Il Corriere della sera: “‘Noi ragazzi e il terrore nella nave della morte. Al timone un ubriaco’. ‘Finiti addosso ai soccorritori, la strage in cinque minuti'”. Si tratta delle testimonianze dal Centro di accoglienza di Catania, raccolte da Gian Antonio Stella.
Sotto: “Le strategie. Barconi e basi da ‘colpire'”.
L’editoriale, firmato da Michele Ainis: “Come punire i nuovi schiavisti”.
A centro pagina: “Scontro finale sull’Italicum”. “Le opposizioni sull’Aventino. L’ira di Renzi: avanti su tutto, basta palude”. “Forza Italia, M5S, Sel, Lega e FdI si ritirano. Bersani: grave forzatura sostituire la minoranza Pd”.
Antonio Polito firma un commento dal titolo “L’urgenza (sospetta) del premier”.
A fondo pagina: “La riforma dimezzata della scuola. Gli emendamenti tolgono ai presidi i nuovi poteri e salvano la figura dei supplenti”.
Da segnalare in prima anche la notizia della decisione dell’Antitrust su Booking.com: “La vittoria di Booking.com sui ribassi negli alberghi”.
La Repubblica: “La Ue: pronti a azioni militari, ‘La strage colpa dello scafista’”, “La collisione perché il pilota ha abbandonato il timone per nascondersi tra i profughi”.
In apertura a sinistra: “Le opposizioni sull’Aventino: ‘No all’Italicum’”, “Da Sel a Fi: tutti via dalla commissione. Renzi: vado avanti. Guerini: solo cagnara. Festa dell’Unità: esclusi Bersani e Cuperlo”.
La Stampa: “L’Ue: ‘In guerra contro i trafficanti di uomini’”, ‘Pronti a mandare le navi per colpire il nemico’”.
Sul tema, il richiamo ad un’intervista di Giacomo Galeazzi al segretario di Stato del Vaticano: “Parolin: solo la pace può evitare altre vittime”.
A sinistra, sulla politica italiana: “Italicum, l’Aventino delle opposizioni. Ma Renzi non si ferma”, “Fi, Sel, M5S e Lega via dalla Commissione”, “Pd, il premier difende le sostituzioni. Guerini: la minoranza fa cagnara”.
Il Fatto: “Renzi uomo solo all’Italicum. Tutti gli altri via”, “In Commissione 10 fedelissimi al posto dei 10 dissidenti, ok a tutti gli emendamenti. Minoranza Pd, Forza Italia, FdI, Lega e Sel lasciano i lavori: ‘Questa legge fatevela da voi’”.
A centro pagina: “1700 morti in più nel 2015 per risparmiare 30 milioni”, “I risultati del passaggio da Mare Nostrum a Triton, mentre buttiamo miliardi in grandi opere inutili. L’ultima di Alfano: ‘Aspettiamo l’ok dell’Onu per attaccare’. Boldrini: ‘Solo slogan’”.
Il Giornale: “L’Europa ci sta pensando. Sparare gli scafisti, ecco la soluzione”. “Bruxelles finalmente ha capito: l’immigrazione va bloccata militarmente”. “Ma finora chi l’aveva proposto era stato definito razzista e fascista”.
E poi sotto, con foto: “Le facce degli assassini tra i sopravvissuti”.
Il titolo di apertura: “Il premier contro tutti tira dritto sull’Italicum. Opposizioni sull’Aventino”.
A centro pagina: “Il tesoretto non è mai esistito”. “La balla degli 1,6 miliardi”. “Bankitalia e Corte dei conti svelano il trucco: quei soldi non possono essere spesi”.
Il Sole 24 Ore: “Controlli fiscali, fatture online e scontrini: ecco cosa cambia”. “Varati in Cdm tre decreti su abusi del diritto, documenti elettronici e internazionalizzazione delle imprese”. “Confindustria: ‘Bene sulla delega, ora i decreti su sanzioni e catasto'”.
In alto: “Alfano: aspettiamo i sì Onu e Ue, poi affondiamo i barconi in porto”. “La strage di migranti. Per i Pm ‘c’è stata collisione'”.
A centro pagina: “Bankitalia e Corte dei conti: non spendete il tesoretto. Padoan: dote per le riforme”.
