I sorrisi tra Merkel e Tsipras

“‘Non c’è deriva autoritaria’”, titola il Corriere della Sera. “Il capo del governo: ‘Ho il dovere di decidere’. Elogio della legge elettorale: in Europa la copieranno”. “Affondo di Renzi. Infrastrutture, no del Colle alla divisione del ministero”.
In alto: “Tronchetti: basta nazionalismo di maniera. Siamo un Paese ostile all’industria”.
Sotto, con foto: “Confronto senza liti tra Merkel e Tsipras”. “Il caso Grecia: nel vertice si è discusso di aiuti e riforme”.
A fondo pagina: “Estate senza scuola? Purché si lavori un po’”. “Per il ministro Poletti tre mesi di vacanza sono troppi”. “Però il vuoto non va riempito”.
L’editoriale, firmato da Pierluigi Battista, è titolato “Sarkozy direbbe no a Salvini”.
Da segnalare anche un intervento della poetessa Joumana Haddad: “Io minacciata perché araba ed atea”.

La Repubblica: “Tregua Merkel-Tsipras. Schulz: patto in 7 giorni se Atene abbassa i toni”, “Draghi: nessun pericolo a breve, la Grecia non ci ricatta. Renzi: io dittatore? Chi non decide è contro la democrazia”.
E due interviste del quotidiano vengono richiamate in apertura: la prima è con il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (“Il leader dell’Ue: ‘Sulla ripresa sono ottimista’), l’altra è con il finanziere George Soros (“Rischio populismo dagli aiuti Bce”).
A centro pagina: “Monza, subito libero il pirata del Suv. Alfano: l’omicidio stradale sarà reato”.
La “copertina” dell’inserto R2: “Il padrone rosso, così la Cina sta comprando il mondo”, “Quest’anno Pechino sarà il primo investitore estero del pianeta”, di Giampaolo Visetti.
In apertura a sinistra un editoriale di Roberto Rho: “Milano sede vacante”.
In basso, “la polemica” suscitata dalle parole del ministro del Lavoro: “Poletti ai prof: ‘Troppi tre mesi di vacanza. Studiate d’estate”.

La Stampa ha in prima la grande foto dei funerali delle vittime piemontesi dell’attacco del Bardo in Tunisia: “Addio ai morti di Tunisi: ‘Strage di innocenti’”, “Funerali a Torino e Novara. In chiesa anche i feriti. La Lega offende le vittime: ‘Ci davano dei razzisti’”.
In apertura a sinistra: “Merkel-Tsipras. Primi passi verso un’intesa”, “Il premier a Berlino: rispetto i trattati. Ma resta la lite sui danni di guerra”.
A centro pagina: “Con l’omicidio stradale fino a 12 anni di carcere”, “Oggi il nuovo reato all’esame del Senato”.
E le parole del ministro del Lavoro: “Poletti: troppi tre mesi di vacanza a scuola”, “protestano gli studenti. Ma i presidi: giusto”.
Sul “dopo Lupi”: “Infrastrutture. Renzi: parte la rivoluzione”, “Il premier prende l’interim e avvia la rotazione dei dirigenti: per la successione favoriti Guerini e Delrio”.
In prima anche l’intervista alla direttrice di Equitalia: “Orlandi: Equitalia deve cambiare”, “La direttrice: ‘Deve essere oggettiva e flessibile. Soglie di punibilità inevitabili per non intasare le procure’”.

Il Sole 24 Ore: “Opa Pirelli, patto tra i soci per ridurre il peso dei cinesi”. “ChemChina al 50,1 per cento se entro diciotto mesi arriva un nuovo azionista”. “Ecco le opzioni previste nel contratto per rendere definitivo l’assetto dell’azioniariato”.
Di spalla: “Draghi: più forte la ripresa in Europa. Vertice Merkel-Tsipras a Berlino: prove di dialogo dopo gli scontri”:
A centro pagina: “Legge Obiettivo, costi saliti del 40 per cento”. “In dieci anni da 65 a 91 miliardi per 97 opere”. “Tempi medi per l’interim del premier”. “Incontro Renzi Mattarella, si allontana l’ipotesi spacchettamento”.

