Libia: due tecnici italiani uccisi, due liberati

La Farnesina ha confermato questa mattina che Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, tecnici della ditta Bonatti, non sono piu’ nelle mani dei loro rapitori, e che si trovano sotto la tutela del Consiglio militare di Sabrata e sono in buona salute. I quotidiani di oggi, per forza di cose, si occupavano invece dell’uccisione dei loro colleghi di lavoro Fausto Piano e Salvatore Failla.

La Repubblica: “Uccisi in Libia due italiani rapiti, pronto l’attacco con aerei e navi”, “I tecnici della Bonatti erano stati sequestrati otto mesi fa. La Farnesina: gli altri due sono vivi”.

Ne scrivono Bernardo Valli (“Nella trappola del Califfo”), Gianluca Di Feo (“La guida affidata alla divisione Acqui”) e Carlo Bonini (“La mattanza di Sabratha”).

A centro pagina: “Migranti, il muro della Polonia, ‘Non vi vogliamo in Europa’”.

Più in basso, un commento di Angelo Bolaffi: “Salvare la Merkel”.

A fondo pagina: “Appalti, la fine delle incompiute”, “Varata la riforma, Delrio: vanno avanti solo i progetti validi”.

Sulla scuola: “Le province contro la spending review”, “A scuola anche il sabato, la settimana corta non piace più”.

Sulla colonna a destra, R2/La copertina: “Quelle 1200 medicine cancellate in farmacia”, “Sempre più prodotti sono introvabili. Accuse a Big Pharma”, di Michele Bocci.

Il Corriere della Sera: “Così hanno ucciso i due italiani rapiti”, “Traditi da un autista, erano nelle mani dell’Isis. Colpiti durante un blitz. ‘Versata parte del riscatto’”, “Fausto Piano e Salvatore Failla della ‘Bonatti’ erano stati sequestrati nel luglio scorso. Il governo: vivi gli altri due ostaggi”.

Ne scrivono Lorenzo Cremonesi, inviato a Tripoli, Francesco Verderami (“Renzi spera di evitare la guerra”), Giovanni Bianconi (“Ora Alfano non esclude l’intervento”) e Franco Venturini, con un editoriale in apertura dal titolo “Il dovere di agire”.

Di spalla, intervista di Maurizio Caprara all’ambasciatore Usa a Roma John R. Phillips: “’Voi potete inviare a Tripoli fino a 5 mila militari’”.

A centro pagina: “L’appello della Ue ai clandestini: non venite qui”, “Tusk e l’emergenza”.

Di fianco: “Mutui, la casa alla banca dopo 18 rate non pagate”, “Decreto. Dietrofront alla Camera. Grillo: non basta, va ritirato”.

Sul nuovo codice degli appalti varato ieri dal Consiglio dei ministri: “Appalti, cambiano le regole”, “Cantone (Anac): una rivoluzione”.

A fondo pagina: “Pompei torna rock e chiama Elton John”, “concerto al Teatro degli Scavi il 12 luglio, 45 anni dopo lo show-evento dei Pink Floyd”.

Il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo, in un’intervista al quotidiano, dice: “’Alitalia accelera, più investimenti’”.

Oggi il Corriere è in edicola con un inserto speciale di 96 pagine che racconta i suoi 140 anni dalla fondazione, riproducendo anche pagine di articoli di firme storiche (da Benedetto Croce a Dino Buzzati, da Edmondo de Amicis a Eugenio Montale, da Indro Montanelli a Italo Calvino, passando per il Pasolini dei “capelloni” o Mario Soldati, Walter Tobagi, Alberto Moravia, Oriana Fallaci, solo per citarne alcune).

La Stampa: “Il sangue degli italiani in Libia”, “Due ostaggi uccisi durante uno scontro a fuoco tra milizie e jihadisti a Sabratha. Riconosciuti dalle foto. Erano stati rapiti a luglio”, “Un testimone: ‘Ustati come scudi umani dall’Isis’. Minniti, gli altri due sono vivi”.

Per il Paese è l’ora della maturità”, scrive in un editoriale Stefano Stefanini.

Su questo tema, gli articoli di Francesco Grignetti (“Guerra segreta”, “I nostri soldati sono pronti al codice rosso”) e Fabio Martini (“Renzi prudente, ‘Nessuna accelerazione’”).

Sulla colonna a destra: “Il grande sogno del Family Day: diventare un partito”, “Liste in 300 Comuni”.

A centro pagina: “Mutui, accolte le proteste, ‘Le case alle banche solo dopo 18 rate in ritardo’”, “La vendita forzata sarà facoltativa”.

