Buena vista Bergoglio club

Il Corriere della Sera: “Crolla l’ultimo muro grazie al Papa”. “Annuncio a sorpresa: riprenderà il dialogo Usa-Cuba. Obama: todo somos americanos”. “La Casa Bianca e Raul Castro ringraziano Bergoglio per la mediazione. ‘Da oggi inizia un nuovo capitolo'”.
L’editoriale è firmato da Franco Venturini: “Il lungo addio al castrismo”. Andrea Riccardi firma un articolo dedicato alla “diplomazia”: “Le garanzie e l’audacia di Francesco”.
Anche la vignetta di Giannelli è dedicata alla notizia.
A centro pagina: “Niente stangata sui fondi pensione solo se investono”, sulla legge di Stabilità. E poi: “Ripresa, Confindustria fiduciosa”.
A fondo pagina: “‘Ha ucciso Sara, sedici anni a Stasi'”. “Garlasco, condannato dopo la doppia assoluzione. La madre della vittima: fatta giustizia”.
Da segnalare due richiami nella parta alta della prima pagina: “I giudici Ue: via Hamas dalla lista dei terroristi”. “Strappo con Israele”. E poi: “Il Csm si divide. Procura di Palermo, nominato Lo Voi. Tensione tra le correnti”.

La Repubblica: “Cuba, la caduta del Muro”, “Lo storico annuncio in tv di Obama e Raùl Castro dopo 53 anni di isolamento”, “Decisiva la mediazione del Papa che ha scritto ai due leader. Gli Usa riaprono l’ambasciata”, “Liberato il prigioniero americano. La Casa Bianca non esclude la visita del presidente nell’isola”.
E tutta la parte alta della pagina è dedicata a questo evento, con le foto dei due leader, i loro discorsi riprodotti integralmente e i commenti di Federico Rampini, Norberto Fuentes, Vittorio Zucconi e Joaquìn Navarro-Valls.
In taglio basso, il secondo appello al processo di Garlasco: “’Uccise Chiara’: 16 anni a Stasi”.

La Stampa: “Cade il muro fra Usa e Cuba”, “L’annuncio dei due Presidenti: ‘Merito della mediazione di Papa Francesco’”, “Cinquant’anni dopo riapriranno le ambasciate nei due Paesi. Scambio tra un agente americano e tre ‘spie’ dell’Avana”. Qui la foto ritrae la gioia in una scuola dell’Avana. Anche in questo caso si riproducono i discorsi dei due Presidenti. Gli articoli sono firmati da Gianni Riotta e Mimmo Candito.
Di spalla a destra: “Marò, richiamato l’ambasciatore. Gentiloni: pronti a qualsiasi passo”. E un commento di Roberto Toscano: “Ma anche Roma ha colpe”.
A centro pagina, la sentenza di Garlasco: “’Ha ucciso Chiara’, 16 anni a Stasi”.
Anche la politica italiana a centro pagina: “Sulle riforme è duello tra Renzi e Forza Italia”, “Corsa contro il tempo per l’Italicum”.
Un richiamo in prima anche per la sentenza della Corte d’Assise di Torino: “Torino, condannati i no Tav, ma i giudici: non è terrorismo”, “L’Assise infligge ai quattro attivisti tre anni e sei mesi per danneggiamento e violenza a pubblico ufficiale. Lupi critica le toghe: vadano nelle imprese minacciate”.

Il Fatto apre con la nomina di Franco Lo Voi al vertice della Procura di Palermo: “La politica commissaria la Procura di Palermo”, “I membri laici di destra e sinistra del Csm, con i togati di Mi e i vertici della Cassazione, nominano Lo Voi. Violate tutte le regole per bocciare Lari e Lo Forte, ritenuti troppo vicini ai pm del processo Trattativa”.
In taglio basso: “Obama cancella Kennedy: pace con Cuba grazie al Papa”, “Raùl Castro e il leader Usa annunciano nello stesso momento la ripresa dei rapporti diplomatici: presto verranno aperte le ambasciate. Scambio di prigionieri tra l’Avana e Washington. ‘Il blocco economico è stato inutile’, dice la Casa Bianca. E a Miami esplode la rabbia degli esuli”.
In taglio basso: “16 anni a Stasi: ‘E’ lui l’assassino di Chiara Poggi’”.

Il Sole 24 Ore: “La Bce ‘sostiene’ le Borse. Fed ‘paziente’ sui tassi”. “Coeuré (Eurotower) rassicura sull’acquisto di titoli di Stato. ‘QE più vicino’. Evitato il crollo dei listini”. “Wall Street a + 2 per cento, Btp sotto il 2 per cento. Mosca stabilizza il rublo”.
Di spalla: “Marò, rabbia italiana. Il governo: ‘Pronti a qualsiasi passo'”. ù
A centro pagina un rapporto di Confindustria: “Corruzione, costo da 13 miliardi l’anno”. “Confindustria: se riducessimo l’indice al livello della Francia guadagneremmo lo 0,8 per cento del Pil”. “Rivisto al ribasso il Pil 2014 (-0,5), nel 2015 attesa crescita dello 0.5 per cento”.
In alto: “Usa-Cuba, disgelo dopo 50 anni”. “Dal Papa mediazine decisiva”.

Il Giornale: “L’Isis è sbarcato in Italia”. “Sicurezza a rischio”. “Aperta una inchiesta della Procura di Palermo su terroristi infiltrati tra i clandestini”. “I tagliagole arrivano agevolati dalle leggi degli utili idioti e dagli speculatori della cupola rossa”.
A centro pagina: “Delitto di Garlasco. Stasi condannato ma soltanto un po’”.
In alto: “Putin e Hamas, Europa kamikaze”. “Le follie di Bruxelles”. E poi: “Pace Stati Uniti-Cuba, è la fine del Novecento”, di Giordano Bruno Guerri”.

Cuba

Sul Corriere si parla della “svolta storica” nei rapporti tra Usa e Cuba e si citano i discorsi pubblici di Barack Obama e Raul Castro. Il Presidente americano ha detto che “‘C’è una storia complicata dei rapporti fra Stati Uniti e Cuba’ ma adesso inizia ‘un nuovo capitolo'”. Raul Castro ha ribadito che esistono “differenze” ma ha accolto il ripristino delle relazioni diplomatiche. Tutto è iniziato con la liberazione del contractor americano Alan Gross da una prigione a Cuba. Collaboratore di Usaid (l’agenzia americana per lo sviluppo internazionale che fa parte del Dipartimento di Stato Usa) Gross era stato arrestato 5 anni fa mentre distribuiva materiale elettronico alla comunità ebrea all’Avana con l’obiettivo di creare una rete informatica alternativa e condannato a 15 anni di prigione per spionaggio. Per il rilascio di Alan Gross, gli Usa hanno accettato di liberare per motivi umanitari 3 agenti cubani detenuti negli Stati Uniti, meglio noti come i Miami Five, dopo un processo controverso che li ha condannati per spionaggio nei confronti di gruppi anti-Castro a Miami”.
Secondo Guido Olimpio, sullo stesso quotidiano, ci sarebbe anche un cittadino cubano rilasciato dalle carceri cubane, accusato di “aver passato informazioni all’intelligence statunitense”, un agente Usa che ha permesso di “smascherare molte ‘talpe’ infiltrate dai servizi di Fidel negli Usa”. Si tratta di “indiscrezioni apparse su Newsweek” non confermate, secondo le quali “potrebbe chiamarsi Rolando Sarraf Truijllo, membro del Dipartimento M-XV, la sezione che si occupava delle comunicazioni criptate con gli agenti all’estero”, che avrebbe collaborato con la Cia.

Le prime dieci pagine de La Repubblica sono dedicate alla caduta di quello che il corrispondente a New York Federico Rampini ricorda esser stato “l’ultimo muro della Guerra Fredda”: “si apre un capitolo nuovo nella storia delle Americhe. Somos todos americanos”, ha detto Obama. Che, scrive Rampini, “reduce da sconfitte interne, sceglie la politica estera per lasciare un’eredità ‘pesante’ nella storia. Al segretario di Stato Kerry il presidente Usa affida la riapertura dell’ambasciata “in tempi stretti”, ma anche la cancellazione di Cuba dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. Obama inizia poi a smantellare l’edificio delle sanzioni, per quella parte che non richiede il sì del Congresso: più facilità per viaggi e turismo, affari e comunicazioni, carte di credito e Internet. Le rimesse degli emigrati potranno affluire più generose. “La reazione della destra è furibonda”, scrive ancora Rampini raccontando che il presidente della Camera, il repubblicano John Boehmer, ha definito la svolta “una concessione insensata ad una dittatura che infierisce sul suo popolo a trama con i nostri nemici”. Marc Rubio, senatore repubblicano della Florida, figlio di immigrati cubani e potenziale candidato alla nomination presidenziale del suo partito, dice che si tratta di “un altro cedimento a un tiranno”. L’inviato a New York de La Stampa, Paolo Mastrolilli, ricorda che il presidente ha il potere di alleggerire l’embargo, ma non di toglierlo, perché si tratta di una legge su cui deve pronunciarsi il parlamento. Può riaprire l’ambasciata, ma è sempre il Parlamento a doverla finanziare e a confermare la nomina dell’ambasciatore.

