“Beirut, che ne sarà di noi?”
Così una città prova a rialzarsi

“Stai bene?”

Quante volte ci siamo trovati di fronte a questa domanda? Quante risposte di circostanza, quanti pensieri non detti, incompiuti, segreti o forse troppo complessi da articolare, nascosti dietro ad uno “sto bene, grazie”.

In questo mese a Beirut la risposta da un lato è semplice e risponde ad una logica molto tangibile: sono vivo – i miei familiari e i miei amici sono vivi: quindi sto benee questa risposta allevia l’animo a tutti, sia a chi fa la domanda, sia a chi la riceve.

E da un lato è rassicurante sapere che, nonostante tutto – nonostante il 2020 – siamo ancora qui, a supportarci l’un l’altro e ad esercitare la nostra umanità, guardando oltre il nostro ombelico.

“Stare bene” tuttavia dovrebbe andare oltre il sopravvivere e il prendersi cura del “dopo una tragedia” e avere più a che fare con la “vita natural durante”.

Il 2020, soprattutto per la pandemia in corso, ha richiesto ad ognuno di noi, indipendentemente da dove proveniamo e dove viviamo di farsi delle domande, anche scomode, sulla propria vita e sull’organizzazione della società circostante. E per quanto sia sempre più evidente che siamo tutti collegati e che quello che succede a Beirut, Wuhan o Milano ci riguarda tutti, in un modo o nell’altro è anche vero che capire che c’è un problema più grande di noi non significa necessariamente essere in grado di trovare una soluzione, valida per tutti o la maggior parte e lavorare collegialmente per realizzarla.

Ed è di questo che vorrei parlarvi oggi, da italiano che vive a Beirut con la propria moglie libanese: delle scelte – piccole o grandi – che ci troviamo ad affrontare ogni giorno e delle persone intorno a noi, dei nostri vicini, dei cittadini di Beirut e del Libano che nell’esplosione di un mese fa non hanno solo visto distruggere la propria capitale ma parte della loro forza vitale per dire “nonostante tutto, stiamo bene”.

 

“O Beirut, regina del mondo!

Confessiamo davanti a Dio che eravamo invidiosi di te e della tua bellezza.

Confessiamo di averti maltrattato, di non averti perdonato

e di averti frainteso ed offerto un pugnale anziché dei fiori.

Confessiamo davanti Dio che ti abbiamo ferito e fatto arrabbiare

e ti abbiamo seppellito con i nostri peccati.

 

O regina del mondo, il mondo senza di te non ci basta

e ora ce ne rendiamo conto, le tue radici sono profonde dentro di noi

Ora ci rendiamo conto di che reato abbiamo commesso.

 

O Beirut, regina del mondo!

Alzati da sotto le macerie come un fiore di mandorla ad aprile.

Alzati al di sopra del tuo dolore sapendo che la rivoluzione cresce dalle proprie ferite.

 

Alzati in onore delle foreste, dei fiumi e delle valli

Sorgi in onore dell’umanità

Alzati o Beirut e sappi che ti amiamo, o Beirut!”

Con questa poesia, tradotta ora in italiano e scritta nella sua versione originale in arabo dal poeta Nizar Qabbani nel 1978 (Beirut, Oh Mistress of the World) e con questi volti alternati alle immagini dei volontari intenti a risollevare Beirut dalle macerie della tragica esplosione del 4 Agosto 2020, vorrei portarvi a riflettere sulle “persone oltre alla storia”, sulle loro vite reali, più che sulla versione stereotipata che abbiamo di loro. Sulle scelte che sono costretti ad affrontare oggi e domani e sulle domande a cui non riescono a trovare una risposta.

Provate a cercare negli occhi di ognuno e ognuna di loro i desideri e i bisogni di chi, giovane o adulto, si sta domandando: “Cosa posso fare per stare bene? Cosa posso migliorare nella mia vita per stare meglio? Come posso fare a migliorare le condizioni della mia famiglia e dei miei cari? E soprattutto, che ne sarà di me e del Libano? Sarà in grado di risollevarsi da questa ennesima tragedia? Ci sarà davvero posto per migliorare? E che società vogliamo costruire per evitare che queste o altre tragedie accadano in futuro?”

Immaginate di essere voi a dover rispondere a queste domande, sapendo che il legame che avete con la vostra terra è forte, importante e che non la vorreste lasciare. Che nonostante le crisi interconnesse che avete vissuto negli ultimi anni (senza andare a rivangare il passato) vi abbiano portato via molte delle vostre energie siete ancora qui.

