Il Corriere della Sera: “Immunità per i nuovi senatori. Sì di Forza Italia e Lega, Renzi sfida i 5Stelle”. E poi: “Al Parlamento Europeo rieletto Schulz. Provocazione di Farage, volta le spalle all’inno”. A centro pagina: “L’arresto di Sarkozy. ‘Patto con un giudice per rubare segreti’”. In prima anche i funerali dei tre ragazzi israeliani: “Le lacrime e i missili: prenderemo i killer’”.
La Repubblica: “Nel nuovo Senato resta l’immunità, polemica nel Pd”, “Ma Renzi a M5S: troviamo una soluzione sullo scudo”, “Berlusconi diffidato si scusa per l’attacco alle toghe”.
A sinistra la foto del leader euroscettico Ukip Nigel Farage ieri al Parlamento europeo, nell’atto di voltare le spalle all’orchestra che suona l’Inno europeo, sotto il titolo: “Grillo show contro la Ue, ‘Non date fondi all’Italia e basta Inno alla gioia’”.
In evidenza, con foto dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy: “Francia shock, fermato Sarkozy, ‘Così ha corrotto un magistrato’”.
La Stampa ha in evidenza la grande foto dall’Europarlamento, con i deputati Ukip che voltano le spalle durante l’Inno alla gioia. Il titolo: “Parlamento Ue, sì alle larghe intese. Grillo show: non date soldi all’Italia”.
Sotto la testata: “Fermato Sarkozy: ‘Voleva corrompere un magistrato’”, “’Offrì un posto in cambio di notizie’”.
Sulla politica italiana, in apertura a sinistra: “Riforme, resta l’immunità per i senatori”, “Il premier ai grillini: collaboriamo. E loro: legge elettorale in 100 giorni”.
Il Fatto ha in apertura un fotomontaggio che raffigura l’ex presidente francese Sarkozy e il presidente del Consiglio italiano Renzi sotto il titolo: “Liberté, égalité, immunité”. Riferimento all’inchiesta che riguarda Sarkozy e parallelamente al voto in Commissione Affari costituzionali ieri in Italia su quello che il quotidiano definisce “lo scudo impunitario”
A centro pagina: “Il giudice diffida il Caimano: ‘Alla prossima finisce dentro’”.
Dall’Europarlamento, foto di Farage e Grillo al momento in cui vararono il gruppo insieme: “Farage di spalle, i 5 Stelle no, Grillo: ‘Basta soldi all’Italia’”.
Il Giornale: “Ridi ancora, Sarkozy”. Fermato l’ex presidente francese che ironizzava sull’Italia del Cavaliere e ci trascinò alla guerra di Libia”. Spazio in prima anche per lo stesso Berlusconi: “Nuove minacce delle toghe a Berlusconi: basta critiche”.
L’Unita “Grillo a destra e senza gioia”, nel senso che “l’alleato Farage volta le spalle all’inno d’Europa” e “il comico lo difende”. In evidenza in prima anche i dati sulla disoccupazione femminile sotto il titolo “Sprofondo rosa”.
Sarkozy
“Una pioggia di telefonate ai magistrati ‘amici’. Così è rimasto impigliato”, è il titolo de La Stampa, che spiega come Sarkozy fosse sotto intercettazione per tre vicende diverse. I reati ipotizzati nei suoi confronti sono corruzione in atti giudiziari e violazione del segreto istruttorio. I tre filoni di inchiesta erano relativi allo scandalo Bettencourt (soldi dell’ereditiera dell’impero L’Oréal per la vittoriosa campagna presidenziale del 2007), i presunti finanziamenti illeciti piovuti dalla Libia ai tempi di Gheddafi e il ruolo avuto dal governo, sotto la sua presidenza, nell’arbitrare la disputa fra il miliardario Bernard Tapie e la banca Crédit Lyonnais, finita con la decisione di risarcire il primo con oltre 400 milioni di euro.
Secondo La Stampa, Sarkozy tentava costantemente di essere informato sulle decisioni che l’alta Corte di Cassazione intendeva prendere sul sequestro delle sue agendine che avrebbero potuto essere usate come prova. Alla Cassazione si era rivolto per secretarle. E per informarsi, secondo l’accusa, si sarebbe rivolto all’”amico” Gilbert Azibert, magistrato, cui avrebbe promesso una raccomandazione per un posto da consigliere di Stato a Montecarlo. Ancora una corrispondenza da Parigi, firmata da Alberto Mattioli, racconta come “la corsa di Sarkò” finisca in caserma: “Sfuma il grande ritorno alla politica”.
La suocera Marisa Bruni Tedeschi dice: “È tutta una manovra per stroncargli la carriera”.
