Gli studi post-coloniali hanno avuto negli ultimi decenni una certa fortuna nelle università e nei centri di ricerca soprattutto statunitensi. Intrecciandosi e contaminandosi con i cosiddetti subaltern studies, che, prendendo spunto dalle pionieristiche analisi di Antonio Gramsci sulla cultura popolare, si propongono di costruire un nuovo paradigma di comprensione storica che assuma la visuale degli sconfitti o dei perdenti. La teoria post-coloniale, in particolare, si propone, a partire dalle ricerche di Franz Fanon e soprattutto di Edward Said (autore, nel 1978, di Orientalism), di mettere in discussione e in crisi il paradigma etnocentrico occidentale che fa della nostra la cultura tout court. Accampante, cioè, pretese di universalità e razionalità valide per tutti e in tutti i luoghi geografici.
Pur senza considerare le degenerazioni e le parodie che si sono legate a certi sviluppi della teoria, messe in evidenza ad esempio da una penna corrosiva come quella di Harold Bloom, va detto che il post-colonialismo interroga la filosofia in modo radicale. Non solo e non tanto perché i suoi temi –l’identità, la soggettività, l’altro, la storia, l’emancipazione – sono temi prettamente filosofici. Più radicalmente perché la pretesa di moltiplicare le culture e dare ad espressioni particolari e geograficamente circoscritte uguale dignità rispetto al nostro pensiero non solo non è pacifica da un punto di vista intellettuale, ma può generare seri problemi etici e di convivenza politica dall’altro. Il libro di Emanuela Fornari è un’efficace introduzione filosofica alle questioni in campo, ma è anche una presa di posizione a favore di un pensiero che non si arrocchi in se stesso ma cerchi una contaminazione fra concetti, valori e visioni del mondo distanti fra loro. Il tutto alla luce di una dialettica non risolubile fra il necessario e infinito compito della traduzione delle esperienze e delle visioni della vita e l’altrettanta necessaria consapevolezza di un nucleo di intraducibilità da preservare a garanzia della sopravvivenza delle identità altre.
Certo, come dimenticare che il colonialismo e imperialismo occidentali portano sulle proprie spalle un gigantesco macigno di colpe e responsabilità. Essi affondavano le proprie in umanismo eurocentrico che, risalente all’Illuminismo, anche in questo erede e secolarizzatore del cristianesimo (si pensi all’opera di «evangelizzazione» dei missionari), finiva per catalogare come «sottosviluppati» e da «civilizzare» la più parte dei popoli non occidentali.
Fin dove ci si possa spingere in questo recupero delle differenze, Emanuela Fornari lo mostra, dal suo punto di vista, discutendo le tesi di autori come Ramachandra Guha, Gayatri Chakravorty Spivak, Dipesh Chakrabatry e Etienne Balibar (quest’ultimo autore della prefazione). L’elemento più apprezzabile, dal mio punto di vista non proprio specialistico, è la considerazione che l’autrice ha non solo e non tanto un’attenzione forte per le differenze culturali, ma anche per quelle storiche. Il tema della storia mi porta, infatti, a vedere nell’universalismo situato dei tardo-illuministi e protoromantici (Herder, Humboldt, Hegel), il punto più alto della riflessione occidentale sul rapporto fra universalismo e particolarità, con l’elaborazione del concetto di una ragione non razionalistica ma dialettica e storicistica. Non so come possa essere possibile «riattivare» una soluzione di questo tipo nel complesso mondo attuale (una complessità anche intellettuale, come ci viene qui mostrato). Ma credo, forse non del tutto d’accordo con l’autrice di queste pagine, che se è sacrosanto che l’Occidente non si renda impermeabile agli altri, esso non deve nemmeno perdere il concetto della universalità che è proprio (solo?) della sua cultura ( nel senso che essa ha una volontà universalizzante che non è dato riscontrare in molte altre). La cultura non è nulla di rigido o dato, ma è una sola, a mio avviso. E non può aprirsi a considerare tale ogni espressione, anche la più eccentrica, dello spirito umano.
Titolo: Linee di confine
Autore: Emanuela Fornari
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 178
Prezzo: 10 €
Anno di pubblicazione: 2011