Sul nuovo codice degli appalti: “Più trasparenza. Appalti, basta massimo ribasso”, “Ok del governo alla riforma. Cantone: ora sarà più facile scoprire casi di corruzione”. Il quotidiano offre ai lettori un’intervista a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac).

Sui migranti: “Tusk ai rifugiati: ‘Non venite in Europa’”, “Il leader del Consiglio Ue: è inutile. Atene: sanzioni per chi chiude i confini”.

La grande foto a centro pagina ritrae il giovane ricercatore Paolo Franceschetti in un villaggio africano: “’Così depuro l’acqua per l’Africa’”, Boom di brevetti, l’invenzione di un ricercatore italiano”. Ha inventato “Solwa”, il depuratore che funziona a energia solare. “Ma la ceratività da sola non basta”, sottolinea in un commento Pietro Paganini

Il Fatto: “Libia, i primi 2 caduti italiani. La guerra si fa ma non si dice”, “Sabratha. Morti in un conflitto a fuoco due dipendenti della Bonatti rapiti a luglio”, “Fausto Piano e Salvatore Failla, assieme a due colleghi della società di costruzioni, erano nelle mani di un gruppo jihadista (non è ancora chiaro se legato o meno all’Isis) fuggito dopo il raid dei droni Usa del 19 febbraio. Le forze di sicurezza libiche hanno attaccato il loro convoglio”.

Sul tema Libia il quotidiano intervista il costituzionalista Alessandro Pace, che dice: “Una pazzia gli 007 lì senza passare dal Parlamento”.

A centro pagina: “I guai dell’Operazione Stampubblica: esuberi, rivolta Rcs e Ansa nel mirino”, “Dopo l’addio della Fiat, crolla in Borsa l’editore del Corriere”, “I giornalisti del Corriere della Sera attaccano la Fiat che si è vantata di aver salvato il gruppo ‘tre volte’. Non è vero, dicono, ‘la società è stata spolpata’. Ora Rcs deve fare cassa con la Gazzetta dello Sport. Il rischio è che dal lato Repubblica-Stampa, si taglino posti di lavoro. E la nuova alleanza avrà molta influenza sull’agenzia”.

A questo tema sono dedicati l’editoriale del direttore Marco Travaglio (“Fondono e filano”) e un commento di Antonio Padellaro (“Gli articoli non sono parafanghi di una Fiat 500”).

Poi le notizie sulla puntata della trasmissione “C’è posta per te”, in onda domani sera: “Salvini dalla De Filippi con la sorpresa ‘sexy’ di Greggio e Iacchetti”.

A fondo pagina: “Vissani senza filtri: ‘In tv la cucina è pettinata’”.

E sul “Family spot”: “Ma quanto sono idiote le famiglie della pubblicità”, di Andrea Scansi.

Il Giornale: “E adesso guerra seria”, “Il Califfo alle porte”, “In Libia uccisi due dei quattro tecnici italiani rapiti: i jihadisti li hanno usati come scudi umani. L’apatia del governo è una strategia perdente”.

Basta inerzia”, “Storia e decenza ci impongono di intervenire”, scrive Renato Farina.

In apertura a sinistra: “Occupazione mediatica”, “Dai direttori di giornale ai conduttori della Rai: il regime di De Benedetti”, “Rcs: la quota Fiat è sbriciolata e il ‘Corriere’ resta senza padrone”.

E un editoriale di Alessandro Gnocchi su questo tema: “Gli intellettuali convertiti al pensiero unico (ma chic)”.

Più in basso: “C’eravamo tanto odiati”, “L’Ingegnere e l’Avvocato tra rivalità e licenziamenti”, di Marcello Zacché.

Ancora in prima, con foto di Alfonso Signorini: “’L’utero in affitto? Da gay dico: fermiamoci dove vuole la natura’”.

A centro pagina: “Alfano: perché non mi votano?”, “Il leader di Ncd in crisi mistica”, “Il ministro confida a un amico il suo stupore per lo scarso successo politico”. Ne scrive Augusto Minzolini.

Poi un intervento di Giordano Burno Guerri: “Il saluto romano è antiestetico. Ma non è un pericolo per il Paese”, “Assolti per il gesto fascista”.

A fondo pagina, Nicola Porro ricorda l’economista Sergio Ricossa, scomparso ieri: “Ricossa, il liberale che valeva cento eco”, “Addio a un vero anticonformista”.