Il Fatto, con sfilata di foto di Casini, Bersani, Berlusconi, Errani e Lupi: “Grandi Opere”, “Il bancomat dei partiti”, “Sigla per sigla, cifra per cifra, ecco quanto hanno incassato i politici del ras del cemento: Caltagirone, coop rosse, Gavio, Todini e Bonsignore. Perotti: una sola donazione, a Lupi”.
In prima le parole del ministro del Lavoro: “Poletti: ‘Scuola, 3 mesi di vacanze sono troppe’”. E le opinioni “pro e contro”: “De Mauro: ‘Idea sacrosanta, in tutta Europa fanno già così” tra i favorevoli, mentre Massimo Cacciari dice: “Follia, è solo l’ennesimo slogan vuoto da trogloditi”.
A centro pagina, sulla giustizia: “M5S: ‘Prescrizione lunga’. Ma il Pd sceglie Alfano e B”, “No al progetto di stop dopo la prima condanna”, “I Cinque Stelle avevano offerto un’apertura, così come preannunciato da Grillo. I democratici, però, rispondono rifiutando il dialogo. La replica è secca: ‘Voteremo solo norme condivise’”.
A fondo pagina anche le parole dell’attore americano Sean Penn: “Basta ipocrisie, i video dell’Isis vanno visti”, “L’attore americano: ‘Piantiamola con il politicamente corretto, dobbiamo vedere la realtà per poter capire. Il Califfato l’hanno inventato Cheney e Bush”.

Il Giornale: “Rivoluzione a scuola. Renzi taglia le vacanze”. “Il ministro Poletti: troppi tre mesi a casa d’estate”. “Ed è subito polemica”. E poi: “Altro che semplificazione: il governo ha varato 997 norme fiscali”.
A centro pagina la “intervista contestata” a una delle due cooperanti rapite e liberate in Siria ieri a La Repubblica: “‘Torneremo in Siria’. Un sequestro solo a Vanessa non basta”. “L’attivista rapita dagli islamici si sfoga sui giornali, poi ritratta”.
Sotto: “Appalti, scoppia il caso Marino”. “Spuntano tre riunioni tra il sindaco e Incalza, il supermanager agli arresti”. “La metro C nel mirino delle toghe”.
L’editoriale, firmato da Salvatore Tramontano: “Il pizzino francese a monsieur Salvini (e non soltanto)”.

Merkel-Tsipras

Ieri si è tenuto a Berlino un incontro tra la cancelliera tedesca e il premier greco. Intanto il Presidente della Bce Draghi, audito al Parlamento europeo, ha professato ottimismo e fiducia sul salvataggio di Atene.
La Repubblica, pagina 2: “Merkel, tregua con Tsipras: ‘Dialogo ma senza promesse’. Draghi: ‘Niente rischi a breve’”, “La cancelliera ammette l’insuccesso della trojka in questi anni. Il premier: ‘Rispetteremo i trattati’. Chiusura sui danni di guerra”.

La Stampa, a pagina 2: “Merkel: vogliamo una Grecia forte. Ma poi conferma la la linea dura”, “Tsipras a Berlino con la lista degli interventi da fare, però non la presenta. Dentro le cifre su pensioni, privatizzazioni, evasione fiscale e corruzione”. Scrive Tonia Mastrobuono dando conto della conferenza stampa congiunta di ieri: non a caso lei sorrideva e lui no. Due sono stati i messaggi della cancelliera. Il primo, “molto chiaro”: “La questione delle riparazioni di guerra è chiusa, dal punto di vista politico e giuridico”, anche se “la Germanai è consapevole delle atrocità commesse” e “si è assunta il compito di mantenere viva questa consapevolezza”. Il secondo, “molto più ambiguo”: “Non posso prendere impegni sulla liquidità”. Sulle risorse da dare alla Grecia, decide l’eurogruppo, insomma. Toni concilianti anche da parte di Tsipras: “Dobbiamo capirci meglio”, ha detto chiedendo di “mettere fine agli stereotipi sui greci pigri o sui tedeschi che sarebbero colpevoli della situazione in cui ci troviamo”.

