In un giro di tempi strettissimi è partita la campagna internazionale per appoggiare la candidatura di Osman Kavala al Premio Nobel per la Pace. Imprenditore filantropo, Osman Kavala è una figura chiave in tutte le iniziative che negli ultimi decenni hanno promosso in Turchia la pace, i diritti delle minoranze, e il superamento delle numerose faglie che spaccano ancora oggi la società turca.
Osman Kavala è attualmente in carcere: si trova da quasi un anno e mezzo in custodia cautelare senza mai essere stato ascoltato in udienza e trascorrendo il tempo per lo più in isolamento. Fermato nell’ottobre del 2017, il suo arresto che ha colto di sorpresa molti e lui stesso, rientra in realtà appieno nella politica repressiva che il governo turco ha avviato nei confronti delle voci dissidenti all’indomani del fallito golpe del 2016.
Generalmente accusati di essere fiancheggiatori di organizzazioni terroristiche – quali il PKK o il movimento di Fethullah Gülen considerato autore del tentativo di colpo di Stato – e di operare contro gli interessi della nazione, centinaia e centinaia di persone tra cui accademici, giornalisti, attivisti dei diritti umani sono stati arrestati, processati, o comunque coinvolti in lunghi processi giudiziari che si protraggono nei mesi. Dopo il fallito golpe e l’entrata in vigore dello stato di emergenza, ritirato solo dopo l’effettiva implementazione del regime presidenziale, l’accusa di terrorismo è servita per prendere di mira e colpire l’opposizione al governo e in particolar modo quella galassia diversificata composta da organizzazioni della società civile, giornali e case editrici, associazioni studentesche e sindacati in cui si ramifica la sinistra laica e democratica.
La carcerazione di Osman Kavala è in questo senso emblematica. Impegnato sin dagli anni Ottanta nella costruzione di spazi aperti di discussione, riflessione e azione in un contesto permeato dall’autoritarismo come quello che seguì il golpe militare del 12 settembre del 1980, il suo nome è innanzitutto legato alla storia della casa editrice Iletişim, fondata come strumento di conoscenza e divulgazione per favorire il processo di democratizzazione.
Da allora, e in particolare dalla fine degli anni Novanta, in concomitanza con gli anni più dinamici e floridi della società civile turca, Osman Kavala ha sostenuto numerose iniziative e progetti, in particolar modo a favore di una pacificazione nella società con i curdi e con la minoranza armena. Nel 2002 fonda Anadolu Kültür, una fondazione che attraverso una serie di attività in ambito culturale ha sempre operato per promuovere la diversità culturale, il pluralismo e i diritti delle minoranze.
Anadolu Kültür ha il merito di agire anche fuori da Istanbul e di considerare come area di intervento prioritaria proprio la regione del Sud-Est a maggioranza curda. Grazie al Centro delle arti di Diyarbakır (Diyarbakır Sanat Merkezi) vengono promossi progetti di valorizzazione culturale della città considerata la capitale della regione curda e scambi culturali con artisti di altre città turche o stranieri. Contemporaneamente non si contano le iniziative intraprese per favorire la riconciliazione con gli armeni: dalla ricostruzione della memoria a partire da progetti di storia orale in cui coinvolgere gli adolescenti fino alla promozione delle espressioni artistiche più originali.
Nel corso degli anni i progetti si sono diversificati, adattandosi ai cambiamenti e agli eventi ma senza mai perdere l’obiettivo di una società inclusiva che facesse i conti con i traumi del passato e superasse gli effetti nefasti di un nazionalismo spinto. Laboratori di fotografia con i bambini curdi rimasti colpiti dal terremoto di Van, libri bilingue per i bambini siriani rifugiati in Turchia, la fondazione di un’orchestra sinfonica turco-armena. Le azioni si sono moltiplicate così in altre città dell’Anatolia mentre a Istanbul è stato aperto Depo, uno spazio espositivo non commerciale che ha da sempre sostenuti una ricerca artistica indipendente e impegnata.
Un insieme ricco e articolato di iniziative locali e nazionali con ampio respiro internazionale in cui sono state coinvolte centinaia di persone e che di fatto ha contribuito a produrre narrazioni differenti della società turca, a partire dalla rivalutazione della sua memoria di una valorizzazione di tutte le sue componenti più diverse. Niente di più lontano dalla visione rigida, monolitica della nazione turca che si ripropone oggi, per cui chiunque desideri un cambiamento o provi ad agire in modo diverso viene accusato di tradire la patria.