Libia

Sul Corriere della Sera, a pagina 2, Lorenzo Cremonesi da Tripoli ricostruisce “il sequestro-trappola, le trattative per il riscatto, lo stop del califfato che avanza. Fino agli scontri degli ultimi giorni tra jihadisti e milizie di Tripoli”. Sottolinea che la Libia resta un Paese nel caos dove tanti sono interessati a fornire versioni di comodo e quindi “il condizionale è d’obbligo” nelle ricostruzioni, che potrebbero esser smentite già nelle prossime ore. Ma -sottolinea Cremonesi, diversi fatti sembrano collimare con le testimonianze raccolte già in Libia subito dopo il rapimento dei 4 tecnici nel luglio 2015. Il ruolo dell’autista, che veniva descritto come “fortemente sospetto”. Il capo del consiglio municipale di Sabratha ribadiva ieri che avrebbe organizzato il rapimento a scopo di riscatto e avrebbe quindi consegnato i rapiti allo zio, residente in quella zona e “noto simpatizzante dei movimenti islamici radicali e persino di Isis”. La mancanza di collaborazione tra Roma e Tripoli, alimentata dal risentimento dei politici locali per il sostegno italiano al governo rivale di Tobruk, non aveva facilitato le cose, dopo il rapimento. Il portavoce del premier di Tripoli ha parlato di un parziale pagamento di riscatto da parte dell’Italia: i rapitori avevano chiesto 12 milioni di euro, poi l’intermediario si sarebbe dileguato e comunque l’Isis aveva ormai preso piede nella zona. La sorte degli ostaggi precipita verso la fine del 2015, quando l’Isis da Sirte si allarga verso Bengasi e verso Bani Walid, circonda Tripoli, arriva sino alla zona di Sabratha: “a questo punto la sorte degli italiani -scrive Cremonesi- si fa davvero precaria. Non è più solo una questione di soldi, il prezzo si fa politico, diventa un’ipoteca sulle scelte italiane di intervenire o meno in Libia”. Il capo del consiglio municipale di Sabratha racconta: “mercoledì 2 marzo i combattenti di Rada hanno accerchiato la fattoria di Jfara, nella campagna che da Sabratha si pare al deserto verso sud. Sapevano che potevano trovarsi alcune cellule dell’isis. C’è stata una forte battaglia per alcune ore. Le vittime sono ricoverate a Tripoli”, “siamo rimasti sorpresi di fronte ai corpi senza vita degli italiani. Non so se siano morti nello scontro a fuoco o se siano stati freddati dai terroristi quando si sono sentiti perduti”.

A pagina 5: “I contatti e le richieste dei rapitori”, “L’intelligence: le telefonate non sono sfociate in un vero negoziato”, scrive Marco Galluzzo. Che firma anche un articolo che illustra quale sia “la linea di Palazzo Chigi e del Colle”: “non cediamo alle accelerazioni”.

Su La Stampa ne scrive da Sabratha Domenico Quirico: “Sabratha, i due ostaggi italiani uccisi con un colpo alla nuca prima del blitz delle forze libiche”.

Il “retroscena” di Guido Ruotolo, più in basso: “Così sono fallite le trattative con i mediatori. Jihadisti in cerca di soldi e di riconoscimenti”, “I servizi a gennaio avevano ottenuto una foto, poi sono ripresi gli scontri”.

E Francesco Grignetti racconta “la ‘guerra segreta’ dell’Occidente’”: “Gli alleati si spartiscono le zone d’intervento. Italia a Tripoli, inglesi e francesi in Cirenaica”, “Cinquanta incursori passano alle dipendenze dell’intelligence”. Scrive Grignetti: “Sarà quindi una tipica “guerra segreta”, quella che la coalizione internazionale condurrà in Libia contro l’isis: una guerra di corpi speciali, di raid aerei, di satelliti e di droni. E soprattutto sarà una guerra affidata alle milizie armate libiche, chiamate a dimostrare sul campo se davvero, come dicono, vogliono liberare il loro Paese dai terroristi affiliati al Califfato”. E come ogni guerra segreta che si rispetti, “stavolta non ci saranno contingenti che partono”, comandi centrali, pattugliamenti: ci saranno in compenso aree di competenza. Agli italiani e agli americani dovrebbe spettare il “mentoring” delle milizie della Tripolitania, ai francesi e agli inglesi i nomadi Touareg del Fezzan e le milizie filoegiziane del generale Haftar in Cirenaica.

