La Repubblica: “I leader processano l’Europa”, “Vertice a Bruxelles dopo il voto-shock: Renzi chiede più potere nel governo Ue”, “Letta in corsa per la presidenza. Marine Le Pen lancia il referendum contro l’Unione”.
A centro pagina, foto di guerra dall’Ucraina: “L’orrore Di Donetsk, cento morti nelle strade”.
Il Corriere della Sera dedica l’apertura alla crisi ucraina: “Strage tra i civili, ultimatum ai ribelli: ritiratevi o sarete colpiti. Persi i contatti con gli osservatori Osce”. “La guerra di Kiev per riprendere l’Est: cento vittime”.
Il titolo più grande: “Europa, tensione sulle nomine”. “Al via il confronto per la Commissione e le altre istituzioni. Veto di Cameron su Juncker”.
“Renzi al vertice con i leader: cambiamo l’Ue per salvarla”.
E poi, sul dopo voto: “Noi sconfitti, ora autocritica. Le elezioni scuotono i Cinque Stelle”. “Gelo di Alfano per Berlusconi, che torna a guardare alla Lega”.
In evidenza in prima anche il richiamo ad una intervista a Pierluigi Bersani: “A Matteo serve umiltà”.
Il Sole 24 Ore: “L’Europa cerca la svolta per la crescita. Vertice dei leader sul nodo nomine, Cameron boccia Juncker”. “Marine Le Pen: ‘Serve un referendum sulla Francia nell’Unione’”.
“Renzi: prima i temi, poi i nomi: la Ue deve parlare il linguaggio dei cittadini”. Di spalla: “Draghi: nuove misure per incentivare il credito delle Pmi”. “Iniziativa Bce-Banca d’Inghilterra sugli Abs”. A centro pagina: “Parte la riforma del Catasto”. E poi una intervista a Claudio Riva: “Pronti a investire sull’Ilva, ma non da soli”.
L’Unità: “Renzi scuote l’Europa. Il premier a Bruxelles: ‘L’Unione sia più attenta ai cittadini’. E chiede un ruolo maggiore per l’Italia. E’ già scontro sulla nuova Commissione. Cameron guida la fronda contro Junker e l’Europarlamento”. A centro pagina: “5 Stelle, Grillo sotto processo”. “Pizzarotti chiede una ‘autocritica’ al leader del Movimento. Intervista al dissidente Currò: ‘Lui e Casaleggio devono dimettersi”. A centro pagina, con foto: “Ucraina, il massacro di Donetsk”.
Il Giornale: “La Procura di Roma si muove. Inchiesta sul complotto”. “Si indaga sulla congiura contro Berlusconi. Ora De Benedetti, Monti e Napolitano devono spiegare”. E poi: “Forza Italia riparte dall’asse con la Lega”. A centro pagina il quotidiano si occupa dei “problemi” del governo Renzi “dopo la sbornia elettorale”, e parla di “caos” sulla tassa sulla casa e sulla riforma del catasto.
A centro pagina anche una foto di Grillo “genio del Maalox”, che fa “lo spot al suo sponsor”, in riferimento al farmaco contro il bruciore di stomaco citato e linkato sul sito del leader del M5S.
La Stampa: “Prima sfida Renzi-Merkel”, “Il premier: ‘Ho battuto i populisti, ma dobbiamo cambiare l’Europa’”, “Bruxelles, summit dopo il voto. La cancelliera accoglie l’italiano con u ‘ecco il Matador’. A luglio l’incontro con Obama”.
Sotto la testata: “Nuove accuse a Clini, ‘Mazzette milionarie su un conto svizzero’. Indagata la compagna assessore”.
A centro pagina, foto delle devastazioni in Ucraina: “Battaglia a Donetsk, 100 morti tra i ribelli”.
Il Fatto: “La rottamazione può iniziare. Letta è in corsa per l’Europa”, “I governi e la Merkel vogliono ignorare i risultati dei seggi: la Commissione potrebbe andare a Juncker (Ppe), ma è già cominciato il suk delle poltrone. E in caso di stallo, a luglio Renzi cercherà di lanciare il suo predecessore come nome di compromesso”.
