“Un mattatoio a cielo aperto”, “il demonio al lavoro”: per raccontare il genocidio vissuto dal Ruanda nel 1994 tocca aggrapparsi più che in altri casi alla retorica e alle metafore. Di quella strage innescata dall’odio etnico, è ancora difficile fornire numeri esatti: non c’è che una stima delle vittime – tra gli 800 mila e il milione – e una durata – 101 giorni – per tentare di disegnare l’entità di un eccidio paragonabile (e già in effetti paragonato) alla Shoah. Se la dignità dei morti si misurasse solo dalle lacrime che bagnano gli occhi di chi li ricorda, per i tutsi trucidati in Ruanda ventuno anni fa sarebbe come se le violenze non fossero mai finite. La strage iniziata nella notte tra il 7 e l’8 aprile 1994 (dopo l’abbattimento dell’aereo in cui viaggiavano i presidenti di Burundi e Ruanda) e andata avanti fino al 17 luglio al ritmo di un assassinio ogni dieci secondi, fatica ancora a catturare l’attenzione dell’opinione pubblica. Gli anniversari si dimenticano, le dinamiche si ignorano, la violenza si impone in quanto tale ma il suo racconto resta estraneo. Il dramma si ricostruisce nelle nicchie e ne travalica i confini grazie appena al sentito dire; arriva a un pubblico un po’ più nutrito grazie a film e libri che quasi si contano sulle dita di una mano, lasciando libera l’altra per portare il fazzoletto alla guancia.
Eppure è recentemente uscito in libreria un racconto diversamente prezioso di questa tragedia. Christiana Ruggeri, giornalista alla redazione Esteri del Tg2, narra in prima persona la storia di Bibi in un romanzo non-fiction che raccoglie nel titolo l’orrore sì ma soprattutto la speranza del Ruanda. Dall’inferno si ritorna (Giunti 2015, 14.90€) descrive le violenze senza senso del carnage ruandese e la fatica fisica e psicologica di chi è sopravvissuto ai giorni peggiori di un’intera nazione – lo fa però, e questa è la sua peculiarità, attraverso gli occhi di una bambina all’epoca ancora neppure in età scolare. A soli cinque anni, Bibi rimane sola con i suoi fantasmi. È lei l’unica superstite dello sterminio avvenuto tra le mura di casa, dove la furia dei miliziani hutu si è riversata con quella violenza diventata routine ai tempi in cui il compito quotidiano per gli Interahamwe era di non lasciare neanche uno dei tutsi “scarafaggi”. A salvare Bibi dalla morte e poi dal dolore causato della solitudine e dalle ferite dell’odio etnico, saranno fortuna e intelligenza. Allora come più avanti – nel suo viaggio con il milione e più di profughi diretti verso i campi dello Zaire, prima; nel rientro in quel che rimaneva del suo Ruanda, poi – Bibi riuscirà a farcela, grazie a incontri speciali e alla sua capacità di saper dosare le bugie necessarie e la verità, la maturità esplosa per forza e l’innocenza della sua età, la consapevolezza del passato e il sogno del futuro.
Dell’orrore che vive il Ruanda in quei giorni Christiana Ruggeri riporta odori, immagini e dinamiche, descrivendo attraverso la voce di Bibi quella violenza che i grandi riescono a raccontare solo attraverso le metafore. Ne emerge un racconto, appunto, dosato: lo sguardo è puro ma non ingenuo, le parole sono semplici ma non trascurate, nel racconto di una storia straziante che non scade mai nel patetico. Quegli “incomprensibili percorsi del male” di cui si parla nel libro e che si diramano nel mondo degli adulti, risultano alla fine ancora incomprensibili, ma un po’ più sopportabili nella storia a lieto fine di Bibi.
Nel buio di una delle tragedie più grandi del secolo scorso, emergono come lampi di luce le donne, le “mamme” che Bibi incontra dopo la perdita della sua. Sono loro, la Storia – anche quella con la S maiuscola – ci insegna, la vera forza e la vera speranza del Ruanda. Loro che, dopo aver pagato la sopravvivenza al costo di corpi e animi dilaniati dagli stupri di gruppo, sono entrate nella classe dirigente del paese, senza mettere da parte l’istinto diventato dovere di ripopolare un paese che in cento giorni perse circa un settimo della propria popolazione. Oggi il Ruanda, nonostante le enormi difficoltà, è il 23esimo paese al mondo per tasso di crescita e il 42% della popolazione ha un’età compresa tra gli 0 e i 14 anni. Quei numeri che non hanno saputo descrivere nel dettaglio l’orrore, parlano oggi più chiaramente di come anche il paese, insieme a Bibi, stia tornando dall’inferno.
Certo, in entrambi i casi, è quasi impossibile farlo da soli e tra le ong a loro modo presenti nel racconto emerge, tra i ringraziamenti alla fine del libro, il nome di Progetto Rwanda. È questa la onlus che ha aiutato Bibi e altri bambini e donne ruandesi a tornare alla vita – e a questa onlus, ora, andrà la metà del ricavato del libro.
Titolo: Dall'Inferno Si Ritorna. La storia vera di Bibi, a cinque anni in fuga dal Ruanda
Autore: Christiana Ruggeri
Editore: Giunti
Pagine: 232
Prezzo: 14,90 €
Anno di pubblicazione: 2015