Lo scrittore turco Günday: vedere
la crisi migranti «dal lato dei cattivi»

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Capita spesso di leggere romanzi in cui il grande tema contemporaneo sovrasta l’aspetto umano della storia. Non è il caso di  (traduzione di Fulvio Bertuccelli) di Hakan Günday, romanzo in cui lo scrittore di origine turca nato a Rodi in una famiglia di diplomatici, già conosciuto in Italia per A con zeta (2015), racconta il traffico di esseri umani dal punto di vista di un bambino conducendo il lettore in una dimensione tutt’altro che infantile e innocente.

Gazâ, il giovane protagonista della storia, è il figlio di un trafficante e lavora con il padre facendo da guardia alla cisterna nella quale vengono rinchiusi i migranti in attesa di attraversare l’Egeo per intraprendere la rotta balcanica. Con questa scelta Günday, non solo racconta il viaggio migratorio da un’angolazione poco esplorata – quella dei trafficanti e dunque dei “cattivi” -, ma lo fa attraverso gli occhi di un bambino che stupisce per la sua crudeltà e che appare come un mostro.

I migranti con i quali Gazâ si interfaccia e che tratta come schiavi sono indifesi e conoscono una sola parola della lingua turca, daha che vuol dire “ancóra”.

«Daha, infatti, è il grido di persone che non hanno più nulla e che hanno bisogno di tutto» spiega Günday che sarà a Roma il 14 giugno ospite dell’apertura del festival Letterature alla Basilica di Massenzio in cui leggerà un testo inedito dal titolo Memorie migranti.

Ancóra è tradotto in varie lingue ed è stato premiato in Francia con il Prix Médicis 2015. È un romanzo duro e complesso che fa riflettere sulla perdita dell’innocenza della nostra epoca. È ambientato in Turchia, il paese che l’autore sintetizza come «la differenza tra l’Oriente e l’Occidente».

«Il nostro paese – scrive a pag. 22 – è unancora.bmp ponte antico, con un piede scalzo a Oriente e l’altro infilato in una scarpa a Occidente, da cui transita qualsiasi merce illegale. Per il nostro ventre passa ogni cosa. Specialmente gli uomini chiamati clandestini… E noi facciamo del nostro meglio… Li ingoiamo e, per non strozzarci, li mandiamo via. Là dove devono andare…».

Günday, perché ha scelto il punto di vista del male?

Un giorno mi sono reso conto che la scrittura è il modo migliore per pensare, così ho deciso di scrivere su questioni che non capisco e che cerco di capire con l’aiuto della scrittura. Quindi, ogni romanzo scritto è stato per me un modo per analizzare una questione sull’umanità. La domanda principale in Ancóra girava intorno alla natura del rapporto tra l’individuo e il gruppo o la società o la massa. Perché da questo rapporto, nella storia, sono nate dittature, o linciaggi o segregazioni … Così ho dovuto raccontare la storia dal punto di vista di un singolo, che è il piccolo trafficante Gazâ che si confronta con gruppi di persone che sono i migranti. Sì, Gazâ si pone dal lato cattivo di quel rapporto, ma con il tempo si rende conto che essere buono o cattivo è solo una questione di scelte che egli fa ogni minuto. Quindi, per vedere se esiste un modo per il figlio di un trafficante di guardare alla “situazione dei migranti” attraverso la giusta prospettiva, ho dovuto iniziare da quella sbagliata.

In che modo si è documentato per costruire il personaggio di Gazâ e come ha fatto a comprendere le psicologie dei trafficanti?

In realtà ho semplicemente consultato i rapporti statistici pubblicati dall’ONU e dell’UE per avere un’idea su “chi usa quale strada per andare dove”. Il resto era evidente perché quando la violenza diventa uno strumento di comunicazione in un rapporto e quando alcune persone cominciano ad abusare di altre persone che si trovano in situazione disperata, il panorama psicologico diventa abbastanza simile in ogni caso. Se l’unica relazione tra estranei si basa sul potere e la pressione, poi si diventa o vittima o carnefice. Quando questo viene fatto su piccola scala si chiama crimine, su grande scala si chiamano relazioni internazionali.

Qual è il ruolo dei Buddha di Bamiyan nella storia?

Immaginate che esistano uomini in possesso di “abbastanza esplosivi e odio” per combattere non solo altri uomini, ma anche le sculture! E immaginate che cosa penserebbero le persone nel vedere uomini che combattono “le pietre” … Direbbero: “se i talebani si comportano in questo modo verso le pietre, cosa faranno di noi!” Penso dunque che la distruzione dei Buddha di Bamiyan è stato uno dei punti di partenza simbolico delle grandi ondate migratorie. E anche nel romanzo, Gazâ diventa amico di un immigrato afghano della valle di Bamiyan, che gli dà una rana di carta in regalo. E quella rana di carta che Gazâ porta con sé per tutta la vita diventa la voce della sua coscienza. La rana come animale è il simbolo della reincarnazione nel buddismo. Così semplicemente, Ancóra è la storia di un ragazzo che cerca di rinascere in una persona migliore, senza passare attraverso la morte.

Come si può salvare l’innocenza dei bambini di questa epoca?

L’innocenza e il valore della vita umana sono le prime nozioni che si perdono in questa crisi. E la cosa peggiore è quella di abituarsi a tali perdite. Noi pensiamo che il mondo sia grande abbastanza da ignorare le tragedie altrui e vivere come nulla stesse accadendo. Ma la storia ci dice che tutta la tragedia che ignoriamo e cerchiamo di seppellire, risorgerà un giorno o l’altro. Sono come scorie nucleari che avvelenano la terra! Quindi penso che la prima cosa da fare sia quella di confrontarsi con la realtà e accettare che viviamo in un mondo ingiusto e non c’è nessun posto dove nascondersi. A questo punto, forse, potrà essere possibile parlare di innocenza dei bambini. Perché se non cambiamo, i bambini continueranno a respirare la violenza nell’aria e ad ammalarsi come noi.

In che modo la riconciliazione tra Oriente e Occidente passa dalla Turchia?

Innanzitutto, in Turchia ci sono davvero vecchie radici orientali e occidentali. Radici culturali e sociologiche che sono piuttosto forti. Ma quando si guarda alla storia del paese, si può vedere che la Turchia ha sempre agito come se avesse dovuto scegliere una o l’altra. Ma sappiamo che per un essere umano così come per una società è troppo complicato avere una sola identità. Quindi, se un giorno la Turchia farà pace con se stessa e accetterà il suo essere multiculturale, allora potrà essere un buon esempio per tutti i paesi che lottano con i conflitti provenienti da pregiudizi tra comunità. Dobbiamo capire che non bisogna scegliere tra Est e Ovest. Possiamo essere entrambi allo stesso tempo e questo non significa schizofrenia!

Che pensa de recenti accordi tra Europa e Turchia sui migranti?

Credo che in tali accordi ci sia tutto, tranne i migranti! Si tratta solo di un accordo tra due istituzioni politiche. È come assumere un buttafuori e metterlo alla porta di un bar. C’è chi sarà pronto per il lavoro e chi vorrà continuare a bere e divertirsi al bar. In fin dei conti, parliamo il diritto a entrare nel territorio Schengen senza visto per i cittadini turchi. Questo mi fa pensare che le migliaia di persone sono morte annegate per attraversare confini solo per rendere possibile a noi di andare in Europa da turisti per scattare foto del Colosseo o della Torre Eiffel!

In un’intervista ha detto che «le rotte dei profughi coincidono con quelle delle armi, ma vengono percorse in direzioni opposte». Fino a che punto si potrà andare avanti così?

Purtroppo, in questo mondo, ci sono più munizioni che idee. Quindi penso che andrà così finché la gente non si renderà conto che le tragedie che stanno guardando in TV non rimarranno dietro lo schermo per sempre ma un giorno arriveranno alle loro finestre. Guardando il modo in cui questa crisi viene gestita, è possibile affermare che il cambiamento non arriverà presto. Noi, come persone sulla terra, abbiamo basato il nostro progresso economico e tecnologico sull’industria militare, ossia sull’uccidere. E per cambiare la situazione, i cittadini dei paesi che sono produttori di armi dovrebbero iniziare a porsi alcune domande. Ma per porre domande bisogna essere sensibili. E la sensibilità è un muscolo che va allenato!

Amnesty International ha denunciato migliaia di rimpatri forzati dalla Turchia in Siria decretando la nascita di una Fortezza-Turchia, dopo una Fortezza-Europa. Secondo lei cosa succederà ora?

La Turchia è il paese che ha ricevuto il maggior numero di profughi siriani. Sono circa tre milioni. Così la maggior parte di loro ha riavviato una vita qui con la voglia di stare. E dato che la situazione in Siria non sembra cambierà presto, penso che continuerà così com’è. Quindi è praticamente impossibile che la Turchia diventi come una Fortezza-Europa. Ma non dobbiamo dimenticare che in questo tipo di situazioni, la trasparenza politica è la cosa più importante che può assicurare i diritti umani ai migranti. E la Turchia, tanto per cambiare, ha bisogno di trasparenza politica, ora più che mai!

Vai a www.resetdoc.org 

Titolo: Ancóra

Autore: Hakan Günday

Editore: Marcos y Marcos

Pagine: 500

Prezzo: 18 €

Anno di pubblicazione: 2016



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