Sotto: “Draghi: impossibile uscire dall’euro”. “Il caso greco: ‘La moneta unica è irreversibile’. Voci di stretta Bce sulle banche di Atene”. “Effetto Qe: Euribor a tre mesi sotto zero per la prima volta dal 1998”.
Immigrazione, i racconti
Su La Repubblica, il reportage di Attilio Bolzoni dal centro di accoglienza di Mineo: “Dal suk al bordello, i mille volti di Mineo, la città dei profughi fuggiti dall’inferno”, “Nell’ex residence destinato ai militari americani trasformato in struttura per i richiedenti asilo: qui convivono i superstiti dell’ultimo naufragio e i trafficanti di uomini che si nascondono tra i disperati. Una babilonia di lingue e di costumi: ‘Non abbiamo più storie da raccontare perché il mare ha cancellato il nostro passato’”, “Ci sono i piccoli boss eritrei ma si sente la puzza dei grandi appalti di Mafia capitale”.
Sul quotidiano alle pagine seguenti anche i racconti dei sopravvissuti: “’Presi a bastonate per farci salire a bordo e il capitano era ubriaco’”, “beveva e fumava hashish, ha lasciato il timone e si è nascosto tra noi mandandoci a sbattere sul mercantile”.
La Stampa: “’Drogato al timone, poi la collisione’”, “Le accuse dei superstiti allo scafista arrestato con il complice: ‘Beveva e fumava hashish. Quando ha temuto di essere identificato, si è mischiato a noi. Così la barca si è rovesciata’”.
Il Fatto intervista il comandante della nave portoghese King Jacob, Abdullah Ambruosi, che nega ci sia stato un urto con l’imbarcazione dei rifugiati, a seguito di cui la Procura ha parlato usando il termine “collisione”. La collisione com’è avvenuta? “Per ora non posso rispondere. Posso soltanto dire che spiegherò appena possibile le cause dell’impatto”.
Sul Corriere, Gian Antonio Stella raccoglie le testimonianze degli immigrati dal centro di accoglienza di Catania. Quella di Abdirizzak e Omar, “sedici o diciassette anni, tutti e due orfani del padre e partiti per tentare la sorte e dare una mano alla famiglia”, raccontano di esser partiti dal Nord ovest della Somalia un anno fa. “Eravamo trentacinque. Abbiamo attraversato l’Etiopia, poi il Sudan e la Libia fino a raggiungere Tripoli dove sono stato arrestato e tenuto in galera per mesi”. Uno dei due ha un cugino in Norvegia. “Il mio sogno è di andare là”. Non sanno quante persone erano a bordo del barcone. “La vecchia imbarcazione, ricordano, era su tre livelli: ‘Quelli che avevano meno soldi li hanno ammucchiati sotto, in basso, e li hanno chiusi dentro. Noi siamo finiti nel livello di mezzo. Sopra c’erano quelli che avevano pagato di più'”. Un altro testimone, Nasir, racconta di essere arrivato a Tripoli in aereo due anni fa, di aver lavorato come meccanico in un paese a un’ora e mezzo dalla città, e di aver deciso un mese fa di partire. A Tripoli “ho cercato qualcuno che mi aiutasse a trovare un passaggio in nave verso l’Italia. Sono finito a Gergarish. Ci hanno ammassato in un capannone. Eravamo moltissimi. Mille, forse millecinquecento”. Lui ha viaggiato al piano superiore. “Ci ritrovammo in una trentina più in alto di tutti, sul peschereccio. Vicino al comandante siriano e all’altro pilota, un tunisino. Il siriano, beveva. Vino. Beveva, beveva e fumava hashish”. Poi il peschereccio che si avvina, “istintivamente ci siamo spostati in massa indietro. Tutti urlavano. Da sotto, dove erano chiusi gli africani, sentivamo salire invocazioni di aiuto”. “È stato un attimo. Il peschereccio si è rovesciato e siamo finiti in acqua. Cinque minuti, non di più, ed è andato a fondo. Siamo rimasti lì, cercando di restare a galla, forse mezz’ora. Non si vedeva niente. I marinai filippini della nave hanno buttato giù delle scalette di corda. Mi sono aggrappato, sono riuscito a salire. Erano tutti gentili. Ci hanno dato del caffè, del tè, delle coperte… Era finita. Finita, finalmente”.
