“Gli studenti americani imparano presto i vantaggi in termini di prevenzione legati al proteggere i propri genitali rivestendoli di gomma, ma nessuno insegna loro nulla su come affrontare la pressione che sentono a celare i propri sentimenti…L’amore è oggi oggetto di censura e spogliato di ogni emozione”, sostiene Roger Friedland. Il sociologo della religione californiano ha condotto una ricerca sul rapporto tra erotismo, amore e religiosità tra i giovani americani, facendo alcune scoperte sconcertanti: dalle sue statistiche emerge come “l’attrazione sessuale abbia apparentemente reso obsoleti amore e trasporto nei confronti dell’altro”, almeno in America.
Lo studioso di Santa Barbara non è nuovo a escursioni coraggiose nel campo di un tipo di ricerca comparativa sui costumi sessuali, in cui l’analisi psicologica delle preferenze e dei timori, l’indagine sui rapporti di potere tra i sessi, le relazioni tra la vita sessuale e la struttura sociale e politica di una società e di un paese, sono considerate in una prospettiva che attraversa le culture. Lo sguardo sulla vita di coppia e sul corpo femminile che nei suoi articoli su Huffington Post, e su ResetDoc, ha rivolto al mondo arabo degli emirati o alla Turchia di Erdogan , ci dice molto su questi paesi. E si rivela in effetti una prospettiva utile – come sempre la condizione della donna è rivelatrice – dalla quale valutare anche la politica e i destini di un popolo. Ma quello sguardo ci dice anche molto sull’osservatore e sulla società da cui proviene. Il che è vero specialmente se l’impresa cross-culturale riguarda società che già molto si frequentano l’una con l’altra attraverso il cinema, la letteratura, i media. Era già accaduto a Woody Allen, quando ha girato “To Rome with Love”, di dirci molto di più sui tic dei ragazzi americani, e dell’autore, che sulla vita sentimentale dei trasteverini. È anche indubbiamente il caso di questo libro dedicato a Roma e all’Italia (due realtà che nel libro si sovrappongono e alternano in modo quasi indifferenziato, e qui ci sarebbe da obiettare).
“Vivere a Roma sarebbe diverso”, ha detto alle sue figlie. “Lì l’amore, la famiglia e il corteggiamento fanno ancora parte della vita quotidiana”. Un progetto in cui era chiara fin dal principio un pulsione nostalgica verso un modello di famiglia, passato, di cui tutto il mondo occidentale sente fortemente la mancanza, come di un bene inesorabilmente perduto, come i ricordi di infanzia dei più anziani o quelli dei genitori, per i più giovani. Un sentimento fortissimo soprattutto negli Stati Uniti. E così l’autore, alla ricerca di una diversità perduta, ha deciso di trasferirsi a Roma con la moglie Debra e le loro due gemelle adolescenti, ma anche quella che prometteva di essere la città dell’amore nascondeva alcune sorprese, ben al di là della bellezza e del sentimento che aveva lasciato intuire. “Amore” è il titolo dello splendido libro nato da quell’esperimento. L’autore prende per mano il lettore e lascia che questi lo accompagni nel viaggio che la sua famiglia ha compiuto nel tempo e nello spazio alla ricerca di “insegnamenti sull’amore”. In realtà è l’autore a trovare se stesso, non le figlie. La sua convinzione che in Italia le gemelle abbiano la possibilità di esplorare “il desiderio come pubblico bene, come fatto positivo da mostrare, come aspetto con cui giocare… immergendosi in un mare di gioia e libero flirtare” finisce per rivelarsi un errore. Una delle figlie rimane anzi ferita dall’esperienza perché invece di trovare corteggiatori e felicità, viene presa in giro dai ragazzi romani che tutto vogliono tranne che un’americana intelligente, femminista e sicura di sé, preferendo il modello a cui sono abituati che è più quello di una “donna che si conforma a un mondo romantico fondato sul potere maschile”. Via via che l’entusiasmo nei confronti della cultura mediterranea diminuisce, la polemica si sposta sulla questione del femminismo così come è inteso in America, e sull’assenza di quel genere di femminismo in Italia. “In fin dei conti queste donne forti ma femministe poco convinte si configurano come madri iperprotettive di figli deboli, e questa è la situazione italiana. Mentre d’altro canto “il contesto americano lascia intendere che le donne non potranno sopportare a lungo un mondo sempre più povero d’amore a cui sì possono prendere parte, ma che resta pur sempre fatto a immagine e somiglianza dei maschi”. E laddove il modello americano è sia causa che effetto del successo economico degli Stati Uniti, l’autore riconduce invece la situazione di stagnazione economica e il berlusconismo in Italia proprio alla mancanza di quell’approccio e al predominio della “madre di figli smidollati”.
