Il Corriere della sera: “Jet abbattuto, l’ira di Putin. La Turchia spara al confine con la Siria. Obama si schiera con Erdogan. Tunisia, strage di poliziotti”. “Mosca: ucciso uno dei piloti. Colpito l’elicottero dei soccorsi. Lavrov cancella la visita ad Ankara. Riunito il consiglio Nato”. In alto anche una analisi di Franco Venturini: “Due uomini forti e un intrigo anti coalizione”.
A centro pagina le indagini in Italia: “Cellule, armi, bersagli. Il manuale d’attacco dei jihadisti in Italia. I documenti ritrovati a Bologna”.
Ancora a centro pagina il richiamo ad diverse interviste: “Manuel Valls, premier francese, dice “E’ una guerra, non negate”. Salman Rushdie parla di “mutazione dell’Islam”. Infine, Yasmina Khadra: “Ho rivisto la mia Algeria”.
A fondo pagina: “Bonus cultura di 500 euro ai diciottenni. Renzi: la risposta al terrore non sarà solo la sicurezza. Gli 80 euro alle forzedell’ordine”.
La Repubblica: “Guerra tra Putin e Erdogan”, “Ankara abbatte un jet russo. La minaccia di Mosca: ‘Ora conseguenze tragiche’. Usa schierati con la Turchia. La Nato: alt alle tensioni. Hollande incontra Obama. Un altro terrorista in fuga. Notte di paura in Francia, ostaggi dopo una rapina”.
E su questo tema un’analisi di Bernardo Valli (“Il confine fragile dell’alleanza anti-Is”), il “retroscena” da Mosca di Nicola Lombardozzi (“L’ultimo nemico dello zar”) e la corrispondenza di Vincenzo Nigro da Istanbul.
In prima la foto dei funerali laici, ieri in Piazza San Marco, a Venezia, di Valeria Solesin, colpita al Bataclan di Parigi. Ritrae il presidente della comunità islamica della città, il Patriarca e il rabbino capo. Il “racconto” della giornata di ieri è offerto da Jenner Meletti: “L’addio a Valeria con tre religioni”.
Poi una foto del primo ministro francese Manuel Valls, di cui si riproduce il colloquio con alcuni giornalisti stranieri. Fra questi, Anais Ginori, che ne scrive sul quotidiano: “Valls: prepariamoci a una lunga battaglia, non si fermeranno”.
Sulla politica italiana: “Renzi: 2 miliardi per la sicurezza e ai 18enni regalo da 500 euro”, “Bonus di 80 euro alle forze dell’ordine”.
Poi il processo “Vatileaks”, con il racconto dell’udienza di ieri di Emiliano Fittipaldi, uno dei due giornalisti imputati: “Io, imputato incredulo nel tribunale di Papa Francesco”.
A fondo pagina: “Orefice sequestrato, uccide un ladro”, “Milano, sparatoria in casa: ‘Volevo proteggere la mia famiglia’”.
La Stampa: “Russia-Turchia, è crisi globale”, “Putin: conseguenze tragiche per il jet abbattuto. Ankara: violato il nostro spazio”, “Obama: un Paese ha diritto a difendersi. E’ la prima volta dalla Guerra Fredda che un membro Nato colpisce un aereo di Mosca”.
E le analisi di Maurizio Molinari (“Il duello tra lo Zar e il Sultano”) e Stefano Stefanini (“Come salvare la coalizione anti-Isis”).
Su Vatileaks: “L’Italia protesti per il processo ai giornalisti”, di Luigi La Spina.
In basso: “Il piano anti-terrorismo di Renzi: 500 euro ai diciottenni per la cultura”, “Interventi complessivi per due miliardi: bonus di 80 euro esteso alle forze dell’ordine”.
Anche qui le notizie di cronaca dal milanese: “Sparatoria con i ladri in casa. Ne uccide uno”.
In prima anche un intervento di Gilberto Corbellini: “Fermiamo il nuovo caso Stamina”.
Infine, il richiamo ai funerali di Valeria Soresin ieri a Venezia: “’Valeria, non ti dimenticheremo’”.
Il Fatto: “Si sfascia il fronte anti-Isis. Russia e Turchia in guerra”, “Fuoco amico. Ankara abbatte caccia russo. Putin: ‘Effetti tragici’”.