Cuba: il Papa

Su La Repubblica Paolo Rodari si occupa della mediazione operata da Papa Francesco, che all’inizio della scorsa estate ha scritto due lettere separate ai due presidenti, esortando entrambi a perseguire relazioni più strette. In ottobre, poi, delegazioni di Cuba e Stati Uniti, in assoluto riserbo, sono state fatte incontrare in Vaticano. Certo – ricorda Rodari – dopo Giovanni XXIII il Vaticano ha sempre lavorato su Cuba. Sia Giovanni Paolo II (1998) sia Benedetto XVI (2012) hanno visitato l’isola, incontrando entrambi l’ex allievo dei gesuiti Fidel Castro. Se ne occupa anche Joaquìn Navarro Valls a pagina 30: “Da Wojtyla a Bergoglio”, “Al posto di Giovanni Paolo II oggi c’è Francesco, che Obama e Castro hanno ringraziato. E’ il primo Papa venuto dal continente sudamericano. È un segno”.

Su La Stampa, Andrea Tornielli: “Bergoglio da mesi in prima linea per tessere la tela del dialogo”. Alla pagina seguente, Gianni Riotta racconta “la storia” del “difficile percorso dell’America per non essere più il nemico ideale”. Fidel – scrive Riotta – ha sfruttato l’odio per gli Yanquis e ha affascinato una parte degli americani. Il dissidente anticastrista Elizardo Sanchez, intervistato dal quotidiano, dice: “Felice per le scarcerazioni, ma il regime non è finito” e l’accordo è ancora “da capire”. E Mimmo Candito, alle pagine seguenti, scrive di come il “’giovane Raùl’ abbia “archiviato il castrismo”: ha preso il potere con il sostegno di Fidel, poi ha rivoluzionato tutto. Ha annunciato da subito i nuovi “lineamentos” del socialismo cubano: apertura progressiva all’economia privata, sostegno alle cooperative di lavoratori, facilitazioni estreme agli investimenti stranieri, concessione in affitto delle terre statali.

Sul Corriere commenta il ruolo di Bergoglio il professor Andrea Riccardi, che ricorda come l’embargo abbia “sfidato ma anche paradossalmente consolidato” il regime cubano, è stato il muro che ha protetto il Paese dalla globalizzazione. L’intervento del Papa ha “avuto un aspetto umanitario”, la liberazione dei prigionieri, ma “è andato ben oltre”, ed ha aiutato Obama ad uscire dalla impasse latino-americana che durava da decenni.
Ancora sul Corriere Gian Guido Vecchi ricorda che l’interruzione dei rapporti diplomatici tra Cuba e Usa fu criticata anche da Giovanni XXIII, che era Papa da un paio di mesi quando Fidel Castro prese il potere, nel 1959: “Perché non si scappa, non si scappa mai. E mai si interrompono i rapporti diplomatici”. E scrive che a ottobre “mentre il mondo intero guardava all’Aula del Sinodo, in Vaticano si incontravano in segreto le delegazioni degli Stati Uniti e di Cuba per quella che Bergoglio per primo, ‘con vivo compiacimento’, definisce ‘una decisione storica””. Si ricorda anche che Ratzinger incontrò Castro – ex allievo dei gesuiti – nel 2012. E che già allora la Chiesa chiedeva la liberazione di Alan Gloss. “Kerry è tornato a chiedere l’intervento vaticano a gennaio, incontrando Parolin. L’indole diretta di Francesco, tra lettere e telefonate, è stata la svolta finale”.

