Da Reset-Dialogues on Civilizations
In Francia ancora non si placano le polemiche sul libro-choc Qui est Charlie. Sociologie d’une crise religieuse (ed. Seuil) dello storico, sociologo e demografo Emmanuel Todd, apparso in maggio. Il volume ha inteso “dissacrare” la “grande marcia repubblicana” che l’11 gennaio ha visto scendere in piazza più di quattro milioni di francesi in difesa della libertà di stampa a seguito dell’assassinio da parte di fanatici islamici, nella sede della redazione, di giornalisti e vignettisti del settimanale satirico Charlie Hebdo, “colpevoli” di avere ‘caricaturato’ Maometto. Un paio di giorni dopo, la strage si è ripetuta in un ipermercato kasher alla Porte de Vincennes, mietendo altre quattro vittime.
A fine luglio, commentando la partecipazione di Todd a un dibattito con la rappresentante velata e ultraconservatrice del movimento Participation et spiritualités musulmanes (PSM) – di cui faceva parte uno dei principali reclutatori di jihadisti francesi -, la prestigiosa rivista letteraria La règle du jeu è giunta al punto di chiedersi se Todd, figlio dell’intelligentsia francese, di una famiglia al tempo stesso borghese e bohème, per “farsi perdonare di essere nipote dell’intellettuale ebreo Paul Nizan”, non avesse scelto di aderire alla confraternita spirituale del “jihadismo”.
Fin dalla pubblicazione, le tesi “eretiche” sostenute in Qui est Charlie? avevano provocato un uragano nella stampa e fra gli accademici, un furibondo dibattito come solo Oltralpe può prodursi, e indotto nientemeno che il Primo ministro Manuel Valls a intervenire dalle colonne di “Le Monde” per difendere lo spirito dell’11 gennaio, accusando Todd di “odio verso se stesso e verso la Francia” e accostando le sue posizioni a quelle del generale Pétain, capo del governo collaborazionista di Vichy. Parole forti, specie se messe nero su bianco da un Primo ministro per controbattere alle critiche di un intellettuale.
Todd, attualmente docente all’Ined (Institut National d’Eudes Démographiques) e già autore nel 2011 dell’opera controcorrente Allah n’y est pour rien! Sur les révolutions arabes et quelques autres [Allah non c’entra nulla ! Sulle rivoluzioni arabe e alcune altre] in cui ha inteso superare il dibattito sull’Islam incompatibile con la modernità, si era già distinto nel 1976, quando appena venticinquenne, aveva pubblicato, tra lo scetticismo generale, La chute finale [La caduta finale] in cui prevedeva l’implosione dell’Unione Sovietica dovuta ai dati di mortalità infantile altissimi e bassi sulla natalità. Agli USA, altro “gigante” della Guerra Fredda, aveva dedicato nel 2002 Dopo l’Impero, in cui preconizzava il declino economico degli States.
Alla grande “marcia repubblicana contro l’odio e la barbarie”, una delle “più imponenti della storia moderna di Francia, o almeno dalla Liberazione del 1945” – per dirla con la maggior parte dei media – Todd non ha partecipato, e nelle 252 pagine del volume, scritte in pochi mesi, “sotto il colpo dell’esasperazione”, l’ha, anzi, fortemente criticata: i cortei, a suo avviso, “organizzati da cattolici-zombie, retrogradi e antirivoluzionari”, non hanno affatto espresso la “comunione nazionale”. Per lui la manifestazione è stata “una grande menzogna”, orchestrata “da quel François Hollande“, un impostore che difende il ceto medio egoista” nonché capo del “blocco egemone MAZ”, acronimo di classe Media, persone Anziane, cattolici Zombie”. E il MAZ, “accozzaglia reazionaria, retrograda e ipocrita”, opprimerebbe due gruppi sociali svantaggiati: gli operai e i francesi di origine maghrebina, in rappresentanza della provincia controrivoluzionaria che ha permeato di sé tutto “L’Hexagone” prima di approdare all’Eliseo per difendere prebende e privilegi: il MAZ afferma di battersi per la libertà ma tralascia l’uguaglianza, seconda parola d’ordine su cui si fonda la République. E all’autore proprio non va giù che abbiano scortato il Presidente Hollande capi di Stato non proprio paladini della democrazia schierati in prima fila per la difesa del diritto incostituzionale di “calpestare” Maometto, “personaggio centrale di un gruppo debole e discriminato”.
Per dimostrare che il giorno delle marce repubblicane è stato tutt’altro di quello che si vuole far credere, lo studioso ha analizzato la partecipazione dei cittadini attraverso carte geografiche e statistiche. Ne è emersa una presenza più consistente della “France profonde” e reazionaria, conservatrice, “vandeana” e monarchica, che si oppose alla Rivoluzione del 1789. La cattolica Lione è risultata assai più rappresentata della laica e progressista Île-de-France o della rivoluzionaria Marsiglia. Si sarebbero quindi mobilitati in difesa della “laicità” i cittadini che non l’hanno mai considerata un valore, ma piuttosto un’aberrazione da combattere. L’11 gennaio – constata Todd – non erano presenti, per rappresentare “Charlie”, né le classi popolari, che ormai votano per il Front National, né i giovani della periferia, musulmani o meno. Nelle banlieues, infatti, nel 2005, si scatenò la rivolta dei figli di immigrati, e l’autore traccia un parallelo con l’oggi: “Allora, la richiesta era di essere ‘più francesi’, e il blocco MAZ non ha dato risposte, non infondendo speranza alcuna. E si è così arrivati dalle auto incendiate alle due carneficine di gennaio”.
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