“E il Califfo se la ride” è il titolo dell’editoriale del direttore Marco Travaglio.
Il quotidiano intervista Stefano Rodotà: “La sicurezza sta suicidando l’Europa”, dice il giurista.
A centro pagina, su Monsignor Luigi Negri, presule di Ferrara: “Vescovo di Cl: ‘Francesco deve fare la fine di quell’altro Papa’”, “Il presule di Ferrara contro il Pontefice e due colleghi bergogliani”. Il quotidiano riferisce di una telefonata di Negri durante un viaggio in treno del 28 ottobre scorso.
Su Vatileaks: “Vatileaks, tutto insabbiato: zero indagini sugli sprechi”, Corvi. Balda al processo: ‘Agivo per Bergoglio’”.
Il quotidiano ha poi in prima l’intervista all’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, che dice: “Mi ricandido, dopo di me risorge il partito degli affari”.
Sulle comunali a Napoli, “Pro e contro”: “Torna Bassolino: Paolo Isotta dice sì, Erri De Luca no”.
Il Giornale: “Funerali multiculturali per la ragazza uccisa a Parigi. L’addio a Valeria nella terra di nessuno”.
Il titolo più grande: “A un passo dal baratro. La Turchia abbatte in aereo russo che volava al confine con la Siria. L’ira di Putin: ci saranno conseguenze. Così Ankara aiuta l’Isis”.
A centro pagina: “Toghe che odiano la ‘pletora’ di politici. Le sprezzanti motivazioni dei giudici sui domiciliari dell’ex numero 2 del Pirelone”. “Il caso Mantovani”, di Paolo Guzzanti.
A fondo pagina: “I cinesi trasformano la Zecca di Stato in un hotel. La storica sede della Zecca nel quartiere Parioli, a due passi da Villa Borghese, diventerà un hotel extra lusso gestito da una catena cinese”:
Il Sole 24 ore: “La Turchia abbatte un caccia russo. Cadono le Borse Ue, sale il petrolio. Giornata di forte tensione tra Ankara e Mosca per il jet colpito ai confini con la Siria. Putin: una pugnalata alle spalle. Vertice Obama-Hollande”. “Piazza Affari e Parigi guidano i ribassi, volatiltà a Wall Street che chiude in rialzo”.
Di spalla una inchiesta sulla “intelligence europea tra gelosie e nazionalismi”. E poi: “Migliorare lo scambio di informazioni”, di Gianandrea Gaiani. In prima anche la visita di Biden oggi a Roma (“Offensiva diplomatica, Biden a Roma”).
A centro pgina: “Fondi a sicurezza e cultura. Slitta al 2017 il taglio dell’Ires. Renzi: piano da due miliardi. Bonus di 500 euro ai 18enni e 80 euro alle forze dell’ordine”.
Turchia, Russia
La Stampa, pagina 2: “La Turchia abbatte un jet russo. Putin: ‘Pugnalata alla schiena’”, “Ucciso il pilota, giallo sulle sorti del collega. Colpito anche un elicottero: morto un soldato. Ankara accusa: è stato invaso il nostro territorio. Il Cremlino non ci sta: conseguenze tragiche”. Francesco Semprini dà conto delle due diverse versioni sullo sconfinamento dal territorio siriano a quello turco denunciato da Ankara e contestato da Mosca. Il caccia russo abbattuto, il Su-24, era impegnato in una serie di raid nei cieli della Siria nord-occidemtale. Alle 9,29 sarebbe stato intercettato da missili aria-aria sparati da due F-16 dell’aviazione turca, subito dopo uno sconfinamento sul distretto di Yayladag, nella provincia sudorientale di Hatay, per almeno 17 secondi, secondo quanto riferito dalla Turchia in una lettera di spiegazioni all’Onu. Ankara sottolineava che l’abbattimento è avvenuto solo dopo che il velivolo aveva ignorato 10 avvertimenti nell’arco di 5 minuti. Di altro parere è Mosca, che nega lo sconfinamento oltre il territorio siriano e sostiene che il Su-24 è stato abbattuto da batterie contraeree di terra. L’unico dato certo -scrive Semprini- è che il jet russo stava navigando in assetto offensivo a circa seimila metri di altezza, e sarebbe precipitato nei pressi si Yamadi, nella zona di Latakia, dove è in corso un’offensiva congiunta di forze aeree russe e unità dell’esercito di Assad. I piloti del caccia si sarebbero lanciati prima dell’impatto, uno sarebbe morto sopo essere stato raggiunto da colpi di mitragliatrice prima che riuscisse a planare in zona amica, sostiene Mosca. L’altro potrebbe essere stato catturato dalle milizie turcomanne anti-Assad. A perdere la vita è stato anche un soldato russo ucciso mentre si trovava a bordo di un elicottero Mi-8, impegnato nelle operazioni di ricerca del jet abbattuto. E a colpire, anche in questo caso, sarebbero state formazioni ribelli siriane. Il premier turco Davutoglu, che avrebbe ordinato l’abbattimento, ha rilanciato il diritto della Turchia a prendere “tutti i tipi di misure” contro la violazione dei confini. E Ankara sembra trovare una sponda negli alleati Nato: il segretario generale Stoltenberg, al termine del Consiglio straordinario convocato ieri, ha lanciato un appello alla calma e alla de-escalation. Il presidente Usa Obama ha avvertito: “la Turchia ha il diritto di difendere il proprio territorio”. E tuttavia -sottolinea Semprini- anche tra gli ambasciatori dell’Alleanza qualcuno ha stigmatizzato l’approccio turco, che avrebbe potuto “’limitarsi a scortare il caccia russo fuori dallo spazio aereo nazionale’”. La risposta di Putin: è stata una “coltellata alla schiena”, ha detto. E la visita del ministro degli Esteri russo Lavrov, prevista per oggi, è stata cancellata. In quelle ore la nave da guerra Yamal attraversava la stretto dei Dardanelli.
Sulla stessa pagina, un’analisi di Maurizio Molinari descrive “il lungo braccio di ferro attorno ai confini”. Ma -sottolinea- “la vera partita è il controllo di Aleppo”: in questo contesto va inquadrato l’abbattimento del jet russo. E’ la più grande città siriana e da almeno tre anni è contesa fra diversi gruppi ribelli e le forze del regime. I raid dei jet russi sulle province di Latakia, Idlib, Homs e Hama, puntano a travolgere le posizioni dei ribelli a sud di Aleppo, per consentire alle truppe di Assad di avanzare, come sta avvenendo, prendendo alle spalle i ribelli. Ma se i gruppi armati islamici, in gran parte non Isis, riescono ancora ad opporre resistenza al diluvio di fuoco russo, è grazie ai rifornimenti che ricevono dalla Turchia del sud. I comandi russi vogliono tagliare queste linee di comunicazione che, lungo il confine a Nord di Aleppo, attraversano le montagne abitate dalle tribù dei turcomanni sostenute da Ankara.
Su La Repubblica, pagina 2, Vincenzo Nigro spiega che i caccia russi erano partiti dalla base di Latakia e stavano attaccando postazioni di una milizia turcomanna anti-Assad, formata da cittadini siriani di quella etnia con il totale appoggio dei servizi segreti e dei militari turchi. Mosca accusa i turcomanni che combattono contro Assad di essere vicini ad Al Nusra, la versione siriana di Al Qaeda e quindi li bolla (e li bombarda) come terroristi. Erano giorni che i russi attaccavano i turcomanni a poche decine di metri dal confine turco, e i turchi li avvertivano. Domenica il premier turco Davutoglu aveva detto: “fermate i vostri aerei, entrate di continuo in territorio turco”.
A pagina 4 lo “scenario” di Nicola Lombardozzi, da Mosca: “Le accuse di Mosca contro Ankara: ‘Fa il doppio gioco e aiuta il Califfato’”, “Da mesi il duello Russia-Tirchia impedisce una coalizione compatta anti_isis. Il Cremlino avvicina la flotta alla costa: ‘Funzione contraerea’”. Dove si legge che a peggiorare il clima di indignazione in Russia, dopo le parole di Putin sulle “tragiche conseguenze” di quanto avvenuto, sono intervenute anche le immagini circolate in tv e in rete, poi censurate “in attesa di verifiche”. Ritraevano un orribile tiro al bersaglio sui due piloti russi che scendevano con i paracadute e una folla che urlava “Allah u Akbar”, infierendo sul cadavere di un giovane aviatore. Infine, le immagini di jihadisti con tanto di armi made in Usa che distruggevano un elicottero russo arrivato in soccorso dei piloti abbattuti.
