Da un paio d’anni a questa parte saggisti, giornalisti e persino registi si sono dedicati alla figura, spesso controversa, del Presidente russo Vladimir Putin. Sulla sua politica e, è il caso di dire, su una sua vera e propria Weltanschaung, sono stati pubblicati contributi interessanti. Il premier che è a capo, ormai da diciotto anni, della Federazione Russa è il protagonista di volumi come Dans la tete de Vladimir Poutine, saggio dedicato al presidente russo del filosofo Michel Eltchaninoff (Actes du Sud 2015, non tradotto in italiano) e Putin. Ora parla lui – edito per i tipi di Piemme 2017 – del giornalista tedesco Hubert Seipel. E, infine, Putin e la ricostruzione della grande russia (Longanesi 2017) di Sergio Romano. Si tratta di punti di vista dedicati al Presidente russo che hanno inaugurato un approccio diverso, teso a mettere in luce il suo pensiero politico e strategico. In questa cornice, s’inserisce anche il contributo del regista statunitense Oliver Stone che ha dedicato a Putin un documentario dal titolo The Putin interviews, realizzato in quattro parti, che è stato recentemente pubblicato da Marsilio: Oliver Stone intervista Vladimir Putin. Anche il contributo del regista americano si allinea perfettamente con il tentativo di riconsiderare la politica del presidente Putin da autarchica a una politica più democratica e che sta acquistando consenso dalla stessa opinione pubblica russa. Non è un caso che l’intervista di Oliver Stone, effettuata nel corso di circa un paio d’anni, non sia stata accolta sempre con favore dai media (in particolare americani), perché ritenuta non così fedele ai fatti e alla situazione politica generale.
L’aspetto interessante è che anche Oliver Stone parte dal presupposto che Vladimir Putin è un vero e proprio erede dell’Unione Sovietica e dei suoi valori principali: patriottismo, militarismo e superiorità dello Stato nazione. Il suo approccio alla politica si è contraddistinto sin da subito come un tentativo di conciliare l’eredità zarista e quella comunista della Russia (tesi condivisa da Sergio Romano, Eltchaninoff e Seipel). Già fin dal suo primo mandato presidenziale, Putin adotta una politica liberale, per garantire stabilità e prosperità e avanzare soprattutto nello scenario della politica estera. Putin stesso frequentemente ricorda l’insegnamento di Immanuel Kant a proposito della Russia come terra di democrazia e di diritto e come terra illuminata. A Vladimir Putin si deve una riapertura della Federazione Russa – la Russia propriamente “bianca” – verso la Russia asiatica fino alla costituzione di un progetto relativo a un’unione euroasiatica (che dal 2015 ha visto il coinvolgimento della Bielorussia e del Kazakhstan). Questa è una delle questioni, a tutti gli effetti politica, che sta a cuore al Presidente russo: come coniugare la molteplicità nell’unità? O meglio come conciliare 15 milioni di persone (ovvero circa il 25% della popolazione russa) che si professano di religione musulmana nella Russia ortodossa? La diversità che alberga nella Russia è controllabile solo all’interno di uno Stato robusto che è in grado di racchiudere la molteplicità delle tradizioni, delle religioni e delle etnie. A Vladimir Putin, infatti, non sono affatto estranee le tesi avanzate da filosofi e pensatori russi della seconda metà dell’Ottocento (Florenskij, Solovjev, Potebnija) – come sostiene il filosofo Eltchaninoff – che a loro volta hanno fatto proprie le idee di Leibniz e Spinoza, che hanno proposto con le loro teorie modelli di convivenza tra il tutto e le parti (che si riscontrano nella natura finanche nelle istituzioni politiche). La Russia è ora protagonista nella politica estera: pensiamo alla Crimea che è stata annessa alla Russia, e che ha permesso a quest’ultima di diventare una grande potenza. La Russia è sempre stata un impero, che ha avuto le sue “colonie” al suo interno, contrariamente ai Paesi di tradizione colonialista occidentale. Non a caso, il nazionalismo russo, ben lungi dal somigliare a quello europeo e occidentale, è un tipo di nazionalismo che tenta di tenere insieme le parti (le componenti dell’ex Unione Sovietica nel tutto). È questo l’aspetto che rende la Russia totalmente diversa dalla matrice ideologica e politica occidentale (si pensi ad esempio alla questione dell’immigrazione che gli europei hanno difficoltà a gestire e a valorizzare). Non è un caso che ultimamente sia emerso il progetto politico di Putin sulla Russia come Stato-Nazione e che ha avviato al suo interno un processo di democrazia. Putin ha restituito alla Russia il senso dell’identità nazionale, dopo che ha affrontato concretamente il problema degli oligarchi.
Nel periodo sovietico la Russia ha espanso la sua potenza nel mondo, eppure il Presidente russo rispetto alla Rivoluzione d’Ottobre si mostra piuttosto distante. Il Premier russo ricorda che il desiderio di Lenin fosse un’unione delle Repubbliche socialiste. Agli occhi del Presidente russo, il progetto di Lenin presenta una matrice fin troppo ideologica. Stalin, dal canto suo, aveva l’intenzione di unire tutte le Repubbliche nella grande Russia, per evitare una disgregazione. E, secondo Putin, pur restando un dittatore a tutti gli effetti, ha il merito di aver costituito la grande Russia (tenendo insieme la diversità delle singole Repubbliche che la compongono).
L’approfondimento fornito sulla figura di Vladimir Putin, non ultimo quello del regista Oliver Stone, mette l’accento sulla strategia di Putin di voler costituire una Grande Russia, o meglio un’idea di impero rinnovata e al passo con le urgenze e i bisogni della società.
Non si puo capire Putin prescindendo dal fatto che è russo e Cristiano ortodosso , non può essere valutatato secondo i criteri del mondo moderno occidentale agnostico e desacralizzato ..