Costa d’Avorio, i terroristi sulle spiagge. E ad Ankara colpiti i civili

 

Il Corriere della Sera: “Merkel paga la crisi dei migranti. Balzo della destra, Spd al palo”, “Il voto in tre regioni. Nel Baden-Wurttemberg gli estremisti di Afd davanti ai socialdemocratici. Sorpresa verde”.

E l’analisi di Danilo Taino: “Gli errori della Cancelliera. Il prezzo alto per l’Europa”.

Più in basso il titolo in maggior rilievo, con foto di uomini della sicurezze ivoriani durante l’evacuazione di civili: “Doppio attacco del terrorismo”, “Costa d’Avorio, fuoco sui turisti in spiaggia: 16 morti. Autobomba ad Ankara: 34 vittime”, “Il racconto degli italiani nel resort africano: ‘Gli spari, poi il fuggi fuggi’. Il premier: ‘Non ci piegheranno’”.

E Guido Olimpio spiega “Il fronte jihadista in Africa”.

Più in basso, intervista al ministro della Difesa Roberta Pinotti: “’In Libia solo per difesa’”.

L’editoriale di Antonio Polito in apertura a sinistra: “I compiti di Renzi nel Pd lacerato”, “Torti e ragioni dello scontro”.

A fondo pagina: “La nuova scuola dei vecchi supplenti”, “Nonostante le assunzioni, i docenti precari sono ancora 105 mila. Le scelte degli istituti”.

Poi, con foto della maestra palestinese che ha vinto il “Global Teacher Prize”: “La prof più brava è palestinese”, di Antonella De Gregorio.

La Repubblica: “Schiaffo a Merkel, la paura profughi fa volare la destra”, “Germania, i populisti al 15% in tre Land. Resistono i governi, crollano Cdu e Spd”.

Tonia Mastrobuoni, da Berlino, racconta “il personaggio” Frauke Petry, leader di Afd: “Frauke, l’anti Angela”.

Di spalla, grande foto da uno dei resort colpiti ieri in Costa D’Avorio, dove un turista soccorre un bambino: “Costa d’Avorio, assalto ai turisti. Ankara, strage alla fermata del bus”.

Più in basso: “Hamas e Is, alleanza segreta nel nome di affari e jihad”, di Fabio Scuto.

A centro pagina, sulla politica italiana: “Bersani a Renzi: sei lì grazie a me. Meloni: io al posto di Bertolaso”, “Roma, caos nel centrodestra. Salvini sfida Berlusconi”.

Racconta “il caso” di Giorgia Meloni Filippo Ceccarelli: “La sfida del pancione”.

A fondo pagina: “prova di potere all’Onu, un ‘gioco’ da ragazzi”, “Simulazione con 2500 studenti”.

Sulla colonna a destra l’intervista ad Hanan Al Hroub: “’Io, la maestra migliore del mondo nella scuola degli ultimi’”, “Hanan si è aggiudicata il Global teach prize e insegna a Betlemme”.

La Stampa: “Al Qaeda, la strage arriva dal mare”, “Costa d’Avorio, assalto agli hotel sulla spiaggia: 16 morti, 5 europei. La firma del signore della guerra Belmokhtar”, “Autobomba alla fermata dei bus ad Ankara, 32 vittime e 75 feriti. Le autorità: sono curdi. Nessuna rivendicazione”.

L’analisi è firmata da Giordano Stabile: “Dalla Libia al Mali, il terrore sfida Parigi”, “Abidjan caposaldo dei francesi. La jihad vuole una provincia in Africa”.

Ne scrive in un editoriale anche Stefano Stefanini: “Il mondo brucia. Ecco perché stiamo perdendo”.

Sul caso Regeni: “Pignatone agli egiziani: ‘Adesso fuori le carte’”, “Il procuratore di Roma sbarca al Cairo sfida i depistaggi degli inquirenti”.

A centro pagina, con foto di Frauke Petry, leader del partito populista AfD: “Germania, trionfo anti-immigrati”.

Con un commento di Cesare Martinetti: “Le forze anti-sistema che scuotono l’Europa”.

Di fianco, sulla politica italiana: “Centrodestra diviso tra Bertolaso e Meloni”, “A Milano Parisi in corsa per vincere. Pd, Bersani: Renzi vuole cacciarci”.