Alle pagine 6 e 7 la lunga analisi di Bernardo Valli: “Un missile sul disgelo, così si è spezzato il fronte anti-terrore”, “Le conseguenze dell’abbattimento del caccia vanno oltre la crisi siriana e frenano il riavvicinamento tra la Russia e l’Occidente e la grande coalizione contro il Califfato”. Erdogan, scrive Valli, non gradisce l’allargamento della coalizione contro l’Is: non vuole che ne facciano parte la Russia e l’Iran; la Russia accusa la Turchia di favorire sottobanco l’Is che fa passare il petrolio acquistato di contrabbando in Iraq: “Russia e Turchia non solo non hanno gli stessi nemici. Non hanno neppure gli stessi alleati”. Gli americani usano i curdi “come fanteria”: nessun paese occidentale o arabo vuole impiegare soldati a terra. I curdi stanno acquisendo prestigio, appoggio: e questo potrebbe trasformarsi in un “diritto” per arrivare a creare un proprio Stato nella futura Siria. La quale si annuncia come una federazione: cosa che non va certamente a genio ai turchi. Questi ultimi accusano la Russia di dirigere i bombardamenti soprattutto sui ribelli anti-Assad: in particolare le comunità turcomanne.
Su La Stampa, a pagina 3: “Lo Zar e il Sultano”, “Putin cerca la leadership in Medio Oriente, Erdogan sogna un grande regno sunnita”, di Maurizio Molinari.
E sulle reazioni in Russia: “A Mosca si scatena l’orgoglio nazionale, ‘Non dimenticare, non perdonare’”, “E c’è chi invoca il boicottaggio di tutte le merci della Turchia”.
Sul Sole: “La Turchia abbatte un jet russo. L’ra di Putin: E’ una pugnalata alla schiena, ci saranno conseguenze serie”. Si legge che i 28 ambasciatori della Nato hanno ieri cercatro di smussare “il più possibile lo scontro, nel loro incontro straordinario di emergenza richiesto dall’alleato turco”. Prima Obama ha rivolto una crtica dura alla Russia, accusata di continure a cercare in Siria obiettivi diversi dall’Isis. Se davvero lo facessero con il Califfato, dice Obama, l’incidente avrebbe avuto meno probabilità di accadere”. Nella posizione “in qualche modo cerchiobottista” della Nato si dice che “effettivamente il bombardiere russo è entrato nelo spazio aereo turco, ma solo per pochi secondi”, “i turchi avevano il diritto di difendere la loro sovranità” ma “ci sono altri mezzi per risolvere questo genere di incidenti”. Insomma: come abbiamo visto la Nato ammette che in turchi anziché sparare avrebbero dovuto scortare i russi fuori dal loro spazio aereo.
Un altro articolo sul quotidiano di Confindustria ricorda che la Turchia è un Paese chiave di collegamento con l’Occidente consumatore di energia: passano ogni giorno per la Turchia 4 milioni di barili di petrolio, per il Paese passerà “una buona parte del Corridoio sud, il sistema di gasdotti che comprende anche la Tap, su cui la Ue ha scommesso”. E poi il Paese dovrebbe anche ospitare Turkish Stream, progetto di pipeline che ha sostituito South Stream, destinato a trasportare gas russo bypassando l’Ucraina. Il piano, già rinviato da Gazprom, rischia tuttavia di naufragare definitivamente ora che le relazioni tra Russia e Turchia sono precipitate”.
Su Il Giornale Fausto Biloslavo: “Ankara doppiogiochista gioca col fuoco. L’obiettivo: colpire l’attivismo di Mosca. Erdogan, sempre ambiguo con l’Isis, vede come fumo negli occhi le iniziative di Putin. Ma ora rischia grosso”. Secondo Biloslavo “la Turchia sta giocando con il fuoco”, Erdogan ha “imboccato la pericolosa strada del braccio di ferro” con Mosca “per motivi geopolitici e tattici ben precisi”. Secondo Biloslavo inoltre il caccia russo è stato colpito anche per “il raid che stava probabilmente conducendo contro una brigata ribelle anti Assad legata a doppio filo con Ankara”. Nella zona dove è precipitato il Sukhoi 24 “non risultano unità dello Stato Islamico”.
