Il Corriere della sera offre una intervista al premier greco Tsipras: “Tsipras: le nostre condizioni. ‘Se la Ue fallisce con la Grecia così piccola come si farà con Spagna e Italia?’. Domani vede Merkel”. “Intervista al premier: intesa possibile. Abbiamo sofferto, non taglio alle pensioni”.
Il titolo di apertura: “Migranti al Nord, la Lega sfida i prefetti. E Renzi promette più aiuti ai Comuni”. “Emergenza. Partiti i bus dal Sud per i primi 1500 da trasferire. Lite Alfano-Maroni”.
A centro pagina, con foto: “Obama: nuove sanzioni. Mosca reagisce”. “Il vertice in Germania tra caso Ucraina e clima”.
La Repubblica: “Premi ai Comuni che ospitano i migranti. Scontro Nord-Sud”, “Salvini minaccia l’occupazione delle prefetture”, “Patto di stabilità flessibile per i sindaci dell’accoglienza”.
In prima in grande evidenza una foto di Obama a colloquio con il premier Renzi durante il vertice del G7 in Germania: “’Putin vuole rifare l’impero’. Obama pronto a nuove sanzioni”.
Sulla riunione della direzione del Pd terminata nella tarda serata di ieri. “Renzi apre alla minoranza Pd, ‘Discutiamo su scuola e Senato’”.
La Stampa, con foto di migranti salvati nel canale di Sicilia: “Migranti, al Nord è guerra tra Regioni”, “Chiamparino: l’esecutivo non premi gli egoisti”, “Palazzo Chigi: incentivi a chi li accoglie. Salvini: occuperemo le prefetture”.
In apertura a sinistra la direzione Pd: “Renzi avvisa la minoranza: basta diktat”, “Ma il premier apre sulla scuola: ’15 giorni per cambiare il ddl’”.
E il “retroscena” in prima : “Verdini, soccorso azzurro al governo”, “L’ex berlusconiani pronto a portare in dote una dozzina di senatori”.
Sulla colonna a destra, il vertice G7: “Obama: ‘Contro l’Isis serve di più’”.
Il Fatto, con foto di Roberto Maroni dei tempi in cui brandiva una scopa per significare che avrebbe spazzato via il marcio nella Lega: “Migranti, la mangiatoia l’ha inventata Maroni”, “La Lega: ‘Blocchiamo le prefetture se ce li mandano al Nord’. Ma fu il governatore della Lombardia a introdurre il sistema delle quote e il piano dei centri oggi finiti nello scandalo di Mafia Capitale”.
A centro pagina, su Mafia Capitale e il coinvolgimento nell’inchiesta sul Cara di Mineo del sottosegretario Giuseppe Castiglione: “Buzzi parla di Castiglione: ‘Sul Cara casca il governo’”.
E un capitolo dedicato alle “poltrone”: “Renzi si prende il forziere della Cassa Depositi e Prestiti”, “Licenziato l’ex fedelissimo Franco Bassanini”, “Era un dei nomi renziani per il Quirinale ma il presidente della Cdp è decaduto e sarà allontanato: arrivano i banchieri Costamagna e Gallia, voluti da Guerra”.
Il Manifesto, con foto dei tre governatori di Regioni Giovanni Toti, Luca Zaia e Roberto Maroni: “Secessi”, “Duemilacinquecento migranti trasferiti verso le regioni del Nord. Salvini soffia sul fuoco: ‘Occuperemo le prefetture’. Le minacce secessioniste di Maroni, Toti e Zaia non fermano i piani del governo. Renzi promette contributi ai Comuni che accoglieranno i profughi e apre un nuovo fronte con Bruxelles”.
A centro pagina, le elezioni in Turchia, con le dichiarazioni del leader dell’Hdp: “Demortas: ‘Hanno vinto oppressi ed emarginati’”, “Turchia, la sinistra filo-curda vola nelle urne”.
Sul G7: “Obama contro la Russia minaccia nuove sanzioni. Juncker contro la Grecia, ‘Tsipras bugiardo’”.
Sulla coalizione sociale di Landini: “Altro che vecchi reduci, con Landini ci sono i giovani”.
Sull’inchiesta Mafia Capitale, un’intervista a Francesca Danese, assessora alle Politiche sociali a Roma, che dice: “Troppi tecnici e poca politica”.
Il Giornale: “Renzi incentiva gli immigrati. Il premier risponde ai governatori offrendo soldi ai Comuni che ospitano i migranti. Un invito per gli scafisti”. “Porte aperte”. “Altro che Nord egoista: ospita un profugo su quattro”.