Oltre a tutto ciò Osman Kavala fa parte di molte altre organizzazioni, tra cui la Open Society Foundation, la Fondazione per gli studi sociali ed economici (Tesev), la Fondazione della storia turca, l’Istituto di ricerca sociale e politica di Diyarbakır, la Fondazione per il cinema e la cultura audiovisiva (Türsak). Anche per questo è stato messo all’indice come il ‘Soros nazionale’ dal presidente della Repubblica Erdoğan, messo alla gogna da una stampa filogovernativa che ha sostenuto l’accusa di essere la mente dietro le proteste di Gezi, il terremoto politico che ha avuto la capacità di mettere in discussione nel 2013 il governo dell’Akp e che ha avuto effetti lunghi sulla mobilitazione della società civile in Turchia.
Il teorema Gezi, secondo cui molte organizzazioni della società civile e associazioni, e Osman Kavala in prima fila, hanno provato a rovesciare il governo, costruendo una struttura parallela, in modo analogo a quanto avrebbe fatto il movimento Gülen poi con il tentato golpe del 2016, ha spinto a molte accuse e arresti tra cui ricordiamo quelli di molti attivisti dei diritti umani, tra cui il presidente e la direttrice di Amnesty International.
La carcerazione protratta di Osman Kavala preoccupa e fa pensare ad altre figure importanti della società turca che si sono impegnate negli ultimi anni a favore della democrazia e della riconciliazione e che hanno pagato con la vita il loro impegno per una società aperta e plurale: il giornalista turco armeno Hrant Dink, ucciso nel gennaio del 2007 davanti la sede del suo giornale Agos, e l’avvocato curdo Tahir Elçi, sparato a Diyarbakir nel novembre del 2015.
Contro la sua detenzione si sono sollevate molte voci internazionali. Hanno preso posizione anche Kati Piri, relatrice del Parlamento europeo sulla Turchia, e Dunja Mijatović, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, che si è detta intenzionata a portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti umani. Ora la corsa contro il tempo per sostenere la candidatura al Premio Nobel per la Pace 2019, tanto un riconoscimento unico all’attività di Osman Kavala, quanto un segnale molto importante di solidarietà internazionale. Il 1° febbraio è il termine ultimo.
Per sostenere la candidatura è possibile presentare la domanda attraverso il modulo disponibile online.
Di seguito la lettera preparata dal comitato di sostegno alla candidatura.
Dear Nobel Committee Members,
We are writing to nominate Osman Kavala, currently detained without trial in Turkey, for the 2019 Nobel Peace Prize.
For the past quarter century, Kavala has played a key role in almost every initiative in Turkey promoting peace, minority rights, or democracy. A businessman by profession, he has dedicated his life – and his family fortune – to national, regional and grassroots projects sharing his commitment to those goals.
In a nation marred by authoritarianism, sectarian conflict, profoundly flawed justice system, draconian curbs on free expression and fundamental human rights, he has been a steadfast defender of those seeking to establish a just society where all the peoples of Turkey can live together in peace and prosperity, in full knowledge of their intertwined cultural and political histories.
He has been particularly constant – and courageous – in his work for peace in the Kurdish Southeast, and on behalf of the campaigns inside Turkey for reconciliation between Turks and Armenians, normalization between Turkey and Armenia, and on Cyprus.
In addition to providing space and assistance to a wide spectrum of civil society organizations over the past three decades – the Helsinki Citizens’ Assembly, the History Foundation, the Diyarbakır Political and Social Research Institute, and the Turkish Cinema and Audiovisual Culture Foundation – Kavala has founded several highly significant peace projects.
The best known of these, Anadolu Kültür (Anatolian Culture) is expressly committed to his vision of a society that has shed its prejudices to see cultural diversity not as a source of conflict but of wealth. At Depo, its platform in Istanbul’s city center, it has championed a long line of human rights and cultural collaborations not just inside Turkey, but (uniquely) with countries of the Southern Caucasus, the Middle East and the Balkans.
One of Anadolu Kültür’s most significant collaborations is its program promoting cultural dialogue between Turkey and Armenia. Launched in 2005 – a year in which the Turkish state was vigorously persecuting and prosecuting scores of writers, activists and academics working for genocide recognition – it set out to consolidate relations between the two countries and work towards reciprocal understanding and sharing.
The program opened the way for the Armenia-Turkey Cinema Platform and the International Golden Apricot Film Festival. The Turkey-Armenia Youth Symphony Orchestra, founded in 2010, brought together the Armenian conductor Nvart Andreassian, the Turkish conductor Cem Mansur, and the Cadence Music Centre in Armenia. Another arts project (Speaking to Each Other) brought young people from both countries into constructive conversation.
Kavala also founded the Association for the Production of Cultural Heritage (Kültürel Mirası Koruma Derneği), which works to protect Anatolia’s diverse cultural assets, so many of which are under political threat. It documents these assets, makes the necessary risk assessments and undertakes to restore them or ensure their proper upkeep. It has played a crucial role in documenting Turkey’s largely forgotten Assyrian legacy in Anatolia. In the formerly Greek neighborhood of Tatavla (now Kurtuluş) it has, in addition to cataloguing its old buildings, collected oral histories that together offer an insight into Istanbul as it was when it was still an openly multicultural city.
The Diyarbakır Arts Centre, established in 2002, is its branch in the mainly Kurdish Southeast. Since its inception, it has sought to enrich civil society through arts and culture, mostly by means of film festivals and exhibitions. It is also the home of the Kurdish Literature network, KurdiLit.
Kavala was a trustee of the Turkish Economic and Social Studies Foundation (TESEV) and the Open Society Institute (of which the latter had to discontinue its activities in Turkey due to severe political pressure). He has served on the boards of the Turkey-Poland Business Council, the Turkey-Greece Business Council, and the Centre for Democracy in Southeast Europe.
He helped to found one of Turkey’s most important publishing houses, İletişim Publications, as well as the Truth, Justice, and Memory Centre (Hakikat, Adalet, Hafıza Merkezi), which aims to uncover the truth about state-sponsored human rights violations over the past thirty years, strengthen the collective memory of those violations, and support survivors in their pursuit of justice. Its memory studies program carries out its documentation and reporting in line with internationally recognized standards.
Kavala was detained on 18th October 2017 at Istanbul’s Atatürk airport. He was on his way home from the eastern province of Gaziantep, where he had hoped to set up a project for Syrian refugees with the Goethe Institute.
Following his arrest, a smear campaign was mounted against him in the pro-government media, linking him with the alleged organizers of the July 2016 failed coup attempt. President Recep Tayyip Erdoğan has openly denounced Kavala as the ‘Soros of Turkey’. The Turkish pro-government media has also reported on leaks, indicating that Kavala would be charged with financing the 2013 Gezi Park protests, the largest anti-government demonstrations since the Justice and Development Party (AKP) came to power in 2002.
More than one year on, no credible evidence has been provided to give substance to these claims, and there has been no indictment issued.
His detention also sparked criticism on international level. The United States Department of State Spokesperson Heather Nauert, the European Parliament Rapporteur for Turkey Kati Piri, and Noam Chomsky have all denounced Kavala’s detention and demanded his immediate release. On October 31, 2018, a group of 35 academics, writers and researchers coming together by Jean-François Bayart and the European Network on Political Group Analysis published an open letter to President Erdoğan demanding that Kavala be released. In November 2018, the Council of Europe Commissioner for Human Rights Dunja Mijatović announced that she would be intervening in his case before the European Court of Human Rights (ECHR).
At the time of writing, Osman Kavala has been behind bars for 453 days, mostly in solitary confinement. If, as expected, he is charged with attempting to overthrow the government and the constitutional order, he is likely to face an aggravated lifetime sentence, without the possibility of a pardon.
It is to honour the achievements of this man of conscience over a lifetime of fostering peace and reconciliation inside Turkey and across its borders, at great personal risk and cost, that we respectfully nominate Osman Kavala for the 2019 Nobel Peace Prize. For those of us who have had the privilege of working with him over the decades, he is and will continue to be a guiding light, reminding us, even from behind bars, that the struggle for peace is never more important than in troubled times like ours. It is our hope that the Nobel Peace Prize will allow him to offer the same inspiration to others.
Yours truly,