Valls, Francia, Idee
Su La Stampa: “Patto anti-Isis fra Washington e Pairigi. Ma Hollande: ‘Niente truppe in Siria’”, “Il capo dell’Eliseo alla Casa Bianca: aumentare raid e collaborazione fra intelligence. Domani sarà a Mosca da Putin. Obama: bisogna convincerlo ad abbandonare Assad”.
La Repubblica: “Hollande-Obama, patto contro l’Is. ‘Ora più raid, lo distruggeremo’”, “L’appello del leader Usa agli europei: ‘Coordinamento fra le polizie contro i jihadisti’. E a Putin: ‘Non aiuti Assad’”, “Il presidente francese alla Casa Bianca per mettere a punto la strategia contro il Califfato. Chiesto agli alleati maggior impegno, ‘ma niente truppe sul terreno’”.
Sulla stessa pagina, il “colloquio” del primo ministro francese Manuel Valls con alcuni giornalisti stranieri, tra cui Anais Ginori, che ne scrive: “Valls lancia l’allarme, ‘E’ guerra permanente, inutile nasconderlo, ci saranno altri attacchi’”, “Dobbiamo metterci d’accordo sulla priorità nell’intervento militare. I russi dicono di voler combattere l’Isis ma finora bombardano soprattutto gli oppositori al regime di Assad. Per la Turchia vale lo stesso: i nemici non sono i curdi, ma l’Is. Nel nord Iraq bisogna appoggiare i soldati iracheni, le milizie sciite e i curdi. In Siria vale lo stesso: non si può pensare di lasciare fuori i paesi sunniti, i russi lo devono capire”. Sullo stato d’emergenza: “Non è una privazione di libertà. E’ uno strumento che ci permette di dispiegare due mezzi supplementari contro il terrorismo: le perquisizioni senza autorizzazione giudiziaria e gli arresti domiciliari fino a dodici ore”. Poi: “e’ urgente controllare l’ondata migratoria”, “non possiamo accogliere nuovi migranti in Europa”; “non ci sono buchi nell’intelligence. Alcuni terroristi erano conosciuti dai nostri servizi segreti, altri no. Alcuni erano già in Francia, in Belgio, altri sono venuti nei barconi dei migranti, sono riusciti a eludere i controlli con documenti falsi”.
Per il Corriere c’era Stefano Montefiori. Valls la sera dell’attentato era a cena con la moglie in un ristorante a 150 metri dal uno dei ristoranti attaccati. Lo ha informato il ministro Cazenevue con un sms, poi un giornalista. Sulla sicurezza dice: “Avremmo dovuto mettere dei poliziotti di guardia al Bataclan, già minacciato in passato? Ma non avevamo notizie di una azione precisa. Gli uomini della sicurezza privata c’erano ma sono stati uccisi. Se ci fossero stati due poliziotti davanti al Bataclan i terroristi sarebbero andati a fare strage in un altro teatro, oppure i due poliziotti sarebbero stati uccisi. Quando si sparano raffiche di mitra sui tavolini all’aperto non c’è protezione possibile”. Sulla risposta da dare e sull’uso della parola guerra: “E’ una guerra. Il dibattito semantico e teorico è cominciato molti anni fa perché le democrazie rifiutano di fare un piacere ai terroristi. Ma l’attacco dell’11 settembre ha cambiato la situazione. E’ una guerra, come il primo o il secondo conflitto mondiale ma è una guerra”.
Anche oggi le pagine delle “Idee” della Repubblica sono dedicate al dibattito sulle conseguenze delle stragi di Parigi. Oggi intervengono Christine Angot (“Perché la forza dell’immaginario è la vera resistenza al potere terrorista”, “Non è un caso se gli assassini hanno preso di mira il Bataclan: da sempre i totalitarismi non riescono a concepire un mondo ‘altro’, parallelo a quello reale. Da Shakespeare agli Eagles of Death”), Roberto Darnton (intervistato da Daria Galateria, lo storico dice:“per battere il fanatismo continuiamo a leggere Voltaire”, “Dobbiamo puntare sulle nostre capacità di convivenza civile. Senza aver paura di fare autocritica”, i valori occidentali “vanno difesi evitando però l’arroganza. Molto meglio usare l’antica virtù della ‘politesse’”) e
Christian Boltanski (“Hanno colpito lo spirito del ’68, ma l’arte può opporsi al buio”, “Le foto delle vittime sul web sono dei moderni memoriali. Mantengono vivo il ricordo. Adesso il compito di dare speranza spetta anche a noi creativi”).
