Credenti non credenti: confini oggi sottili e confusi

Un duello filosofico d'altri tempi sull'esistenza di Dio. E oggi?

Il celebre duello filosofico e oratorio sull’esistenza di Dio avvenne il 28 gennaio del 1948 tra il gesuita Frederick Coplestone e Bertrand Russell davanti ai microfoni della Bbc (lo si può tuttora ascoltare, in rete). Là i confini tra il credente e il non credente erano ben chiari. Il primo giocò la sua carta più importante sul’argomento della “contingenza” (che Leibniz aveva riformulato a partire da Tommaso) secondo il quale, se ci sono esseri contingenti, la loro esistenza si spiega solo a partire da un Essere Necessario. Russell respinse lo stesso concetto di “contingente” come viziato in termini logici e privo di significato, come del resto per lui tutto il linguaggio della metafisica. Passarono poi al”esperienza religiosa del misticismo che fa “sentire” – diceva Coplestone – la trascendenza, e Russell ne respinse il senso probante citando gli effetti dei romanzi giapponesi, per cui talvolta i lettori si suicidano, Essi “sentono” dunque, tanta da ammazzarsi, le invenzioni di uno scrittore, ma non per questo quel che sentono esiste (Umberto Eco, decenni dopo, avrebbe avuto qualche altra cosa da dire sulla “ontologia della fiction”). I due inglesi in gara sull’esistenza di Dio passarono infine al tema morale, dove si affacciò il termine relativity a proposito dei valori. Coplestone: se non c’è Dio, a che cosa appendiamo la morale? E Russell sfoderò il repertorio non religioso dei Principia Ethica di G. E. Moore. Una morale è concepibile, e c’è, anche per chi non crede in Dio.

Idealmente i due cercavano l’uno di convincere l’altro, e di convincere gli ascoltatori. Duello elegante, anche se combattuto con determinazione. Riusciamo a immaginare i due campi di sostenitori schierati, allora; oggi la disputa non solleverebbe spiriti partigiani, salvo qualche estremista di qua e di là. Credo si possa dire che il gesuita ne uscì sconfitto più di quanto Russell vincitore, anche perché l’ambizione del secondo era più limitata di quella del primo. In certo senso a Russell bastava un pareggio per tenere il punto, l’altro voleva trionfare. Per padre Coplestone la posta era la dimostrazione dell’esistenza di Dio, mentre il filosofo si limitava a sostenere l’impossibilità di quella dimostrazione e non pretendeva di dimostrare il contrario. Si dichiarava infatti agnostico.

Ma dubito che oggi un duello del genere “sull’esistenza di Dio” avrebbe la stessa efficacia (…)

Il testo completo di quest’intervento è pubblicato su Vita e Pensiero, rivista culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (n° 3, 2019) – disponibile in libreria e in versione digitale: http://rivista.vitaepensiero.it/

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