Sul Corriere, a pagina 9, intervista di Maurizio Caprara all’ambasciatore Usa in Italia John R. Phillips, che dice: “A voi la guida in Libia: ci aspettiamo 5 mila uomini”, “In Iraq siete uno dei nostri partner migliori. A bombardare penseranno altri”. Secondo alcuni -chiede Caprara- vorreste che i Tornado bombardassero. Risponde l’ambasciatore: “Ci sono contributi diversi da ogni Paese. Sorvegliare dall’alto e rifornire aerei in volo è importante. A bombardare provvedono altri”.

Su La Repubblica il retroscena di Carlo Bonini: “Finiti in mezzo al fuoco tra gruppi rivali quando la libertà era vicina”, “La banda che li aveva presi prigionieri li stava trasferendo su un pick up verso una nuova prigione. La milizia che li ha uccisi li ha esibiti come trofei spacciandoli per combattenti Is”. I due italiani sono stati uccisi, secondo Bonini, “dal fuoco della milizia locale che li credeva combattenti di Daesh: viaggiavano con i loro carcerieri, una banda di predoni maliani e tunisini verniciata di islamismo. La stessa che li teneva sequestrati da luglio dello scorso anno. E che, ragionevolmente, li stava trasferendo in una nuova prigione, perché, da settimane, ormai, quel fazzoletto di deserto a Ovest di Tripoli è teatro di una spaventosa mattanza”, “gli americani bombardano dall’alto Daesh. Daesh assedia Sabratha e decapita i prigionieri. Le milizie che difendono Sabratha eliminano qualunque cosa abbia anche solo la parvenza islamista”. Per le milizie di Sabratha, quel che conta è che quei cadaveri, “come le decine impilati in questi giorni nelle ‘operazioni di rastrellamento anti-islamiste’ (battezzate così), possano essere spesi come fiches nel gioco di chi cerca un posto al sole negli equilibri del futuro e impossibile governo di unità nazionale”.

A pagina 4: “Dai foreign fighters ai raid Usa, così Sabratha è divenuta il fronte caldo della crisi”, scrivono Andrea Greco e Vincenzo Nigro spiegando che in questa città le milizie rivali si sono alleate contro l’Isis. “I filo-islamisti di Tripoli – scrivono- danno la caccia ai miliziani del Califfo: a Sabratha in queste ore sta continuando ad operare una brigata che ormai agisce chiaramente in coordinamento con il governo di Tripoli”.

Su Il Fatto ne scrive Valeria Pacelli: “L’Isis e il primo sangue italiano nel caos della Libia”, “Sabratha. I due lavoratori rapiti a luglio uccisi nella città nuovo epicentro degli attacchi jihadisti. Gli altri due ostaggi sono ancora vivi”. Dove si legge che mercoledì i due italiano sono finiti tra gli spari di un combattimento tra gruppi che in un territorio instabile come la Libia spesso si confondono: rapiti da criminali comuni, i due sarebbero poi passati nelle mani di militanti jihadisti. Spiega una qualificata fonte dell’intelligence: “Sicuramente radicali, non esattamente dell’Isis, ma in quel territorio ormai è difficile capire bene chi combatte contro chi”.

Di fianco, pagina 3, intervista al costituzionalista Alessandro Pace: “E’ una pazzia usare gli 007 per bypassare il Parlamento”.

Migranti

Sul Corriere: “Tusk ai migranti economici: non venite in Europa”, “Il presidente del Consiglio Ue: ‘I rimpatri aumenteranno’. E su Schengen: in novembre tornerà in vigore. L’Olanda: verso il blocco degli arrivi dalla Turchia. Merkel cerca un accordo con Ankara in vista del summit”. Ne scrive Ivo Caizzi.

Su La Stampa: “Tusk avverte i migranti, ‘Non venite in Europa’”, “Il presidente del Consiglio Ue: è inutile. Atene: sanzioni per chi chiude i confini. E Hollande sfida Cameron: la Brexit avrebbe effetti sull’intesa di Calais”, di Marco Zatterin da Bruxelles.

Sulla stessa pagina, intervista di Francesca Schianchi al segretario dell’Osce Lamberto Zannier: “’Costruire muri serve solo a vincere le elezioni?”, “Necessari controlli, ma con una strategia internazionale condivisa”, “Se alcuni Paesi iniziano ad agire da soli, altri si dovranno sobbarcare un grande numero di profughi”.

Su La Repubblica: “Appello di Tusk ai migranti: ‘Non venite nella Ue’. Salvini attacca Mattarella”, “Hollande-Cameron: con la Brexit conseguenze sui controlli ai confini. Il capo della Lega contro il presidente: Pensi agli italiani’. E’ polemica”, “Lunedì il vertice di Bruxelles: oltre agli aiuti per la Grecia, in agenda una revisione degli accordi di Dublino sul diritto di asilo”.

