È stato l’ex presidente Ben Ali a progettare nel 2003 a Tunisi la Cittadella della cultura, madinet ethakafa, che oggi, a distanza di 13 anni, è stata finalmente ultimata e aperta al pubblico. Dopo numerosi blocchi dei lavori e vari passaggi di mano nel susseguirsi dei governi nella Tunisia post-rivoluzionaria dal 2011 a oggi, la megastruttura statale con vocazione turistica, economica e culturale che ospiterà tutti i festival e le fiere della nazione, ha inaugurato lo scorso 21 marzo in concomitanza con i festeggiamenti annuali per l’anniversario dell’indipendenza tunisina dai francesi ottenuta il 20 marzo 1956.
La data è stata scelta intenzionalmente per puntare l’accento sul grande investimento fatto dallo Stato e sulla soddisfazione dell’atteso sogno che si realizza. La struttura faraonica, unica nell’area maghrebina costata 125 milioni di dinari (circa 45 milioni di euro), ha un significato particolare per i tunisini: riflette e simboleggia lo sforzo che la nazione sta facendo per proseguire la “battaglia” sociale in atto per difendere il cammino democratico avviato all’indomani della cacciata di Ben Ali il 14 gennaio 2011 e per sconfiggere fanatismo e terrorismo non solo attraverso azioni poliziesche e militari, ma anche e soprattutto culturali.
“Siamo fermamente convinti che la cultura possa aiutare la Tunisia a uscire dalla crisi economica che la attanaglia. È la prima volta che lo Stato investe nella cultura in Tunisia integrandola con il turismo e con l’economia” ha sottolineato il direttore della struttura Mohamed Hédi Jouini alla vigilia dell’apertura affidata al Presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi e al ministro della cultura Mohamed Zine El Abidine.
“Questa Cittadella è un progetto ambizioso per le generazioni future, il più grande investimento culturale realizzato nel mondo arabo, maghrebino e africano” ha affermato il ministro per dare speranza ai giovani che, più di tutti, hanno accusato il duro colpo dell’impasse finanziario che vive il paese da prima delle rivolte del 2011 e che oggi vedono questa megastruttura come una possibile ancora di salvezza.
La vistosa torre con la punta sferica che si intravede da dietro le alte mura del complesso fatto di palazzi ricoperti da finestre a specchio – fino a oggi tenuto blindato -, ha fatto sviluppare la fantasia di molti che l’hanno associato a una sorta di navicella spaziale su cui salire per essere trasportati fuori dalla stagnante situazione locale.
La struttura è situata in piano centro, su viale Mohamed V, lo stradone che porta alla piazza dell’orologio dove comincia la famosa viale Burghiba, cuore delle manifestazioni che da oltre sette anni si svolgono in città.
Circondata da palme, l’area si estende su una superficie di 9.3 ettari (8.6 al coperto) e comprende tre teatri, tra cui quello per l’Opera (1800 posti), 6 spazi per prove, un complesso cinematografico con due sale di proiezione (350 + 150 posti) e un auditorium (100), una Casa del romanzo gestita dallo scrittore Kamel Riahi, una Mediateca, studi di produzione televisiva, sale espositive, una Biblioteca digitale, spazi per bambini, aree destinate a negozi, caffè, ristoranti e la prima Cineteca nazionale.
La Cineteca, diretta dal regista Hichem Ben Hammar, nasce all’interno delle attività del Centro nazionale per il cinema e l’immagine tunisino (CNCI) per raccogliere, conservare, restaurare e valorizzare il patrimonio cinematografico mondiale.
Il CNCI, istituzione pubblica creata nel settembre del 2011 e diretta da Chiraz Latiri Cherif, ha firmato anche una convenzione con l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi nella quale prevede, tra l’altro, l’impegno di tenere in città una rassegna dedicata al “Fare cinema italiano” nel prossimo mese di maggio in collaborazione con il MedFilmFestival.
Per inaugurare la Cineteca è stata invitata Claudia Cardinale, la più nota nel mondo degli “Italiani di Tunisia”. L’attrice è nata a Tunisi nel 1938 in una famiglia di origine siciliana e ha vissuto fino a 16 anni nell’ambiente multiculturale dell’epoca quando italiani, francesi, maltesi, russi, greci e tunisini vivevano senza conflitti condividendo tutte le festività religiose, musulmane, ebree e cattoliche. La nostra collettività all’epoca raggiunse oltre 120mila presenze grazie a più ondate migratorie, un numero maggiore dei francesi.
“E’ sempre emozionate tornare in Tunisia. I miei genitori sarebbero stati orgogliosi di essere qui oggi, così come io sono sempre stata orgogliosa di essere nata in questa terra, un paese dove le donne hanno sempre combattuto” ha esclamato Claudia Cardinale passeggiando tra le fotografie che la ritraggono giovanissima nelle prime apparizioni sul grande schermo, dall’esordio in Tunisia – ancora minorenne – nel 1957 in “Goha” di Jacques Baratier con Omar Sharif protagonista per la prima volta fuori dall’Egitto, ai grandi titoli che l’hanno resa famosa nel mondo, da “Il Gattopardo” di Luchino Visconti a “Otto e mezzo” di Federico Fellini.
“Ho mantenuto il ricordo della liberazione del 1956 per tutta la vita. Oggi la stessa vitalità ci accompagna” ha aggiunto l’attrice alla soglia dei suoi magnifici 80 anni.
“Ci è sembrato bello e giusto aprire questo spazio celebrando Claudia Cardinale che è bent lebled, una figlia del paese e sarà la presidentessa della nascente associazione ‘Amici della Cineteca’ – ha spiegato Mohamed Challouf, consigliere artistico della Cineteca e direttore delle giornate cinematografiche di Ergla – La mostra a lei dedicata comprende circa cento pezzi tra fotografie e manifesti di film ed è realizzata con la collaborazione di vari archivi: quelli delle Cineteca di Milano, Bologna, Toulouse, Lisbona, della Fondazione Centro sperimentale di cinematografia – Cineteca nazionale Roma e il contributo di vari collezionisti privati di Milano e Macerata”.
La scelta dell’omaggio a Claudia Cardinale, i due concerti di Opera e l’invito a esibirsi per la prima in città al rapper milanese di origini tunisine Ghali – all’ultimo momento il concerto è stato rimandato in data da destinarsi -, ha però creato malumori e polemiche tra molti intellettuali locali già scettici sul progetto “troppo propenso a valorizzare le specificità altrui come l’Opera, piuttosto che quelle tunisine come il malouf”.
“Abbiamo bisogno di veicolare la nostra identità” hanno affermato in molti. Alcuni artisti della scena più underground hanno denunciato anche un’attenzione smisurata alla cultura ufficiale, di facciata, piuttosto che ai veri fermenti delle arti nella nazione. Non è ben accetto, inoltre, anche il fenomeno di “centralizzazione della cultura” che una struttura del genere inevitabilmente avvia nella capitale. È stato più volte sottolineato che “il diritto alla cultura andrebbe offerto dappertutto e una decentralizzazione potrebbe aiutare le regioni molto sofferenti in questa fase”.
ho trovato molto interessante questo articolo come trovo interessanti tutti gli studi sull’area del Mediterraneo della quale mi occupo da tempo per il Comune di Napoli. A napoli ha sede l’Istituto di Cultura Meridionale che è un faro negli eventi di matrice culturale cui talvolta collaboro e sarebbe proficuo creare una sorta di collegamento
Prof. Angela Procaccini Napoli