Il Corriere della Sera: “Il voto delle città agita il Pd”. “Renzi: finite le posizioni di rendita. Bersani e Letta: ora riflettere”. “Grillo esulta: virus inarrestabile. Berlusconi: stop al doppio turno con l’Italicum”.
A centro pagina: “Il governo ci prova. Per i dipendenti statali mobilità obbligatoria”.
A fondo pagina il quotidiano offre una intervista a Eric Schmidt, “capo di Google”: “’Quando dissi a Obama: fermatevi’”, a proposito della “sorveglianza di massa” e dello “spionaggio illegale”.
La Repubblica: “Pd, vittorie e polemiche. Renzo va all’attacco: ‘Rendite finite per tutti’”, “Ai ballottaggi nei comuni il centrosinistra batte la destra 167 a 43”, “Ma tra i ‘dem’ è resa dei conti: ‘Vecchi sindaci da rottamare’”.
A centro pagina: “Mose, nelle carte spunta Gianni Letta”.
Di spalla a destra si rimanda all’inserto R2 con l’intervista di Thomas Friedman al presidente Usa sulle politiche energetiche: “Obama, ‘La mia America verde’”.
In basso, Roberto Saviano spiega: “Perché sono tutti cattivi nella Gomorra che va in tv”.
La Stampa: Comuni, resa dei conti nel Pd”, “Successo elettorale ma il caso Livorno brucia. Renzo: non si vive di rendita”.
A centro pagina, la drammatica foto di un gommone che urta una motonave ribaltandosi: “Migranti, morire a un passo dalla salvezza”.
Il Fatto: “Livorno resuscita Grillo. Renzi: ‘Non si vive di rendita’”, “I 5 Stelle conquistano la roccaforte rossa da 68 anni, il Pd perde anche Perugia (che va a FI) e Padova (Lega), ma al Nord fa il pieno. Il leader M5S smette di prendere il Maalox: ‘Siamo un virus inarrestabile’. Il premier accusa la vecchia guardia bersaniana e avverte i suoi che il 40 per cento non è per sempre”.
A centro pagina, gli interrogatori di Piergiorgio Baita, manager della Mantovani costruzioni, sul caso Mose: “’Mose, ecco le tangenti per Matteoli e l’uomo di Ghedini per i fondi neri’”.
Il Giornale: “Renzi non è imbattibile”. “Dove è unito il centrodestra vince ancora”, scrive il quotidiano. Il commento di Vittorio Feltri: “Occhio a non fare la fine del salame”, nel senso che i partiti rischiano di “esaurirsi” a furia di “affettarsi”. L’invito è rivolto ai “moderati”.
A centro pagina “Cairo non paga e a La7 scatta l’allarme rosso”.
All’interno: “Il golpe del Nord contro la nomina di Juncker”.
Il Sole 24 Ore: “Spread ai minimi dal 2011”. Editoriale di Marco Onado: “La benzina c’è ora ci vuole il motore delle riforme”. Di spalla: “Renzi: con i ballottaggi sono finite le posizioni di rendita elettorale”. Al centro: “Parte da Milano il rilancio del Paese”. In un box: “Del Torchio: In Alitalia 2.200 esuberi, solo così Etihad investirà 560 milioni”.
Ballottaggi
“I renziani preparano l’attacco: ‘Hanno perso gli ex comunisti’”, titola La Stampa dando conto del “mantra” ricorrente fra loro, pur dando conto delle parole di soddisfazione del premier: “ora non trasformiamo una vittoria in una seduta di autocoscienza tipica della sinistra. È vero, abbiamo perso città come Livorno e Perugia, anni fa abbiamo perso Bologna e poi l’abbiamo riconquistata. La verità è che abbiamo vinto in realtà dove non toccavamo palla, come al Nord: due mesi fa nessuno avrebbe scommesso che avremmo preso Pavia o Bergamo, ma abbiamo vinto pure a Cremona, nelle province del Sud e del Piemonte”. La pagina precedente: “Pd, vittoria netta ma resta il nodo del rinnovamento”. Il reportage da Livorno: “Livorno la rossa si sveglia grillina e sussurra: ‘Era ora’”. Dove si spiega che il sindaco del M5S Filippo Nogarin “ha raccolto molti voti del centrodestra ma anche di buona parte del Pd e della sinistra”. Il direttore del Vernacoliere, Mario Cardinale, dice: “Grillo non mi convince”, ma sottolinea di aver votato per Nogarin “perché serviva qui una ventata”. E il regista Paolo Virzì, anche lui livornese spiega che “è stata la risposta al degrado culturale”, “il suo ‘tutti a casa’ ha conquistato chiunque, anche la sinistra, perché a Livorno la destra vera non c’è mai stata”. Virzì viene intervistato anche da La Repubblica e dice: “La città non ha punito Gramsci ma quelli della vecchia giunta”. Se li immaginava gli abitanti dei quartieri popolari votare per i 5 Stelle e seppellire la storia? Virzì: “Li hanno votati anche nel mio palazzo, se è per questo. Non perché sono grillini ma perché sono arrabbiati e volevano vedere il sangue. E Filippo Nogarin, forse simpatico, mi pare inconsapevole della gravità del momento. Dice che sceglierà gli assessori con un bando e che aspetta i curricola via mail. Ma qui c’è un bisogno di tornare a fare politica, quella cosa su cui il M5S vomita”,”serve ricostruire la comunità, il dialogo, non gli slogan”. Intervista a Virzì anche su Il Fatto. Parla di “vendetta tribale contro i capi inerti”, “è come quando il marito per indispettire la moglie se lo taglia. Abbiamo assistito ad un autodafé”.
L’inviata a Livorno de La Repubblica, Simona Poli, racconta: “Viaggio nell’ex feudo rosso, ‘Vaffa al Pd, non volevamo morire democristiani’”, “Democrat sotto shock: si dimette il segretario cittadino, ‘Ma perché Renzi non è venuto a fare un comizio?’”. E il neosindaco grillino Nogarin, intervistato dal quotidiano afferma: “Siamo la vera sinistra, nessun imbarazzo se ci votano gli ex Msi”, “questo Pd non rappresenta la sinistra italiana. Guardate quello che è successo a Venezia”. C’è stato un effetto Venezia nella sua elezione? “È probabile. È un risultato in controtendenza rispetto alle europee. D’altra parte il Pd livornese è espressione di una struttura referenziale” (sic.). Alle pagine precedenti, l’analisi di Goffredo De Marchis: “Matteo sfida la vecchia ditta: ‘Si perde dove non si cambia’”. E dando conto delle dichiarazioni del premier-segretario, a pagina 2 il titolo è il seguente: “Renzi: ‘Finite le roccaforti, non si vive più di rendita’. Pd a quota 20 con la Sicilia”. La pagina di fianco offre due interviste. Il vincitore Giorgio Gori, che a Bergamo ha sconfitto Franco Tentorio, sostenuto da centrodestra e Lega: “Lavoravo per Silvio, ma ora ho vinto rubando voti a FI”, “A Bergamo ho rappresentato un Pd che tenta di uscire dal recinto tradizionale della sinistra”. Di fianco, Wladimiro Boccali, sindaco uscente di Perugia, sconfitto dal candidato di Forza Italia Andrea Romizi: “Sconfitta epocale, non sono riuscito a dare speranza”, “È colpa mia se abbiamo perso Perugia, ma il fatto che io sia cuperliano non c’entra nulla”.
Su Il Fatto: “’Gotham City si ribella. Il Pd perde pure Perugia”, “Reati, droga, crisi economica e un sistema politico moribondo. Dopo 70 anni il capoluogo umbro passa alla destra grazie a Romizi, candidato per caso”.
Sul Sole 24 Ore Stefano Folli scrive che ora il Pd deve riflettere, anche se “le polemiche da destra circa il presunto esaurirsi dell’ascendente renziano sugli elettori sono poco convincenti. Semplicemente non era il terreno adatto: come sa bene proprio Berlusconi che per anni cercò di trasferire nelle amministrazioni locali i successi personali raccolti su scala nazionale”. Ma ovviamente questo non vuol dire che “il Pd non debba riflettere con attenzione su quanto è avvenuto domenica. E non perché l’esito di queste comunali sia stato negativo. È stato un successo, grazie ai 160 comuni confermati o conquistati. Eppure, proprio perché non esistono più rendite, come dice il premier-segretario, c’è bisogno di un serio lavoro di rinnovamento. E non solo a Livorno o a Perugia”. È il “vecchio partito” che dovrà rassegnarsi, perché le sconfitte a Perugia o a Padova “non sono da ascriversi alla responsabilità dei ‘renziani’”.
Sullo stesso quotidiano una analisi di Roberto D’Alimonte è focalizzata sull’alto numero di astenuti,che ha “ribaltato i risultati”.
Sul Corriere viene intervistato il vicesegretario del Pd Guerini, che di Livorno e Perugia dice “il voto è libero e qualche volta contradditorio”. Guerini evita di offrire una risposta unica alle differenti situazioni, e alla domanda se sia stata colpa della “vecchia guardia” o di Renzi che “non ci ha messo la faccia” dice che “ogni situazione ha una storia a sé”, e “non siamo stati capaci di comporre una proposta complessiva vincente”. La rottamazione farà altre vittime? “Dove è necessario faremo dei cambiamenti con coraggio, aprendo a nuovi protagonisti”.
Un altro articolo si sofferma sulle “critiche di Bersani e Letta”: l’ex segretario ha detto che occorre “studiare a fondo la situazione”, in particolare quel che è accaduto a Livorno, e il “non detto, per i bersaniani, è che dove la sinistra non va a votare il Pd perde”. Letta, “che non era mai intervenuto nel dibattito politico nazionale dalla traumatica staffetta con Renzi, a margine di un seminario a Pisa ha commentato il dato meno felice dei ballottaggi: ‘La sconfitta del Pd a Livorno merita una riflessione profonda, perché del tutto inattesa’. E Perugia, Padova, Potenza? L’ex premier non entra nel merito delle sconfitte incassate dal suo partito, ma da toscano insiste su Livorno: ‘È la sconfitta più clamorosa e non solo per il suo valore simbolico, per questo credo che necessiti di una riflessione nazionale’”. “Parole che suonano molto distanti dalla posizione di Renzi, che dal Vietnam ha definito ‘straordinario’ il risultato”, scrive il quotidiano.
L’inviato de Il Fatto a Casal di Principe è Enrico Fierro: “Casal di Principe liberata: il trionfo dell’anti-camorra”, “Dopo oltre vent’anni, il medico Renato Natale, che i boss cacciarono dal municipio e che volevano ammazzare, riaccende la speranza in città. E si sfoga: ‘Vaffanculo’”. E in basso, sulla stessa pagina, si dà conto della vittoria del M5S a Bagheria: 69,7 per cento è il risultato ottenuto dal candidato grillino Patrizio Cinque. Per Il Fatto a Bagheria “onestà batte mafia”, perché Bagheria è la “patria della Trattativa”.
Il Corriere intervista Andrea Romizi, il 35 enne di Forza Italia eletto sindaco di Perugia. “Io il Renzi del centrodestra? Non sono qui per rottamare nessuno”.
Per tornare a Livorno, L’Unità racconta l’avvio della “resa di conti” nella città, con le dimissioni del segretario cittadino. Ma si racconta anche dei partiti che hanno determinato la sconfitta, “dal Prc alla Lega”.
Quanto al centrodestra, Il Giornale oggi scrive che Berlusconi “congela la resa dei conti”. Il leader non andrà all’Ufficio di presidenza, “rientrerà a Roma con molta calma e solo nel primo pomeriggio. E non parteciperà a nessuna delle riunioni in calendario oggi a piazza San Lorenzo in Lucina. Né a quella delle 11 in cui si voterà il consuntivo annuale del dismesso Pdl, né a quella delle 14 dove si approverà invece il bilancio della rediviva Forza Italia”. Insomma, vuole “prendere tempo in attesa che si plachino gli animi dentro il partito, così da evitare uno scontro che dopo la pessima performance elettorale rischierebbe di essere devastante”. Un altro articolo si sofferma sullo “psicodramma” in Lombardia, dove tre comuni su tre sono andati al Pd perché “i moderati sono rimasti a casa”, scrive il quotidiano.
Mose
“Nelle carte dell’inchiesta sul Mose spunta anche il nome di Gianni Letta”, scrive in prima pagina La Repubblica. Alle pagina interne si riferiscono anche nei titoli le dichiarazioni dell’ex amministratore delegato della Mantovani, Piergiorgio Baita: le ha rese il 17 settembre scorso ai magistrati: “Letta è l’assicurazione sulla vita!”, avrebbe esclamato Mantovani, considerato il “testimone chiave” su cui si regge tutta l’inchiesta Mose. Scrive il quotidiano: che Gianni Letta e il presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati fossero molto vicini “ormai lo sanno anche i sassi”. Secondo Baita era un rapporto curato “con grande gelosia”, “io non potevo nemmeno avvicinarmi al sottosegretario”. Sono mai state versate somme direttamente a Letta? Baita avrebbe risposto: “Non ne ho conoscenza, ma in ambito consortile è sempre circolata la voce tra i soci che l’incarico di progettista unico affidato a Technital, società del gruppo Mazzi, che era assolutamente fuori mercato, servisse a questo scopo”. L’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta, spiega il quotidiano, è stato intercettato più volte con Mazzacurati. Non è indagato ma sarà sentito a Venezia, in particolare per un suo eventuale ruolo nello “sblocco” di fondi del Cipe a favore del Consorzio Venezia Nuova. Ancora un resoconto dei verbali di Baita sulla pagina seguente: “’Abbiamo pagato tutti, dal Pdl milanese a Ghedini e Brunetta”. Su Il Fatto, tre intere pagine: “Mose, ‘l’uomo nero’ di Ghedini e la ditta Letta&Matteoli”, “Gli appalti spartiti da società vicine ai due potenti e il ruolo del legale di B.”, “L’abbuffata dei Berluscones”, “Tutti i rapporti del dominus del Consorzio, che incontra Tremonti e chiede consigli a Letta”.
L’inviato de La Stampa a Venezia racconta le urla ieri in Consiglio comunale a Venezia: “Mose, caos in comune: ‘Tutti a casa’”, “Cittadini e M5S si scatenano in consiglio. Striscioni e insulti nel primo giorno senza sindaco”. Poi si dà conto della posizione del sindaco Orsoni, agli arresti domiciliari, che avrebbe ribadito: “nelle mie mani non è passato un solo centesimo”. È accusato di aver ricevuto un finanziamento illecito per la campagna elettorale del 2010 di 110mila euro più un’altra regalia in contanti di 450mila euro. Quest’ultima non gli sarebbe stata data direttamente: il presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati dice di averli dati a Ferdinando Sutto, suo segretario; Sutto a sua volta li avrebbe dati ad un intermediario di cui non c’è traccia, che potrebbe averli dati ad Orsoni o tenuti per sé, se non elargiti a qualche altro esponente locale del partito. Nella pagina di fianco: “Anche strade e ospedali nel mirino degli inquirenti”, “Nell’indagine sulla Sanità spunta il nome di Tosi, sindaco di Verona”. Alla Regione Veneto, scrive il quotidiano, la Sanità è gestita dalla Lega da vent’anni.
Beppe Severgnini intervista sul Corriere l’Amministratore delegato di Google Eric Schmidt. Sui giornali di carta – dopo aver chiesto al suo interlocutore se le vendite stanno salendo o scendendo, dice: “I cittadini si stanno muovendo verso il digitale e la gente che comprava i giornali oggi li legge su smartphone e tablet. Bisogna inventare una strategia basata sul fatto che i tuoi lettori stanno là. Ci sono tre modi per farlo: puoi avere un paywall, puoi usare un modello gratuito oppure trovare uno sponsor”. Sulla informazione online: “Molte notizie sono ripetitive. ‘Il presidente Obama ha tenuto un discorso annunciando il programma e poi è volato a Miami’: ci sono migliaia di siti che dicono questo, scritti da migliaia di giornalisti. Non c’è un vero insight, un’analisi, spesso manca un punto di vista. Le notizie normali hanno sempre meno rilevanza, troppa gente racconta le stesse cose. Mettiamola così: chi organizza i dieci titoli principali della giornata non offre un grande valore”.
Sul diritto all’oblio: “Se non sei una persona pubblica e l’informazione non è rilevante per l’opinione pubblica, puoi chiedere a Google di rimuovere quell’informazione. Questa decisione, le dirò, ci ha stupito. È un equilibrio delicato quello tra il diritto all’oblio e il diritto a sapere, e noi pensiamo che la Corte abbia trovato l’equilibrio nel punto sbagliato. Ma poiché siamo ligi alla legge e la legge è chiara, la rispettiamo; e abbiamo deciso di farlo nel modo migliore. Stiamo assumendo persone che guarderanno a ogni caso in base ai principi stabiliti dalla Corte. In settembre e ottobre organizzeremo un touchiedendo direttamente ai cittadini come affrontare i casi più complicati. Ci sarò anch’io”-
Sulla sorveglianza da parte dei governi, Severgnini cita Glenn Greenwald, che intervistato dal Corriere sosteneva che Google non avesse opposto molta resistenza alla “sorveglianza di massa”: “Le affermazioni di Greenwald sono false e lui lo sa. Punto uno: non eravamo consapevoli che la Nsa (National security agency, Usa) o il Gchq (Government communications headquarters, Uk) avessero accesso ai nostri servizi interni. Punto due: non abbiamo collaborato con loro. Quando, tempo dopo, è uscito un documento da cui risultava che il Gchq in effetti intercettava il traffico tra i nostri server, immediatamente abbiamo criptato tutto, Gmail verso Gmail e sempre di più Gmail verso non Gmail. Ma queste intrusioni ci hanno fatto arrabbiare. Molto”. Oggi, “posso dirle: se vuole che qualcosa sia protetto, lo dia a Google. Una delle conseguenze di quello che io considero lo spionaggio illegale della Nsa è questa: la tech industry ora ha reso la vita molto difficile a chi vuole fare queste cose”.
E poi
Da segnalare, sul Sole 24 Ore, un articolo firmato da Edoardo Reviglio e Franco Bassanini, dove si parla delle ultime mosse della Bce e si ricorda che due anni fa gli autori proposero alla Bce una misura molto simile al TLTRO, cioè al rifinanziamento mirato alle banche, promosso da Draghi e dal board Bce pochi giorni fa. Allora però la proposta fu accolta con scetticismo.
Il Corriere intervista il leader del Vlams Balang, partito euroscettico fiammingo. Gerolf Annemans spiega le differenze con altri partiti europei, ricorda che Farage lo definisce antisemita e razzista, dice che il suo partito è amico della comunità ebraica, e che al Parlamento europeo siederà con il Front National di Marine Le Pen, con cui collabora da 25 anni. E con la Lega di Salvini. “Abbiamo già 5 partiti dei 7 necessari”. “Non razzisti ma anti-immigrati. Come Salvini” è il titolo dell’intervista.
Su Il Giornale, Gian Micalessin parla della ostilità dei “Paesi del Nord” (avallata, a quanto pare, dalla Cancelliera tedesca) nei confronti di Juncker come capo della Commissione: “Il golpe del Nord contro Juncker. Riunione carbonara tra Merkel e i premier di Gran Bretagna, Svezia e Olanda per silurare il leader troppo europeista”.