Su Il Giornale, Fausto Biloslavo spiega: “Così parenti e amici in Occidente pagano il viaggio ai disperati. Chi è già scappato invia i soldi per aiutare i migranti. Da 6 a 10 mila euro per traversata. E gli schiavisti si evolvono: versamenti sulla fiducia, carte prepagate e persino Postepay”.
Sul Corriere, Michele Ainis scrive che “c’è un delitto che non verrà punito mai abbastanza, in questa tragedia collettiva: quello degli scafisti, o degli schiavisti, se vogliamo chiamarli per nome e cognome. In Europa ci vorrebbe un altro Lincoln, per dichiarargli guerra. Sennonché gli europei non sanno più imbastire cariche, al di là dello scaricabarile. E il barile finisce regolarmente addosso a noi italiani”. Ainis ricorda che “la legge Turco-Napolitano contempla il reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, punendolo con la reclusione fino a 5 anni; i topi d’appartamento rischiano 6 anni. È un errore: non si può essere garantisti con chi frusta questo carico umano per costringerlo all’obbedienza cieca, oppure lo scaraventa in mare”.
Immigrazione, i piani dell’Europa
Spiega La Stampa che il presidente del Consiglio ha anticipato via Facebook ieri il cuore della sua informativa che terrà oggi al Parlamento: “Interventi nei Paesi d’origine, distruzione dei barconi, raddoppio di Triton, ricollocazione d’emergenza condivisa tra tutti i Paesi, collaborazione con le Nazioni Unite, sforzo comune alle frontiere meridionali della Libia. Questi alcuni degli impegni concreti che il Governo italiano proverà a puntualizzare nelle ore che ci separano dal Consiglio europeo di giovedì”. Dietro queste parole del premier, scrive il quotidiano, il lavoro diplomatico è intenso, l’Ue pensa ad azioni di polizia internazionale, con un impegno sistematico per catturare e distruggere le navi usate nel Mediterraneo, ricalcando il modello già sperimentato dall’operazione Atlanta nelle coste della Somalia. Con interventi di droni e copertura assicurata da pattugliamenti del mare potenziando l’operazione Triton. Renzi ieri ne ha parlato con il presidente di turno del consiglio europeo Tusk e il segretario generale Onu Ban Ki-moon. Oggi sentirà Merkel e Hollande. Il ministro Alfano, per parte sua, ha spiegato: “L’obiettivo è affondare i barconi degli scafisti, impedire che partano. Noi da soli non possiamo farlo ed è in corso un negoziato con l’Onu per avere, in un quadro di legalità internazionale, l’autorizzazione a questo intervento”. E Renzi confida di piegare le resistenze europee, che sono molto forti, specie su un punto: la ricollocazione d’emergenza condivisa, che vuol dire condivisione dell’onere dei richiedenti asilo, affinché vi sia una redistribuzione in tutti i Paesi Ue.
Sulla stessa pagina, il corrispondente da New York Paolo Mastrolilli: “Verso il via libera dell’Onu: ‘Aiutare i Paesi più esposti’”. Si riferisce dunque la dichiarazione rilasciata ieri dalla presidenza del Consiglio di sicurezza Onu: “I membri del Consiglio di sicurezza esprimono il loro forte sostegno ai Paesi della regione colpiti dal traffico dei migranti ed enfatizzano la necessità di accrescere il coordinamento degli sforzi internazionali, per rafforzare la risposta a questa sfida comune e proteggere i vulnerabili migranti dall’essere vittimizzati dai trafficanti”. Il testo, si spiega, è stato sollecitato dal ministro degli Esteri Gentiloni e coordinato dal nostro ambasciatore italiano Sebastiano Cardi, con i colleghi della Ue presenti in Consiglio, in particolare la Spagna. E chiede la piena applicazione del Protocollo contro il traffico dei migranti per terra, mare e aria, sollecitando tutti i Paesi membri, inclusi quelli di origine e di transito, a cooperare tra di loro e con le organizzazioni internazionali, applicando le leggi sui diritti umani e i rifugiati.