A centro pagina il quotidiano pubblica un intervento dell’Arcivescovo di Milano Angelo Scola: “Ora contrastiamo la deriva violenta nell’immigrazione”.
Accanto, con foto: “‘Putin rivuole l’impero sovietico’. Obama riscalda la Guerra fredda”.
Di spalla: “Dal no al forse. Così la Chiesa apre al miracolo di Medjugorje”.
Sulla inchiesta Mafia Capitale: “Buzzi inguaia Marino e il governo. L’interrogatorio: il governo cadrà per colpa del Cara di Mineo. Il sindaco? Ha dato 76 milioni senza bando”. “Sondaggio choc: a Roma il Pd crolla al 17 per cento”.
Avvenire: “Sfida dell’accoglienza. In rivolta i governatori del Nord. Alfano: c’è odio per il Sud. Ancora sbarchi e il governo chiede all’Europa di fare di più”. “La Lega dice stop ai profughi e diffida i sindaci. Renzi: ‘Buonsenso, premi ai Comuni ospitali'”.
A centro pagina: “Sorpresa Turchia (e cristiani di nuovo eletti). Dopo il voto il presidente cerca alleati”. “Erdogan ridimensionato”.
Sul G7 si parla delle “scintille Usa-Russia”. “‘Imperiali’. ‘Reagiremo’”. Da segnalare un intervento dell’ex ministro degli esteri Franco Frattini: “Nostalgia di ‘Guerra fredda’”.
Il Sole 24 ore: “Mercati, indici in rosso: fuga da Grecia e Turchia. “Bund sotto tiro, Borsa tedesca in correzione”. “La crisi di Atene e lo stallo politico ad Ankara affondano azioni e bond europei: lira turca al minimo storico”.
L’editoriale, firmato da Adriana Cerretelli: “Se Ankara avvicina l’intesa con Atene”
A centro pagina: “Il g7 sul clima: non oltre due gradi gli aumenti di temperatura”.
Di spalla: “Migranti, scontro sulle quote. Renzi rilancia: incentivi ai Comuni che li accolgono. Il premier: fu Marini a dividerli per regioni. Il commissario Ue vede Alfano: non siete soli”.
Sul dibattito politico: “Renzi al Pd: disponibile a modifiche su scuola e revisione costituzionale ma le riforme non vanno bloccate”.
Immigrati
Il Manifesto, pagina 2: “Renzi fa fronte Comune”, “Il governatore lombardo Maroni, seguito da Zaia e Toti, insiste: tagli ai Comuni che accolgono i profughi. Il premier: ‘No, avranno incentivi’”.
E il quotidiano intervista Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni e governatore del Piemonte: “Speculazioni e falsità, il governo li ignori”, “La politica aiuti le proprie comunità a capire che accogliendo i profughi svolgono una funzione di alta qualità morale”. Cosa dovrebbero fare le Regioni? “La posizione della Conferenza delle Regioni è chiara ed è stata siglata all’unanimità nell’agosto 2014. Ci siamo impegnati ad aiutare le regioni rivierasche nella gestione degli sbarchi, non è possibile che siano lasciate sole ad affrontare un’emergenza umanitaria. Una compattezza che ci aiuta anche in sede europea, perché la battaglia del premier Renzi in Europa è difficile. Per questo è sbagliato dare un segnale di divisione sul fronte dell’accoglienza”.
Anche La Stampa intervista Sergio Chiamparino, che dice: “Faremo la nostra parte, ma il governo non premi le regioni più egoiste”, “le quote sono frutto di accordi siglati da tutti”. Sarebbe davvero curioso, dice Chiamparino, che “un governo di centrosinistra possa premiare quelle regioni che esprimono chiusura, egoismo”, in questo caso “applicare il centralismo è giusto”. Ed è necessario farlo “andando incontro alle richieste che per primi hanno avanzato i Comuni e che il Piemonte sostiene”. Quali richieste? “Più o meno un mese fa il presidente dell’Anci Piero Fassino aveva sollecitato il governo a dare incentivi sotto forma di deroghe al Patto di Stabilità ai Comuni che erano pronti ad accogliere i migranti. Da allora non abbiamo più ottenuto risposte e io rilancio la questione e chiedo al governo e al ministero dell’Interno di accelerare questa possibilità perché si tratta di uno scambio virtuoso, visto che poi i migranti potrebbero svolgere lavori socialmente utili per le comunità locali”.