E il mondo vi è esploso addosso e da un lato vi sentite fortunati perché non fate parte delle 200 e più persone morte, ma probabilmente fate parte di quelle sfollate o della loro famiglia. Perché il Libano è un piccolo mondo antico, grande come l’Abruzzo e denso di anime: 4,5 milioni di Libanesi, 1,5 milioni di rifugiati Siriani e circa 500.000 palestinesi. Un mondo in cui tutti sono connessi, in cui da nord a sud ci sono poco più di 170 km di strada e dal mare al confine con la Siria meno di un centinaio.

In questo momento ognuno in Libano più che la domanda “stiamo bene?” si sta chiedendo “che ne sarà di noi?” e mentre la società globale, Italia ed Europa inclusa, si sta interrogando su cosa fare per affrontare al meglio il post-pandemia con le proprie risorse (e molto probabilmente con parte delle risorse sottratte alle generazioni future, che si troveranno indebitate per le scelte odierne), chi vive in Libano si sta chiedendo “chi ci verrà ad aiutare?” visto che lo Stato è fortemente indebitato ed oltre alla crisi sanitaria legata al Covid-19, la crisi umanitaria legata alla guerra in Siria e la crisi odierna legata all’esplosione si trova ad affrontare una ben più profonda crisi sistemica che ha messo alla luce tutte le inadeguatezze di un sistema che, creato per fermare una guerra civile (quella del 1975-1990), non ha retto la prova del tempo ed oggi non è in grado di garantire la sussistenza di base dei propri cittadini: la sicurezza, l’alimentazione, la sanità, l’elettricità e la capacità di spesa per i beni primari.

Lascio ad altri più esperti di me l’analisi geopolitica e la cronaca e vi faccio una domanda che in fondo riguarda Beirut e ognuno di noi: saremo in grado negli anni che verranno di prevenire anziché curare? Di disegnare società in grado di affrontare le crisi molteplici ed interconnesse a cui dobbiamo fare fronte: dalla crisi climatica a quella migratoria, dall’assetto finanziario globale alla lotta alla disuguaglianza, dalla lotta alla corruzione al nodo generazionale? Saremo in grado di disegnare un sistema inclusivo e sostenibile che tenga conto di una popolazione in crescita e della debolezza delle nostre scelte passate?

Da Beirut ho imparato questo: essere l’Araba Fenice, quella resiliente, quella antifragile, che si rialza sempre è certamente una qualità che ti fa sopravvivere nonostante tutto ciò che può succedere, risorsa mentale imprescindibile in tempi incerti e di cambiamenti esponenziali come questi, ma per vivere serve altro. Serve poter guardare al futuro come al luogo in cui poter prosperare e coltivare il proprio percorso, serve un orizzonte mentale e fisico in cui poter dire a se stessi – ad alta voce – “è qui che voglio vivere, perché è qui che mi sento bene.”

Per Beirut e per la sua gente, per il Libano e per i suoi cittadini e per tutti noi che vivremo quando questa pandemia sarà finita, è tempo di provare a costruirla davvero questa società migliore, basata sul benessere personale e collettivo; e magari non saremo in grado di battere gli uragani o gli imprevisti, ma almeno avremo fatto la nostra parte come umanità per non crearli. E questo tipo di scelte è quello che fa la differenza.

La sede della Electricité du Liban, di fronte al porto di Beirut

Il video “The Crown Of The World” è una collaborazione cross-hub avviata e prodotta dagli hub di Beirut, Manama, Torino e New York City della Global Shapers Community con il supporto di hub in 430 città nel mondo in onore dei primi 100 anni di esistenza del Libano, uno stato conosciuto come il fulcro della vita sociale, intellettuale e culturale del Medio Oriente e del Mediterraneo martoriato da diverse guerre e tragedie nel corso dell’ultimo secolo.

Il video è a supporto della campagna globale di raccolta fondi #UPFORLEBANON avviata il giorno dopo l’esplosione del 4 agosto dall Hub di Beirut della Global Shapers Community in collaborazione con la ONG Anera per unire le persone per il Libano e per raccogliere fondi per dare supporto immediato alla popolazione libanese colpita dall’esplosione di Beirut.

Per sostenere la campagna: https://www.anera.org/donate-lebanon 

 

Foto: Frame video “The Crown of the World”
Full Credits: https://www.facebook.com/GlobalShapersBeirut

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