Poi sull’”ultimatum” della Corte dei Conti: “Corte dei Conti: ‘Il Csm dica come spende i soldi’”, “No delle toghe: siamo un organo supremo. Deciderà la Consulta”. Ne scrive Giuseppe Salvagiulo.

Il Fatto apre con un’intervista a Salvatore Settis: “’Ma a che serve votare?’”, “’Riforme, Costituzione, acqua: i cittadini dicono una cosa, il governo la ribalta’”, “Lo storico dell’arte ed ex direttore della Normale di Pisa: ‘Il ddl Boschi è una copia della legge Berlusconi-Bossi ed è stato pilotato dal Quirinale. Sui referendum informazione insufficiente’. Nel Pd prosegue la guerra: Bersani: ‘Il premier è a Palazzo Chigi grazie ai consensi che ho preso io nel 2013’. Serracchiani e Guerini rispondono: ‘Non ci faremo uccidere da queste polemiche’”.

La storia di copertina: “Il mercato delle spiagge”, “La Corte di giustizia europea boccia la proroga fino al 2020 per regolamentare la gestione degli stabilimenti: ora la liberalizzazione potrebbe mutare le realtà consolidate”.

Sotto la testata: “Domenica di sangue”, “Terrore ad Ankara, 33 morti: autobomba alla fermata del bus”, “Assalto in Costa d’Avorio: 16 vittime”. E di fianco, sulle elezioni regionali in Germania: “Vola la destra anti-immigrati. Però la Merkel non affonda”, “In calo la Cdu e la Spd”.

In basso, intervista a Bruno Vespa: “Renzi è cattivo, ma il governo è il mio editore”.

A fondo pagina, un commento di Leonardo Coen: “E’ la stampa, ma non è bellezza!”, “120 ani. Dagli Zar a Erdogan: attacchi, cesure, chiusure e omicidi”.

Il Giornale: “Meloni e Salvini rompono. Berlusconi ha un piano B”, “Roma, Bertolaso incoronato ai gazebo. Fratelli d’Italia e Lega non ci stanno”.

Ne scrive il direttore Alessandro Sallusti.

Più in basso, con foto di Angela Merkel: “Profughi e Colonia, schiaffo alla Merkel. E la destra esulta”, scrive Angelo Allegri.

Sugli attentati in Costa d’Avorio e Turchia: “’Allah akbar’, la domenica del terrore”, “Assalto jihadista al resort in Africa, 16 morti. E ad Ankara un’autobomba fa strage”.

Poi, sulla “emergenza immigrati”: “’Chiudete i confini con l’Italia’. L’Austria prepara un piano”.

Terrore in Costa d’Avorio

Sul Corriere, pagina 2: “Costa d’Avorio, caccia agli stranieri. Un massacro negli hotel dei turisti”, “Sedici le vittime, il raid rivendicato da Al Qaeda nel Maghreb”. Secondo le prime ricostruzioni, gli attentatori sarebbero arrivati dal mare. E’ la prima volta -scrive Marta Serafini- che il Paese è obiettivo di un attacco del genere: dopo anni di guerra civile, sembrava che la Costa d’Avorio avesse ritrovato un po’ di pace e i turisti stavano ricominciando a tornare. Ma dopo l’allarme in Mali e Burkina Faso l’allarme era salito. Sulla stessa pagina il racconto di alcuni italiani testimoni: “le raffiche di kalashnikov, poi quei copri sulla spiagiia”. Di fianco, a pagina 3 un’approfondita analisi di Guido Olimpio con la “mappa” dei gruppi terroristici: “La presa del jihad sull’Africa”, “La lunga mano di Isis e Al qaeda nel Nord e nell’Ovest, In Somalia il regno degli Shebab”. Olimpio scrive che ci si aspettava un attacco in Senegal, invece è arrivato in Costa d’Avorio: “Paesi di un arco regionale dove colpisce quello che i francesi definiscono il terrorismo povero: piccoli nuclei, agguerriti, capaci di far molti danni”. E Olimpio spiega “il contagio del Sahel”: all’inizio fu il Mali, nel Nord si erano insediati tuareg islamisti, seguaci di Osama e ribelli buoni per molte cause. La missione lanciata da Parigi nel 2013 li ha fermati. Loro si sono sparpagliati e si sono rigenerati grazie al caos libico, rifugio e supermarket bellico. Al Qaeda nella terra del Maghreb, rispondendo anche alla rivalità dell’Isis, ha rilanciato la sfida usando una doppia lancia. La prima composta da militanti africani, la seconda mettendo da parte i contrasti con i Morabitun du Moktar Belmokhtar. Più vivo che morto (dicevano fosse stato ucciso da un raid), il ‘guercio’ avrebbe coordinato la campagna degli hotel. I terroristi hanno riprodotto in modo letale uno schema devastante: assalti contro gli alberghi/locali a Bamako, Ouagadougou (Burkina Faso) affidati a team pronti a prendere ostaggi e votati al martirio. Nel mirino gli abitanti e gli stranieri del posto, colpevoli di condividere luoghi di ‘peccato’, sotto tiro quegli Stati che collaborano con l’Occidente nella lotta all’estremismo”. Anche Boko Haram ha condotto il terrore di prossimità: dopo aver massacrato migliaia di persone in Nigeria, ha spedito le donne kamikaze a colpire Camerun e Ciad, due nemici, perché hanno mobilitato le loro unità contro la fazione. In Somalia gli Shebab hanno smentito con i fatti chi pensava fossero in difficoltà: rimasti legati ad Al Qaeda, hanno attaccato con successo in Somalia.