Ancora da La Stampa, da segnalare l’intervista di Marco Zatterin al commissario Ue alle immigrazioni, Dimitris Avramopulos, che dice: “Abbiamo dichiarato guerra ai trafficanti di esseri umani”, “Sì a una missione sul modello di quella anti-pirateria, pronti a raddoppiare i fondi a Triton”, “cattureremo e distruggeremo ogni imbarcazione che i nuovi contrabbandieri d’anime usano per attraversare i confini esterni dell’Unione”. Poi Avramopulos conferma le intenzioni di “rafforzare” l’operazione Triton, missione di frontiera gestita da Frontex, “che non intende rimpiazzare il ‘search and rescue’ di Mare nostrum”: la proposta di partenza, dice il commissario, è quella di un “raddoppio della cassa” di Triton.
Sul Sole-24Ore, un articolo di Beda Romano e Roberto Bongiorni: “Le buone intenzioni Ue alla prova dei fatti. Il piano, frutto della volontà politica di metter mano al problema, appare efficace, non sempre realizzabile”. “Sul piano politico, il caos in LIbia ostacola l’indispensabile cooperazione. Sul piano pratico servono più mezzi, fondi e personale”.
Su La Repubblica: “La svolta dell’Ue: ‘Operazione militare contro gli scafisti’”, “Alfano: ‘Dopo l’ok dell’Onu bombarderemo i barconi’. Il premier Renzi chiama Ban Ki-moon per il via libera”.
Il “retroscena” di Andrea Bonanni, corrispondente da Bruxelles: “Colpire gli schiavisti come i pirati. Il piano dell’Europa per fermare le tragedie”. Dove si riferiscono le parole della portavoce della Commissione europea Natasha Bertaud: l’Europa sta studiando una “missione militare e civile”, “il mandato della nuova operazione non è ancora stato deciso”. E si dà conto dell’orientamento del commissario Avramopulos, secondo cui il modello cui dovrebbe ispirarsi la missione europea di “search and destry” è quello dell’operazione Atalanta, che la Ue conduce con successo contro la pirateria nell’Oceano indiano e al largo delle coste somale. Il mandato di Atalanta prevede non solo – scrive Bonanni – la difesa delle navi mercantili attaccate in navigazione e il monitoraggio del traffico marittimo e dell’attività di pesca nella regione, ma anche la possibilità di agire “contro le infrastrutture a terra” utilizzate dai pirati come base di partenza per i loro raid. Ma a Bruxelles non ci si nasconde le enormi difficoltà di ordine politico, giuridico e pratico: poiché, per esempio, tutte le carrette del mare usate dai trafficanti sono di base nei porti libici e si avventurano in acque internazionali solo quando sono cariche di profughi, qualsiasi azione per neutralizzarle fa i conti con la necessità di violare la sovranità della Libia. La missione Atalanta aveva alle spalle una risoluzione delle Nazioni Unite, che però avevano avuto la esplicita richiesta di intervento da parte del governo somalo provvisorio. La Libia, invece, al momento è sostanzialmente priva di governo e dunque manca un’autorità nazionale che potrebbe richiedere questa operazione.
Ancora su La Repubblica, il “retroscena” di Goffredo de Marchis: “Il pressing di Palazzo Chigi: ‘Una coalizione europea per l’intervento armato, l’Italia pronta alla guida’”, “Il governo italiano non intende agire da solo ma considera fondamentale una larga alleanza. Il nostro Paese può contare su una presenza consolidata dei servizi in Libia”.
Su Il Fatto, un articolo di Silvia D’Onghia: “Democratici respingimenti. Ora Renzi pare il senatur”, “Oggi si parla di affondare i barconi, di interventi militari e di impedire in ogni modo ai profughi di arrivare in Europa. ‘Proposte ignobili’ per il Pd quando le faceva la Lega”, “quel che conta è non chiamarli respingimenti, perché siamo già stati condannati dall’Europa” (nel 2012, quando la Corte di Strasburgo ci condannò per il caso Hirsi, un respingimento del 2009).
Sul Corriere, da segnalare una pagina firmata da Fiorenza Sarzanini: “Come fermarli? Oggi solo una barca su quattro viene distrutta o sequestrata. Il primo obiettivo: eliminarle tutte”.
