Il Corriere della Sera: “L’Europa incalza ancora l’Italia”. “Le pagelle della Ue: bene le riforme, più sforzi nel 2014”. “Bruxelles non boccia il rinvio del pareggio di bilancio. Padoan: la crescita eviterà la manovra”.
A centro pagina: “Il re di Spagna scende dal trono: Felipe è pronto, largo ai giovani”. In evidenza anche una una intervista al direttore generale Rai Gubitosi, che dice: “Sbaglia chi vuole scioperare”. E poi: “Il piano Rai? Mai visto Renzi”.
La Repubblica: “La Ue: fate di più, ma l’Italia esclude la manovra bis”, “Bruxelles concede altro tempo per il pareggio”, “Renzi accelera sulle riforme: la musica è cambiata”.
In evidenza una grande foto del re Juan Carlos: “Juan Carlos lascia il trono, troppi scandali, tocca a Felipe”.
A centro pagina: “La nuova Rai: canone più basso e pubblicità soltanto su una rete”.
La Stampa apre con le raccomandazioni della Commissione Ue: “’Debito, servono più sforzi’”, “La Commissione avvisa l’Italia, ma non chiede una manovra correttiva”.
A centro pagina, l’abdicazione del Re di Spagna ed una sua foto: “Juan Carlo, la corona al figlio”.
Il Sole 24 Ore: “Ue, riforme ok, ma fate di più sui conti”. “‘Rafforzare le misure sul 2014’. Padona: obiettivi centrati con tagli e dismissioni”. Il quotidiano ricorda le “otto raccomandazioni all’Italia”, e le sintetizza così: “Tassare i consumi e non il lavoro”. Di spalla: “Napolitano: ho visto un popolo fiducioso”, a proposito della parata del 2 giugno. In prima anche: “Tasi, rinvio per il 71 per cento dei Comuni”. E poi il voto in Siria, “così il Paese muore di guerra civile”.
Il Fatto: “Fisco, Renzo non vuole l’uomo di Tremonti”, “Il titolare dell’Economia Padoan propone, come direttore dell’Agenzia delle Entrate, il vice di Befera: Marco Di Capua, ex ufficiale della Finanza legato alla gestione Necci delle Ferrovie dello Stato e poi al gruppo di potere sorto intorno all’ex ministro berlusconiano. Ma il premier non vuole nominarlo”.
Sulle raccomandazioni Ue all’Italia: “Bruxelles clemente col governo. Ma resta il rischio manovra”.
A centro pagina: “Il ‘pizzino’ dei marò: noi siamo stati ai patti”.
Il Giornale: “L’Europa sgonfia Renzi: più tasse. Le promesse del premier non incantano, ci risiamo col solito vizio Ue di comandare a casa nostra”. E, su Renzi: “Ora vediamo di che pasta è fatto”. A centro pagina l’abdicazione di Juan Carlos: “Il re che salvò la Spagna cerca di salvare se stesso. A fondo pagina: “Altro che spazio ai giovani. La Spinelli non molla la Ue”.
L’Unità: “Italia ai tempi supplementari. La Commissione Europea accorda il rinvio del pareggio di bilancio al 2016, ma chiede più ‘sforzi'”. “Padoan: centreremo gli obiettivi senza manovre aggiuntive”. In prima anche un commento firmato da Vittorio Emiliani: “Rai, era meglio un’altra protesta”.
Commissione Ue
Scrive La Stampa che la Commissione Ue ha cancellato “all’ultimo” il no allo slittamento del pareggio di bilancio: riferendosi allo scarto di consolidamento dei conti pubblici, la Commissione aveva pensato di negare all’Italia di ritardare l’azione di un anno, ma domenica il punto “è uscito dal testo”, su pressione del gabinetto del commissario per l’Industria Tajani. Il quotidiano riferisce poi le parole del commissario Ue all’Economia, Olli Rehn: “Aumentare l’intensità delle riforme”, lavorare sul debito, “il principale punto di vulnerabilità”, con una “esecuzione rigorosa del bilancio, qualche rafforzamento delle misure adottate o programmate, e sempre pronti ad introdurne delle nuove, qualora fosse il caso”. Al governo si chiede poi di spostare ancora il fisco dal lavoro a consumi e proprietà, di lottare contro evasione e sommerso, di combattere la corruzione e fare di più per scuola, reti e trasporti, modernizzando la Pubblica amministrazione. Ma nessuna richiesta di manovra aggiuntiva. Nella pagina di fianco, in un “retroscena” si racconta: “così Renzi si è impuntato, ‘Più rigore? Impossibile’”.