Su La Repubblica le testimonianze: “’Giovanissimi, gridavano Allah Akbar, arrivati dal mare con mitra e granate”. E Renzo Guolo spiega “La campagna d’Africa”: “la Costa d’Avorio è terreno fertile per i jihadisti. La penetrazione è favorita dall’instabilità degli ultimi decenni dell’ex colonia francese, sfociata in guerra civile. Prima ancora che la divisione fra cristiani e musulmani, sono state le fratture etniche e le concezioni personalistiche del potere a mandare in fibrillazione il Paese. L’etnicismo coniugato con la xenofobia, imperniato su un concetto di ‘ivorianità’ che classificava la popolazione in ivoriani ‘puri’, di ‘sangue misto’, ‘impuri’, mirato a stabilire l’accesso al potere a seconda delle origini, ha provocato forti tensioni. Ancorato prima alla distinzione tra cristiani e musulmani e poi a quella tribale, l’ivorianità è diventato il criterio con cui si metteva ai margini la popolazione di origine straniera, per due terzi musulmana: molti sono, infatti, gli abitanti di origine maliana, burkinabé, mauritana, nigeriana, siro-libanese. Un clima che ha fatto da sostrato alla guerra civile. Il resto lo ha fatto il disegno dei gruppi qaedisti che nell’Africa segnata da corruzione e tribalismo, oltre che da un ritrovato protagonismo francese nell’area dipinto come neocoloniale, vedono il volano per la loro espansione”.

Su La Stampa, pagina 3, analisi di Giordano Stabile: “Un colpo agli interessi di Parigi nel cuore dell’ex colonia prediletta”, “La Francia qui gestisce le operazioni anti-terrorismo nel Sahel”. La Costa d’Avorio è il più importante degli Stati francofoni della regione, quello più ricco e più legato all’ex colonia. 25 milioni di abitanti (un quarto musulmani), un Pil da 35 miliardi di dollari, la ‘nazione del cacao’ è il motore economico dell’Africa occidentale. La guerra civile 2002-2007, con Parigi che si è schierata al fianco dell’attuale presidente Alassane Ouattara, non ha alienato la simpatia della gente per la Francia. Ma è proprio questo legame che Al Qaeda e Isis vogliono spezzar. Nei documenti di propaganda sul web l’accento è sempre sul ruolo di colonizzatore della Francia e la complicità delle élite al potere. L’Islam viene presentato come l’unica religione ‘non razzista’ che tratta alla pari e neri e può liberarli.

A pagina 2 il “retroscena” di Paolo Mastrolilli da New York: “Qaedisti, Boko Haram e Al Shabab. La galassia che tiene in scacco il Continente”, “Gli Usa temono che i vari gruppi islamisti possano allearsi. Con intelligence e droni il Pentagono ne argina l’espansione”.

Turchia

La Repubblica, pagina 4: “Autobomba ad Ankara: oltre 30 morti”, “Attentato nella capitale turca. L’esplosione ha colpito una fermata dell’autobus di un parco affollato. L’ambasciata americana aveva diffuso un allarme terrorismo. Erdogan: ‘Siamo nel mirino, ci difenderemo’”.

Sul Corriere: “Autobomba nel centro di Ankara. Il governo turco accusa i curdi”, “Almeno 34 morti e 125 feriti. E’ il terzo sanguinoso attacco nella capitale in 5 mesi”, ricorda Monica Ricci Sargentini. L’autobomba è esplosa nella centralissima zona di Kizilay: l’attacco ha colpito civili. Che intervista il professor Soli Ozel, che insegna relazioni internazionali alla Kadir Has University: “Un colpo per Erdogan che prometteva stabilità”. Sembra propenso a credere nell’attribuzione della responsabilità al Pkk perché, spiega: “Non può essere una coincidenza che l’autobomba sia esplosa nel giorno in cui è stato dichiarato il coprifuoco a Yusekova and Nusaybin, due villaggi nel sud est della Turchia a maggioranza curda, proprio nell’ambito di un’operazione contro il Pkk”.

Germania

Sul Corriere: “Un terremoto politico in Germania. Crolla Merkel, la destra xenofoba sfonda”, “In Sassonia-Anhalt la AfD sfiora il 25% ed è seconda, nel Baden-Wuttemberg supera i socialdemocratici”. Ne scrive Danilo Taino da Berlino, sottolineando che l’affermazione di AfD, Alternative fur Deutschland, partito di destra radicale anti immigrati, ha alcune caratteristiche scioccanti nel panorama politico della Germania: e ha sicuramente strappato il cuore dei suoi voti ai cristiano-democratici della cancelliera. Nel Land più importante tra quelli che votavano ieri, il Baden-Wurttemberg, da sempre un bastione della Cdu, per la prima volta il partito della cancelliera non è finito in testa. Hanno vinto i verdi del premier regionale uscente Kretschmann. La Cdu è scesa dal 39% del 2011 al 27%, superato dai Verdi a oltre i 30%. I socialdemocratici della Spd sono crollati dal 23% a un 13% scarso, superati anche dalla AfD, non lontana dal 15%.

nella Renania-Palatinato: il premier in carica della Spd ha vinto con il 36% sulla candidata Cdu (32%). Qui la AfD ha ottenuto il 12% abbondante.

Nella Sassonia-Anhalt dell’Est, l’Est ex socialista, lo shock è il 24% della destra di AfD, che è il secondo partito dopo la Cdu (la quale scende dal 32,5% al 30% circa: mentre la Spd supera a malapena il 10%). Questo voto, secondo Taino, “non racconta tanto che la Germania respinge l’apertura di Frau Merkel ai rifugiati: i voti non andati alla AfD sono tutti per partiti favorevoli a dare asilo. Crea però una realtà nuova: un partito di destra, alla destra della cdu, un’entità cge dal Dopoguerra non c’era mai stata ed era fino a poco tempo fa un tabù politico”.

A pagina 9 l’analisi di Danilo Taino: “Si è infranto un altro tabù. E resta l’eccezione dell’Est che non fa i conti col passato”, “La nuova realtà instabile nel Paese dove la stabilità è un totem”.

In basso, intervista al politologo Wolfgang Merkel (nessuna parentela): “La cancelliera ha sbagliato a isolare il Paese. Ma puà rialzarsi”, “La sua gestione è autocratica e nel partito non ha veri ribelli. Il problema è la paura della classe media”.

Su La Repubblica: “Schiaffo alla Merkel bocciata sui migranti. La destra xenofoba vola”. Tonia Mastrobuoni racconta il personaggio Frauke Petry, leader di AfD: “Frauke, l’ex manager ultrà che ha trasformato i populisti, ‘Saremo la voce delle masse’”, “La leader degli ex-antieuro ha traghettato il ‘partito dei professori’ verso il trionfo. ‘Le politiche di benvenuto hanno diviso l’Unione’”. E’ stato per lei un trionfo. Ed è la fine di un percorso: perché ha traghettato il partito monotematico dei professori, dopo la fragorosa uscita del fondatore Bernd Lucke, a un partito dichiaratamente di destra.

