Slovacchia e Polonia alle urne: trionfa Pellegrini, pareggio politico a Varsavia

A soli sei mesi di distanza dalle importanti elezioni politiche che hanno portato a un avvicendamento nei rispettivi governi, nel weekend del 6-7 aprile Polonia e Slovacchia sono tornate alle urne, in una sorta di primo test per i nuovi esecutivi. Nel caso polacco si trattava delle elezioni amministrative locali, in quello slovacco delle elezioni presidenziali.

 

Slovacchia, la vittoria di Pellegrini (e di Fico)

Ad aprire il fine settimana elettorale è stata la Slovacchia, dove si è tenuto il turno di ballottaggio per scegliere il successore della presidente uscente Zuzana Čaputová. A uscirne vincitore è stato il candidato espressione del governo Peter Pellegrini, che con il 53,1 per cento delle preferenze ha sconfitto l’ex ministro degli Esteri atlantista ed europeista Ivan Korčok. Si è trattato di un risultato netto, ma niente affatto scontato. Due settimane prima era stato Korčok a prevalere con il 42,5 per cento dei voti, mentre Pellegrini si era fermato al 37 per cento.

A risultare decisivi sono stati due fattori. Il primo con ogni probabilità sono stati voti i confluiti su Pellegrini dal nazionalista e filorusso Štefan Harabin, che ha portato in dote quasi l’11,7 per cento delle preferenze conquistato al primo turno. Il secondo, è stato una grande mobilitazione dell’elettorato: per il ballottaggio è andato a votare oltre il 61 per cento degli aventi diritto, il secondo dato più alto da quando in Slovacchia c’è l’elezione diretta del presidente.

Per Pellegrini, 48 anni, di formazione economista, si tratta del coronamento di una carriera politica iniziata nel 2006. Per molti anni è stato uno dei più importanti esponenti di Direzione – SD, il partito dell’attuale premier Robert Fico. Nel 2018, quando Fico dovette abbandonare la guida del governo a seguito degli scandali legati all’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, fu lui a raccoglierne il testimone.

Pellegrini guidò il Paese fino alle elezioni del 2020, a cui si presentò da candidato premier. Dopo aver perso quella tornata elettorale, fondò un proprio partito, Voce – SD, una versione più moderata di Direzione, ascrivibile al campo socialdemocratico, ma sempre con una forte connotazione sovranista venata di populismo. Lo strappo causò una certa acredine personale tra Pellegrini e Fico, e si è ricomposto solo l’anno scorso, quando l’esito delle ultime politiche ha reso necessaria una riappacificazione per la costituzione di una nuova maggioranza. A tal fine i seggi di Voce sono risultati decisivi. In cambio Pellegrini ha ottenuto prima l’incarico di speaker del Consiglio Nazionale – il corrispettivo della Camera dei deputati – e poi quello di candidato presidenziale.

La sua vittoria allinea le posizioni tra presidenza ed esecutivo. Nonostante la carica del presidente slovacco sia perlopiù cerimoniale, il fatto di essere eletto direttamente dai cittadini gli conferisce un certo prestigio istituzionale e la sua voce ha un importante peso politico. È stato così con la presidente uscente Zuzana Čaputová, che negli ultimi mesi si è opposta frontalmente alle politiche del nuovo governo. Per Fico, il fatto di avere ora una sponda amica che non cercherà di rallentare il suo operato è una notizia più che positiva. Lo stesso premier ha tenuto a sottolineare come il voto presidenziale fosse una sorta di referendum su questi primi mesi, caratterizzati da una controversa riforma della magistratura, rapporti complicati coi media, e proteste di piazza.

L’esito della partita presidenziale sembra essersi giocato soprattutto sulla politica estera. Nelle due settimane intercorse tra il primo e il secondo turno il neo presidente in pectore (assumerà ufficialmente l’incarico il primo giugno) ha attaccato duramente Korčok definendolo un guerrafondaio, in quanto favorevole all’invio di armi all’Ucraina, e accusandolo di voler inviare i soldati slovacchi in aiuto di Kiev. Una prerogativa questa che però non figura tra quelle del presidente della Slovacchia.

Proprio il timore di un coinvolgimento nella guerra in Ucraina potrebbe essere stata la molla che portato molte persone a votare.

Il posizionamento di Pellegrini sulla questione ucraina avvicina ancora di più la Slovacchia all’Ungheria. L’altro vincitore morale di queste elezioni può essere infatti considerato Viktor Orbán. Il primo ministro ungherese ha supportato apertamente la candidatura di Pellegrini sfruttando il fatto che in Slovacchia viva una nutrita minoranza magiara. Alleanza Ungherese, partito espressione di questa minoranza, che al primo turno aveva candidato il proprio presidente Krisztián Forró, al ballottaggio si è schierato con Pellegrini. Avere una Slovacchia politicamente vicina, permette all’Ungheria di acquisire più peso all’interno del forum regionale del V4 e di essere meno isolato in sede europea.

E chi sarà certamente contento dell’esito delle presidenziali slovacche sarà il Cremlino, per cui avere un alleato in più sulla questione ucraina, è sicuramente positivo. La Russia è accusata da anni di bersagliare la Slovacchia con una campagna di disinformazione costante al fine di favorire i partiti populisti e nazionalisti. Qualche giorno prima delle elezioni, il magazine investigativo VSquare aveva rivelato come alla vigilia delle elezioni del 2020 proprio Pellegrini si fosse rivolto al governo ungherese affinché intercedesse con il Cremlino per aiutarlo nella campagna elettorale. Una conferma di come possa funzionare il triangolo Mosca-Budapest-Bratislava.

 

Polonia, un sostanziale pareggio

Un altro appuntamento elettorale sono state le amministrative locali in Polonia, dove la cittadinanza era chiamata a votare per scegliere i sindaci, e la composizione dei consigli comunali, provinciali e regionali. I risultati finali ricalcano quasi perfettamente quelli delle politiche di ottobre. I conservatori di Diritto e Giustizia (PiS) si confermano il primo partito con il 34,2 per cento dei voti. Seguono il partito che attualmente guida la maggioranza di governo, Coalizione Civica (KO) con il 30,6 per cento, e i centristi di Terza Via con il 14,2 per cento. Quarta posizione per l’estrema destra di Konfederacja che incassa il 7,2 per cento. L’unico partito che registra un calo sensibile è la sinistra di Lewica, che ottiene il 6,3 per cento, oltre due punti in meno rispetto a ottobre.

Il risultato si presta a interpretazioni ambivalenti. La dirigenza di PiS può rallegrarsi per il fatto di essere nuovamente il partito più votato, smentendo le voci che lo volevano allo sbando. L’anziano leader Jarosław Kaczyński, ha già messo nel mirino le prossime elezioni europee di giugno e le presidenziali del prossimo anno, confidando di poter tornare presto a governare. Tuttavia, seppure questa volta i tre partiti di governo (KO, Terza Via e Lewica) si siano presentati separati, la somma delle loro preferenze supera ancora il 50 per cento, e di questo va tenuto conto.

In particolare Coalizione Civica, il partito del primo ministro Donald Tusk, ha ottenuto da solo la maggioranza in 9 voivodati (il corrispettivo delle regioni) su 16. Questo risultato migliora se si aggregano i risultati di Terza Via e di Lewica. In quel caso la maggioranza sale a 11 voivodati su 16. Ma è livello comunale che il partito di Tusk si conferma il più forte. Confermate al primo turno Danzica, Katowice e Varsavia, quest’ultima con la rielezione in pompa magna di uno dei colonnelli di Coalizione Civica, Rafał Trzaskowski, possibile candidato alle prossime presidenziali.

Si andrà invece al ballottaggio a Cracovia e Breslavia. In entrambi i casi non saranno presenti i candidati di PiS. Si conferma quindi la solita spaccatura tra campagne e centri urbani di medio grandi dimensioni.

Il dato più interessante della tornata elettorale è però legato all’affluenza. Solo il 51,9 per cento delle persone è andato a votare. Un risultato lontanissimo dal 74,4 per cento delle politiche di sei mesi fa. Questo non può non suonare come un campanello d’allarme, specialmente per la compagine di maggioranza che aveva costruito la sua vittoria proprio sulla mobilitazione dell’elettorato, in particolare di quello più giovane. Questa volta ciò non è avvenuto ed è importante chiedersi il perché. Una delle ragioni potrebbe essere l’insoddisfazione per l’operato del governo su una tema chiave come quello della legge sull’accesso all’aborto. Proprio in questi giorni sono in discussione al Sejm alcuni disegni di leggi portati avanti da dalle tre compagini, su cui però le posizioni sono piuttosto distanti. Sarà necessario trovare una quadra al più presto, certamente prima delle europee di giugno.

 

 

Immagine di copertina: a sinistra Peter Pellegrini, insieme al primo ministro slovacco Robert Fico, dopo l’annuncio della vittoria di Pellegrini alle elezioni presidenziali, il 6 aprile 2024 a Bratislava, Slovacchia. (Foto di Vladimir Simicek/Afp).

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