Sul Sole, Gian Andrea Gaiani scrive che “l’impiego di ordigni lanciati da aerei o elicotteri come l’utilizzo delle artiglierie navali rischierebbe di provocare ‘danni collaterali’, cioè di distruggere i barconi danneggiando abitazioni o uccidendo e ferendo innocenti. Lo stesso problema si rischierebbe utilizzando i droni anche se i Predator italiani, come quelli in dotazione a francesi e olandesi, sono disarmati dal momento che Washington ha finora concesso i kit di armamento solo ai velivoli teleguidati britannici. Si può stare certi che le organizzazioni criminali in Libia non esiterebbero a posizionare le barche vicino agli alloggi dei migranti e a farsi scudo dei civili. Le similitudini tra la missione da varare in Libia e l’Operazione Atalanta contro la pirateria somala, evocate negli ambienti europei sono piuttosto discutibili. Gli spazi oceanici di fronte alle coste somale non sono paragonabili alle acque ristrette del Canale di Sicilia e l’emergenza piratesca è stata risolta soprattutto mettendo guardie armate su ogni mercantile, poiché le navi da guerra da sole non erano in grado di garantire la sicurezza in un’area marittima così vasta”.
Da segnalare che intanto il Viminale sta cercando posti per sistemare i nuovi arrivati.
Il Corriere della Sera: “Accoglienza al collasso. Il Viminale cerca altri seimila posti”. Si legge che il presidente del Veneto Zaia ha detto di no, e che i Comuni chiedono che “le scelte siano condivise”
Immigrazione, le interviste
La Repubblica intervista il politologo francese Olivier Roy: “Ci siamo illusi – dice – di essere una fortezza. Ora l’Europa agisca per aiutare chi fugge”, “L’Europa ha fallito due volte: si è illusa di poter rendere ermetiche le proprie frontiere e ha abbandonato una politica estera comune nei confronti del sud del Mediterraneo”, “la soluzione per evitare nuovi drammi è soprattutto politica. Bisogna agire per stabilizzare la Libia e costruire accordi bilaterali con tutti gli altri Paesi della regione”. Ma al momento, sulla pacificazione della Libia e sul piano per una riconciliazione nazionale, sottolinea Roy, “non ci sono neppure le premesse”: l’accordo tra le parti non c’è, “gli egiziani appoggiano il governo di Tobruk che non vuole accordi” e le frange dell’Is presenti in Libia “non hanno nessuna intenzione di sedersi a un tavolo dei negoziati”. Un intervento militare? “L’Egitto e l’Arabia saudita spingono sui nostri governi affinché ci sia un sostegno militare al governo di Tobruk contro Tripoli per conquistare la Libia, Sarebbe un’operazione molto rischiosa e il pericolo di ritrovarsi impantanati in una guerra civile è alto”. Sull’assenza di una politica europea per il Mediterraneo Roy dice: “Si era parlato qualche anno fa dell’Unione del Mediterraneo. Erano solo parole”, “l’unica cosa che vale è avere un approccio geopolitico”, lanciando “una cooperazione concreta con i vari Paesi. I Paesi arabi non possono essere trattati come un gruppo omogeneo. Bisogna trattare in modo bilaterale con ogni governo. Non ci sarà mai un unico interlocutore”.
“L’Europa sia più concreta. Solo la pace evita i morti”, dice, in un’intervista a La Stampa, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. Cosa bisogna fare, oltre a salvare le vite? “Creare nei Paesi di provenienza condizioni che permettano di restare e non favoriscano l’esodo”, “Vanno create le condizioni perché non si producano più questi flussi. Poi c’è il tema della pace: in molti casi è gente che fugge da zone di guerra. E dunque il problema dei migranti è legato allo sforzo della diplomazia internazionale per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti”.
Il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca, in una intervista a La Repubblica, si chiede: “Bene, affondiamo le barche: e della povera gente che cerca di fuggire cosa facciamo?”. Colpire gli scafisti non è una buona idea? “È un modo di contrastare i trafficanti, ma altri li sostituiranno. Non è una soluzione: se la Libia non viene pacificata non si risolve nulla”. C’è la missione dell’inviato Onu per la Libia Bernardino Leon ma, nel frattempo, secondo Rocca “dev’esserci anche una missione umanitaria che consenta a chi ne ha diritto di accedere alla Ue e ai Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui richiedenti asilo”. Pensa sia possibile accoglierli tutti? “In 5 anni di conflitto in Siria abbiamo creato 9 milioni di sfollati interni e tre milioni nei Paesi limitrofi. Se si fosse risolto il conflitto quei tre milioni di persone non sarebbero migranti: sarebbero a casa loro. Sono vent’anni che le persone scappano dall’Eritrea, e affondando i barchini non si risolverà il problema. L’Occidente ha anche un pizzico di responsabilità, per esempio non aver saputo accompagnare il post-Gheddafi”.