La Stampa intervista Alexader Gauland, che ha militato per quarant’anni nella Cdu e poi, nel 2013, è stato tra i fondatori di AfD. Dice che “ad essere stata punita è la politica di Merkel sui rifugiati, che i sostenitori della sua stessa Cdu non vogliono”, “chiudiamo subito le frontiere. Per i rifugiati qui non c’è posto”.

A pagina 7 un’analisi di Monica Perosino: “Populisti e blocco balcanico. Ecco chi sgretola l’Europa”, “Il composito fronte anti-sistema chiude i confini e guadagna consensi. Da Visegrad alla Danimarca, sinistra e xenofobi uniti contro Ue e Merkel”.

Libia

La Stampa: “La Libia ha un governo di unità”, “Il Consiglio presidenziale ne ha proclamato la legittimità anche se il Parlamento di Tobruk non ha ancora dato la fiducia al premier Al-sarraj. ‘Pieno sostegno’ da Ue e Stati Uniti”, scrive Giordano Stabile.

Il Corriere, a pagina 6 , dà conto della riunione ieri a Parigi del “vertice della coalizione euro-americana”: Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e usa sostengono il nuovo governo di unità nazionale libico guidato da Fayez Serraj, chiedono che si installi al più presto a tripoli e minacciano sanzioni contro le fazioni che sono ancora tentate dall’intralciare il suo lavoro. E oggi a Bruxelles l’Ue discuterà delle possibili sanzioni a chi lo boicotta: si tratterebbe di congelamento dei beni e divieto di viaggiare in Europa.

Il Corriere intervista il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che dice: “Missione a tre condizioni. Ma sono possibili interventi di legittima difesa”, “Per agire servono legittimità internazionale, un governo e la sua richiesta, il sì del nostro Parlamento. Il fatto che siano aumentate le nazioni pronte a dare una mano farà variare anche il nostro contributo”, “Se dovessimo identificare pericoli, decideremmo le soluzioni migliori per eliminarli”, “500 soldati in Iraq a Mosul prima dell’estate”, “In alcuni Paesi della coalizione c’è chi spinge per un’accelerazione, ma la linea di fondo non è mai stata messa in discussione”.

Il caso Regeni

Sul Corriere: “I pm romani in missione al Cairo. ‘Su Regeni basta depistaggi’”, “Anche la Germania contro le autorità egiziane. Le provocazioni dei media locali”. Ne scrive Fiorenza Sarzanini, sottolineando che la missione del procuratore di Roma Pignatone viene considerata l’ultimo tentativo prima della rottura. Se non ci sarà collaborazione, si dovrà stabilire se far rientrare il team investigativo italiano che da oltre un mese cerca senza successo si ottenere dati concreti e collaborazione. E percorrere una strada diplomatica più intransigente: sinora il governo ha escluso il richiamo dell’ambasciatore, ma è difficile che la linea ‘morbida’ possa essere tenuta ancora a lungo. E, a proposito di provocazioni, un quotidiano locale accusa l’Italia della scomparsa di un giovane egiziano.

Su La Stampa: “Pignatone, l’eroe della lotta alla mafia al Cairo per fare luce sul caso regeni”, “Il procuratore vuole smontare i depistaggi: ‘Fuori le carte mancanti’”. Ne scrive Francesco La Licata.

Primarie Usa

Sul Corriere, a pagina 17: “Rubio si impone solo a Washington. Il cuore delle élite non segue Trump”, “Ora la Florida sarà decisiva per il senatore”, scrive Giuseppe Sarcina, sottolineando come siano state inutili le vittorie di Rubio: perché “finora ha vinto solo dove non serviva, mentre ha perso, e di brutto, dove contava”.

Su La Repubblica, intervista di Anna Lombardi allo scrittore Scott Turow: “La mia Chicago vota con il peccato originale delle tensioni razziali”, “La segregazione c’è ancora. Non abbiamo un sistema per tirare fuori la gente dalla povertà”, “Scelgo Hillary per tutto quello che ha passato” (“pensi a come si sono accaniti su di lei negli ultimi 25 anni, da quando suo marito è diventato presidente”).

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