Sul Corriere viene pubblicata una intervista a Salman Rushdie, copyright Westdeutsche Allgemeine Zeitung: “Vivete la vita. Mai cancellare ciò che amiamo”. Dice, a proposito delle responsabilità dell’Occidente: “Ne ho abbastanza di chi dice che dobbiamo incolparci. Se io la faccio arrabbiare e lei mi uccide il mio comportamento non è una scusa, lei è sempre un assassino. Le vittime di Parigi non hanno fatto nulla, come neanche Charlie Hebdo. E nella natura della satira essere offensivi”.
Sul Corriere viene anche intervistato lo scrittore algerino Mohammed Moulessehoul, che scrive con lo pseudonimo di Yasmina Khadra. Ricorda che già venti anni fa i terroristi in Algeria “parlavano del Califfato”, “volevano il loro Stato nel quale diffondere l’ideologia integralista e la guerra all’Occidente. Hanno fallito in Algeria ma George Bush li ha aiutati a rinasceresulle loro ceneri: uccidendo Saddam Hussein ha eliminato il miglior alleato della laicità, distruggendo le istituzioni statali in Iraq ha consegnato il Paese ai terroristi”.
Valeria Solesin
Aldo Cazzullo scrive sul Corriere della “lezione di civiltà” della famiglia di Valeria Solesin, “riuscita in poche ore là dove non riesce l’Onu”, ovvero “riunire le tre grandi religioni monoteiste” in piazza San Marco a Venezia. “Il padre ripete: né rabbia né paura”. “E Zaia elogia le parole agli imam: ‘Non sono andati leggeri contro il terrorismo e la violenza’”.
Sul Giornale Renato Farina: “Quell’addio a Valeria nella terra di nessuno. La croce mai comparsa in piazza, il nome di Cristo non è stato pronunciato, ha risuonato l’Inno alla gioia. Così l’imam ha potuto riempire il voto della nostra identità con Allah”.
Alessandro Sallusti sullo stesso quotidiano scrive: “Non vorremmo che da oggi chiunque osassse pronunciare i nomi del nemico che ha uciso Valeria pretendendo giustizia finisse all’indice in quanto provocatore, reazionario, pericoloso agitatore”, perché “il dolore privato può essere buonista ed ecumenico” mentre quello pubblico “non può che essere improntato sulla divisione tra buoni e cattivi”.
Indagini
Sul Corriere Lorenzo Bini Smaghi: “Un’istituzione europea contro il terrorismo. La reintroduzione delle frontiere non è una soluzione. I recenti attentati devono far comprendere finalmente ai Paesi della Ue, e a chi li governa, che è venuto il momento di cedere il passo a una vera fortza di intervento”. Scrive Bini Smaghi che “la reitroduzione delle fronitere come strumento per lottare contro il terrorismo è in realtà proprio quello che vogliono i terroristi”, “una Europa renderebbe più facile l’impianto di basi nei Paesi più fragili”, e dunque “una Europa divisa sarebbe certamente più facile da ttaccare”. Non basta rafforzare Europol, l’agenzia europea di lotta alla criminalità.
Sul Corriere Giovanni Bianconi si sofferma su quel che gli inquirenti hanno trovato sui presunti jihadisti espulsi lunedì dall’Italia (secondo la Procura ma non per il giudice. L’espulsione è stata disposta per via amministriva). “Come i brigatisti rossi degli anni Settanta diffondevano tra i militanti i manuali per camuffarsi nelle metropoli con le regole della clandestinità, così i jihadisti del ventunesimo secolo impartiscono strategie per combattere la loro guerra nelle città degli ‘infedeli’. Non più attraverso il ciclostile, ma con sermoni registrati che possono essere facilmente trasmessi attraverso Internet. Tuttavia le direttive si somigliano molto con quelle studiate dai terroristi nostrani quarant’anni fa”, scrive Bianconi che cita un file audio intitolato “la tecnica di guerra nelle città”, descrive l’organizzazione per “nuclei autonomi in cui ciascuno conosce soltanto il proprio referente”. Uno dei gruppi si occupa di preparare e studiare gli obiettivi, un altro del rifornimento di armi, uno è destinato all’azione eccetera.
Vatileaks
Su La Stampa: “Vatileaks2, Chaouqui in aula, ‘Mi dichiarerò prigioniera politica’”, “Gli avvocati esclusi dalla difesa: il Vaticano calpesta i diritti umani. I giornalisti Fittipaldi e Nuzzi: ci negano anche gli atti d’accusa”. “Corvi e giornalisti per la prima volta insieme alla sbarra in Curia”, scrive Giacomo Galeazzi. I cinque imputati rispondono di concorso nella divulgazione di documenti riservati: i 3 collaboratori pontifici anche di associazione a delinquere. Esclusi dal processo i legali dei giornalisti e dei collaboratori pontifici. Di fianco, 4 domande per capire come si svolge il processo in Vaticano.
Su La Repubblica: “Scintille su Vatileaks. Chaouqui: chiederò asilo politico all’Italia”, “I giudici: no alla nullità, interrogatori da lunedì. Gli imputati: ci impediscono di difenderci”.
E lo stesso Emiliano Fittipaldi, offre ai lettori il racconto dell’udienza di ieri: “La mia giornata surreale alla sbarra nel tribunale del Papa”. Riproduce le parole che ha pronunciato in aula: “Ho deciso di comparire in questo processo per doveroso rispetto nei confronti di questo Tribunale che ha ritenuto di dovermi citare. Ma ritengo di dover esprimere la mia incredulità nel trovarmi ad essere imputato di fronte a giudici diversi da quelli del mio Paese. In Italia la condotta cge qui mi addebitate non sarebbe penalmente perseguibile. Perché coi non mi contestate di aver pubblicato notizie false o diffamatorie, ma semplicemente di aver pubblicato notizie: un diritto garantito dalla Costituzione italiana e dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo”.
Su La Stampa un commento di Luigi La Spina: “L’Italia protesti per il processo ai giornalisti”. Dove si legge, tra l’altro: “è stato impedito ai due imputati di un crimine non ben delineato di poter essere assistiti dai loro legali di fiducia e, così, sono stati affidati, con una sbrigativa procedura, ad avvocati d’ufficio che non hanno avuto il tempo di preparare una adeguata difesa”; “non sono stati rivelati ‘segreti di Stato’ che possano metter in pericolo la sicurezza della Santa Sede. A meno che la dimensione dell’attico del cardinal Bertone o il parziale pagamento di quella ristrutturazione edilizia da parte dell’ospedale Bambin Gesù siano considerati, appunto, ‘segreti di Stato’”.
Su Il Fatto, pagina 3, l’articolo di Carlo Tecce: Vatileaks II: processo solo alle notizie, non ai prelati infedeli”, “Il fascicolo scandaglia contatti e vita privata di Balda, ma omette i suoi rapporti con i ‘papaveri’ della Chiesa”.
E a pagina 2 si dà conto di alcune conversazioni telefoniche cui avrebbero assistito testimoni oculari durante un viaggio sul Frecciarossa in partenza da Roma lo scorso 28 ottobre: il protagonista è Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, punto di riferimento di Comunione e Liberazione. Protesta contro la nomina dei “preti di strada” a Bologna e Palermo da parte di Papa Bergoglio (“E’ uno scandalo, sono senza parole”; poi, al telefono con il giornalista Renato Farina dice “sono nomine avvenute nel più assoluto disprezzo di tutte le regole”, “speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come aveva fatto con quell’altro”, probabilmente riferendosi a Papa Luciani)
Manovra
Il Sole 24 ore: “Soldi a sicurezza e cultura, slitta il taglio Ires. Renzi: ‘Due miliardi a forze dell’ordine, difesa e interventi culturali. Sconto per le società rinviato al 2017”. Si legge che sul piatto il governo mette un miliardo di euro per la sicurezza e un miliardo per la cultura. A farne le spese sarà il taglio dell’Ires, che si sarebbe finanziato con la clausola migranti, ovvero la flessibilità che l’Europa concederebbe all’Italia per la gestione dell’emergenza immigrazione. Dunque 500 milioni di euro alla Difesa, 150 milioni alla cybersecurity, 50 milioni per rinnovare la strumentazione delle forze dell’ordine. “C’è poi la misura dall’inevitabile sapore elettorale. L’estensione del bonus da 80 euro, giò apprvato un anno e mezzo fa dal governo per chi guadagna meno di 1500 euro, a “tutte le donne e egli uomini che lavorano per le forze dell’ordine, a cominciare da chi sta in strada”, anche se guadagna più di 1500 euro lordi. “Dal sapore preelettorale”, dice Il Sole, anche la misura che dà ai diciottenni una carta da 500 euro da sprendere per consumi culturali.
Nella analisi di Dino Pesole si segnala che per queste misure il governo conta in sede di valutazione europea anche sulla “ulteriore clausola connessa all’emergenza terrorismo” ovvero la possibilità di “scomputare dal calcolo del deficit le spese sostenute per incrementare la sicurezza”. Probabilmente il confronto con Bruxelles si aprirà inviece sulle risorse per giovani e cultural. “Una serie di interventi”, tra cui i 500 euro per i diciottenni, che sembrano ispirati “più alla ricerca del conenso che a una fredda valutazione delle priorità” e su cui dunque potrebbe esserci “più di un dubbio in sede europea”.
Su Il Giornale: “La flessibilità per ora non c’è- E il taglio dell’Ires slitta al 2017. L’Europa prende tempo sulle deroghe all’Italia. Il premier costretto a posticipare ancora la riduzione delle tasse alle imprese. Ma promette più sicurezza e fondi per i giovani”.
Pd, primarie
Sul Corriere una pagina è dedicata alle “preoccupazioni” di Renzi, in particolare nei confronti del Movimento 5 Stelle. Lui nega ma i “sondaggisti monitorano i pentastellati, in ascesa in tutte le rilevazioni, con regolare frequenza”. “Tra l’altro c’è un sondaggio (non commissionato dal presidente del Consiglio, però) secondo il quale nel voto dei giovani si registra il sorpasso dei grillini sul Pd. Nasce ancheda qui l’ultima sortita di Renzi di dare un bonus di cinquecento euro a chi compie18 anni e di investire di più sulla cultua”. Per lo stesso motivo, guadagnare terreno nei confronti del M5S, Renzi starebbe cercando candidati sindaci “fuori dalla cerchia del Pd” non solo a Milano ma anche a Napoli, Roma e persino Bologna.
Sotto, una intervista all’ex parlamentare napoletano e storico dirigente Pd Umberto Ranieri: “Ci vorrebbe un Sala napoletano”. Sul “coraggio” di Bassolino dice “si eviti la retorica: si candida a sindaco, non va in guerra contro l’Isis”.
Accanto, una intervista ad Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera: “Sì ai giovani. Improponibili gli ex sindaci”. Su Bassolino “credo che oggi non ci sia lo spazio politico per ricandidarlo, il Pd vuole rinnovare la propria classe dirigente”. “Per noi chi ha già fatto il sindaco non è ricandidabile”.
Sul Giornale: “Rebus comunali per il Pd. Ora spunta pure la Boldrini. Per Roma Renzi avrebbe contattato Marchini. E il presidente della Camera vuole rilanciarsi”. Boldrini, si legge “stare facendo un pensierino” alla candidatura a Roma.
E poi
In vista dell’avvio della Conferenza sul clima di Parigi il Corriere ospita oggi un intervento del Segretario generale Onu Ban Ki-Moon: “Sì all’interesse comune, no a logiche nazionali”.
Sul Sole. “Un francescano tra i poveri d’Africa. A Bangui verrà aperto la prima porta Santa per l’inizio del Giubileo della Misericordia. Il Papa da oggi per cinque giorni in Kenya, Uganda, Repubblica Centrafricana”. “Il rischio attentati. L’allarme dei servizi francesi sulla sicurezza nella capitale centrafricana Bangui dove domenica ci sarà la cerimonia nella cattedrale”.
Sul Giornale. “Sul Papa in visita in Centrafrica piomba l’incubo Boko Haram. Dopo l’allarme lanciato dagli 007 francesi è difficile che il Pontefice visiti la moschea di Bangui.