Crisi ridimensionata, o quasi. Il mondo intero ha tenuto il fiato sospeso nella notte tra martedì 15 a mercoledì 16 novembre, dopo che un razzo sparato dalla contraerea ucraina è caduto sul villaggio polacco di Przewodów, a pochi km dal confine, causando due vittime. Un incidente senza precedenti in un paese Nato che, finché non è stata comunicata la versione ufficiale dei fatti, ha fatto temere una pericolosa escalation. Se si fosse appurata la responsabilità materiale dell’esercito russo, l’Alleanza atlantica si sarebbe trovata nella scomoda situazione di dover elaborare qualche tipo risposta. Invece nella mattinata di mercoledì il presidente americano Joe Biden ha smorzato la tensione ritenendo poco probabile che il missile fosse partito dalle postazioni russe.
Una versione confermata qualche ora più tardi dal presidente polacco Andrzej Duda, e dal premier Mateusz Morawiecki. Si è così scongiurata la richiesta di attivazione dell’articolo 4 della Nato che prevede l’avvio delle consultazioni nel caso in cui uno dei Paesi membri ritenga minacciata la propria integrità territoriale, la sicurezza nazionale o l’indipendenza politica. Unico scontento, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che si è detto sicuro che il razzo non sia stato sparato dal suo esercito. Dopo qualche frizione, la Polonia ha acconsentito che degli investigatori di Kiev affianchino quelli già presenti sul luogo del disastro per chiarire la dinamica dei fatti.
Either Ukraine is victorious or all of Europe will be lost. We are stronger together. 🇵🇱🤝🇺🇦 https://t.co/gHbp1Dlzse
— Mateusz Morawiecki (@MorawieckiM) November 26, 2022
Il fronte interno
I fatti di Przewodów hanno rischiato di avere ripercussioni anche sul fronte interno, in un Paese notoriamente spaccato a metà tra l’anima conservatrice di PiS (Diritto e Giustizia) e quella liberale di PO (Piattaforma Civica). Tuttavia sulla questione ucraina il sentimento del Paese è trasversale e fino a questo momento la linea del governo, di totale supporto alle istanze di Kiev, è stata appoggiata anche dall’opposizione. Anche in questo caso non c’è stata eccezione, e la classe politica, senza distinzione di colore, ha dato prova di grande maturità, in un momento in cui sarebbe stato facile cadere in preda al panico. Da una parte l’esecutivo si è dimostrato cauto, astenendosi dal formulare qualsiasi ipotesi fino alla fine del Consiglio straordinario di sicurezza e difesa. Ciò ha permesso ai fatti di decantare e di evitare qualsiasi dichiarazione che avrebbe potuto avere conseguenze imprevedibili. Dall’altra, la calma è stata mantenuta anche nelle grandi città, quasi tutte in mano a PO. A Varsavia il sindaco Rafał Trzaskowski ha convocato a sua volta un’unità di crisi e ha fatto appello alla popolazione affinché si affidasse solo a informazioni verificate. A posteriori anche le valutazioni sull’accaduto sono state concordi. Il leader di PO Donald Tusk ha sposato la posizione del governo, che imputa totalmente alla Russia la responsabilità morale degli avvenimenti.
L’unica voce fuori dal coro è stata rappresentata dalla destra radicale di Konfederacja. Secondo il presidente Grzegorz Braun Kiev si sarebbe dovuta scusare per l’incidente, mentre il governo polacco non si sarebbe comportato in maniera trasparente, temporeggiando troppo nel far uscire una comunicazione ufficiale. La posizione di Konfederacja, che fin dall’inizio del conflitto ha tenuto un atteggiamento critico nei confronti dell’Ucraina, rimane comunque minoritaria. Secondo un sondaggio United Surveys realizzato pochi giorni dopo l’incidente, l’80 per cento dei polacchi continua a sostenere l’impegno del proprio Paese nei confronti Ucraina, il 68 per cento si dice favorevole all’accoglienza di profughi di guerra, il 58 per cento sostiene l’invio di armi leggere, e circa il 30 per cento l’invio di artiglieria pesante. Numeri che raccontano ancora un grande slancio nei confronti della popolazione ucraina.
La questione della difesa
L’unico punto di attrito tra PO e PiS sulla questione è stato relativo al sistema di difesa: la caduta del razzo sul suolo polacco non è stata preceduta da alcun allarme. La spiegazione del governo è stata che i sistemi in dotazione non hanno identificato il razzo della contraerea ucraina come una minaccia, dal momento che si trattava di un oggetto vagante e non di un missile indirizzato verso un bersaglio. Una giustificazione che non convince l’opposizione.
Jakub Kumoch, capo dell’Ufficio presidenziale per la politica internazionale ha allontanato l’idea che le sirene possano suonare ogni qualvolta ci sia un allarme aereo nell’Ucraina occidentale. «Sarebbe solo un suono che sveglierebbe le persone e le disturberebbe» ha affermato Kumoch, che ritiene sia altamente improbabile la possibilità che si possa ripetere un avvenimento come quello della scorsa settimana. Intanto però il governo ha alzato i sistemi di allerta e di monitoraggio dello spazio aereo, pattugliato insieme agli alleati della Nato. Una novità è stata una parziale apertura all’offerta del governo tedesco di fornirle missili Patriot per difendere i confini orientali. Finora Varsavia era sempre stata poco propensa ad accettare aiuti di qualsiasi tipo da Berlino. Il ministro della difesa Mariusz Błaszczak dopo averne inizialmente appoggiato il dispiegamento in territorio polacco, ha chiesto che vengano trasferiti nelle regioni occidentali dell’Ucraina, pesantemente colpite dai bombardamenti russi nelle ultime settimane.
Il nodo europeo
Una volta spenti i riflettori sulla crisi di Przewodów, l’attenzione tornerà a volgersi sull’eterno braccio di ferro tra la Polonia e la Commissione europea sul rispetto dello Stato di diritto. Bruxelles pretende che la Polonia risolva il nodo sulla Giustizia prima di sbloccare i 36 miliardi di Euro del Recovery Fund che le spettano. Per farlo dovranno essere soddisfatte le cosiddette “pietre miliari”, ovvero le richieste che prevedono il rispetto dell’indipendenza dei giudici e la riforma del sistema di nomine dei giudici della Corte Suprema. Inoltre la Commissione ha messo in discussione anche l’erogazione dei fondi di coesione 2021-27, che vale altri 75 miliardi.
Varsavia non ci sta. Ritiene che le modifiche operate con il disegno di legge presentato da Duda siano sufficienti a sbloccare la situazione. I colloqui continuano tra alti e bassi. Una decina di giorni fa il neo ministro agli Affari europei Szymon Szynkowski vel Sęk è volato a Bruxelles, per discutere la questione. Un incontro positivo stando alle parole della Vice Presidente della Commissione europea Věra Jourová, che ha parlato di “dialogo costruttivo”. Sottolineando che la Polonia si sta muovendo nella giusta direzione, ha tuttavia ribadito che Varsavia deve soddisfare tutte le richieste della Commissione. Szynkowski vel Sęk, una volta rientrato nella capitale polacca ha utilizzato toni ben diversi, evidenziando come ci siano delle linee che non possono essere attraversate: «Non può essere introdotto nulla che sia incostituzionale, che possa minare le prerogative del presidente di nominare i giudizi e che possa andare oltre le competenze dei trattati europei».
La crisi dei missili ha evidenziato ancora di più le difficoltà di sciogliere un vero e proprio nodo gordiano. Le questioni europee non possono essere prese in considerazione senza tenere presente i rischi che la Polonia corre data la sua posizione geografica – è l’unico Paese a condividere allo stesso tempo i confini con Ucraina, Bielorussia e Federazione Russa – e il ruolo che sta interpretando nel conflitto nella vicina Ucraina. Nelle sue valutazioni, la Commissione europea non può non tenere conto dell’impegno profuso dalla Polonia in termini di accoglienza e supporto logistico e militare a Kiev. Di questo Varsavia è ben consapevole e cerca di utilizzarlo a proprio vantaggio. Tuttavia il tempo stringe. La situazione economica in riva alla Vistola è tutt’altro che rosea.
A ottobre l’inflazione ha toccato il 17,9% e secondo le previsioni continuerà a crescere almeno fino all’ultimo trimestre del prossimo anno. L’inverno è appena iniziato e il costo dell’energia mette paura. Inoltre le elezioni cominciano a profilarsi all’orizzonte, in un momento i cui sondaggi danno PiS in flessione. Se si andasse a votare domani un’eventuale opposizione unita porterebbe a casa la vittoria. Manca poco meno di un anno al voto, ancora abbastanza tempo per cercare di raddrizzare la situazione, ma comunque poco per strappare un accordo con Bruxelles.
Foto di copertina: Il corteo funebre in ricordo delle due vittime colpite dal missile al confine con l’Ucraina. Przewodów, 19 novembre 2022 (foto di JANEK SKARZYNSKI/AFP).