Su La Repubblica, a pagina 2, “il retroscena” di Francesco Bei: “Il nuovo piano del governo: via il patto di stabilità e intesa rivista con l’Ue”, “Nessuna Regione potrà rifiutare il trasferimento dei profughi”. Si spiegano così le intenzioni del governo: “via la camicia di forza del patto di stabilità per le città del Nord, più fondi, assistenza e ‘misure compensative’ (ancora allo studio) a quelle del Sud”. Il progetto sarà adottato con un provvedimento ad hoc in uno dei prossimi Consigli dei Ministri.
E anche su La Repubblica i lettori troveranno un’intervista a Sergio Chiamparino, che dice: “La Lombardia mente sui numeri, compito nobile aiutare i disperati”. Spiega Chiamparino, a proposito delle dichiarazioni di Maroni, secondo cui la Lombardia è la terza Regione più penalizzata: “Non si possono sommare immigrati e profughi. Se si conteggiano anche gli immigrati che lavorano da anni in Italia i calcoli non tornano”.
E ancora da La Repubblica segnaliamo l’analisi di Stefano Folli, che sottolinea come Maroni viva nella contraddizione: da responsabile del Viminale parlava e agiva in senso opposto a oggi e le sue direttive si allora sono lì a testimoniarlo. “Ma è chiaro che il Maroni del 2015 non vuole restare indietro rispetto al leader del suo partito, Salvini”. E’ una sfida a Roma e al governo “che colpisce in prima battuta Alfano, ma dietro di lui punta con evidenza a mettere in ginocchio Renzi. Ecco perché il premier farebbe male a sottovalutare la crisi o a delegarne ad altri la soluzione”, poiché si tratta di un mutamento strategico in grado di cambiare la fisionomia e gli assetti della destra italiana. E’ iniziata “l’Operazione Pitone”, attraverso cui Forza Italia viene lentamente “fagocitata dalla Lega salviniana”.
Il Sole 24 ore: “Scontro sugli immigrati, Renzi propone incentivi. Il premier: le quote le decise Maroni da ministro. ‘Insufficiente il piano europeo, coinvolgimento vero nei rimpatri'”. “Il ministro dell’interno Alfano: gli sbarchi sono 55 mila, 200 mila attesi entrol’anno. Il ministro lavora alla distribuzione nelle Regioni”. “Il commissario Ue a Roma al Viminale. Avramopoulos: non lasceremo l’Italia da sola, siamo determinati ad andare avanti”.
Su Avvenire una intervista al vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, l’uomo che Juncker chiama “la mia mano destra e pure sinistra”, responsabile del dossier immigrazione insieme a Dimitris Avramopoulos. Dice di Renzi: “Se fossi premier italkiano sono certo che direi la stessa cosa”, “Italia Malta e Grecia sioggi si trovano ad affrontare sfide immense”, “il punto è trovare una soluzione realistica”. Dice che comunque “una politica migratoria funzionante deve prevedere che gli Stati membri siano meglio in grado di rimpatriare i migranti che non hanno diritto all’asilo. Se riusciamo a far capire che se uno rischia la vita per arrivare in Europa ma poi viene rimandato a casa perché non ha diritto all’asilo potremo scoraggiare molti di questi viaggi della morte”.
Su Il Giornale: “Altro che Nord egoista: ospita un immigrato su quattro. Lombardia terza Regione più accogliente dopo Sicilia e Lazio. L’accusa di Maroni: ‘meglio delle giunte rosse’. Ora anche la Milano di Pisapia dice basta all’invasione”. Un grafico mostra la distribuzione nelle Regioni con i dati di fonte Viminale: La Lombardia ha il 9 per cento, il Lazio il 13, la Sicilia il 21. Il Veneto il 4 per cento, la Val d’Aosta meno dell’1 per cento, la Liguria il 2 per cento, il Piemonte il 5 per cento, la Toscana il 4, l’Umbria il 2, l’Emilia Romagna il 5.
Il Sole si occupa del totale degli immigrati presenti in Italia, non solo dei profughi. “Arriva dall’estero più di un occupato su dieci”. I dati sugli stranieri residenti rispetot al totale mostrano che in Italia l’8,10 per cento della popolazione residente è straniera: in Lombardia è l’11,3, in Piemonte il 9,6, in Veneto il 10,4, in Emilia il 12 per cento, in Toscana il 10,3. In Sicilia il 3,2 percento, in Campania il 3,5, in Calabria il 2,9. Sono oltre due milioni gli addetti non italiani. Tra di loro il tasso di diosccupazione è del 17 per cento, contro il 12,4 degli italiani.
Sul Corriere una intervista all’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina militare italiana. “Se io fossi un terrorista non sceglierei i barconi per approdare in Italia. Ci sono tanti modo per entrare nel nostro Paese, ma francamente intrufolarsi tra i migranti nomn mi sembra la scelta più saggia. Non puoi portare armi, sei sottoposto a controlli della polizia, visitato dai medici, isolato nei centri di accoglienza”. Insomma: “Non credo che qui arrivino i terroristi, arriva chi scappa dai terroristi”.
Grecia
Sul Corriere della sera intervista ad Alexis Tsipras, “premier greco da appena quattro mesi, eletto all’insegna del rifiuto dell’austerity”, “campione della nuova sinistra europea che contesta liberismo, privatizzazioni, impoverimento della classe media, riduzione dello Stato sociale e dei diritti sindacali”. Dice: “Noi abbiamo presentato un testo completo che include il terreno comune individuato delle trattative tecniche al Bruxelles Group. Lavoreremo per annullare le distanze sulle finanze statali, portando delle proposte alternative lì dove vi sono delle richieste illogiche e non accettabili. Tutto ciò, tuttavia, avrà senso se anche da parte delle istituzioni vi sarà la volontà di trovare soluzioni serie sulla sostenibilità del debito. Vogliamo porre definitivamente termine a questa orrenda discussione sul Grexit che rappresenta da anni un freno alla stabilità economica in Europa. Non che il problema sia riciclato ogni sei mesi”. Nel merito dice di ritenere che “siamo molto vicini ad un accordo sull’avanzo primario per i prossimi anni”, e parla di “misure alternative” al taglio delle pensioni o alla “imposizione di misure recessive”. “Dopo 5 anni di austerità è inconcepibile che ci venga richiesto di abolire le pensioni più basse e i sussidi che riguardano i cittadini più poveri”. E più avanti: “la Grecia resta uno Stato sovrano che ha l’obbligo di fronte ai suoi cittadini e alla comunità internazionale di discutere con tutti la stabilità economica e geopolitica”. “La Grecia riceve prestiti. Nessuno le regala dei soldi. Secondo il Parlamento tedesco, la Germania ha guadagnato 360 milioni di euro dai prestiti che ci ha concesso”. Sulla battuta di Renzi (gli europei non possono pagare le baby pensioni dei greci) dice che gli spiegherà “che su questo punto ha sbagliato. Sulle baby-pensioni ci siamo impegnati ad abolirle. Tuttavia, i paragoni sono fuori luogo. La Grecia in 5 anni ha ridotto le pensioni fino al 44%, ridotto gli stipendi nel settore privato fino al 32%, distrutto il suo mercato del lavoro”. Infine: “Non prevedo e non voglio elezioni. Abbiamo ricevuto l’investitura popolare appena 4 mesi fa e i sondaggi mostrano che abbiamo moltiplicato la nostra influenza. Nell’arco dei quattro anni previsti, porteremo a termine il nostro lavoro. Non tradiremo il popolo greco”.
Su Avvenire: “Varoufakis a Berlino, ultimatum per chiudere l’accordo”. Si parla di “aut-aut” del ministro delle finanze greco ai partner della ex troika.
Su La Repubblica, pagina 15: “Grecia assediata, ‘il tempo sta per scadere’”, “Da Obama alla Merkel, sale la pressione internazionale sul premier ellenico Tsipras per giungere ad un accordo. Varoufakis vede Schaeuble: ‘I creditori sabotano la trattativa’. A Bruxelles si valuta l’allungamento degli aiuti al 2016”.
E sulla stessa pagina il lettori troveranno un’intervista al premio Nobel Joseph Stiglitz, secondo cui è “irragionevole pensare che l’austerity sia l’unica strada”: “Germania incosciente, se Atene cade nel dirupo, dentro ci finirà l’Europa”, “La consapevolezza che l’euro non è indistruttibile danneggerebbe la credibilità della Bce e dei governi”.
Turchia
La Stampa: “Donne, diritti e laicità: così in Turchia i curdi hanno sconfitto Erdogan”, “L’Hdp di Demirtas ha portato 80 deputati in Parlamento e tolto la maggioranza all’Akp”. Scrive Marta Ottaviano descrivendo il personaggio Demirtas, avvocato di 42 anni proveniente da una povera famiglia dell’Anatolia centrale, che fra le due province dove il partito filo-curdo ha sottratto voti all’Akp di Erdogan ci sono Gaziantep Sanli Urfa.
La Repubblica dedica due pagine alle elezioni turche, di cui si occupa Marco Ansaldo. “’Fermato il Sultano’, l’opposizione esulta. Ma nessuno è in grado di formare il governo”, “Sulle alleanze è stallo. L’incertezza fa crollare i mercati. Il presidente Erdogan tace. E’ probabile che Davutoglu (il primo ministro, già ministro degli Esteri, ndr.) non venga riconfermato. Più vicino il ritorno alle urne”. E il quotidiano intervista la scrittrice Elif Shafak, autrice di “La bastarda di Istanbul”, che dice: “Ora il partito dei curdi è la prima forza progressista grazie ai ragazzi di Gezi park”, “Molti elettori si sono sentiti straniati di fronte alla durezza del presidente. Demortas ha invece dato voce a tutti”, “oggi molti turchi liberali, democratici, intellettuali, secolaristi e kemalisti sono contentissimi che i curdi esistano. Un grande cambiamento di mentalità”. E come ci si è arrivati? “Demirtas ha trasformato l’Hdp, il suo partito, da una forza regionale in una nazionale. E invece di usare un linguaggio divisivo o settario, ne ha scelto uno inclusivo e coinvolgente. Ha parlato dei diritti non solo dei curdi, ma di turchi, alauiti, armeni, donne, gay…Si è mostrato positivo verso tutte le minoranze. In futuro l’Hdp non dovrà perdere questo approccio”. E poi, più avanti, spiegando che tipo di leader sia Demortas, Shafak dice: “Un politico che sa usare lo humour! Qui sono tutti così aggressivi, maschilisti, molto pesanti”.
Su Il Manifesto, a pagina 9, a raccontare le elezioni è Giuseppe Acconcia, inviato nella regione curda di Dyarbakir: “La sinistra filo-kurda fa la festa a Erdogan”, “Entusiasta lo ‘Tsipras turco’, il leader dell’Hdp Demirtas: ‘E’ un successo degli oppressi e degli emarginati’. Ma l’Akp resta il primo partito e punta a una ‘grande coalizione’”. Scrive Acconcia che nel nuovo Parlamento entrano il negoziatore di pace con i curdi Sirri Sureya Onder, tra i principali fautori della dichiarazione di Palazzo Dolmanahce per la fine della lotta armata del febbraio scorso. Saranno 96 le donne su 550 deputati, “un record assoluto”. Tra loro, le femministe Safak Ozanil, Ayhan Bilgen e la nipote di Ocalan Dilek, 28 anni. Questo Parlamento sarà finalmente rappresentativo di tutte le minoranze: armene, yazide, cristiane, rom, e conterrà esponenti LGBT. Tutto questo è dovuto “al successo della sinistra post-moderna di Demirtas, che già molti hanno ribattezzato ‘lo Tispras turco’ dopo la partecipazione di Syriza ai meeting di Hdp di Izmir in campagna elettorale”. A Istanbul l’Hdp è diventato il secondo partito dopo l’Akp.
Il Corriere: Erdogan ammette: non governerò da solo”. “Turchia, l’impresa del partito filocurdo di Demirtas. Mentre Borsa e lira corllano. Timori di instabilità”.
Su Avvenire una intervista a Sinan Ulgen, analista e direttore del Centre for Economics and Foreign policies studies di Istanbul. Dice che “è finita l’era del monopartitismo al governo nel Paese che durava dal 2002”, che non si aspetta elezioni anticipate a breve termine e che Erdogan dovrebbe leggere il voto “come un invito a deporre le sue ambizioni presidenziali perché è chiaro che questo è stato un voto contro il presidenzialismo”. Erdogan ha “calcato troppo la mano sull’accentramento dei poteri, dimenticando che il popolo turco, per tradizione e forma mentis, non è affatto amante del sistema presidenzialista”. Il quotidiano della Cei dà rilievo alla notizia che dopo diversi anni la minoranza cristiana torna ad essere rappresentata in Parlamento, dove sono stati eletti quattro deputati cristiani, “unrisultato storico”. Ad Istanbul è stata eletta la capolista del partito di opposizione Chp Selna Dogan, cristiana armena. Altri tre sono stati eletti uno nel partito di Erdogan (Akp) e due con l’Hdp di Demirtas.
Da segnalare sul Corriere una analisi di Roberto Tottoli dedicata al “fattore Kurdistan”: “Dall’ingresso nel Parlamento turco alla resistenza all’Isis in Iraq e Siria. Una nazione-chiave in Medio Oriente”. “Da sempre spina nel fianco dei governi, sono diventati elemento di stabilità nella regione”.
G7
Su La Repubblica: “Il G7: ‘Pronti a nuove sanzioni contro Mosca’. Il Cremlino: ‘Reagiremo alle minacce’”, “Linea della fermezza per la crisi ucraina. Intesa sul clima: ‘Surriscaldamento solo entro i due gradi’”. E Federico Rampini, inviato in Germania per seguire il summit racconta “l’affondo di Obama”: “’Putin rovina la Russia, vuole rifare l’impero’”, “Il presidente chiede un accordo anti-Grexit. E sull’Is ammette: ‘Siamo senza una strategia’”.
A pagina 9: “Sanzioni, Roma e Parigi contro la linea dura”, “Al G7 Italia e Francia frenano sull’intransigenza di Obama e Cameron e chiedono di non rompere con il Cremlino. ‘Mosca può aiutare a risolvere alcuni conflitti internazionali’. Hollande: ‘Forse le misure saranno prorogate di sei mesi’”.
E il quotidiano si occupa della visita del presidente russo in Italia, prevista per la giornata di domani. Sarà ad Expo e poi incontrerà il Papa: “Una tappa in Italia per rompere l’assedio, così Putin argina le mosse dell’Occidente”, “Il presidente russo, che continua ad essere il ‘nemico’ dell’Europa in crisi, domani andrà all’Expo con Renzi, incontrerà Mattarella e poi Papa Francesco in Vaticano”. A scriverne è Vincenzo Nigro.
Anche sul Corriere una analisi di Massimo Franco dal titolo “Perché il Papa non chiude a Putin”. Si parla del’incontro di domani con il leader della Federazione russa, in cui Putin potrebbe “chiedere che sia tolto il blocco del governo ucraino ai controversi aiuti russi destinati ai territori orientali”. “Nei giornai scorsi il patriarca ortodosso Ilarione ha ribadito discretamente l’apprezzamento per la linea equilibrata e indipendente del Vaticano”, scrive il quotidiano. L’incontro di domani sarebbe un “tentativo di evitare una nuova guerra fredda con Usa e Ue sull’Ucraina”.
Su Il Giornale: “‘Putin rivuole l’impero sovietico’. Obama riscalda la Guerra fredda. Il presidente Usa attacca il premier russo: ‘Per l’Ucraina sta facendo a pezzi il Paese’. La replica: reagiremo a questa ostilità”. Un commento di Livio Caputo è titolato: “Il (concreto) pericolo di un’escalation”.
La Stampa, pagina 4: “’La strategia anti-Isis non funziona’. Obama spinge gli alleati a fare di più”, “Il presidente americano indica la via: dobbiamo potenziare l’addestramento degli iracheni. Poi attacca Putin: ‘Vuole rifare l’Urss’. L’ira del Cremlino: reagiremo alle iniziative ostili”. Spiega Paolo Mastrolilli, inviato in Germania, che ad una domanda sull’invio di altri uomini in funzione anti-Isis, Obama ha risposto: “Tutti i membri della coalizione sono pronti a fare di più. La differenza tra i successi l’ha fatta spesso l’addestramento degli iracheni, che dobbiamo potenziare. In certi casi abbiamo più addestratori che reclute, e questo significa che il premier Abadi deve impegnarsi di più per costruire un governo davvero inclusivo, di cui anche i sunniti si sentano parte”.
Su Avvenire, per parlare di Isis e di Russia un intervento di Franco Frattini, che dice che “è bene richiamare Mosca alla piena attuazione degli accordi di Minsk”, ma questo richiamo “non può negare l’esigenza che il Cremlino sia coinvolto nell’affrontare sfide comuni su cui, paradossalmente, l’Occidente ha forse un interesse ancora maggiore della Russia medesima”, ovvero “i terroristi di Daesh” che “sono ormai a cento miglia dalle coste della Sicilia”.
Su La Repubblica, ancora sul vertice G7: “Un tetto di due gradi a surriscaldamento, ma il mondo deve rinunciare al petrolio”, “La decisione del G7 è un primo passo contro l’effetto serra. Per gli scienziati, però, non è ancora abbastanza. L’impazzimento meteo si supera con l’addio a una torta da 28mila miliardi di dollari”. A scriverne è Maurizio Ricci, secondo cui, “le lobby sono già al lavoro per frenare la strategia di riduzione delle emissioni”.
La Stampa: “Così la Cancelliera ‘verde’ ha incassato l’accordo sul clima”, “La Merkel ha convinto i partner a un’intesa vincolante sul taglio dei gas serra entro il 2050 per tenere il riscladamento globale sotto i 2°”.
Sul Sole 24 Ore si sottolinea come “per la prima volta” il “cambiamento di passo” segnato dall’accordo del G7, che impegna alla riduzione delle emissioni tra il 40 e il 70 per cento entro il 2050 rispetto a quelle del 2010, con l’obiettivo di ridurre di due gradi la temperatura dell’aria, è stato voluto “non dai Governi bensì dalle scelte dei consumatori, inestitori e imprese”. “La decisione del G7 non antipa né indirezza le scelte dell’economia ma le asseconda, le formalizza”, visto che l’Aie, Agenzia internazionale per l’energia, ha già “osservato con soddisfazione cone nel 2014 per la prima volt anella storia umana la crescita economica non si è affiancata con la crescita delle emissioni, che sono rimaste invariate rispetto al 2013”.
Il Giornale: “E i grandi regolano il termostato del mondo. Fissato (all’insaputa della Cina) il tettro di 2 gradi al surriscaldamento”.
Pd, Mafia Capitale
Sulla riunione di ieri della Direzione del Pd il Corriere della Sera: “Renzi striglia il Pd: io ho i voti, ma parliamo. ‘Potrei andare avanti anche spaccando il partito. Però di istruzione si dibatta nei circoli per altri 15 giorni’. Show di De Luca: da Bindi iniziativa infame ed eversiva. Tensioni per la protesta degli inseganti dall’esterno”.
Alla pagina successiva il “retroscena” di Maria Teresa Meli: “Il premier vuole coinvolgere studenti e professori, non sisnistra e sindacato”. “Aveva avvisato i suoi: in direzione non sarò buonista”. Si legge che quella di Renzi sulla scuola “non è una concessione alla minoranza Pd e nemmeno alla Cgil”, ma è rivolta a studenti e docenti. Insomma: “é sempre lo stesso premier pragmatico che conferma la stessa disponibilità a patto che non venga venduta come un cedimento”.
La Stampa, sulla direzione Pd: “Renzi alla minoranza: basta diktat. La destra è viva e gioca sulla paura”, “Il premier nella direzione concede 15 giorni per cambiare il ddl sulla scuola. ‘Ma chi non vota la fiducia al governo non può farmi la ramanzina sull’unità del partito’.
E il quotidiano scrive che stasera ci sarà un “summit dei ribelli Pd”, secondo cui “bisogna rifare il centrosinistra”. E alla pagina seguente, in un “retroscena”, Ugo Magri scrive che Denis Verdini sarebbe “a un passo dall’addio” di Forza Italia: “soccorso azzurro a Renzi”, “quattro senatori pronti a seguire Denis, e sette potrebbero aggiungersi”.
La Repubblica: “Renzi: ‘Pronto a trattare su scuola e riforme, mi fermo se mi sfiduciate’”, “Il premier: regionali vinte, avanti fino al 2018. Cuperlo: ma le urne ci hanno detto di cambiare rotta”.
E il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Mano tesa della minoranza: ‘Nessuna guerriglia contro il governo’”, “La tenuta della tregua si misurerà al Senato. A Palazzo Madama sono una ventina i senatori dem ribelli”. E il quotidiano interpella Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, che dice: “Non ci sono aut aut ma il successo elettorale è sulle sabbie mobili”, “Si devono cambiare le primarie, non ci possiamo fare scegliere i candidati dagli altri. O le prevediamo per legge o almeno creiamo l’albo degli elettori”.
Su Il Sole si dà conto di una dichiarazione anonima attribuita ad un “dirigente della maggioranza renziana”: “‘Cacciarli se non votano la fiducia? E poi come facciamo in Senato'”. Il titolo dell’articolo è “i due partiti e la resa dei conti impossibile”.
Su Il Giornale: “Renzi in guerra coi suoi: ‘O riforme o mi sfiduciate’. Il premier alla fronda dem: ‘Basta diktat, serve codice di condotta. ‘Landini? Sarà sconfitto’. E sulla scuola riapre la discussione”.
Sul Sole si legge che “alle parole del premier Renzi stanno per seguire i fatti”. Si dà conto dei 2300 emendamenti presentati e depositati la settimana scorsa in Commissionje al Senato e si legge che “una prima modifica potrebbe riguardare la chiamata diretta dei prof”, potrebbero arrivare “dei paletti sul ruolo del preside” e anche per il nodo della valutazione di dirigenti scolastici e docenti.
Il Giornale parla di un “sondaggio choc per il Pd”, pubblicato ieri da Affari Italiani, secondo cui “se si votasse oggi il Partito democratico si fermerebbe al 17 per cento”. La metà dei 5Stelle, che prenderebbero il 30 per cento e conquisterebbero il Campidoglio. La lista Marchini avrebbe il 20 per cento. “Un disastro che potrebbe avere ripercussioni pure sul governo”, scrive il quotidiano.
Sul Corriere: “Il Campidoglio nella bufera. Cantone: sciogliere il Comune? Complicato”. Si dà conto delle dichiarazioni del presidente dell’autorità anticorruzione: “Non bastano i reati, bisogna dimostrare anche che il sistema delle inflitrazioni ha inquinato la macchina amministrativa, che a Roma è enorme”. Si legge anche che la linea di Renzi è quella di “blindare” Marino e Zingaretti. Ieri sono andati a trovare il sindaco Graziano Delrio e Deborah Serracchiani. Altra pagina dedicata all’interrogatorio di Buzzi: “E Buzzi disse al pm: ‘Non registri perché se parlo casca il governo'”.
Sul tema “in che misura un movimento politico, a livello nazionale, può controllare i rappresentanti locali”, sul Pd “ditta” o “partito personale” torna ad intervenire Michele Salvati, sul Corriere della sera: “Modello franchising quel che serve al Pd”.
Al-Tayyeb
Il Corriere offre un “colloquio” con il Grande Imam di Al Azhar Ahmed Al Tayyeb, in questi giorni a Firenze per una conferenza organzizata dalla comunità di Sant’Egidio. “La mia speranza è che l’Occidente diventi meno campanilista e arrogante, e che l’Oriente sia meno ossessionato e sospettoso affinché entrambi si incontrino a metà strada e che sia un incontro di conoscenza recproca, di affetto, di scambio di esperienze e di benefici”. Gli chiedono anche delle 1000 frustate comminate al blogger saudita Raif Badawi: “Sono qui,isolato dal mondo, in una stanza con l’aria condizionata, non conosco gli ultimi sviluppi. Ma è una sentenza per un reato: tutti gli altri testi sacri e le leggi più moderne contengono misure repressive nei confronti dei criminali. Aggiungo ch esiamo qui per un sincero dialogo Oriente-Occidente e una delle condizioni basilari del dialogo è che ognuna delle parti rispetti le tradizioni dell’altra”.
Anche la Stampa intervista il Grande Imam di al Azhar, Ahmad Al Tayyeb (è in Italia per un convegno della Comunità di Sant’Egidio) che dice: “In Oriente siamo tornati indietro di un secolo”, “Al Azhar combatte l’Isis. Non disponiamo di mezzi militari, politici o diplomatici, ma scientifici, vogliamo armare i giovani di una lettura corretta dell’Islam”. Ma molti, tra cui i Fratelli musulmani, chiede Francesca Paci, negano l’autorità ad Al Ahzar perché espressione del governo egiziano. Al Tayyeb: “Al Azhar è un’istituzione indipendente com’è scritto nella Costituzione. Io stesso sono autonomo e nessuno mi può rimuovere”.
Anche La Repubblica lo intervista: “L’Islam è stato preso in ostaggio dall’Is”.
Su Avvenire: “Al Tayyeb: l’Occidente non è un portatore di mali. L’imam dell’università di Al-Azhar al Cairo: ‘La solidarietà può fermare il terrorismo”. “A Firenze i colloqui organizzati da Sant’Egidio”.
E poi
Su La Stampa, a proposito del referendum sulla possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue, si legge che il premier Cameron ha minacciato di licenziamento i suoi ministri se si schiereranno con il fronte del sì.
Sul Sole: “Cameron prigioniero dei Tory euro-scettici”. Si legge che Downing street si è appellato ad un “equivoco di interpretazione” per rispondere ai titoli dei media inglesi che scrivevano “Cameron chiede ai ministro favorevoli al Brexit di andarsene”. L’errata lettura si gioca usl principio che la fedeltà ministeriale invocata dal premier si liimiterebbe alle fasi di trattiva con Bruxelles e non alla scelta tra sì e no al referendum. Si quest’ultimo aspetto, ha detto ieri il governo “non è stat aancora presa alcuna decisione”. Ma “le toppe non bastano per dissolvere l’imbarazzo che nchioda un primo ministro prigioniero, oltre ogni immaginazione, dell’ala euroscettica del suo partito”.