Cuba: le reazioni

Anche sul Sole 24 Ore si elencano le prossime tappe della “normalizzazione”: progressiva riapertura delle ambasciate, progressivo smantellamento dell’embargo. “Ma i falchi repubblicani annunciano l’ultima battaglia”. Si ricorda che Obama ha detto anche – sull’embargo – che “l’isolamento non ha funzionato”, e che i Repubblicani attaccano. In particolare il senatore di origini cubane Marco Rubio, possibile candidato repubblicano alle presidenziali del 2016: “Si tratta di una serie concessioni date ‘in cambio di nulla’”, ha detto. Altra critica da Jeb Bush, l’ex senatore della Florida, pronto a candidarsi alla Casa Bianca: “Non ritengo che dovremmo trattare con un regime repressivo per modificare i relazioni bilaterali, fino a che Cuba non cambierà”, ha detto. Critica anche la blogger cubana Yoani Sanchez: “Lo scambio di Gross per gli ultimi tre agenti dell’intelligence cubana condannati negli Usa dimostra che nel gioco della politica i totalitarismi riescono sempre ad imporsi sulle democrazie”.
L’analisi di Mario Platero si sofferma sugli “anacronistici” vessilli in mano a chi ancora chiede di non avere rapporti con Cuba e scrive che “gli attacchi di ieri contro la normalizzazione, gli slogan anti rivoluzionari, le proteste di Marco Rubio, cubano nato nel 1971 a Miami, Senatore repubblicano della Florida o quelle del Presidente della Camera John Boehner (decisione ‘sventata e sciocca’) suonano già vuote e stantie”, perché “la normalizzazione cubano americana è già avvenuta. Basta parlare con “Muscolito”, Eugenio Roando Martinez, 92 anni, animatore della Baia dei Porci, protagonista dello scandalo Watergate, per capire che i cubani nostalgici non esistono più”. Ovviamente questa svolta “non significa un passaggio alla democrazia, ma il turismo americano tornerà all’Avana, porterà una ventata di apertura e di chiusura di un’epoca”, a partire dalla tecnologia per dare internet anche al 95 per cento dei cubani che non ne ha accesso.

Il Corriere intervista Senel Paz, scrittore e sceneggiatore cubano che non ha scelto l’esilio, autore del celebre film cubano Fragola e cioccolato. Dice che è “una vittoria del buon senso e della ragione”.

Su La Repubblica il reportage da Miami di Omero Ciai: “Gli anticastristi scendono in strada: ‘Questo è un patto con il diavolo’”, “Al ristorante ‘Versailles’, ritrovo degli esuli duri e puri, la folla è furiosa e stupita: ‘Obama sta sbagliando: così Raùl resta al potere per sempre’. Ma c’è anche chi si emoziona per la svolta”. Alle pagine seguenti, la “storia” raccontata da Vittorio Zucconi: “L’isola e gli Yankees, 50 anni di folle duello. Ma ora Raùl archivia la Revolucion”. E lo scrittore Frederick Forsyth, in un’intervista, dice: “La guerra fredda è finita davvero, ora posso smetter di scrivere”. Alle pagine delle “idee” due interventi di due personaggi che si sono opposti per anni al regime castrista: lo scrittore Norberto Fuentes (“Le campane di Cuba per gli sconfitti della storia”, “È la prima volta che si avvia un dialogo vero. Obama e Raùl hanno puntato sulla convenienza nazionale senza timori”) e la blogger Yoani Sanchez (“Quel prigioniero salvato che rafforza il castrismo”, “Lo scambi tra l’americano Alan Gross e i tre agenti segreti è stata un’astuta mossa del regime”).

Su Il Fatto: “La sinistra e l’ossessione da infinita Guerra fredda”, di Fabrizio d’Esposito, dove si legge che “l’epopea di Fidel è stato il vero propellente dell’antiamericanismo. L’isola comunista è ancora una nostalgia, un’utopia senza se e senza ma”. Il quotidiano intervista Gianni Minà, che dice: “Raùl la versa sorpresa. Obama così così”, “Il comunismo e il capitalismo sono falliti, mentre Cuba è ancora lì. Quando arriva un uragano a Cuba muoiono due persone, in Louisiana 700”.

Riforme, Renzi, politica

Su Il Fatto, alle pagine 4 e 5, la corsa per il Quirinale e le riforme. “Bande e correnti. Così si organizzano i franchi tiratori”, “I 101 che impallinarono Prodi sono già raddoppiati, tanti gruppi seminano il panico nei Democratici. E i fittiani sono pronti a distruggere il Nazareno. A firmare l’articolo è Fabrizio d’Esposito, che dà conto della “mediazione” dell’ex segretario Pierluigi Bersani sulla rosa di tre nomi ex Ds: il sindaco di Torino Piero Fassino, la dalemiana Anna Finocchiaro e Walter Veltroni. Alla pagina seguente: “Renzi vuole prima l’Italicum. Carta segreta per il Colle”, “Il premier spera che Napolitano ritardi di qualche giorno le dimissioni. Ennesima guerra con Forza Italia, che vuole prima eleggere il successore”.

La Repubblica: “Nuovo patto Renzi-Berlusconi, subito l’ok all’Italicum, ma vale da settembre 2016”, “Tensione Pd-Forza Italia, poi il Cavaliere: sì alle riforme. La prospettiva del voto anticipato così slitta al 2017”. Gli autori di questo “retroscena”, Francesco Bei e Goffredo De Marchis, scrivono che con questo accordo -che prevede che Forza Italia voti la legge elettorale- si dice addio al Mattarellum come clausola di salvaguardia: “i renziani lo avevano presentato in commissione solo come spauracchio per convincere Berlusconi a non alzare troppo il prezzo”. E “anche la minoranza dem può dirsi soddisfatta dell’accordo per aver allontanato le urne di due anni”.

La Stampa: “Corsa contro il tempo per l’Italicum. Braccio di ferro tra Pd e Forza Italia”, “L’impegno chiesto dal premier ai senatori è di approvare la legge entro gennaio”. Ieri il premier-segretario si è recato infatti al Senato per incontrare il gruppo del Pd: scrive Carlo Bertini che ha lasciato libero sfogo a tutti i senatori del partito che avevano qualcosa da dire sull’Italicum, da Corradino Mineo a Walter Tocci, ai bersaniani: e la cosa che ha voluto mettere in chiaro è il calendario. Che dev’essere i più stringente possibile: il 7 gennaio la legge elettorale deve arrivare al voto in aula al Senato.

“Renzi dà la linea. Italicum e poi il Colle”, si legge sul Sole 24 Ore. Si dà conto dell’intervento del premier ieri alla Assemblea dei senatori del Pd. Renzi, “forte dell’enorme cappello steso dal Presidente sul governo nel suo discorso di martedì sera davanti alle alte cariche dello Stato” ribadisce di voler andare avanti con la legge elettorale, e di non essere disposto a norme transitorie: “‘Andremo a votare nel 2018 con l’Italicum’, rassicura Renzi parlando con i suoi senatori. Nel 2018 magari no, ma con l’Italicum valido almeno per la Camera di certo sì. Quindi nessuna legge-ponte, che sia il Consultellum opportunamente rivisto come vorrebbe Roberto Calderoli o il vecchio Mattarellum inviso agli azzurri come rilanciato provocatoriamente dai renziani nei giorni scorsi”. Renzi è però “disponibile a ragionare su una data dopo la quale l’Italicum entrerebbe in vigore, con o senza riforma del Senato approvata. Per il premier questa data è gennaio 2016, ma si può arrivare anche un po’ più in là”.

Sul Giornale: “Riforme, scontro sui tempi. Renzi accelera sull’Italicum”. “Il Presidente del Consiglio: nuova legge elettorale entro fine gennaio. Ma resta la montagna di emendamenti leghisti”.
Un altro articolo si sofferma su Forza Italia: “Berlusconi dà la linea ai suoi: avanti ma senza diktat del Pd”. “Il Cavaliere conferma l’accordo: ‘La sinistra potrebbe dividersi, il Patto del Nazareno va rispettato ma non accettiamo imposizioni’. E Romani apre: si può chiudere a gennaio”.

Renzi a Bruxelles

Il Corriere della Sera: “Renzi a Bruxelles. Il piano per avere più flessibilità”. “La strategia illustrata ieri al Quirinale”. Il vertice oggi “potrebbe per la prima volta essere ridotto a un giorno”, senza la coda della mattina dopo, scrive il quotidiano, una “novità di metodo”, un “approccio molto pragmatico” apprezzato da Renzi.