In taglio basso: “Elezioni, il partito degli indagati fa il quorum con 1 milione di voti”, “Anche senza il capofila Berlusconi, gli elettori premiano il gruppo”. “Sono 21 i candidati, fra inquisiti e condannati, che hanno totalizzato 1,186 milioni di preferenze. Stravince Raffaele Fitto, 4 anni in primo grado, con tre capi d’imputazione. All’arrestato Romano sono andati 11.882 consensi”.
Vertice a Bruxelles
Il Fatto, dando conto del primo consiglio europeo informale a Bruxelles, ieri, dopo le elezioni, titola: “Europee: votate, votate pure, ma chi vince lo decide la Merkel”.
La Repubblica: “Commissione europea, il Ppe lancia Juncker, gli euroscettici frenano”, “Primo ‘incarico’ al candidato del partito più votato. Il Pse spera che al secondo giro tocchi a Schulz”. Scrive il corrispondente a Bruxelles Andrea Bonanni che la riunione dei cinque capi dei gruppi parlamentari, ovvero popolari, liberali, socialisti, verdi ed estrema sinistra, che controllano oltre 570 seggi sui 751 del nuovo Parlamento europeo, hanno dato mandato al candidato del Ppe Jean-Claude Juncker di cercare di formare una maggioranza politica. Hanno così lanciato “un messaggio molto chiaro” ai capi di governo. E i capi di governo del Ppe, con l’eccezione dell’ungherese Orban, sono apparsi subito favorevoli ad un mandato esplorativo con Juncker. Ma i leader più euroscettici, capitanati dal premier britannico conservatore Cameron sono contrarissimi: “nessun automatismo” hanno detto all’unisono Cameron, Orban , lo svedese Reinfeldt e l’olandese Rutte. Juncker è considerato troppo “federalista”. Per La repubblica tanto Matteo Renzi che il francese Hollande vorrebbero anteporre una discussione sui contenuti a quella sui nomi: sperano infatti di riaprie il dibattito sull’austerità di impronta tedesca, ma allo stesso tempo cercando di mantenere aperta la porta per il candidato socialista alla presidenza della Commissione Ue, Martin Schulz. E il quotidiano scrive che la cancelliera Merkel ha avviato una “mediazione” con queste parole: “Anche se noi sosteniamo Juncker, si tratta di trovare un’ampia maggioranza e sappiamo che nessun gruppo da solo ha la maggioranza in Parlamento. Per cui daremo al presidente del Consiglio europeo Van Rompuy il compito di condurre consultazioni con il Parlamento europeo”.
Su La Stampa: “Cameron contro Juncker. Commissione, giochi aperti”, “I leader si dividono sul nome del popolare lussemburghese”. E si scrive che lo spagnolo Rajoy ha lodato Renzi con queste parole: “Ha saputo frenare gli estremismi e gli euroscettici”. E per dar conto dell’incontro del nostro primo ministro con la cancelliera, si riferiscono così le parole di quest’ultima: “Ecco Matteo il Matador”, avrebbe detto incontrandolo. Per riassumere la proposta italiana si riproducono poi le affermazioni di Renzi: “Nel rispetto di tutti gli accordi presi e dei parametri, si valuti se le spese per le scuole, per le reti tecnologiche, per la ricerca, siamo fuori dal patto di stabilità”. E sulla questione delle nomine: “Nomina sunt consequentia rerum. Prima mettiamoci d’accordo su cosa fare e poi decidiamo chi la fa”.
Su La Repubblica: “Processo all’Europa, l’attacco dei leader all’Ue, Renzi: ‘Deve cambiare’”, “Hollande: ‘Bisogna capire cosa è successo in Francia’. Cameron: ‘Questa Unione è troppo autoritaria e invadente’”. Il ‘retroscena’ è firmato da Alberto D’Argenio: “Il premier: ‘Ora più spazio, contiamo come Berlino’. Pronta la carta Enrico Letta”. Le cariche possibili sono due: presidenza della Commissione europea o Alto rappresentante delle politica estera dell’Unione (la carica ora ricoperta da Catherine Ashton). Posto al quale ambisce anche Mssimo D’Alema, che però, scrive ancora il quotidiano, potrebbe andare anche all’Onu come inviato per la Libia.
