Avrete di certo presente il famoso detto “Chi rompe paga”. Chi entra in un negozio è in automatico responsabile di qualsiasi danno arrecato alla merce in esposizione. In altre parole, una volta che rompi, i cocci sono tuoi.
Tale logica ha pervaso tutta la strategia statunitense nei confronti della Siria, fin dall’inizio della guerra. Washington ha fatto del suo meglio per rimanerne coinvolta il meno possibile in modo che non la si potesse ritenere responsabile di un qualsivoglia ipotetico esito nefasto. In poche parole, ha in un certo senso “rinnegato” il conflitto.
Oggi, a distanza di cinque anni, è successo che la Russia è piombata in quel negozio e lo ha fatto “suo”.
Ciò ha nettamente stravolto gli equilibri di potere non solo all’interno della regione, ma anche rispetto al più ampio scenario internazionale. Prima di tutto, la Russia ha portato il proprio status internazionale al livello più alto mai raggiunto dalla fine della Guerra Fredda, mettendosi sullo stesso piano dell’America. Anche l’ascendente di Mosca sulla regione ha toccato il suo apice.
Malgrado ciò che molti analisti sostengono, però, non è in atto una nuova Guerra Fredda. Tenuto conto delle difficoltà sul piano della politica sia regionale che internazionale con cui le due potenze globali si stanno trovando a fare i conti, nessuna di loro ha l’energia necessaria a reggere un confronto su così ampia scala. Senza contare che gli Usa non hanno nessuna intenzione di far da parte la Russia per riappropriarsi di quel famoso negozio.
Putin lo ha lasciato intendere la scorsa settimana, nel suo discorso all’Assemblea Generale dell’ONU, durante il quale ha avanzato la proposta di un’“alleanza di stampo anti-hitleriano” per combattere l’ISIL. L’asse portante di quella coalizione, formatasi in occasione della Seconda Guerra Mondiale, era proprio costituita da Usa e Russia.
E ancora prima dell’intervento di Putin, lo stesso presidente Obama, nel suo discorso all’ONU, aveva definito la Russia un “partner”.
Oltretutto, la Russia non sta sferrando i raid aerei in Siria “malgrado gli USA”. Su questo punto la dice lunga la dichiarazione con cui il Segretario di Stato John Kerry ha manifestato il proprio “apprezzamento per il fatto che la Russia abbia deciso di prestare attenzione alla faccenda”.
Gli ambasciatori da me contattati a Washington – sia ex che in carica – hanno sottolineato due aspetti in particolare. Il primo è che i ministri degli Esteri sia americano che russo hanno ufficialmente indicato come proprio obiettivo comune l’ISIL. Il secondo è che la Russia negli ultimi tre giorni ha attaccato prevalentemente target di Al Nusra.
Agli USA entrambe le cose fanno altrettanto gioco, dal momento che gli attacchi sferrati all’ISIL e ad Al Nusra dalla Russia non fanno che diminuire il carico di responsabilità statunitense. E anche il fatto che i quadri militari dei due Paesi stiano portando avanti trattative volte a “deconflittualizzare” le proprie attività in Siria (vale a dire “ad assicurarsi che le forze aeree russe e americane non si sparino tra loro”) potrebbe portare a un qualche tipo di condivisione delle responsabilità.
C’è però anche un elemento fondamentale rispetto a cui l’America non è affatto così contenta: negli ultimi tre giorni la Russia ha attaccato anche alcuni gruppi di ribelli terzi rispetto all’ISIL e ad Al Nusra, gruppi di ribelli appoggiati dagli USA e dai loro alleati, tra cui la Turchia.
Per quanto ciò sia per gli USA motivo di preoccupazione, Washington al momento sta tollerando la situazione visto che non ha intenzione di fare in Siria più di quello che sta già facendo, e gli attacchi russi all’ISIL e Al Nusra fanno già abbastanza al caso suo.
Nel frattempo, su questo punto la Russia sembra si stia progressivamente avvicinando all’America. Parla da sé la dichiarazione fatta giovedì scorso dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov secondo cui “la Russia non considera l’FSA [Esercito Libero Siriano, appoggiato dall’America] un gruppo terroristico e ritiene dovrebbe essere parte attiva nella soluzione politica”.
Il principale motivo per cui la Russia sta prendendo di mira questi gruppi è la volontà di rafforzare Bashar Al Assad. Secondo Fred Hof, Senior Fellow del Consiglio Atlantico già consigliere speciale per la Siria sotto il Segretario di Stato Hillary Clinton, “un altro intento della Russia è quello di far sì che l’ISIL e Al Assad restino le uniche due forze in gioco in Siria così da poter forzare la mano al presidente Obama costringendolo a instaurare una relazione proficua con Al Assad ai danni dell’ISIL”.
D’altro canto, molti analisti sono convinti che la Russia a tempo debito intensificherà i propri attacchi all’ISIL, dal momento che sono già circa 2000 i russi che si sono uniti alle fila dell’ISIL e il timore del Cremlino è che possano tornare in patria e innescare un nuovo conflitto ceceno. Tenete anche a mente che di recente l’ISIL ha definito una lingua della Russia meridionale “provincia” del suo emirato.
L’altro punto su cui le due potenze globali si trovano in disaccordo è il destino a cui andrà incontro Al Assad. Ultimamente sia gli USA che il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, hanno iniziato ad accettare l’idea di una “transizione con Al Assad”. Ma adesso si è arrivati ben oltre quell’ipotesi.
La Russia vuole che Al Assad diventi partner della guerra contro l’ISIL, idea che finora l’America ha drasticamente rigettato. Ma ormai non pare più possibile impedire che ciò accada, visto che la Russia sta sferrando i propri raid aerei in coordinamento con il regime siriano. Ciò di conseguenza non fa che rafforzare Al Assad e renderne più longevo il governo.
L’impressione è pero anche quella di un accordo dietro le quinte tra gli USA e la Russia per far sì che Mosca convincesse Al Assad a sedersi al tavolo delle trattative e a trovare un compromesso con l’opposizione.
La dichiarazione fatta da Putin la scorsa settimana è un segnale molto forte in questo senso: “Si potrà giungere a una soluzione a lungo termine in Siria solo attraverso la riforma politica e il dialogo. So che Al Assad è pronto a un processo del genere. Speriamo sia disposto al compromesso per il bene del suo Paese”.
L’affermazione di Kerry secondo cui “il nuovo focus posto dalla Russia sulla lotta all’ISIL potrebbe rappresentare un’opportunità per spingere a una soluzione politica” conferma ulteriormente tale ipotesi.
A quanto pare gli USA e la Russia in un modo o nell’altro riusciranno a gestire l’attuale situazione di tensione. Il nocciolo della questione però è che gli equilibri di potere si sono spostati totalmente a favore dell’asse Russia-Iran e di Al Assad. Le implicazioni che tutto ciò è destinato ad avere per Stati Uniti e Turchia saranno il tema di un altro pezzo, e di parecchi altri a venire.
Articolo pubblicato da Hurryet Daily News il 3 ottobre 2015
Traduzione dall’inglese di Chiara Rizzo