La Repubblica intervista il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico tedesco Martin Schulz, che dice: “Non è duello Germania-Grecia e la rottura sarebbe catastrofica. Accordo entro la settimana se Varoufakis abbassa i toni”, “In Grecia la popolazione sta pagando un tributo immane alla povertà e alla disoccupazione”. Il ministro Varoufakis, gli vien ricordato, proclama ogni giorno che il Paese è fallito, ha ragione? Schulz: “Macché, non solo non è fallita ma la Grecia ha enormi potenzialità, pensiamo solo all’energia solare ed eolica o al turismo. Guardi, Varoufakis sarà anche un brillante economista ma si vede senza ombra di dubbio che manca di esperienza politica”.

Il Corriere: “Vertice del dialogo Merkel-Tsipras. Il premier greco: ‘Rispetteremo i patti’. ‘Ma è necessaria la giustizia sociale’. La Cancelliera: i danni di guerra? Questione chiusa”. Nell’articolo di Danilo Taino si elencano le dichiarazioni ottimistiche dei due, l’invito di Tsipras a superare gli stereotipi reciproci, quello di Merkel a vedere una Grecia “forte” e che “abbia lavoro”, e si scrive poi che “ora l’incontro andrà verificato nei fatti”, visto che il governo greco dovrà presentare ai creditori “una lista di riforme” in base alle quali riceverà i 7,2 miliardi di aiuti.

Renzi

Il Giornale: “Il premier asfalta i ribelli: critici pigri”. “Renzi fa il bullo con gli studenti e smonta la minoranza Pd ma crescono i mal di pancia. Rissa Cuperlo-Richetti”. Il quotidiano descrive il discorso del premier ieri alla Luiss come “decisionista e senza complessi di inferiorità”. “La democrazia è il sistema in cui qualcuno può decidere. Il sistema in cui nessuno decide si chiama anarchia”, ha detto il premier. Si citano anche le parole di Richetti, che ieri ha detto che la minoranza usa il proprio potere di veto per trattare futuri posti in Parlamento, e che ha suscitato la reazione di Cuperlo.

Sul Corriere una intervista al capogruppo Pd alla Camera Speranza, che ribadisce di non essere renziano ma dice: “Matteo non è un intruso, basta spingere per la scissione”. “Ha vinto il congresso”, “basta pregiudizi”, alla sinistra interna tocca “combattere la battaglia delle idee”, e invita il governo a “usare il tesoretto dello spread per una misura universale di contrasto alla povertà” e ad andare avanti (“penso che i tempi siano maturi”) sui matrimoni gay.
Il Corriere enfatizza anche un altro passaggio del discorso di Renzi alla Luiss: “Renzi: mezza Europa ci copierà l’Italicum”. “Alla Luiss l’affondo su ‘quei professori che per pigrizia parlano di deriva autoritaria’. Renzi ha detto: “La stessa Merkel mi ha detto che non avrebbe avuto bisogno di fare una coalizione con una legge simile, e ha preso più del 40 per cento”.
“Ma l’Italicum non è un modello da esportazione” si legge in un commento di Sabino Cassese – ancora sul quotidiano milanese.

Il Corriere della Sera offre anche un articolo di Marzio Breda: “Ma il Quirinale dice no alla divisione del ministero: è contro la legge Bassanini”. In ogni caso trovare un successore a Lupi “sarà una faccenda piuttosto laboriosa”. Sui tempi per il avere il nuovo ministro il quotidiano scrive che saranno “brevi ma non brevissimi” parla di “forse una quindicina di giorni”.