Anche sul Corriere si parla della “corsa in salita di Juncker”, dopo il no a “uomini del passato” da parte del premier britannico Cameron. Ma c’è anche l’Europarlamento, che difende il principio – introdotto in queste ultime elezioni – della “indicazione da parte degli elettori” del presidente della Commissione. Juncker è stato il più votato, e il Parlamento europeo “non vuole più limitarsi ad approvare il presidente della Commissione. Socialisti e Popolari si ritrovano alleati in favore del lussemburghese”.
Francia, euroscettici
Su Il Fatto Andrea Valdambrini fa notare che per quel che riguarda gli “anti-euro”, “senza fare gruppo non contano”, nell’Europarlamento. Per comporre un gruppo servono almeno 25 deputati, appartenenti a 7 Paesi diversi.
La Repubblica: “L’offensiva della Le Pen. Al via la ‘santa alleanza’ della destra euroscettica”, “’Un nuovo gruppo parlamentare, c’è anche il Carroccio’. Colloqui con i partiti xenofobi olandesi, austriaci e belgi”.
Il quotidiano intervista il sociologo francese Alain Touraine che, parlando dei risultati nel proprio Paese, dice: “Ora il rischio è un golpe populista”, “un francese su quattro ha votato per il Front National”, “c’è un movimento di massa che ha sfiduciato i cosiddetti partiti tradizionali: di destra o di sinistra non fa differenza”, la Le Pen si avvicina all’Eliseo, alle presidenziali del 2017 “se non ci sarà una reazione forte e coesa da parte della classe politica”, l aminacci apotrebbe farsi concreta. Dice Touraine: “sarà un putsch democratico, perché il Front National si rivolge non ai cittadini ma agli individui in quanto consumatori”, “Il Front National si sta costruendo sulle macerie della società industriale. Molti analisti sostengono che ha preso i voti operai. Ma la classe operaia non esiste più e il Fn è un partito postindustriale che aggrega gli esclusi dei territori perduti”. E sulla classe politica francese: “Il terremoto di domenica è tutt’altro che inatteso. Solo una classe poltica mediocre e scollegata dalla realtà è riuscita a non accorgersi di quel che stava covando in Francia”.
Su Il Sole 24 Ore un analisi di Marco Moussanet (“Il rischio di consegnare il Paese alla Le Pen”), in cui si legge che se l’estrema destra vince in Francia è “a causa della incapacità, del dilettantismo, della miopia, della viltà, della supponenza” della classe dirigente francese.
Politica italiana
Intervistato dal Corriere, l’ex segretario del Pd Bersani dice di essere stato “contento nel vedere i volti nuovi del Pd nella notte della vittoria: ma nonono spuntati dal nulla, li abbiamo portati in Parlamento nel 2013. Allora pagammo il prezzo dell’austerità, del sostegno a Monti che doveva evitare il precipizio. Ma conquistammo una base parlamentare che per la prima volta ha consentito al Pd di fare un governo, anzi due”. Su Grillo: “Vada a rivedersi il famoso streaming, quando avverto i grillini: ‘Arriverà il momento in cui direte: avremmo potuto dire, avremmo potuto fare’. Sapevo, dai segnali dei giorni precedenti, che avrebbero rifiutato. Ma ero disposto anche a farmi insultare e irridere, pur di dimostrare che ero disponibile a un governo di cambiamento”. Dopo il voto del 2013, “di fronte all’impotenza e all’allarme, si è affermata una centralità del Pd, su cui Renzi ha investito. Chapeau . È stato bravissimo”. Sulle cose da fare Bersani cita un provvedimento del passato “il bonus per le ristrutturazioni edilizie, che ho voluto io, me lo suggerirono gli artigiani della Cna: non ci sarei mai arrivato. E la legge Sabatini sui macchinari industriali recupera una norma del 1965. Quando si governa ci vuole umiltà. A volte torna utile una cosa antica, o una cosa suggerita da chi vive nel mondo”. A Renzi serve umiltà, quindi? “Molta umiltà. Mi pare che l’abbia capito. Ho apprezzato la sua conferenza stampa dopo il voto”. Può fare il premier e il segretario di partito? Sì, “ma non da solo. C’è un proverbio cinese che dice: chi beve si ricordi di chi ha scavato il pozzo. L’albero deve allargare le fronde; purché non dimentichi le radici”.
La Stampa intervista l’ex ministro Corrado Passera: “Renzi? Facile, ha segnato un gol a porta vuota”, dice Passera dicendosi “pronto a federare i moderati”.
La pagina precedente de La Stampa si occupa del futuro di Forza Italia: “Marina chiude la porta: niente politica”, “Berlusconi non molla e rilancia le alleanze nel centrodestra: ali tarpate ai ‘falchi’ e ramoscello d’ulivo alla Lega”.
E sul Nuovo Centrodestra: “Lupi deciso a lasciare il governo e a ridimensionare Alfano”, “Traballa il ruolo in Ncd del ministro dell’Interno”.
Il Giornale intervista un altro esponente Ncd come Formigoni: “Il centrodestra va riunito. Parliamoci, ma stop agli insulti”.
Per tornare a Forza Italia, il Corriere intervista Antonio Tajani, che si rivolge ai membri del suo partito: “non mettiamoci a fare la conta delle preferenze. Non serve a niente e non è corretta. È dalle idee che bisogna ripartire se vogliamo riconquistare il nostro elettorato”.
E’ ancora il quotidiano milanese ad occuparsi della ulteriore dichiarazione di ieri di Marina Berlusconi: “A quelli che, anche nelle ultime ore, l’hanno sondata per capire le sue intenzioni, o anche invitata a fare un passo avanti, la figlia del leader azzurro ha detto ancora una volta che ‘sarebbe meglio lasciar cadere questa questione: continuare a discutere di una candidatura che non c’è non contribuisce al positivo sviluppo di quel dibattito interno al partito che il risultato elettorale ha avviato’”, e anzi può “ostacolare la ricerca di risorse interne ed esterne” nel partito.
Flussi
Su La Stampa le prime analisi sui flussi elettorali. A firmarle è Elisabetta Gualmini: “Renzi non sfonda nel centrodestra ma ‘prosciuga’ Scelta Civica”, “Il Pd ruba consensi al M5S e resta immune dall’astensionismo”.
La Repubblica: “Euro e riforme, la scelta del Nord-Est”, “Il Pd ha sfondato nelle roccaforti di Fi e Lega perché è riuscito a interpretare le aspettative di ripresa e riscatto, raccontano gli industriali: ‘Renzi ha avuto un consenso trasversale, Grillo non ha concretizzato le sue attese’”.
Su La Stampa: “crollano le preferenze, Italia divisa tra Nord e Sud”, “Giù dal 2009, resistono in Ncd-Udc. Grillini favoriti dall’ordine alfabetico”.
Complotto
Il Giornale spiega che la Procura di Roma ha deciso si aprire un fascicolo dopo una denuncia presentata da Micaela Biancofiore, di Forza Italia , insieme alla “associazione Tribunale Dreyfus”, a partire dalle dichiarazioni contenute nel libro di memorie Stress Test dell’ex Segretario al Tesoro Usa Geithner. “Nella denuncia della parlamentare azzurra, come da lei stessa reso noto, si sottolinea che le parole del segretario del Tesoro americano evidenziano profili di rilievo penale contro ‘l’indipendenza dello Stato’, ‘l’usurpazione di potere politico’ e ‘l’attentato contro gli organi costituzionali dello Stato italiano’. Proprio per questo motivo la Biancofiore ha chiesto agli inquirenti che vengano identificati i funzionari europei ai quali fa riferimento Geithner nel suo libro. Analogamente l’associazione Tribunali Dreyfus ha ipotizzato i reati di attentati contro i diritti politici del cittadino e di violazione della norma che punisce le associazioni segrete (legge Anselmi). ‘È assolutamente necessario – hanno denunciato i firmatari della denuncia, l’avvocato Walter Biscotti e il giornalista Arturo Diaconale – l’individuazione degli ‘european officials’, così come denominati dall’autore del libro, e ritenuti autori delle pressioni, nel 2011, per costringere l’allora premier italiano a lasciare’”.
Internazionale
Con un richiamo in prima su La Stampa, segnaliamo un intervento dell’ex premier britannico laburista Tony Blair: “Dalla Nigeria lo spettro dell’islamismo”.
Da La Stampa segnaliamo la corrispondenza di Paolo Mastrolilli da New York, che dà conto delle decisioni riguardanti la politica estera Usa in Afghanistan: “I militari Usa via nel 2016”, “L’annuncio di Obama: in 10.000 contro Al Qaeda”, “servirà però l’accordo con il nuovo presidente afghano eletto il prossimo 14 giugno”.
In Egitto la commissione elettorale ha deciso di prolungare di un giorno le elezioni presidenziali, che avrebbero dovuto concludersi ieri. Se ne occupa su La Repubblica Alberto Stabile, parlando di Al Sisi: “Turismo e tank, il generale dei resort ‘blinda’ le urne”, “Al Sisi è il candidato forte alle presidenziali in corso, sostenuto dai militari e dall’industria dei tour operator”.
La Stampa ha un reportage di Lucia Sgueglia dalla città ucraina di Donetsk: “Anche Donetsk piomba nell’inferno. Cento vittime tra i ribelli filorussi”, “La Ue alle prese con il dramma ucraino. Ultimatum di Kiev ai separatisti: arrendetevi”. Sulla stessa pagina,corrispondenza da New York di Francesco Semprini: “Obama: ‘Pieno sostegno a Poroshenko. Ora un governo per unificare il Paese’”. Poroshenko è il vincitore delle presidenziali della scorsa domenica. E ancora su La Stampa: “Putin chiede l’immediato stop ‘alla spedizione punitiva nelle regioni sudorientali’”.
Su Il Fatto, l’inviato a Donetsk è Fabio Bucciarelli: “La Stalingrado dei filorussi ucraini”.
Sul Corriere l’inviato Giuseppe Sarcina firma la cronaca della guerra in Ucraina: “Il fuoco dei cecchini, i corpi abbandonati, la guerra travolge Donetsk”. “L’ultimatum di Kiev ai ribelli: ‘Arrendetevi o morirete’. I separatisti: ‘100 vittime’”. “Perse le tracce degli osservatori Osce”. Il quotidiano scrive che sono queste, evidentemente, le direttive del nuovo presidente Poroshenko, che pure non si è ancora insediato. Un governo ad interim come quello in carica infatti “non potrebbe usare questi toni e soprattutto avventurarsi in una ‘operazione antiterrorismo’ con questa determinazione senza l’avallo del nuovo leader”. E le prime mosse di Poroshenko sembrano “cogliere di sorpresa” sia Mosca che Washington.
La Repubblica racconta una vicenda relativa al Pakistan, dove una donna è stata lapidata dai parenti davanti al tribunale di Lahore perché aveva sposato un uomo a loro non gradito: “Farzana, 25 anni, era incinta da tre mesi. La sua famiglia si era opposta al matrimonio: tra gli assassini, il padre e il fratello”.
E poi
Da Il Fatto segnaliamo un’analisi di Marco Politi: “Bergoglio agita l’arma dimissioni. ‘Benedetto XVI non è un caso unico, ci saranno altri Papi emeriti’. Poi annuncia: ‘Sotto studio’ i 15 milioni di Bertone”.
In prima su La Repubblica Corrado Augias racconta “il caso” della correzione effettuata da Papa Bergoglio nel corso della sua visita in Israele e Palestina. Il premier israeliano Nethanyahu avrebbe detto: “Gesù è stato qui, in questa terra, parlava l’ebraico”. Parlava aramaico, lo ha corretto il Papa. Il premier israeliano contro-replica: “Parlava aramaico ma conosceva l’ebraico”.
Su Il Giornale invece ci si sofferma sulla lingua che parla il Papa: “Il Papa predica il verbo però non conosce le lingue”, nel senso che “mastica poco l’inglese, zoppica in francese, non parla il tedesco”, e “comunica solo in italiano”, “al contrario di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI”, Ma “si fa capire lo stesso”.