il suo modello è quello putiniano.
Il leader turco si sta preparando il campo libero da ogni insidia dell’opposizione per farsi eleggere per un terzo mandato in elezioni anticipate. A costituzione vigente, infatti, il leader turco non potrà presentarsi alle prossime presidenziali per il limite dei due mandati, per questo non avendo i numeri in Parlamento per cambiare la costituzione intende anticipare entro il prossimo anno le elezioni che si dovrebbero tenere nel 2028.
Erdoğan vuole una democrazia apparente in cui vi sono solo i candidati da lui scelti. Ma l’arresto del sindaco potrebbe rivelarsi un boomerang, perché il primo cittadino della megalopoli turca potrebbe uscirne rafforzato nell’arena elettorale, così come capitò nel 1997 ad Erdoğan allora sindaco di Istanbul, quando fu lui ad essere arrestato. Quell’arresto lo elevò da sconosciuto perseguitato politico a leader nazionale di successo. Fu riconosciuto colpevole di “incitamento all’odio religioso” dal vecchio regime kemalista per aver recitato una poesia dagli accenti islamisti e fu condannato a dieci mesi di reclusione, poi ridotti a quattro. La condanna subita non danneggiò la sua reputazione, come i suoi accusatori speravano, ma, al contrario, ne rafforzò l’immagine di “uomo del popolo”, perseguitato dalla classe dirigente kemalista con accuse pretestuose. Ora la dinamica persecutoria potrebbe tornare a vantaggio di İmamoğlu.
Immagine di copertina: due manifestanti indossano delle maschere antigas durante una protesta per il rilascio del sindaco di Istanbul, il 25 marzo 2025. (Foto di Laurin Strele / Middle East Images via AFP)