Attribuire caratteristiche psicologiche a una città, a un popolo, addirittura a una nazione, non è naturalmente impresa senza rischi. Nel bene o nel male, nel descrivere vizi, veri o presunti, e nell’esaltare virtù, anche loro a volte vere a volte no, si è costretti a generalizzare. E ogni generalizzazione finisce per includere o escludere, sempre in eccesso, preparando il terreno a stereotipi che poi venongo immancabilmente smentiti da molte eccezioni. Tuttavia Friedland si muove con leggerezza e destrezza tra questi rischi grazie a una scrittura generosa e a una sincerità disarmante. Non è più allora il sociologo che descrive determinazioni sociali, ma il padre affettuoso e preoccupato, lo scrittore che rivela con semplicità i suoi intimi pensieri, senza eccessive preoccupazioni di rigore scientifico.
Friedland non dà in fin dei conti una risposta definitiva su quale dei due modelli sia il migliore, ma alla fine fa felicemente ritorno con la sua famiglia in America.
Questo libro però parla anche di bellezza. Non vorrei aver dato l’impressione che l’autore parli solo di se stesso e della sua famiglia, Roger Friedland ha molto da dire su Roma, fa parte della vasta schiera di scrittori americani che hanno visitato questa città per confrontarsi con la sua bellezza, la sua cultura centenaria e gli infiniti strati di profondità che essa nasconde. Nel suo girovagare tra i reperti archeologici e i monumenti alla scoperta degli usi e costumi di un’antica città e società, Friedland pagina dopo pagina svela, sì, la propria storia con le donne che gli sono care, ma nella sua selezione di luoghi e situazioni, offre al lettore tutto ciò che un autentico romano non sarebbe mai in grado di trasmettere o cogliere, e men che meno ci riuscirebbe una guida turistica: termini e abitudini che affondano le proprie radici nel cuore stesso del tessuto sociale romano. Qualsiasi turista che dovesse leggere questo libro, ne trarrebbe un’accurata visione d’insieme della realtà e delle usanze della città eterna. E quando Friedland guarda al “vicino di casa dei romani, il Vicario di Cristo”, ci strappa anche una risata su un Vaticano in cui “uomini intonacati che non hanno mai fatto sesso in vita loro e indossano calze di seta rosso cremisi cercano di dettar legge sulla vita sessuale altrui”. E neanche le loro, probabilmente, sono le giuste “lezioni d’amore”.
L’amore è un tema cruciale nella ricerca di Friedland, nella sua carriera di docente, nella sua vita e in questa storia, così come è un tema cruciale per l’umanità in genere. A tal proposito egli precisa come esso sia “la capacità di rendere partecipe un altro della possibilità di immaginare una realtà comune… se non sappiamo fare l’amore, non potremo neanche mai davvero cambiare la storia, né la nostra né quella della società in cui viviamo” e chiude affermando che “senza amore non c’è libertà né giustizia… dovremmo preoccuparci meno di come e quando i nostri figli coprono le proprie parti intime, e chiederci molto più spesso se siano in grado o meno di aprire il proprio cuore”.
“Il peccato non sta nello sperpero di piacere sessuale quanto piuttosto nell’erosione del concetto di amore”.
Titolo: Amore. An American Father's Roman Holiday
Autore: Roger Friedland
Editore: Harper Collins
Pagine: 432
Prezzo: 15.99 USD €
Anno di pubblicazione: 2014