Secondo Il Sole 24 Ore quello di oggi è “Consiglio europeo all’insegna dell’europessimismo italiano”, nel senso che “l’ultimo sondaggio di Eurobarometro pubblicato ieri mostra che solo il 34% degli italiani ha una immagine ‘positiva’ dell’Unione, in aumento rispetto allo studio precedente, della primavera del 2014, ma sempre a livelli inferiori che in Francia, in Germania e nella media della UE (39%). Il 28% degli italiani ha una visione negativa, il 35% né positiva, né negativa”. Si discute del rilancio dell’economia europea, del piano Juncker e della crisi in Ucraina.

Russia

Il Giornale racconta che oggi Romano Prodi incontrerà a Mosca il capo del Cremlino Vladimir Putin. “Prima avrà un pranzo di lavoro con il ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov. L’ultima volta di Prodi in Russia risale al settembre 2013, quando partecipò al forum di Valdai, incontrando Putin. Presidente della Fondazione per la cooperazione tra i popoli, aveva incontrato il presidente russo nel febbraio dello stesso anno, come inviato speciale Onu per il Sahel”. Oggi Putin tiene la sua annuale conferenza stampa in cui farà il punto della situazione in un momento molto difficile per l’economia russa. “Non è da escludere che nel faccia a faccia con Prodi il presidente russo affronti vari temi di politica internazionale, compresi i rapporti (non facili) con l’Europa. E può essere che il professore tenti di mediare con Putin, per convincerlo a smussare certi angoli, in vista del superamento delle sanzioni”, scrive il quotidiano.

Sul Corriere si legge che “la sensibile ripresa del rublo fatta segnare ieri non è bastata a evitare lunghissime code davanti a molti negozi, simili solo a quelle che si videro negli ultimi anni dell’Unione Sovietica. Allora si faceva la fila per qualche salsiccia, mentre oggi i russi cercano freneticamente di conservare il valore dei loro risparmi comprando apparecchi elettronici, automobili, ma anche profumi francesi e champagne”. “Un rublo più basso dovrebbe favorire la produzione interna, ma il problema è che in Russia si produce ben poco. Così le merci sugli scaffali sono destinate ad aumentare di prezzo vertiginosamente”. E “Apple ha deciso di sospendere provvisoriamente le vendite, visto che su ogni apparecchio continuava a perdere. Un mese fa un iPhone 6 costava 32 mila rubli che allora valevano 560 euro. Poi il prezzo è salito a 40 mila rubli, ma ieri questo voleva dire solo 400 euro. Così, per ora, fine dei giochi”.

“Il crollo del rublo spaventa le aziende italiane: forti rischi per l’export”, titola Il Sole 24 Ore, che dà conto del parere di un imprenditore lombardo che produce macchinari per fonderia, Gabriele Galante: “‘Coinvolto? Direi, la Russia valeva lo scorso anno il 12% dei miei ricavi, oggi dieci punti in meno'”. La sua azienda ha merce ferma per sette milioni di euro “‘e per adesso non posso spedire nulla. L’acconto del 30% è arrivato, ma dato che noi facciamo prezzi in euro ora per il saldo il conto in rubli è lievitato. Il cliente mi propone di pagare la metà. Ma come si fa?'”. “I problemi di Galante sono comuni a migliaia di imprenditori italiani, alcuni in difficoltà nell’ottenere lettere di credito da parte delle banche, altri in crisi per il crollo della domanda interna e il conseguente rinvio delle commesse”.

E poi

Sulla decisione della Ue di rimuovere Hamas dalla lista delle organizzazioni terroristiche Il Giornale offre un commento di Fiamma Nirenstein: “Il mondo di Strasburgo: Hamas non è terrorismo e la Palestina è uno Stato”. “Parlamento europeo choc: toglie l’organizzazione dalla lista nera per ‘motivi procedurali’ e vota sì alla nuova nazione (con applausi)”. La Corte generale dell’Ue, spiega Nirenstein, ha rimosso Hamas dopo un ricorso presentato dalla organizzazione palestinese ed ha stabilito che le accuse contro il gruppo “non sono sostenute da prove processuali ma solo da notizie di stampa”. “La Corte spiega in modo un po’ ridicolo perché purtroppo tutti abbiamo visto il sangue versato da Hamas, che se nei prossimi tre mesi le prove verranno presentate essa verrà reinserita nella lista”.

Anche il Corriere mette insieme le due notizie europee, su Palestina e Hamas: “Sì dell’Europarlamento alla Palestina. Hamas tolta dalla lista dei terroristi”. “E da ieri è all’Onu la risoluzione che chiede la fine della occupazione israeliana”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *