Una classicista interroga una medievalista. Eva Cantarella a colloquio con Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri sul libro “Corpi gloriosi”
“Maledetta la terra che ha bisogno di eroi!” esclama il Galileo di Brecht. Ma sarà vero? Leggendo il bel libro Corpi gloriosi di Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri e Giulio Guidorizzi, appena uscito per Laterza, viene da dubitare che esista davvero una terra, o un’epoca, che non possiede eroi. Eroe è una parola greca: compare all’inizio dell’Iliade per designare i famosi guerrieri che combatterono sotto Troia. Greca è pure l’idea che identifica questo tipo di uomo (e donna): sono esseri segnati dal destino, dotati di superpoteri, fieri, generosi, decisi a sfidare da soli i nemici, il destino, la morte; a volte sono torbidi e sinistri, appunto per la loro solitaria grandezza. In onore degli eroi si celebravano culti e la loro tomba era un luogo venerato: e qui viene la sorpresa, perché, come il libro rivela, esseri come questi esistono anche dopo il trionfo del cristianesimo a ben vedere. Infatti la nuova religione produsse a sua volta nuovi eroi: gli eroi della fede che si chiamano santi. Certo essi rappresentano un altro, diversissimo, modello di umanità, rispetto a quelli greci; però, soprattutto nella fede popolare e nei racconti che si facevano sulle loro imprese a maggior gloria di Cristo, rivivono antichi calchi, antichi modi di pensare.
Una distanza siderale, secondo qualcuno, separa la figura mitica dell’eroe antico da quella del santo cristiano. Voi invece sostenete, se non un’uguaglianza fra le due figure, un’analogia. In che cosa consiste?
“Penso che fra l’eroe del mito antico e il santo cristiano l’analogia sia legittima, ma proporzionale ai contesti delle due culture. L’eroe greco è ‘colui che possiede l’anima più nobile’, afferma Aristotele, ed è capace di opere al di là delle comuni possibilità umane ; non solo è guerriero ma anche atleta, guaritore, civilizzatore e fondatore di città. Sono tutte opere praticate anche dal santo, opere fuori dall’ordinario che i cristiani chiamano più precisamente miracoli ossia ‘cose insolite difficili da spiegare che destano meraviglia in noi uomini’ secondo la definizione di sant’Agostino. Nelle cronache cristiane i martiri e i primi asceti sono chiamati ‘eroi’ e ‘atleti di Cristo’: Dio opera attraverso i nuovi Santi eroi (ma anche Atena sosteneva la spada di Perseo…).
L’analogia fra eroe e santo si coglie ancor meglio se rovesciamo il punto di osservazione, partendo dalla invocazione dei popoli che in epoche segnate da calamità, guerre e pestilenze chiedono ai loro eroi aiuto e protezione. Sulla figura eroica gli uomini proiettano il loro sogno di possedere capacità al di sopra di quelle comuni e doti straordinarie che permettano di affrontare e sconfiggere i nemici, quelli visibili come gli invasori e i draghi e gli invisibili come i demoni ‘che abitano nel cuore’ (così dice il mago Merlino). Questo è il punto di vista del nostro lavoro che mira a ricostruire, più che la storia, l’antropologia di una immagine che vive all’interno di culture diverse, dal mito greco alla Legenda aurea di Jacopo da Varagine ai romanzi del ciclo arturiano popolati da eroi pii e coraggiosi come Artù, Tristano e Perceval.
Quella dell’eroe del resto è una figura che anche oggi è presente nel nostro immaginario, abitato da esseri dotati di superpoteri come Superman, i Fantastici Quattro, Spiderman, Capitan America. E se ci pensiamo bene anche l’entusiasmo per Steve Jobs e il rimpianto suscitato dalla sua scomparsa rientrano in questo quadro. Va ricordato che gli eroi e i santi – al pari degli uomini comuni e a differenza degli dei – sono mortali: il rimpianto accresce la venerazione e segnala più fortemente il loro esempio. Così eroi e santi rimangono fra gli uomini.
Un mutamento forte nella storia delle religioni e delle culture separa quella che chiamiamo l’Età Antica dal Medioevo cristiano. Per quel che riguarda i personaggi del mito greco e i santi della storia cristiana dobbiamo allora rilevare alcune differenze che riguardano la storia e l’immaginario.
E’ vero e vorrei segnalare come prima cosa una caratteristica dei santi dei quali mi sono occupata. Per rintracciare nel santo i ‘segni dell’eroe’ bisogna guardare soprattutto ai martiri e agli asceti dei primi secoli (con qualche eccezione come Giovanna d’Arco), i ‘santi subito’, acclamati dal popolo appena dopo la morte e venerati anche in vita. Meno interessanti da questo punto di vista sono i santi canonici proclamati più tardi secondo regole uniformi e generali stabilite dalla gerarchia ecclesiastica: in loro prevale una virtù, l’obbedienza alla Chiesa, che fa impallidire le altre. Un’altra differenza: gli eroi antichi ci appaiono sovente preoccupati più del loro personale onore (come Achille nella sua ira) di quanto lo siano i santi cristiani che agiscono prevalentemente mirando al bene generale e alla salvezza del loro popolo come Cristoforo, Caterina da Siena, Giacomo ‘Matamoro’ o Nicola.
Nel vostro libro sottolineate la centralità del corpo all’interno della vicenda dell’eroe e del santo. Ciò vale anche per il santo, l’eroe cristiano?
“Il corpo è al centro della vicenda dell’eroe e anche del santo: straordinario nella resistenza alle fatiche e potenziato nelle sue capacità indica l’estremo limite delle possibilità umane. San Paolo è all’origine di una precisa teoria della resurrezione del corpo (‘risorgerete nel corpo spirituale’, splendido ossimoro) che caratterizza, come del resto l’idea di Incarnazione, la nuova religione: sono aspetti che distinguono la fisionomia della nuova fede dal pensiero platonico diffuso in quei secoli, soprattutto nelle élites.
Il corpo – che ha una potenza al di là della stessa materia soggetta alla distruzione nel tempo – continua nel culto popolare ad emanare energia anche dopo la morte operando prodigi ed elargendo protezione dalla tomba o dalle reliquie sparse nei luoghi di culto. La città di Padova ad esempio possedeva due corpi specialissimi, quello dell’eroe antico Antenore fuggito alla distruzione di Troia e approdato dopo un lungo viaggio in Italia e quello del santo cristiano Antonio sepolto nella basilica.
A proposito della venerazione delle reliquie dell’eroe antico leggiamo Giulio Guidorizzi: ‘Anche se la caccia alle reliquie dell’eroe antico non è paragonabile all’entusiasmo con cui nel medioevo si tentava di accaparrarsi le reliquie sante il significato culturale è simile : il prestigio e il potere della città sono rafforzati dal possesso dei corpi eroici’.
Un esempio più vicino a noi? Nel 1944 nel giorno della liberazione dalla occupazione tedesca, i parigini affollarono il Pantheon dove sono (forse) sepolti i resti di santa Genoveffa, ringraziandola per aver difeso Parigi, ancora una volta, dalla distruzione così come millecinquecento anni prima l’aveva salvata dagli Unni e nei secoli dalle pestilenze”.
Quale eroe preannuncia al meglio la figura del santo cristiano e quale santo esemplifica più efficacemente la persistenza del carattere eroico?
“La scelta è vastissima: Edipo segnato dalla colpa dell’incesto prefigura la complessa vicenda di Gregorio Magno macchiato dalla medesima inconsapevole colpa; Perseo uccide il drago proprio come san Giorgio che salva la bella figlia del re.
Il mio preferito è l’Ulisse del nord, Brandano, monaco irlandese del V secolo che parte per una lunga navigatio sul mare fra iceberg e isole abitate da uomini strani e giganti, fra tempeste e balene. Lo guida la scoperta della bellezza della creazione divina e, come confessa, un’ ansia invincibile di vedere nuove meraviglie.
Eroina è anche una donna come Elena dalla bellezza sovraumana capace di mettere in moto eventi inimmaginabili e dar luogo a imprese straordinarie. Anche il mito di Elena parla di miracoli come quella delle bellissime sante Maddalena e Orsola. La prima, in una seconda vita lontana dalla sua Palestina, opera in Francia miracoli e conversioni parlando ‘con la sua bocca che aveva dato baci pieni di bellezza’. Orsola principessa cristiana che per fede si vota al martirio trascina con la sua bellezza un corteo di undicimila fanciulle, un fidanzato, un papa, più vescovi e principi fino a Colonia conquistata dagli Unni. Il loro re, pagano, preso d’improvviso amore per Orsola la chiede in moglie ricevendo un prevedibile rifiuto e furioso ordina il massacro finale.
In una società dominata dalle guerre la bellezza rimane l’arma più efficace delle eroine/sante ma nei secoli si faranno strada anche nelle storie femminili altre virtù, come il coraggio, dote considerata allora prevalentemente virile. Giovanna d’Arco, santa popolare e donna indubbiamente coraggiosa e ribelle, sarà non a caso proclamata santa, dalla Chiesa, solo cinque secoli dopo la sua morte”.