Il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Sua Beatitudine Kirill, ha scelto l’omelia domenicale del 6 marzo per spiegare ai russi e al mondo cosa succede in Ucraina e cosa difenda la Russia. Il primo punto che ha avvertito il bisogno di chiarire è proprio questo, dove si combatta e perché: “Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass. E nel Donbass c’è il rifiuto, il rifiuto totale dei cosiddetti valori che oggi vengono proposti da chi rivendica il potere mondiale”. Dunque la guerra è tra bene e male, tra chi vuole imporre e chi rifiuta qualcosa in toto.
E’ una guerra per i valori, afferma il patriarca, ma il rischio che intenda dire ai fedeli che si combatte solo nella regione russofona del Donbass, quella più orientale nell’Ucraina, dove si trovano le due repubbliche secessioniste, è suffragato, sebbene non espressamente, da questa frase successiva: “Chi sta attaccando l’Ucraina oggi, dove la repressione e lo sterminio delle persone nel Donbass va avanti da otto anni? Otto anni di sofferenza e il mondo intero tace: cosa significa?” E’ evidente il dolore per quanto accaduto in passato, certamente reale, ma colpisce la diversità di atteggiamento con quanto accade oggi non nel Donbass, ma nel resto dei territori dell’Ucraina.
A questo punto possiamo soffermarci sui valori per i quali si combatte, secondo il patriarca: “Oggi esiste una prova per dimostrare la lealtà a questo governo [il potere mondiale prima evocato], una specie di lasciapassare verso quel mondo “felice”, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile. Sapete che cos’è questa prova? Una prova molto semplice e allo stesso tempo terribile: è il gay pride. Le richieste a molti di organizzare un gay pride sono una prova di lealtà a quel mondo molto potente; e sappiamo che quando le persone o i paesi rifiutano queste richieste, allora non possono entrare in quel mondo, ne diventano estranei. […] I gay pride sono progettati per dimostrare che il peccato è una delle variabili del comportamento umano. Ecco perché per entrare nel club di quei paesi è necessario organizzare una parata del gay pride. Non per fare una dichiarazione politica, un “siamo con te”, non per firmare accordi, ma per organizzare una parata gay. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si vuole imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio, e quindi imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità. […] Intorno a questo argomento oggi c’è una vera guerra.” L’argomento è centrale, decisivo: “Se l’umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio, se l’umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì. E le parate gay sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”.
Dunque per il patriarca Kirill “ciò che sta accadendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali, quindi, non ha solo un significato politico. Stiamo parlando di qualcosa di diverso e molto più importante della politica. Stiamo parlando della salvezza umana, su dove finirà l’umanità, da che parte di Dio Salvatore, che viene nel mondo come Giudice e Creatore, a destra o a sinistra… Tutto quanto sopra indica che siamo entrati in una lotta che non ha un senso fisico, ma un significato metafisico“.
Qui il patriarca di Mosca sembra evocare Alexandr Dugin e la sua Quarta Teoria Politica. La Russia, per Dugin è il bastione dei valori ancestrali, radicati nella verità e nella trascendenza, valori basati su un’idea di società e di famiglia e contrapposti a quelli del liberalismo, della società liberale. E su questo punto il patriarca sembra d’accordo con lui. Posta in questi termini la questione sembra tra Russia e Occidente, tra società tradizionale e società liberale. Ma si può immaginare che il discorso non si limiti alla Russia, coinvolga tutta la cristianità. Mosca si candida di nuovo a essere la Terza Roma? Ritiene che oltre ai protestanti anche la cattedra di Pietro e il mondo ortodosso con i quali ha rotto tutti i ponti per il riconoscimento dell’autocefalia, cioè dell’indipendenza, della Chiesa in Ucraina, siano ormai cadute nelle mani del “mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile”? E’ in nome di questo altro cristianesimo che il patriarca pare invitare a mettersi l’elmetto? Qui c’è un enorme pericolo, globale.
Quando, prima di diventare papa, Bergoglio, inascoltato, invitò a distinguere tra unioni civili anche per gli omosessuali e matrimonio, proponendo le prime – da primate della Chiesa argentina – già prima del dibattito e del varo della legislazione sui matrimoni omosessuali, esprimeva certamente un convincimento personale e profondo, che ha ribadito da papa. Questa linea riconosceva i diritti ed evitava che sentimenti oscuri e profondi potessero emergere. Una corretta interpretazione del brano biblico su Sodoma è diffusa nel mondo cattolico post-conciliare, ma è ancora un fatto che non ha raggiunto molte “culture profonde”. In quella pagina infatti gli abitanti di Sodoma vengono punti per la mancata ospitalità verso lo straniero. I secoli però sono passati, il mondo Lgbt ha sentito il bisogno di rivendicare se stesso, la propria dignità e identità. Secoli di condanna, mortificazione e discriminazione non si cancellano in un giorno, esiste il bisogno di affermazione di sé. Una società aperta, inclusiva, non può non capire, e procedere richiede una piena consapevolezza.
Si è apprezzato bene e fino in fondo quel che ha proposto e fatto Francesco? Si è capito fino in fondo? Sono questioni complesse, che è difficile però ricollegare al Donbass, se non vedendo nell’Occidente il Male. Errori, orrori e rimozioni ci sono certamente stati, ma questo può far rimuovere o ridimensionare l’orrore inaudito di oggi? Ma anche qui: i ripetuti inviti di Francesco al dialogo tra Russia e Ucraina di anni fa, furono capiti bene, furono valutati per quel che erano? O si guardò con gli occhi del “filo-russo” contro i “filo-ucraini”?
Nel suo Angelus di ieri, che ha recitato poco prima dell’assalto di Kirill, Francesco ha smontato la propaganda di Mosca, che nega la possibilità di parlare di guerra parlando di operazioni militari: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e lacrime: non è solo un’operazione militare ma una guerra che semina morte e miseria. Le vittime sono sempre più numerose come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini. Cresce di ora in ora la necessità di aiuti umanitari e rivolgo il mio accorato appello affinché vengano aperti corridoi umanitari”. Quindi ha aggiunto: “Ringrazio tutti coloro che stanno accogliendo i profughi. Soprattutto imploro che cessino gli attacchi armati e prevalga il negoziato e prevalga il buon senso, pure”. Queste forse sono a mio avviso le più importanti. Respingendo la propaganda russa non se ne sposa un’altra, non si oppone una civiltà, quella occidentale, a un’inciviltà. No! Questo è esattamente quel che non ha mai fatto Francesco. L’appello al buon senso conferma una scelta che potremmo definire “delle mani libere”, di una Chiesa globale, non occidentale. Ma non chiusa, Chiesa in uscita piuttosto. La visione di Francesco antepone la realtà, le persone in carne e ossa, alle ideologie, ma non divide in buoni e cattivi, invita a tornare al buon senso. Ma chiamando i fatti con il loro nome. Sempre.
Foto: Ramil Sitdikov / Sputnik via AFP).