La Repubblica: “Renzi, ultimatum ai ribelli Pd e vede Berlusconi”, “oggi voto sull’Italicum, è scontro sulle primarie”, “L’ex Cavaliere e Alfano, accordo per il Colle: ‘Casini, Mattarella e Amato nella nostra rosa’”.
In taglio centrale: “Cantone: la corruzione è imbattibile”, “Il presidente dell’Authority dopo la denuncia di Orlando”.
La foto nella parte alta della pagina è per Papa Bergoglio, che Marco Ansaldo intervista durante il volo di rientro da Manila: “‘Non fate figli come conigli’. La svolta del Papa sulla paternità”.
A destra, sull’allarme terrorismo e le manifestazioni in Cecenia contro Charlie Hebdo: “Incubo Cecenia. Se esplode l’altra jihad”, di Adriano Sofri.
E sul romanzo “Sottomissione” di Michel Houlelebecq, un intervento di Alessandro Baricco: “L’Islam a Parigi e la miopia di Houellebecq”.
La Stampa rilancia nei titoli di apertura l’allarme lanciato dal ministro della Giustizia Orlando ieri nella sua relazione al Parlamento: “‘Corruzione, dimensioni intollerabili'”, “Allarme di Orlando. Le tangenti valgono 10 miliardi l’anno”, “I giudici: tutti gli appalti sui rifiuti erano pilotati da mafia Capitale”.
La foto ritrae la folla a Grozny, capitale della Cecenia: un milione in piazza contro le vignette di Charlie Hebdo. Il titolo si riferisce ai provvedimenti che il Consiglio dei Ministri varerà oggi: “Terrorismo, sarà reato reclutare combattenti”, “Il governo vota anche il ritiro dei passaporti ai sospettati”.
Di spalla a destra: “Invito del Papa ai cattolici: ‘Paternità responsabile'”, “‘Non come i conigli'”.
Sullo scontro nel Pd: “Democratici, resa dei conti sull’Italicum”, “Renzi: la minoranza non è un partito nel partito. E oggi vede Berlusconi”.
Sulle primarie in Liguria: “Cofferati: oggi porto le carte in procura”, “Il verbale del collegio dei garanti: c’erano minacce e voti pagati”.
In prima anche un’analisi di Marta Dassù: “Usa-Europa e il pericolo scollamento”.
Il Giornale: “Svolta, Berlusconi rivede Alfano”. “Corsa al Quirinale e non solo”. “Primo faccia a faccia dopo la scissione. Intesa su un nome comune al Colle”.
“Renzi, sotto schiaffo dei suoi, oggi incontra il Cavaliere”.
A centro pagina: “Gli islamici danno fuoco alle chiese. Rivolta nel mondo musulmano contro le vignette: in fiamme 45 edifici di culto”.
Di spalla: “Finalmente risale il Pil. Ma brinderemo tra venti anni”, di Nicola Porro.
In prima anche una recensione firmata da Paolo Guzzanti sull’ultimo film di Clint Eastwood: “Quel cecchino da cinema che aiuta l’Occidente a reagire al terrore. Il film di Eastwood fa il boom perché racconta il dolore (e l’orgoglio) di una civiltà sotto attacco”.
Il Corriere della Sera: “Banche popolari, caso politico. “La riforma del governo scatena proteste trasversali. Ma Piazza Affari ci crede”. E poi: “Pressing della Germania contro il piano Draghi. Merkel non si opporrà all’acquisto di titoli di Stato”.
Sulla politica interna: “Scontro frontale nel Pd sull’Italicum. Patto Berlusconi-Alfano per il Colle”.
In alto: “La morte del giudice. Un giallo in Argentina”. “Teste della Kirchner”.
A fondo pagina: “Il Papa: fate figli, ma non come conigli. ‘Tre è un buon numero. Serve una paternità responsabile. Non imporre libri sul gender'”.
Il Sole 24 Ore: “Borsa, effetto-Popolari: la riforma lancia il rally”. “Piazza Affari +1,17 per cento sul balzo dei titoli bancari. Lo stop al voto capitario nell’Invesment compact”. “Il mercato aspetta le fusioni. Permira offre 2,2 miliardi per Icbpi”.
Di spalla: “Italicum, la battaglia nel Pd, tensione anche sul Colle. Renzi incontra Berlusconi”. “Il premier: ‘No a un partito nel partito'”.
In alto: “Obama tassa i super ricchi e premia la classe media”.
A centro pagina: “Caos valute, Danimarca in trincea”. “Dopo la svolta Svizzera, Copenhagen tagli i tassi per frenare la corsa alla corona”. “Accordo vicino sul Qe europeo”. “L’Fmi riduce la crescita mondiale”.
Il Fatto torna sulla vicenda delle cooperanti italiane liberate: “Il Ros sulla cooperazione”, “‘Aiutano i siriani e sbarcare e a ripartire senza controlli'”, “Nelle intercettazioni del pizzaiolo musulmano, già in contatto con le ex sequestrate Vanessa e Greta, c’è anche il colloquio con una presunta volontaria dell’Alto commissariato per i rifugiati che spiega come far fuggire verso la Svezia un gruppo di clandestini”.
La foto è per Papa Bergoglio: “Francesco ritira i pugni, ma dà calci ai corrotti. Poi dice: ‘Cristiani, non fate figli come conigli'”.
A centro pagina, un’altra foto è per Gianni De Gennaro: “De Gennaro & Carabinieri grandi sponsor di Amato”, “L’ex capo della Polizia e dei Servizi e l’ex comandante dell’Arma stanno spendendo tutto il loro prestigio per il Dottor Sottile sul Colle. Sperando nella nomina a segretario generale e a consigliere per la sicurezza”.
E sulla legge elettorale e la politica: “Renzi, un ‘supercanguro’ per nominarsi i deputati”, “Italicum, il premier pronto ad azzerare gli emendamenti della minoranza Pd. Alfano torna da B. Oggi il voto mentre il Caimano vede Matteo”.
Sotto la testata: “Maroni sbugiardato: il prete del convegno ‘pro-famiglia’ accusato di pedofilia era con lui in altre occasioni. Ma la Lega non invocava la castrazione chimica?”.
Quirinale
“Angelino torna da B. per pesare sul Quirinale”, titola Il Fatto occupandosi dell’incontro ieri in prefettura a Milano “per lanciare Casini e Amato e pensare a una lista unica per le politiche”. E oggi – aggiunge il quotidiano – “il condannato va a Palazzo Chigi”. L’obiettivo dell’incontro di ieri, dunque, è far valere il potere contrattuale di una forza che può contare su duecento parlamentari tra Camera e Senato: “Il candidato finto dei moderati di Ncd e Udc è Pierferdinando Casini. Ma nella rosa il Condannato ha inserito il vero nome su cui intende puntare: l’ex craxiano Giuliano Amato, che piace a quasi tutto l’establishment, da Napolitano a Bersani e D’Alema.
La Stampa: “Il centrodestra si ricompatta e punta su Amato o Casini”, “Berlusconi vede Alfano: ma prima proporremo Martino”. Scrive Amedeo La Mattina che “stamane l’ex Cavaliere si chiarirà con Renzi. E per non arrivare a mani nude al cospetto del premier, già ieri sera Berlusconi ha incontrato in prefettura a Milano la delegazione centrista. Vuole dare quantomeno l’illusione ottica che dietro di lui non ci sia soltanto Forza Italia, tra l’altro spaccata a metà, ma l’intero centrodestra: 250 grandi elettori da gettare sulla bilancia del Quirinale”.
La Repubblica: “L’asse Berlusconi-Alfano: ‘Insieme da Renzi per proporre la rosa Casini-Amato-Mattarella”, “Dopo 15 mesi faccia a faccia tra il Cavaliere e l’ex delfino. I due hanno concordato una linea comune sul Quirinale. “Io nelle prossime ore – avrebbe detto Berlusconi ad Alfano – a Matteo non propongo alcun nome, ascolto solo quel che ha da dirmi: l’importante è che noi restiamo uniti per contare di più”. Domenica sera aveva visto il leader della Lega Salvini. Il leader di Fi – scrive il quotidiano – ce la sta mettendo tutta per tenere i suoi, ma l’impresa è improba: ieri mattina ha chiamato il capogruppo alla Camera Renato Brunetta, rassicurandolo sulla sua intenzione di non volerlo sostituire. Ma già ieri sera, sulla votazione dell’articolo 1 della legge elettorale al Senato, solo 24 forzisti hanno detto sì. I contrari sono stati 13, gli assenti 28. E oggi i 18 senatori del partito contrari all’Italicum daranno battaglia al senato con la minoranza Pd.
Sulla pagina di fianco de La Repubblica: “L’ora degli outsiders per il Colle”. I quattro raffigurati sono Sergio Mattarella, Giuliano Amato, Anna Finocchiaro e Ignazio Visco: “Nella corsa alla successione di Napolitano spuntano in questa fase anche i nomi del Governatore Visco e De Siervo. Ma in pole position restano le candidature di Mattarella e Finocchiaro”.
Segnaliamo anche che alle pagine dell’inserto R2 cultura Andrea Manzella recensisce la raccolta di scritti di Giuliano Amato (“Le istituzioni della democrazia”): “Il diritto secondo Giuliano Amato. Cinquant’anni di studi sulla Costituzione e il suo futuro”, “Dalla cattedra a Palazzo Chigi, dalle riviste giuridiche all’impegno diretto nella vita politica. Raccolte in un volume le riflessioni condotte sempre attenendosi a un principio: la regola dell’equilibrio”.
Il direttore de Il Giornale scrive che “oggi molti elettori fedeli a Berlusconi storceranno il naso. Machiavelli, cinico e spregiudicato inventore della politica moderna, invece approverebbe l’incontro”. Un incontro che è stato certamente utile, perché “per contrastare il renzismo (…) provare a riunire le forze del centrodestra è un tentativo non solo comprensibile ma direi necessario”.
Secondo il Corriere i nomi che Berlusconi e Alfano proporranno saranno quelli di Amato e Casini. Ma ci potrebbe essere anche la candidatura di Antonio Martino alla prima votazione, che “rappresenterebbe la ‘bandiera’ sotto la quale contare i propri voti e farli pesare per il quarto scrutinio”, quando si comincerà a votare a maggioranza assoluta. Amato “non sarebbe certo il più gradito a Renzi” mentre su Casini “potrebbe convergere senza sforzo l’area ex popolare del Pd”, scrive il quotidiano milanese.
Legge elettorale, riforme, Pd
Un retroscena del Corriere è titolato “Renzi spinge e vede Silvio”, con virgolettato attribuito al premier: “‘Basta ipocrisie, la minoranza non sta ponendo problemi di merito ma sta facendo un’operazione politica, come altro si può definire l’emendamento Gotor?'”, che riguarda i capilista bloccati. Gotor ha detto ieri che se questa norma resta nella legge elettorale, lui non la vota. Secondo il Corriere l’incontro della scorsa settimana tra il premier e Bersani “non è andato affatto bene”, tanto che quest’ultimo avrebbe detto ai suoi: “‘Quel colloquio mi ha lasciato interdetto'”. “La tattica del premier sul Quirinale per non farsi imporre un nome”. “Il leader cerca un’intesa ma non vuole mediare con i ribelli”.
Il Messaggero: “L’incontro segreto con Bersani finito senza accordo”. Il colloquio “di un’ora buona” finito male. Il premier “avrebbe passato in rassegna con il suo predecessore un po’ tutti i nomi sul tappeto per la corsa al Colle”. Anche il quotidiano romano dice che Bersani si sarebbe mostrato “interdetto” con i suoi collaboratori.
Secondo Il Giornale Renzi è ora costretto a una “decisa frenata” sulla sua agenda per le riforme, che avrebbero dovuto essere votate prima dell’elezione del Presidente della Repubblica. È invece “quasi impossibile”, alla luce del calendario varato ieri da Montecitorio, che la riforma della Costituzione “possa avere il via libera prima che si chiuda la partita del Colle”.
La Stampa, pagina 6: “Scontro sulla legge elettorale. scatta la resa dei conti nel Pd”, “La minoranza dà battaglia sui listini bloccati, ma Renzi tira dritto. La votazione di oggi al Senato sarà la vera prova di forza per il Colle”. “La miccia – scrive Carlo Bertini – è l’Italicum, ma in ballo c’è la tenuta del Pd a dieci giorni dai voti sul Colle. Matteo Renzi oggi vedrà Berlusconi per parlare di Quirinale e nel pomeriggio la prima conta sull’Italicum sarà una prova per entrambi. Il premier è stretto su entrambi i fronti”. È infuriato con la minoranza Pd, che starebbe orchestrando una sorta di golpe contro le riforme: “Non è aria di concessioni, si va alla conta”, avrebbe detto uno dei senatori a lui vicini. Ieri uno dei capofila degli oppositori Pd alla riforma dell’Italicum, Miguel Gotor, ha tenuto una conferenza stampa: ma il drappello – scrive La Stampa – ha perso dei pezzi, perché dai 37 firmatari dell’emendamento Gotor contro le liste bloccate si è scesi di una dozzinaLa Repubblica: “L’ultimatum di Renzi alla minoranza Pd: ‘Oggi si deve chiudere, l’Italicum non cambia’”, “La replica: manteniamo i nostri emendamenti’. Stamani l’incontro tra capo del governo e Berlusconi”. “Non si può usare un gruppo minoritario come un partito nel partito”, ha detto Renzi: “Parliamone ancora se serve, ma dobbiamo e possiamo chiudere in 48 ore. Altrimenti c’è il Consultellum”, ha aggiunto.
Sulla stessa pagina, il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Il premier: ‘Vogliono pugnalarmi alle spalle ma non ho paura. Se passa la linea Gotor salta tutto'”. “Hanno avuto un sacco di roba. – ha ricordato Renzi- Il ballottaggio, il premio alla lista, le preferenze. Se il Pd vince avrà solo il 30 per cento di nominati. E vogliono il Consultellum, ovvero il proporzionale? Così sono loro a determinare l’inciucio permanente con Berlusconi”. Il premier è convinto – secondo il quotidiano – di aver concesso tanto ai ribelli e non crede che Pier Luigi Bersani sia davvero in cerca dello scontro finale: anzi, entrambi si preparano a un faccia a faccia sull’elezione del presidente della Repubblica, forse già oggi.
Il quotidiano intervista lo stesso Miguel Gotor, che ribadisce: “Per quanto mi riguarda, con i capilista bloccati non voterò l’Italicum. Potrei non partecipare al voto”. Quanti senatori hanno sottoscritto l’emendamento? “Ventotto, ventinove. In tutto siamo una trentina”. A Renzi che lancia l’accusa di essere un partito nel partito, smentisce e sottolinea: “È stato Renzi a voler sovrapporre la legge elettorale all’elezione per il Colle. Ora il segretario non si lamenti degli effetti provocati dalle sue scelte politiche”, “penso che la scelta di sovrapporre le due questioni sia stata presa dal premier per condizionare sulla legge elettorale una serie di personalità che aspirano legittimamente a diventare Presidente della Repubblica”.
Il Fatto: “Renzi, minaccia del canguro per tenersi le liste bloccate”, “La minoranza Pd si ribella sulle preferenze. Il premier grida al ‘golpe’, ma l’emendamento Gotor perde subito pezzi: in sei non lo voteranno”. Il canguro cui si fa riferimento è quello che, nel gergo parlamentare, designa un emendamento fotocopia “della legge bollinata dal Patto del Nazareno che, se votato, farebbe immediatamente saltare tutti gli altri emendamenti presentati sulla stessa materia”.
A presentarlo potrebbe essere il senatore Pd Stefano D’Esposito, tanto secondo questo quotidiano che secondo La Repubblica.
Su La Repubblica: “Il Pd e il caos primarie: ‘Vanno riviste, ma Cofferati è in Ue con i nostri voti'”, “Il premier contro l’ex leader. Bersani: nuove regole. I garanti: ‘Ai seggi esponenti del centrodestra’”. Il quotidiano intervista l’ex missino Minasso, che conferma: “Sì, ho detto ai miei di sostenere la Paita”.
Sul Corriere: “Alle primarie liguri voti pagati, minacce ed elettori di destra’. I garanti Pd sui seggi annullati. Cofferati oggi dai Pm”.
Banche popolari
La riforma della normativa sulle Banche Popolari, prevista nell’Investment compact del governo, scatena una “bufera in Parlamento” e un boom dei titoli bancari in Borsa. “L’opposizione in Parlamento è stata trasversale”, scrive il quotidiano, perché “nello stesso Pd” per esempio Giuseppe Fioroni chiede di “non cancellare la storia della finanza cattolica”. Stesse perplessità nell’Udc, nell’Ncd, in Forza Italia, nella Lega.
Il Sole 24 Ore, che aveva anticipato le intenzioni del governo, spiega oggi che si va verso la fine del principio del voto ‘capitario’, articolo 30 del Testo unico bancario, quello che disciplina i soci delle banche popolari e stabilisce appunto il cosiddetto voto capitario, ovvero che ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute.
Daniele Manca sul Corriere ricorda che il principio “una testa un voto” fino ad oggi, che vale per l’approvazione dei bilanci o la decisione sui vertici, ha “permesso di organizzare il controllo sugli istituti a partire dal consenso e non dalle cose da fare”, dando alla “politica” il compito di orientare le scelte delle Banche popolari, e rallentando il processo di fusione. Per questo è “lungo lo schieramento dei politici schierati a difesa” dell’attuale sistema, dalla Lega di Salvini ai cattolici a Forza Italia. Manca ricorda che “la frammentazione del sistema creditizio italiano è seconda solo a quella tedesca”, mentre le aggregazioni non possono più attendere.
Sul Sole: “Già il primo passo. Permira offre 2,2 miliardi per Icbpi (Istituto centrale delle banche popolari). “Il fondo di private equity intende rilevare il 100 per cento dell’istituto centrale banche popolari. Ricche plusvalenze in vista: molti soci già favorevoli alla vendita”.
Le nuove norme, scrive il Messaggero, sarebbero comunque applicate solo alle grandi banche popolari, quelle che hanno attivo oltre gli 8 miliardi. Il quotidiano scrive che “a Renzi è stato fatto notare che, scritta in questo modo, la riforma avrebbe riguardato ben tre banche popolari presenti in Veneto, la popolare di Vicenza, il Banco Popolare e Veneto Banca”, e in Veneto quest’anno ci sono le elezioni regionali.
QE
Giovedì Mario Draghi dovrebbe annunciare il programma di acquisizione di titoli degli Stati europei, il cosiddetto Quantitative easing.
Sul Corriere si legge che “Angela Merkel non lancerà una campagna” contro la Bce, e che ieri ha affermato che “‘la Banca centrale prende le sue decisioni in maniera indipendente'”. La Merkel ha “dei dubbi sull’opportunità di lanciare il QE”, ma sa anche che “se minasse la credibilità e l’indipendenza della Bce i rischi per l’euro sarebbero elevati”. Quasi certamente giovedì i due membri tedeschi del comitato dei governatori della Banca centrale – Weidmann e Lautenschlager – voteranno contro il Qe, ma cercheranno di “condizionarne la qualità”.
Sul Sole: “Merkel: la Bce è un istituto indipendente. Ma i media tedeschi si scatenano contro il QE. Draghi alla ricerca del più ampio consenso possibile. Parte degli acquisti a carico delle banche centrali nazionali e parte a carico dell’Eurotower. L’obiettivo: ottenere il voto favorevole anche di Olanda, Baltici e Slovacchia”.
Sul Messaggero Francesco Grillo (“Così l’Europa assente indebolisce l’azione della Bce”) scrive che le imminenti decisioni della Bce potrebbero non bastare ancora, e tuttavia “le armi non convenzionali di Mario Draghi continuano ad essere l’unica trincea che l’Europa sembra aver eretto attorno alla propria moneta unica”. Ma per salvare l’euro “bisognerebbe ricominciare a crescere e farlo in maniera intelligente””, “tornare con urgenza a parlare non solo di bazooka, ma di come l’Europa, cioè ventisette comunità nazionali, immaginano il proprio futuro”, e per questo serve una politica comune.
Papa Francesco
Tanto il Corriere, quanto La Stampa e La Repubblica hanno avuto l’opportunità di intervistare Papa Bergoglio durante il volo di ritorno da Manila.Su La Stampa è Andrea Tornielli, su La Repubblica è Marco Ansaldo.
“Essere buoni cattolici non significa far figli come conigli”, titola La Stampa. “I poveri – dice il Papa – sono le vittime della cultura dello scarto. Qui a Roma un barbone aveva un dolore di pancia quando andava all’ospedale gli davano un’aspirina. Lui è andato da un prete, che si è commosso” e lo ha portato in ospedale, consigliandogli di far finta di svenire. Così si è scoperto che aveva una peritonite, “si può pensare che è terrorismo questo”. A Manila ha parlato di “colonizzazione ideologica” della famiglia, cosa intendeva? Spiega il Papa che nel 1995 una ministra della Pubblica istruzione chiese soldi per la costruzione di scuole per i poveri e che la condizione posta per il prestito fu che ci fosse nelle aule un libro dove si insegnava la teoria del gender: “Questa è la colonizzazione ideologica”, ma non è una novità perché è accaduto anche nel secolo scorso con le dittature. Secondo alcuni sondaggi la maggioranza dei filippini pensa che la crescita della popolazione sia ragione di povertà, come parlerebbe loro della contraccezione? Papa Bergoglio: “Io credo che il numero di tre figli per famiglia, secondo quanto dicono i tecnici, è il numero importante per mantenere la popolazione. La parola chiave è paternità responsabile. C’è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no?”. Sul famoso pugno e la questione della libertà d’espressione, gli vien chiesto cosa intendeva dire esattamente. Spiega il Papa: “In teoria possiamo dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una provocazione, non si deve fare. Possiamo dire quello che il Vangelo dice, dobbiamo porgere l’altra guancia. In teoria possiamo dire che noi capiamo la libertà d’espressione. Nella teoria siamo tutti d’accordo. Ma siamo umani e c’è la prudenza che è una virtù della convivenza umana”.
Due pagine per l’intervista al Papa su La Repubblica: “La famiglia secondo Francesco ‘I cattolici non sono conigli, per la paternità responsabile l’ideale è fermarsi a tre figli'”.
Il Corriere: “‘Serve una paternità responsabile. La famiglia ideale è quella con tre figli'”.
Sul Corriere Luigi Accattoli commenta le parole del Papa su contraccezione e maternità. Bergoglio ha detto che “‘il fiuto di Paolo VI (dei metodi artificiali di controllo delle nascite: questa era la dizione esatta) non era legato soltanto ai casi personali, e infatti dirà ai confessori di essere comprensivi e misericordiosi: lui guardava al neo malthusianesimo universale che è un corso e che cercava un controllo della natalità da parte delle potenze: meno dell’uno per cento delle nascite in Italia, lo stesso in Spagna”. Ma questa contrarietà “non significa che il cristiano deve fare figli in serie. Ho rimproverato una donna che era all’ottava gravidanza e aveva avuto sette parti cesarei: vuole lasciare orfani i suoi figli?'”.
E poi
Sul Corriere si racconta della “morte di un giudice scomodo”, il procuratore Alberto Nisman, torvato morto nel suo appartamento di Buenos Aires poche ore prima di un suo previsto intervento in Parlamento. Il procuratore “accusava la ‘presidenta’ Kirchner di aver coperto i mandanti della strage del 1994 in un centro ebraico della capitale argentina. Il procuratore indagava sui legami tra l’Iran e quella strage. Nisman è stato ucciso da un foro di proiettile alla tempia destra. Si è detto che è un suicidio, visto che la porta era chiusa dall’interno e nell’atrio del condominio c’era una nutrita scorta. Ma al suicidio “credono in pochi”.
La “ricostruzione” di Guido Olimpio racconta “tutte le tappe dell’intrigo di Buenos Aires. Dalla pista Hezbollah alla soffiata italiana”. Un brasiliano che viveva a Milano qualche giorno prima che scoppiasse la bomba andò al consolato argentino ad annunciare “un grave attentato contro la comunità ebraica a Buenos Aires”. Gli chiedono chi glielo ha detto, risponde “la mia amica Nasrim, cittadina iraniana”. Pensano sia un mitomane, ma dieci giorni dopo c’è l’attentato.
Sul Sole, ma anche su altri quotidiani, si racconta dello “Yemen sull’orlo della guerra civile”. “Le milizie Houthi (sciite, ndr) hanno ripreso le armi contro il governo facendo temere un golpe”. “Il confronto tra sciiti e sunniti può riesplodere”. La situazione è degenerata la scorsa settimana, quando un commando di uomini armati ha rapito il capo di gabinetto del presidente dello Yemen, per “bloccare la nuova bozza di Costituzione” del Paese che prevedeva una “teorica ripartizione” in sei regioni, una sorta di federalizzazione con gli sciiti “relegati nel Nord”, i secessionisti nel Sud e le aree del centro, ricche di petrolio, in mano alle tribù sunnite. Un assetto ritenuto gradito ai saudti, ma inviso agli sciiti, sostenuti dall’Iran.