Su Il Giornale: “Renzi a Mattarella: mi proclamo ministro. Rimpasto in vista”. “Il premier si prende le Infrastrutture ‘per rimettere le cose in ordine’. Poi potrebbe affidarle a Delrio ma con le Grandi Opere a Palazzo Chigi”. Secondo questo schema Boschi diventerebbe sottosegretario al posto di Delrio, e Quagliariello andrebbe al posto della Boschi alle riforme.

Secondo Il Sole sul rimpasto ci sarebbe “tensione” tra Ncd e Scelta civica. Il coordinatore di Sc dice infatti che Alleanza Popolare, il gruppo che comprende l’Ncd, ho oggi “tre ministri e numerosi viceministri e sottosegretari”, mentre Sc è “oggettivamente sottorappresentata”.

Milano

In prima su La Repubblica un editoriale di Roberto Rho dal titolo “Milano sede vacante”: “e non è davvero il momento”, scrive Rho ricordando che mancano solo trentasette giorni all’inaugurazione di Expo, che “l’ultima grande impresa della città, la Pirelli, sta per finire in mani cinesi” e che le due squadre della città annaspano del campionato dell’indifferenza. Insomma, “non era davvero il momento per immaginare la metropoli più internazionale d’Italia senza una guida proiettata sul futuro. Eppure è così, dopo l’annuncio domenicale – atteso, ma non meno scioccante – della mancata ricandidatura del sindaco Giuliano Pisapia, che un arcobaleno di speranze della città prostrata da un ventennio berlusconian-leghista lo aveva regalato.

Pirelli

Il Corriere oggi offre una intervista a Marco Tronchetti Provera che parla dell’accordo con China National Chemical Corporation, scelta definita “la migliore per la Pirelli”. A chi dice che l’Italia perde un pezzo della sua industria, risponde: “Questa è un’operazione che rende Pirelli più forte, ne ribadisce il radicamento e rafforza il ruolo del management. Continuiamo a guidare noi, portando avanti i piani di sviluppo stabiliti e senza alcun rischio per l’occupazione, né in Italia né negli stabilimenti esteri”. Un intervento di Cdp attraverso il Fondo strategico avrebbe potuto essere una alternativa? “Non ha molto senso in questo caso invocare l’intervento di fondi pubblici per garantire l’italianità. Uomini, tecnologie e sede in Italia sono garantiti dagli accordi e il partner cinese ci rafforza in un mercato enorme”. I sindacati dicono che è mancata una politica industriale Pirelli: “Mi preoccupano certi sussulti che sanno di antico”. Sicuramente “In Italia è mancato un progetto per il futuro dell’industria. Oggi abbiamo la possibilità di diventare il Paese delle opportunità per gli italiani e gli stranieri”. Dice che Renzi è stato informato e non ha interferito in nessun modo, che la scelta di ChemChina “ci consente di avere un accesso diretto al mercato cinese dei pneumatici giganti”, e conferma che “pur diventando cinese il primo azionista, gli accordi in Russia sono tutti confermati”.

Sul Sole 24 Ore si dà conto di un aspetto dell’accordo: “un anno e mezzo di tempo, dopo l’Opa, per trovare un nuovo socio per Pirelli e abbassare stabilmente la maggioranza di ChemChina al 50,1%. È questo, nelle pieghe del complesso accordo stretto con i cinesi, l’obiettivo di riassetto definitivo dell’azionariato. Un nuovo socio che oggi non c’è, perchè altrimenti sarebbe già stato al tavolo, ma che non sarà nè un soggetto pubblico come il Fondo strategico italiano nè un fondo infrastrutturale come F2i, che fa un altro mestiere”. Se l’Opa avesse pieno successo con il 100 per cento del capitale, ChemChina avrebbe il 65 per cento e gli altri il 35 per cento. “A questo punto i soci italiani della cordata di Marco Tronchetti Provera avrebbero sei mesi di tempo aggregare un nuovo socio e, tramite un aumento di capitale riservato, diluire ChemChina fino al 50,1%, quota minima riservata ai cinesi in qualsiasi scenario (salvo la successiva riquotazione di Pirelli che li vedrebbe scendere sotto il 50%, per far spazio al mercato, ma sempre come azionista maggioritario)”. Quanto alla “italianità”, la sua garanza è affidata “alla governance. Maggioranza bulgara del 90% del capitale per cambiare lo statuto nelle parti che stabiliscono che sede e proprietà intellettuali di Pirelli dovranno restare in Italia (con il veto di fatto in mano a MTP Spa)”.