Mentre Edwy Plenel direttore di Médiapart, sito che che pubblicò a suo tempo le intercettazioni di Sakozy ai supposti amici giudici, dice: “Anche lui come Berlusconi usava lo Stato per tutelarsi”, “Da quindici giorni politici amici e giornalisti compiacenti parlano del prossimo ritorno di Sarkozy in politica. Ma lui per primo sapeva che sarebbe stato convocato dai giudici. Dunque, si tratta soltanto di una messa in scena”.
Ma sul sospetto che Gheddafi sia stato eliminato perché conosceva segreti imbarazzanti, Plenel resta prudente: “È un’ipotesi. L’argomento contrario è che Gheddafi non ha mai mostrato le prove dei suoi finanziamenti illeciti a Sarkozy. Di certo, la svolta della politica araba di Sarkozy è servita a far dimenticare le sue imbarazzanti amicizie con i vari Gheddafi, Bel Ali, Assad e Mubarak”.
Il Corriere intervista Plenel: “Sarkozy sapeva di essere nei guai, ha fatto circolare l’ipotesi di un suo ritorno per potersi poi atteggiare a vittima”. “Userà la politica come uno scudo contro i processi”.
Su la Repubblica, la corrispondente Anais Ginori: “Gheddafi, la miliardaria e la talpa in procura, la rete di affari che ha rovinato Sarkozy”. Dove si ricostruisce il legame con il rais libico: nel 2005 la Libia è ancora un Paese “canaglia”, a Parigi Sarkozy è un ambizioso ministro dell’Interno e tra il 2005 e il 2007 il suo capo di gabinetto Claude Guéant organizza diversi viaggi in Libia. Nel dicembre 2007 Gheddafi è ricevuto nella capitale con tutti gli onori.
Anche la Repubblica intervista il direttore del sito Médiapart: “Ai suoi ordini, servitori dello Stato organizzati in clan”. “La rete dell’ex presidente” è il titolo dell’analisi che, ancora su la Repubblica, firma Bernardo Valli che ammonisce a non paragonare il caso dell’ex Cavaliere con quello di Sarkozy: “la versione francese non è quella di un umo d’affari” che si è buttato in politica, “non è un capo azienda che non sa governare il Paese. Non manca di competenza e non è un campione del conflitto d’interessi. È un uomo politico dalla punta dei capelli alla punta dei piedi”. Può darsi, scrive ancora Valli, che dopo le ore di fermo “il cittadino Nicolas Sarkozy” diventi testimone o resti nella posizione di testimone assistito, anche se c’è il rischio che la procedura sfoci in un atto di accusa vero e proprio. Quanto al governo socialista, appare “imbarazzato”, perché teme che i sostenitori di Sarko e con loro larga parte del Paese, pensino al complotto. “Non devono invece essere troppo impietositi gli aspiranti candidati alla presidenza” per il 2017 di centrodestra.
Su Il Fatto: “Nome in codice Bismouth, la spy-story dell’Eliseo”, “’SuperSarko’ aveva un’identità fittizia per non essere intercettato. Voleva evitare l’inchiesta sui finanziamenti illeciti per la campagna 2007”.
Berlusconi, giustizia
Il Corriere: “Berlusconi richiamato dal giudice di sorveglianza: mi scuso”. A firmare l’articolo è Luigi Ferrarella, che ricorda che l’ex premier era stato convocato per aver parlato di magistratura incontrollabile e irresponsabile testimoniando a Napoli.
Il Giornale :”Vietato parlare dei giudici”.
La Repubblica intervista il vicepresidente del Csm Michele Vietti: “La riforma secondo Vietti: ‘Filtrare le intercettazioni e distruggere quelle irrilevanti, l’immunità non va abolita”. Sulla stessa pagina, il Garante della Privacy Antonello Soro, dice: “Sulla pubblicazione dei nastri serve una svolta”, “Troppi casi di accanimento informativo”.
Immunità
Più che polemica la cronaca de Il Fatto sulla riunione ieri della Comissione Affari costituzionali del Senato, che viene raccontata così: “Venti minuti, poche obiezioni, un assenso convinto e la commissione Affari costituzionali approva l’emendamento di Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli, i relatori di una riforma che trasforma la Carta: viene introdotta (o confermata), l’immunità per i futuri senatori, che poi senatori non sono, ma consiglieri regionali, sindaci e nominati. Il Partito Democratico ha votato compatto, assieme ai berlusconiani (con l’eccezione di Augusto Minzolini), ai leghisti e ai centristi-alfaniani misti. Sel e M5S contrari. Il ministro Maria Elena Boschi, presente in commissione, ha concesso al tema un centinaio di secondi, in tre ha riassunto: ‘Il governo è favorevole’. Scomparso l’imbarazzo: pareva asfissiante un paio di settimane fa. Poi s’è scoperto che la protezione ai senatori aveva il timbro di Matteo Renzi, di un gruppo di democratici e, ricordano, di svariati costituzionalisti consultati in commissione”.
La Repubblica: “Al Senato l’immunità resta, il M5S accusa e Renzi rilancia: ‘troviamo un’altra strada’”, “Ampia maggioranza in commissione. Proteste da minoranze dem e Scelta civica. I grillini: sfregio ai cittadini. E sulla legge elettorale: facciamola in cento giorni”. Il “retroscena” parla del “piano B del premier: si cambierà in aula, ma anche per i deputati”. Dove si insiste sul fatto che il governo non aveva previsto l’immunità nella prima versione del disegno di legge che porta la firma del ministro Boschi. Secondo La Repubblica Renzi è il primo a non essere convinto che la soluzione trovata equiparando semplicemente i nuovi senatori ai deputati sia la migliore. Nel corso della riunione il capogruppo Pd al Senato Luigi Zanda avrebbe fatto presente le ragioni del proprio dissenso informandone anche il premier. Anche perché i tecnici avrebbero sottolineato i rischi di un diverso sistema di guarentigie per deputati e senatori. Zanda avrebbe suggerito – insieme alla relatrice Pd Finocchiaro – di trasferire il giudizio sulle autorizzazioni nei confronti dei parlamentari alla Corte costituzionale, che però pare abbiano espresso timori di una politicizzazione dell’organo. E il ministro Boschi avrebbe ritenuto questa opzione “impervia”. Il governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, intervistato, dice: “Io governatore dico no, la tutela è giusta solo per i reati d’opinione”, “l’immunità va cancellata”.
La Stampa pone a confronto le opinioni del costituzionalista e senatore PD Stefano Ceccanti (“Abolirla solo a Palazzo Madama era un errore”, dice) e quella della senatrice di Sel Loredana De Petris (“È l’insindacabilità delle opinioni che va rafforzata”).
Il giurista Gianluigi Pellegrino, su la Repubblica, considera positiva l’ipotesi di un intervento della Corte costituzionale: “Un esame diretto della Consulta sulla sussistenza o meno del fumus persecutionis è una soluzione del tutto fisiologica per il giudice naturale su conflitti tra poteri”.
Il Corriere dà spazio ad una lettera di Vannino Chiti, che si sofferma sul “pasticcio inaccettabile” che si starebbe facendo in Parlamento sulla riforma del Senato.
Israele
Secondo la Repubblica il premier israeliano Netanyahu “prepara l’attacco” dopo l’uccisione di tre ragazzi, per la quale accusa Hamas. “Israele piange i suoi ragazzi, ‘Tra noi e Hamas un baratro’”, scrive nei titoli il quotidiano riferendo le parole del premier. “Nell’audio della telefonata alla polizia, gli spari. Dimissioni degli agenti che non diedero l’allarme”, scriva ancora il quotidiano.
Nella pagina di fianco, intervista allo scrittore israeliano David Grossman: “Per combattere il terrorismo bisogna sostenere Abu Mazen”, “Mahmoud Abbas ha condannato il rapimento benché i tre fossero coloni. Ha dimostrato grandezza d’animo”.
Su La Stampa la corrispondenza di Maurizio Molinari: “Nella sala di comando di Tsahal: ‘Sappiamo ogni cosa di Hamas’”, “Il centro militare che controlla la Striscia: sei ‘brigate’ son nel mirino”. E sui funerali di ieri “I tre ragazzi sepolti sulla collina degli eroi”, “In centomila per l’ultimo saluto alle alture dei Maccabei. Peres: ‘Prenderemo gli assassini, stop al terrorismo’”.
Sul Corriere:“‘Un baratro morale ci separa dai nostri nemici. Loro celebrano la morte, noi la vita. Loro inneggiano alla crudeltà, noi alla pietà. Questa è la base della nostra forza’ proclama il premier Benjamin Netanyahu dietro a un vetro antiproiettile. ‘Il terrorismo è come un boomerang: vuole colpire noi, il colpo gli si ritorcerà contro’ promette il presidente Shimon Peres”. “Quanto il boomerang picchierà duro è quello che Netanyahu discute con i suoi ministri ritornato a Gerusalemme”.
Sullo stesso quotidiano le riflessioni dello storico Benny Morris: “Lo Stato ebraico circondato da nuovi muri. Ma può sperare negli amici regionali”, ovvero i generali in Egitto e i curdi iracheni.
Economia
Oggi Il Sole 24 Ore torna ad offrire il suo punto sulle “riforme, tra vecchie e nuove, da portare a compimento”, ovvero sul “cammino delle leggi varate sotto i precedenti governi e di quelle approvate sotto la presidenza Renzi, il provvedimento sul lavoro, quello sul bonus da 80 euro e le misure per la casa”, aspettando la riforma della Pa e gli altri provvedimenti.