Per La Repubblica le raccomandazioni di Bruxelles al nostro Paese si traducono in “una sospensione di giudizio che rappresenta un’apertura di credito alle promesse del governo” che, secondo il quotidiano, temeva una bocciatura molto più netta. Il quotidiano riproduce il tweet di risposta del ministro dell’Economia Padoan: “Debito alto, lo sapevamo: acceleriamo riforme e privatizzazioni per ridurlo in modo sostenibile”. Sulla stessa pagina, il “retroscena” del quotidiano: “La trincea Renzi-Padoan, ‘Se ci avesse bocciato non li avremmo seguiti’”, “Telefonate nella notte tra il governo italiano e Bruxelles. Bozza di raccomandazioni molto più dura nella prima versione”, “lo spauracchio di chiamava ‘early warning’, il primo passo di una procedura Ue”. Un’analisi di Federico Fubini dà conto poi di come il debito allarmi il Fondo monetario Internazionale: sul tavolo del consiglio dell’Fmi -scrive Fubini – è appena atterrata una proposta direttamente figlia dell’eurocrisi. L’idea di base è che un Paese ad alto debito deve smettere di pagare agli investitori le cedole sui titoli di Stato, se riceve un prestito di salvataggio dall’Fmi”. Ricorda però Fubini che i fattori che fanno salire il debito sono due: pesa il deficit prodotto dagli 82 miliardi che ogni anno il Tesoro paga in interessi sul debito stesso; e incide il fatto che la dimensione dell’economia misurata in euro – cioè crescita più inflazione – sale pochissimo, gli interessi sul debito sono sempre superiori alla somma di crescita e inflazione, dunque il debito non fa che aumentare rispetto al Pil.
Il Fatto parla di “giudizio sospeso” della Ue e scrive che, secondo i calcoli europei, servono sforzi aggiuntivi per ridurre il debito: se il miracolo renziano non riesce mancheranno 9 miliardi.
Il Giornale affida a Francesco Forte il commento, in una pagina in cui si scrive che la Ue “stronca il piano Renzi”. Il titolo dell’articolo di Forte è: “Manovra bis per colpa dei loro pasticci”. “La Commissione Ue ci chiede una manovra aggiuntiva per il 2014 di 4 miliardi perché Renzi, nel documento presentato in aprile, ha violato le prescrizioni di bilancio per il 2014 di 0,3 punti ed ha inoltre sovrastimato il Pil di quest’anno di 0,2 punti, supponendo una crescita di 0,8 anziché 0,6”.
Il Sole 24 Ore, con l’editoriale di Adriana Cerretelli, scrive che non c’è stata una “gelata” da Bruxelles, ieri, e che “da qualunque parte lo si guardi, da Bruxelles, da Berlino o da Roma, oggi Renzi è condannato a essere un grande riformatore o a non essere”. Un altro commento, firmato da Giacomo Vaciago, ricorda come molte delle cose scritte nelle otto o nove pagine dalla Commissione sono “note da tempo”, e dunque oggi “di tutto abbiamo bisogno meno che dell’ennesimo dibattito sulla dimensione di una ‘manovra’ sui conti pubblici da attuare nei prossimi tre mesi”. E questo perché servono “riforme strutturali”, visto che “i nostri problemi non sono più soprattutto macroeconomici” ma appunto “strutturali”, riguardano la “necessità di ‘ricostruire’ una capacità produttiva che è andata perduta”.
Di riforme per “superare la logica del rigore in Europa” parla il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Del Rio, intervistato da L’Unità.
Rai
Con una intervista al Corriere della Sera, il direttore generale Rai Luigi Gubitosi interviene sul dibattito sui tagli e sullo sciopero indetto dai sindacati in azienda per l’11 giugno. Dice che “questo sciopero è un errore”, che la “Rai fa parte del sistema”, che “ci è stato chiesto un sacrificio e noi lo faremo”. Spiega che il programma di vendita di una parte di RaiWay è già partito, “abbiamo selezionato un gruppo di banche, di advisor”, e che anche i timori di “svendita” sono infondati. “Alcuni di quelli che si dichiarano contro tre anni fa erano per vendere”, e comunque “stiamo parlando del collocamento di una quota di minoranza di RaiWay”. Sull’assetto dell’azienda dice che preferisce “parlare non di tagli da di ottimizzazione, di crescita”, ricorda che i “costi di esercizio” sono scesi negli ultimi anni, e sulle sedi regionali dice che ne parlerà in Cda. “È possibile tagliare lo stipendio dei conduttori?”. “Non solo è possibile, i tagli stanno avvenendo”. Sul governo dice di aver chiesto in passato di incontrare Renzi, “per presentargli il piano in corso”, e che “quando lo riterrà opportuno ci incontreremo e gli presenterò la situazione”. Infine ricorda che la “Rai ha lacci e lacciuoli che i concorrenti non hanno, la burocrazia impone un costo altissimo, per fare una gara dobbiamo sottoporci a una serie estenuante di passaggi”. “Abbiamo regole che ci equiparano a una Asl”.
Si occupa di Rai La Repubblica, secondo cui si va verso una revoca dello sciopero: “Rai, sciopero verso la revoca. Il governo: ma il taglio resta. Renzi: la musica cambia”, “Usigrai e Fnsi: dopo la tensione si crea un filo di dialogo”, “Giacomelli (sottosegretario alle comunicazioni): i sindacati non possono dettarci l’agenda”. Il “racconto”, nella pagina di fianco: “I tormenti di Saxa Rubra: ‘Ci sparano tutti addosso, ma è un favore a Mediaset’”.
Su La Stampa: “Caos Rai: in fuga con il malloppo”, “Renzi vuole cash e cede i ripetitori. Ma sullo sciopero la Cisl frena e il Tg3 chiede al Cdr una raccolta firme”; “cosa copre l’affare RaiWay”, “Il governo deve incassare subito, ma il problema principale è la scadenza della concessione pubblica voluta da Gasparri”.
La Stampa intervista il deputato del M5S presidente della Commissione Vigilanza sulla Rai Roberto Fico: “Renzi vuole svendere. Giusto lo sciopero dei dipendenti Rai”.
Una intera pagina del Sole 24 Ore è dedicata alla vicenda: “Una mediazione sullo sciopero. Resta lo scontro con il Governo ma si lavora sul numero delle sedi regionali”. Un altro articolo si sofferma sul confronto con i concorrenti: “Servizio pubblico zavorrato da troppi costi”.
Su L’Unità Vittorio Emiliani scrive che lo sciopero non è la forma migliore di protesta, ma chiede a Renzi cosa intenda fare con la Rai, perché se l’intenzione è quella di sottrarla ai partiti “non serve a molto chiedere all’azienda di contribuire con 150 milioni”, e serve invece intervenire sulla “infame legge Gasparri”.
Juan Carlos
“Nato con la dittatura, padre della democrazia” – è il titolo dell’analisi di Mimmo Candito che compare in prima su La Stampa: “ha traghettato Madrid da Franco alla democrazia, ma non ha retto agli scandali”, “doveva essere ‘di transizione’, si è rivelato quasi inaffondabile”.
E, in prima su La Stampa, anche il richiamo a quella firmata da Roberto Toscano: “La sfida più difficile per la monarchia” – una volta consolidata la democrazia, il ruolo della monarchia è diventato soprattutto quello di simbolo e garante dell’unità “di un Paese storicamente differenziato”. E Toscano cita la spinta indipendentista della Catalogna, “dove le elezioni hanno confermato il consolidamento, con circa la metà dell’elettorato, dei partiti a favore dell’indipendenza”. Fra i commenti a caldo dopo la notizia del sovrano che abdicava, l’analisi ricorda che Izquierda Unita e il nuovo partito Podemos (espressione degli Indignados) hanno preso posizione a favore di un referendum istituzionale su monarchia o repubblica.
La Repubblica intervista il biografo – non autorizzato – di Juan Carlos, José Garcìa Abad. Cosa c’è dietro l’abdicazione? “Sicuramente qualcosa di molto grave, che ancora non conosciamo con certezza: o ha saputo che sua figlia, l’Infanta Cristina, sta per essere rinviata a giudizio, o forse dall’inchiesta del tribunale di Maiorca sul caso Nòos sono emerse prove che lo coinvolgono direttamente nello scandalo finanziario. Escluderei invece un’altra ipotesi che circola con insistenza in queste ore: e cioè che abbia appreso di essere afflitto da una grave malattia”. Quale sarà la sfida immediata che dovrà affrontare il nuovo re Felipe VI? “Di sicuro il tema dell’indipendentismo catalano. È il problema più serio nel prossimo ventennio”. E il movimento repubblicano? “Sarà un processo lungo. Non dimentichiamo che, in Spagna, repubblica vuol dire ancora guerra civile. I due principali partiti del Paese, il Pp e il Psoe, appoggiano ancora la monarchia”. Sulla stessa pagina, un intervento dello scrittore e saggista spagnolo Javier Cercas: “Questa monarchia ha dato al Paese 40 anni di libertà”.
Internazionale
Oggi il presidente Usa sarà in Europa e precisamente in Polonia. Se ne occupa La Stampa, con Paolo Mastrolilli: “La nuova alleanza anti-Putin. Obama comincia da Varsavia”, “Primo giorno del viaggio in Europa: al centro dei colloqui lo scudo anti missile riciclato per contenere l’espansionismo russo. Ma il presidente Usa convincerà anche Berlino?”.
In prima su La Repubblica segnaliamo ampi stralci dell’ intervento che l’ex premier laburista Tony Blair ha tenuto ieri alla Cbi, la Confindustria britannica: “L’Europa secondo Blair, deve svegliarsi per cambiare”, “Dobbiamo fare in fretta. Battere il populismo salverà anche Londra”, “nel lungo periodo dovrà realizzarsi una riforma radicale delle istituzioni. L’equilibrio tra Stati nazione e Ue dovrà essere rivisto, le istituzioni dovranno essere riformate per avvicinarsi ai cittadini” e “rispondere del loro operato”.
Da segnalare sul Corriere una intervista a Nigel Farage, che dice di Grillo: “È una mente politica acuta”. E dice di essere “relativamente fiducioso” in una alleanza con il M5S al Parlamento Europeo.
La Stampa dedica un’analisi ai “terroristi della porta accanto”, dopo il caso dell’attentatore del Museo ebraico di Bruxelles, Mehdi Nemmouche, che aveva combattuto in Siria: “Uno, cento, mille Mehdi: così da Damasco Al Qaeda prepara l’assalto all’Europa”.
Se ne occupa anche l’inserto R2 de La Repubblica: “Lo jihadista della porta accanto”, “Kamal, 32 anni, dalla Puglia alla guerra santa, da mediatore d’affari a guerriero. Il padre, benestante, si convertì negli anni ’70. Ecco il suo racconto. E i servizi segreti europei avvertono: in Siria combattono almeno 2mila occidentali di fede islamica”.
La Stampa ricorda che oggi si tengono le elezioni presidenziali in Siria: “Trionfo annunciato del raiss”, “Oggi in Siria si vota per rieleggere Assad”.
Su La Repubblica attenzione per la nascita del governo Anp-Hamas: “Tre donne nel governo Hamas-Fatah”, “È di Gaza una delle tre ministre dell’esecutivo di unità nazionale varato ieri da Abu Mazen a Ramallah. Netanyahu: ‘Ora l’Anp responsabile dei razzi dalla Striscia’. Ma Usa e Ue: ‘Collaboreremo con i palestinesi'”.
Su Il Giornale: “Hamas e Fatah insieme al governo. E Israele si infuria”. “L’America non va oltre l’imbarazzo”.
Sul Corriere una pagina dedicata al soldato Bowe Bergdahl, scambiato con 5 talebani dopo esser stato prigioniero in Afghanistan per 4 anni. “Lo strano caso del soldato Bowe, ballerino, sognatore, ex ostaggio. Eroe o disertore? I dubbi sul rapimento e il rilascio”.