Su La Repubblica: “Pirelli, titolo sopra l’Opa. Tronchetti ai dipendenti: ‘Posti non a rischio’”, “Azioni a 15,5 euro contro i 15 dell’offerta ChemChina. Il Ceo conferma: la guida del gruppo resta nel Paese”. Ma sulla stessa pagina compare il “retroscena” firmato da Giovanni Pons: “Un acquisto con il debito scaricato sull’azienda italiana”, “I soci di Camfin e il gruppo cinese hanno scelto la strada meno costosa. In alternativa Pirelli poteva crescere attraverso acquisizioni e aumenti”.

Da segnalare poi l’inserto R2 del quotidiano, che dedica due intere pagine al tema: “Il padrone rosso”, “La Cina sta conquistando il mondo. Nel 2015 diventerà il primo investitore estero del pianeta. L’Italia è la seconda destinazione nella Ue: qui lo shopping di Pechino va dalle aziende statali ai marchi storici come Pirelli”. Ne scrive Giampaolo Visetti, corrispondente a Pechino.

Salvini, Sarkozy, Podemos, Europa

Su Il Giornale Salvatore Tramontano parla del “pizzino francese” e dà conto della domanda di Matteo Salvini, che si è chiesto se davvero Marine Le Pen sia la “grande sconfitta delle elezioni francesi”. Salvini cita i dati, il fatto che Le Pen sia passata dal 18 al 26 per cento in tre anni, e Tramontano scrive: “Riuscisse davvero a imitare Le Pen, con percentuali sopra il 20 per cento, per Salvini sarebbe una legittimazione non da poco”. Ma – aggiunge il commentatore de Il Giornale – Salvini ha anche capito che pareggiare – come ha fatto il FN; che non è diventato il primo partito – non basta. Da qui “il suo tentativo di alleanza con Berlusconi”. “La sfida è andare oltre la Lega restando però Lega”.

Sul Corriere, Pierluigi Battista (“Sarkozy direbbe di no a Salvini”) scrive che il leader dell’Ump “non imbocca strade velleitare e catastrofiche come l’abbandono dell’euro, magari accentua l’allarme immigrazione ma lo fa senza spirito antisistema”, mentre “la tentazione di Forza Italia è mettersi nella scia di Salvini pensando che la protesta sia vantaggiosa in termini elettorali”. E questo rende “diverso, e vincente” il centrodestra francese rispetto a quello italiano, scrive Battista.
Sul Corriere, Massimo Nava scrive della “nuova resurrezione dopo scandali e affari (malgrado Carla)”, dove si legge perché “ci sono tutte” le condizioni per tornare a correre per la presidenza, ma non sono ancora pronte le condizioni per la “vittoria finale”.
Sul Corriere una intervista al politologo Laurent Bovet, direttore dell’Osservatorio della vita politica della Fondazione Jean Jaurès: “Il partito socialista è sconfitto perché continua a ignorare la questione che conta, resa ancora più urgente dagli attentati di gennaio, cioè quali sono i valori fondanti della Francia oggi”. “Invece di fare più o meno del multiculturalismo proteggendo le differenze, le religioni, i colori della pelle”, dovrebbe “provare a valorizzare quel che ci unisce tutti”, la “specificità francese”.

Su La Repubblica, ancora attenzione per le elezioni amministrative in Francia: “Francia verso i ballottaggi” (si terranno domenica prossima). Poi si riferiscono le parole del primo ministro Manuel Valls contro Sarkozy, che ha deciso per il “né né” (niente indicazioni di voto al ballottaggio, né per il Front National, né per il Partito socialista): “è un errore politico e morale”. Valls contro Sarkozy: ‘Fermiamo l’onda Le Pen’”, “Domenica il Front National presente in quasi tutte le sfide. Ma l’Ump lascia libertà di voto. Record di scontri a tre”. E del “personaggio” Sarkozy si occupa Anais Ginori: “Nicolas, l’esilio è finito, dopo le gaffe e i processi la risurrezione nelle urne”. In una intervista alla pagina seguente, Jacques Séguéla, che fu l’ideatore della campagna elettorale di Mitterrand (e poi consigliere anche di Sarkozy), dice: “E’ in atto una rivoluzione, addio al bipartitismo, l’Fn è ora un partito vero”. E su Hollande: “Non ha nessuna chance: lo batterebbe persino un nano da giardino”.
La Stampa: “L’appello di Valls a Sarkozy: ‘Ci aiuti a fermare la Le Pen’”, “Socialisti in difficoltà, il premier: al secondo turo uniti contro il front National. Ma l’ex presidente invita i suoi ad astenersi nei duelli fra Ps e destra”. Il quotidiano intervista la vicepresidente dell’Ump, Nathalie Kosciusko-Moriset, che va “controcorrente” e dice di non condividere la decisione presa in realtà dieci giorni fa dall’ufficio politico del partito sulla mancata indicazione del voto al ballottaggio (“io non ero d’accordo, avrei voluto fare sbarramento al partito di Marine Le Pen”): “Noi gollisti non possiamo inseguire l’estrema destra”, “Il discorso di Marine Le Pen è quello dell’estrema sinistra, dei greci di Syriza. Parla di uscire dall’euro, di protezionismo, di aumento del salario minimo”, “Vinciamo perché ci siamo alleati con il centro”.
La Repubblica intervista il finanziere George Soros: “Rischio populismo anche per colpa delle scelte della Bce. E la Ue aiuti l’Ucraina”, “L’acquisto dei titoli avrà effetti positivi sulla crescita e sull’occupazione, ma aumenterà le disparità sociali”, “Per chi ha meno di 50 anni nei Paesi più indebitati, il risentimento verso Bruxelles sarà più forte”. Sulla guerra russo-ucraina: “Kiev perde con la Russia, perché non viene sostenuta. In questo contesto, l’Italia è l’anello debole”.
Rispondendo a domande sulle “battute d’arresto” che il Front National ha subito in Francia, esattamente come il movimento Podemos in Spagna, Soros dice: “La ripresa economica aiuterà, se si conferma. Credo che il Quantitative easing, viste le dimensioni dell’accomodamento che offre, avrà effetti positivi sulla crescita in area euro. Potrebbe aggiungere un punto o un punto e mezzo di Pil. Purtroppo però aumenterà anche le diseguaglianze fra Paesi creditori e Paesi debitori e fra persone ricche e povere”.
Ricorda Soros: “Putin mantiene legami con i partiti nazionalisti di destra in Francia, con il front National di Marine Le Pen, e in Gran Bretagna. In Grecia ha rapporti con Anel, il partito della destra nazionalista che fa parte del governo”, ma anche con “la sinistra ex comunista”, anch’essa nella maggioranza ad Atene. Perché Putin “ha un piano”: innanzitutto “dividere e destabilizzare” l’Ucraina. E poi dividere l’Ue, “è noto che può già pesare molto sull’Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica ceca attraverso il controllo delle forniture di energia”. L’Italia “è l’anello più debole tra i grandi Paesi europei” perché “sta ancora guardando agli interessi nell’esplorazione di giacimenti petroliferi in Russia e non è consapevole dei pericoli che la Russia rappresenta per l’Unione europea”.
Su La Stampa, attenzione per le elezioni in Andalusia: “Non solo Podemos. Ora anche i ‘Cittadini’ spaventano Madrid”. Dopo Podemos, la Spagna ha scoperto anche “il quarto incomodo”: l’ago della bilancia delle elezioni andaluse e forse anche di quelle politiche, si chiama “Ciudadanos”. Un partito di difficile collocazione, scrive Francesco Olivo da Madrid: centrista, “per semplificare”, alle elezioni di domenica in Andalusia ha raccolto 370mila voti. “Ci collochiamo tra la socialdemocrazia e il liberalismo sociale”, spiega il segretario Matias Alonso. Il partito ha subito un mutamento identitario e persino geografico: nasce a Barcellona nel 2005, come risposta unionista alle spinte indipendentiste. Poi l’idea di trasformarlo in una formazione protagonista della politica nazionale. Il nome cambia: dal catalano “Ciutadans” al castigliano “Ciudadanos”. E dalla politica anti nazionalista si passa ai toni duri sulla corruzione e contro i partiti.
Da segnalare su Il Giornale una intervista firmata da Alessandro Sallusti a Mykola Azarov, ex premier e leader del partito delle Regioni in Ucraina con Yanukovich. Si dimise a febbraio e oggi vive “esule” a Mosca. La cacciata di Yanukovich su rivoluzione di popolo o colpo di stato? Risponde che Kiev era “equidistante” con Europa e Russia, e “questa equidistanza non era gradita agli Stati Uniti d’America che volevano si tornasse alla politica del precedente governo di dichiarata ostilità alla Russia. Questa irritazione, e le conseguenti pressioni, l’abbiamo percepita fin da quando siamo andati al governo”. “Quando noi ci rendemmo indisponibili a sottoscrivere così come ci erano stati presentati gli accordi con l’Unione Europea”, da una parte “incominciarono occupazioni di uffici pubblici da parte di manifestanti spuntati dal nulla, dall’altra una incredibile e arrogante ingerenza da parte degli Stati Uniti negli affari interni di uno Stato sovrano. Venne da me la consigliera diplomatica del presidente Obama, Victoria Nuland, a pormi una sorta di ultimatum: o accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l’America non sarebbe stata a guardare”. Sull’attualità: “Quando noi sosteniamo che ci sono nazisti al potere a Kiev, l’Europa ci prende per bugiardi, ma è la pura verità”

Libia

Un accordo in Libia sarebbe a “portata di mano” scrive il Corriere della Sera che dà conto delle dichiarazioni dell’Inviato Onu Bernardino Leon ieri a Bruxelles, dopo un incontro con i sindaci di diverse città libiche, insieme a Miss Pesc Mogherini. “L’ottimismo del mediatore Leon. E Mogherini ripete: ‘Non è previsto alcun intervento militare'”.
Il Sole 24 Ore: “Libia, stretta per un accordo”. “Entro la settimana possibile compromesso su un governo di unità nazionale”. “Il mediatore dell’Onu Bernardino Leon lavora a una rosa di nomi super partes”. Secondo il quotidiano “sta diventando sempre più concreta la possibilità” che Renzi possa presentarsi a Washington da Obama il prossimo 17 aprile con un accordo di pacificazione in Libia già definito.
La Stampa dedica un’intera pagina alla Libia: “L’Onu insiste: intesa vicina fra le parti in Libia”, “L’inviato Léon: possibile chiudere in una settimana. Ma viene contestato a Tobruk: no agli islamisti”. E sulla stessa pagina, una lunga intervista di Andrea Carugati al generale Khalifa Haftar, il capo delle forze armate del governo di Tobruk, che sta guidando l’offensiva militare contro il blocco di Tripoli che, proprio sui tentativi di mediazione per comporre un governo di pacificazione nazionale, dice: “L’Europa sbaglia, non possiamo dialogare con milizie e terroristi”, “L’Italia ci aiuti a combattere, saremo riconoscenti con gli amici”, “Siamo l’ultimo baluardo contro gli estremisti”, “Al premier Renzi chiedo che contribuisca a rimuovere l’embargo sulle armi”, “Qatar, Turchia, Sudan, stanno aiutando gli islamici, con armi e finanziamenti. A noi non arriva niente”.

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