Mario Marazziti, intervistato dal Corriere della Sera, spiega che per affrontare il nodo dei migranti occorre “modificare le modalità di richiesta di protezione e asilo”. Oggi si può fare solo quando si tocca il territorio del Paese di accoglienza. ‘ È necessario anticipare questo momento, magari nei Paesi di transito, come “Libano, Giordania, Marocco, Tunisia, Niger, attivando i consolati e le ambasciate europee”. In questo modo si può creare un data base, regolare i flussi, e avere anche il tempo di controllare l’identità di chi chiede asilo, dice Marazziti.
Italicum
La Stampa, pagina 8: “Italicum, tutti sull’Aventino. Renzi da solo verso la fiducia”, “Anche le opposizioni lasciano la commissione: e Fi ora può tornare decisiva”.
Il Fatto: “’Avanti tutta’, l’Italicum Renzi se l’approva da solo”, “In commissione si vota la legge elettorale senza i dieci dissidenti del Pd. Le opposizioni sull’Aventino. Restano solo i fedelissimi a dire sì”. Il quotidiano intervista uno dei dieci, il “bersaniano rimosso” Enzo Lattuca. Sia sincero, vi hanno cacciato o volevate farvi cacciare? “Già nel gennaio 2014, il neo eletto segretario Renzi chiese a noi della commissione di ritirare tutti gli emendamenti alla legge elettorale, e lo facemmo. Venerdì scorso invece ci avevano chiesto se volevamo portare avanti la linea del gruppo, votando contro tutti gli emendamenti. Le risposte che abbiamo dato non devono essere state convincenti..”. E vi hanno punito. “Ci hanno sostituito, com’è nella libertà del capogruppo. Non abbiamo opposto resistenza, perché questa scelta garantisce la libertà di non votare contro la propria coscienza in commissione. Per fortuna in aula le sostituzioni non esistono…”. In aula lei cosa voterà? “Se verrà messa la fiducia voterò sì, non posso andare contro il governo”. E senza fiducia? “Valuterò. Di certo manifesterò apertamente la mia posizione, non celandomi dietro il voto segreto”.
La Stampa intervista Gianni Cuperlo (“Cuperlo: Matteo, vale la pena rompere così il partito? Non voglio pensare cosa succederebbe con la fiducia”). Cosa non la convince dell’Italicum? “La legge elettorale perfetta non esiste, ma qui non convince la combinazione con la riforma costituzionale. L’assetto complessivo di un sistema elettorale che porterà un Parlamento composto a prevalenza da nominati dei vertici dei partiti e con una riforma del Senato che lo trasformerà in un ibrido, né assemblea delle garanzie, né assemblea delle autonomie”. Cosa farete? “La battaglia si sposta in aula”. Farete squadra con le altre opposizioni? “Voteremo insieme quello che ci sembrerà giusto”. Che farete se il governo porrà la fiducia? “Non voglio nemmeno pensarci”.
La Repubblica intervista il presidente del Pd Matteo Orfini: “Incomprensibile gente come Bersani, no alla dittatura della minoranza”. Scrive il quotidiano che Orfini lavorerà per evitare la fiducia sulla legge elettorale, ma non risparmia la minoranza Dem, a partire da Bersani, quando dice: “Usano toni più duri dei leader delle opposizioni. Sono incomprensibili”.
E da La Repubblica segnaliamo il “retroscena” di Francesco Bei: “Per Renzi – scrive – ormai l’Italicum non c’entra più nulla. L’attacco delle opposizioni e, soprattutto, della minoranza interna, per il premier ‘prescinde totalmente dal merito’. No, in ballo ci sono altre due questioni. La prima riguarda la leadership delle opposizioni dentro il partito. ‘Bersani – è la chiave di lettura di Palazzo Chigi – sta cercando di riprendersi il suo ruolo e ha costretto Speranza a dimettersi’. Per il premier sarebbe in corso un grande gioco di potere all’interno della minoranza”.
Sul Corriere: “Italicum, opposizioni sull’Aventino. Ma il Pd: è cagnara, avanti su tutto”. “Il voto senza dissidenti. Renzi: non ci ferma nessuno”. “Boldrini: evitare gli strappi”. Si legge che ieri in commissione affari costituzionali non si sono presentati i dieci parlamentari Pd sostituiti dal gruppo per il voto sulla legge elettorale. Ma per il Pd, “tamponato il fronte interno”, si è aperta una polemica da parte delle opposizioni, con l’uscita dall’aula della commissione di Sel (Scotto) dei Grillini (Tonineli), di Forza Italia (Brunetta). “Dentro, a votare, rimangono solo la pattuglia Dem, Alleanza popolare e Scelta civica. Il presidente della Commissione, che è l’azzurro Sisto e non condivide la linea di Brunetta, “prova a fare da pontiere con gli aventiniani, ma il tentativo fallisce”.
Il quotidiano milanese intervista uno dei parlamentari Pd chiamati a sostituire i “dissidenti”: Si tratta di David Ermini, che dice che è una sostituzione temporanea, e che chiarisce che dopo il voto in Commissione lui torna dove stava, in commissione giustizia.
Ancora sul Corriere: “Una forzatura grave. I sospetti di Bersani sul muro contro muro”. Ieri Bersani, quando gli è stato detto che doveva lasciare la commissione, avrebbe risposto: “Farò come avete deciso voi. Ma procedere così per me non va bene”. Si cita anche Roberto Speranza, presidente dimissionario del gruppo: “Se fossi stato io a cacciare dieci amici miei non avrei più potuto guardarmi allo specchio”. E ancora: “Non essere più capogruppo non è una cosa banale, ma lo rifarei”.
Su Il Giornale, Laura Cesaretti parla del Pdrp, il “Partito dei rancori personali”, che “ha molti iscritti di rilievo innanzitutto nel Pd: Romano Prodi (che ieri in un’intervista al Fatto faceva da controcanto al governo sull’immigrazione e la Libia, dove il perfido Renzi non l’ha mandato) e Pier Luigi Bersani, Enrico Letta e Massimo D’Alema, Rosy Bindi e Sergio Cofferati e via elencando. Qualcuno aggiunge alla lista, sia pur come fuoriclasse, persino Walter Veltroni, che finora ha benedetto il premier che ha raccolto il testimone del suo Pd a vocazione maggioritaria e del suo Lingotto. Ma anche il primo leader del Pd, assicurano diverse voci, da qualche tempo confiderebbe ad autorevoli interlocutori opinioni molto critiche su Renzi”. Il cambiamento di giudizio sarebbe, secondo “i più maligni”, dovuto “ad una doppia delusione: prima sul Quirinale e poi sulla presidenza e guida spirituale della futura ‘Nuova Rai’ riformata. Ma i più dubitano che uno che ha saputo andarsene e mettersi a fare altro con la classe che ha avuto Veltroni si mischierebbe mai coi piani di vendetta degli altri, che peraltro son gli stessi che si adoperarono a suo tempo per far la pelle pure a lui, e dunque non gli stanno molto simpatici”.
Sul Corriere, Mara Teresa Meli: “Renzi: ‘Mi votino contro se vogliono, la nostra gente è con il governo'”. Si legge che “ormai sembra scontato” che il governo ponga la fiducia al provvedimento, e si aggiunge che la legge poi deve comunque essere votata, e che nella votazione finale potrebbe essere richiesto il voto segreto, e dunque “i ribelli democrat potrebbero tentare l’offensiva finale contro Renzi” esprimendosi contro. “Il premier non teme il trappolone? ‘Se vogliono votare contro lo facciano'”, dice Renzi secondo il quotidiano.
Tesoretto
Il Corriere della sera: “Il tesoretto? Prima i conti, poi il bonus”. “Bankitalia: va usato per la finanza pubblica. Padoan: faremo una tantum coerenti con le riforme. Con i derivati la spesa cresce di 3,6 miliardi. Draghi sulla crisi greca: l’euro è irreversibile”. Si citano le dichiarazioni di Federico Signorini, vicedirettore generale della Banca d’Italia, audito ieri in Commissione insieme a Giuseppe Pisauro, presidente dell’ufficio parlamentare per il bilancio, sul Def. I due hanno parlato del piano delle riforme e Pisauro ha invitato a non reputare come “già acquisite” le risorse del famoso tesoretto da 1,6 miliardi di euro. Dopo di loro ha parlato anche il ministro dell’economia Padoan che ha detto che “il bonus verrà utilizzato per misure con effetti temporanei ma coerenti con il processo di riforme intrapreso”.
Il Giornale, con Fabrizio Ravoni, scrive: “Il tesoretto che non c’è. Anzi non è mai esistito”. Ravoni scrive di una “nota riservata” inviata dal commissario europeo Moscovici in cui si ricorda all’Italia che “la correzione strutturale dei conti pubblici di quest’anno è stata dello 0,2 per cento a fronte di uno 0,25 per cento accordato in nome della flessibilità europea alla luce della recessione economica”, e che lo 0,05 per cento che manca significa 800 milioni di euro, ovvero una metà del cosiddetto tesoretto.
Internazionale
Sul Corriere, la notizia del presunto ferimento del leader dell’Isis Al Baghdadi: “‘Al Baghdadi ferito’. Il Pentagono: non ci risulta”. “Fonti locali: ‘Il Califfo colpito a marzo. I dirigenti dell’Isis pensano a un nuovo capo’”. Si tratta di notizie pubblicate dal britannico Guardian, secondo il quale il leader terrorista sarebbe rimasto gravemente ferito il 18 marzo scorso durante un raid. A sostegno di queste notizie il quotidiano cita un “diplomatico occidentale” e una fonte interna all’Isis. Negli ultimi mesi però almeno altre tre volte Al Baghdadi era stato dato per ferito o morto. I siti web vicini all’Isis tacciono o ridicolizzano la notizia.
Sul Corriere: “Yemen, tensioni e navi da guerra. Fermati i raid”. Si torna sulla notizia dell’arrivo nell’area della portaerei Roosevelt e dell’incrociatore lanciamissili Usa, incaricati di sorvegliare i movimenti iraniani accusati di fornire armi ai ribelli houthi yemeniti.
Il Corriere torna su una notizia anticipata settimane fa: “‘Ambasciatore gay, il no del Papa’. Media francesi: Papa Francesco lo ha incontrato personalmente e gli ha negato il gradimento”. Laurent Stefanini, cattolico e molto praticamente, omosessuale, ambasciatore francese designato presso la Santa Sede più di tre mesi fa, non ha avuto dunque il gradimento del Vaticano. Il Pontefice non avrebbe apprezzato “i metodi dell’Eliseo” che “ha cercato di forzargli la mano”, si legge nell’articolo. L’Eliseo ieri sera ha diffuso una nota in cui auspica una “risposta posiiva e rapida” e ribadisce che Stefanini è “il solo candidato” della Francia.
Anche su Il Giornale: “Ambasciatore gay, Papa Francesco nega il gradimento. Choc in Francia”.
Sul Sole 24 Ore, la notizia della condanna dell’ex presidente egiziano Morsi, ex leader dei Fratelli Musulmani, giudicato colpevole per violenze sui manifestanti, per aver “istigato la polizia a sparare sui manifestanti”. Lo attendono altri tre processi, rischia ancora la pena di morte.
Anche sul Corriere: “L’Egitto condanna l’ex leader Morsi ma gli risparmia l’impiccagione”. “Ma a maggio si apre un altro processo contro l’ex leader dei Fratelli Musulmani”.
Sul Sole, notizie sul processo a Dzhokahr Tsarnaev, il giovane ceceno accusato della strage alla maratona di Boston. Tsarnaev è già stato giudicato colpevole. Ora inizia la fase in cui si stabilirà se condannarlo all’ergastolo o alla pena di morte. La pubblica accusa ne ha chiesto la messa a morte, “ma il dibattito lacera le stesse famiglie delle vittime”. I genitori della più piccola delle vittime, un bambino di otto anni, hanno pubblicato un appello sul Boston Globe chiedendo ai procuratori di rinunciare alla pena di morte.