Di fianco, il reportage di Anais Ginori da Calais: “Tra i profughi della ‘Giungla’ che sognano Londra, ‘In Francia non c’è futuro’”, “Gli evacuati da Calais rifiutano l’ospitalità in centri di accoglienza sperando di andare Oltremanica. ‘Non cerchiamo un luogo sicuro, ma un lavoro’”.

Sul Corriere della Sera un intervento di Bernard Henry Lévy: “Così l’Europa rischia di andare in frantumi”, “Contro il declino. Il ritorno degli egoismi nazionali potrebbe portare a una giungla più spaventosa di quella di Calais. Per salvare il grande sogno dell’Unione europea occorre fare un passo avanti nel senso dell’integrazione politica”.

Primarie Usa

Sul Corriere: “Terremoto Trump (perché piace tanto)”, di Giuseppe Sarcina. “’Dice la verità’, sostiene chi lo vota. Ma il partito è allo sfascio e Romney lo attacca: ‘Pericoloso’”. Si dà quindi conto dell’attacco a Trump lanciato da Mitt Romney, che sfidò per i repubblicani Obama nella corsa alla Casa Bianca del 2012: “Pur di fermare Dinald Trump -scrive Sarcina- il partito repubblicano riesuma Mitt Romney, il front runner battuto da Obama nel 2012. Quindici minuti di un discorso durissimo” a Salt Lake City, “un appello ‘alla razionalità’ del popolo repubblicano per evitare che l’America ‘precipiti negli abissi’. In diretta televisiva, senza alcun contraddittorio tranne qualche ‘buu’ isolato in una platea di 600 persone, Romney ha dato fondo al repertorio di aggettivi e definzioni” (“bugiardo”, “disonesto”, “misogino”, “bancarottiere”, “seminatore di odio”, “amico dei razzisti”.

Su La Stampa ne scrive Paolo Mastrolilli: “Romney guida la rivolta anti Trump”, “caos tra i repubblicani”.

Su La Repubblica la corrispondenza di Federico Rampini: “Romney stronca Trump: ‘Un truffatore’”, “L’ex candidato repubblicano alla Casa Bianca attacca il tycoon, che replica: ‘Sei un cadavere’”. Le parole di Romney su Trump: “Credete che capisca di economia? Che sia stato un bravo uomo d’affari? No e no. Le sue bancarotte hanno rovinato dipendenti e piccole imprese. Il patrimonio lo ha ereditato, non creato”; “scatenerebbe una guerra commerciale con altre nazioni, farebbe salire il deficit, ci spingerebbe in una recessione”; la sua politica estera è “irresponsabile”. E poi: “Il suo marchio distintivo è la disonestà. E’ un bullo, un avido, un esibizionista, misogino, un teatrante da spettacolo di scuola media”

Brexit

Su La Repubblica il reportage di Ferdinando Giugliano da Londra: “Sterlina debole e investimenti in fuga. La City scopre la paura della Brexit”, “Il fronte degli anti-Ue si è allargato con un contraccolpo sui mercati: ‘Il denaro non vuole incertezza’. Ma c’è anche chi ci spera”, “tra gli euroscettici c’è anche chi vede un’opportunità: ‘Così ci liberiamo delle tante regole di Bruxelles’”.

Il caso Regeni

Su La Repubblica: “’Col delitto Regeni volevano colpire gli affari italiani’”, “La pista dei nostri 007: l’obiettivo era guastare i rapporti tra le imprese e la presidenza egiziana”, scrive Giuliano Foschini.

Su Il Fatto: “I poliziotti del Cairo li addestriamo noi”, “Opportunismi. Corsi d’aggiornamento a Brescia e a Nettuno. Dall’Egitto indagini-patacca su Regeni”, scrive Silvia D’Onghia.

Honduras

Su La Repubblica un articolo di Omero Ciai: “Uccisa la Càceres, la ‘Nobel’ verde del Sudamerica”, “Honduras, 4 colpi in testa. La polizia: ‘Una rapina’. L’ira degli ecologisti: ‘Eliminata per le sue battaglie’”, “La sua morte ricorda quella dell’attivista brasiliano Chico Mendes”.

Su Il Fatto: “Assassinata la pasionaria Nobel che difendeva gli indio”, “Bertha uccisa in casa. Diceva: ‘Oggi nel mio Paese è un crimine difendere i dritti umani’”. Articolo di Orsetta Bellani, che ricorda come fosse stata premiata per l’impegno contro una mega-centrale idroelettrica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *