La Repubblica: “Fmi: Italia sulla strada giusta”, “Ma la Ue scrive al Tesoro: dovete chiarire le norme sulle quote Bankitalia”.
A centro pagina: “La Difesa è donna, alla Nato la carica delle ministre”. Con foto delle titolari di questo dicastero in Albania, Olanda, Germania, Norvegia e Italia.
In apertura a sinistra: “La minaccia di Marino: ‘Blocco Roma’. E’ scontro con il premier”.
A destra un richiamo all’analisi di Bernardo Valli: “Sale la tensione tra Kiev e Mosca, milizie filo-russe in stato di allerta”.
Il Corriere: “Esplode il caso del ‘salva Roma’. Marino minaccia, l’ira di Renzi”. Sotto, più grande: “Così cambieranno casa e fisco”, sulla delega fiscale votata dal Parlamento.
Il Giornale: “Roma piange, Renzi paga”. “L’incapace Marino minaccia di bruciare la città. Il premier lo zittisce. Poi cede”.
L’Unità: “Renzi-Marino, scontro capitale”. “Il sindaco di Roma: da domenica blocco la città, forconi per i politici. Il premier: toni inaccettabili. Oggi il governo vara il decreto per gli enti locali. Da Napoli a Venezia, tutti i Comuni in difficoltà”. A centro pagina: “La svolta del Pd: sì ai socialisti europei”.
La Stampa: “Sindaci, prima spina per Renzi”, “Gelo con Marino sul Salva Roma. Grillini, se ne vanno altri 5 deputati”. A centro pagina, foto dell’incontro tra la cancelliere Merkel e la regina Elisabetta a Londra: “Tea break per le due regine d’Europa”. Sotto la testata: “I filorussi occupano il Parlamento di Crimea. Kiev allerta le truppe”.
Il Fatto: “Renzi promette miliardi finti. Quelli veri li lascia all’estero”.
A centro pagina: “M5S: due deputati fuori e sei senatori danno le dimissioni”.
E il “caso D’Ambruoso”: “Giustizia da Camera: 15 giorni al picchiatore. 10 alla donna picchiata”. (Si tratta del questore Stefano Dambruoso e della deputata 5 Stelle Loredana Lupo, ndr).
Il Sole 24 Ore: “Via libera alla delega fiscale”. “Un anno di tempo al governo per creare nuove regole orientate alla crescita”. “Semplificazioni, rateizzazioni, detraibilità degli scontrini, riforma del catasto, lotta all’evasione”.
Marino-Renzi
Il decreto sugli enti locali, quello che la stampa definisce “Salva Roma”, era uno di quelli che quasi certamente sarebbero decaduti, come ricorda il Corriere della Sera. “Da diversi giorni l’intera Camera dei deputati, intendendo per tale parlamentari, commessi e giornalisti, sapeva che il cosiddetto ‘salva Roma’ sarebbe stato ritirato”, perché per farlo passare la presidente Boldrini avrebbe dovuto applicare di nuovo la “tagliola”, e perché il governo Renzi avrebbe dovuto chiedere la fiducia per farlo passare, cosa che Renzi non aveva intenzione di fare.
Il quotidiano scrive anche che il sindaco di Roma lo sapeva, avendo parlato due giorni fa con il sottosegretario Delrio. “Perciò quando la mattina dopo il premier ha sentito a Radio24 le dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino della Capitale a Giovanni Minoli non ci ha visto più”. “Ma come – è sbottato Renzi – il governo è appena nato, noi ce la stiamo mettendo tutta e quello ci vuole mettere in difficoltà già adesso?”.
“Dopodiché siccome il presidente del Consiglio non è un tipo che le manda a dire ha deciso di telefonare al diretto interessato e di spiegargli personalmente quello che pensava di lui e delle sue mosse”. “Come ti permetti? Noi siamo qui, tutti a lavorare, per trovare soldi per l’Italia e tu inciti i romani alla rivolta? O minacci le dimissioni per minare subito il lavoro che abbiamo fatto? Io sono stato sindaco come te. E so come funzionano queste cose. Ci vuole coraggio, non ci vogliono i piagnistei. E, soprattutto, bisogna prendersi le proprie responsabilità. Io prenderò le mie, tu prendi le tue, ma smettila di mettere i bastoni tra le ruote a chi si sta ammazzando per rimettere in sesto questo Paese”, avrebbe detto Renzi.
“Alla fine Marino ha capito la mala parata, ha compreso che oggi ci sarà un decreto che salverà Roma dal default e che da ora in poi sarà commissariato”.
La Repubblica racconta così lo scontro tra il sindaco di Roma Marino e il presidente del Consiglio: “Salva-Roma, lite Marino-Renzi. ‘I politici meritano i forconi’, ‘Toni inaccettabili, il decreto ci sarà’”, “Il primo cittadino minaccia il governo: o i soldi o blocco la capitale”. Di spalla, ci si occupa del “personaggio” Marino: “Ignazio sulle barricate del Campidoglio. ‘Ma io ce l’ho con il Parlamento’. Lo scontro con il premier si trasforma nel duello tra due sindaci”. Sebastiano Messina racconta che per almeno tre volte il sindaco non ha risposto alle telefonate che gli faceva il presidente del Consiglio.
Su La Stampa: “Renzi-Marino, duello tra sindaci”. Sulla stessa pagina, un’intervista a Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci: “’Non si risanano i conti gravando troppo sui Comuni’”, “Fassino: il sistema salta anche per i continui tagli alle risorse”. Fassino ricorda che il dissesto della Capitale “rischia di scaricarsi su un sindaco che è stato eletto solo sei mesi fa”.Nella pagina di fianco, Paolo Baroni racconta “il caso”: “Un disavanzo strutturale da 100 milioni al mese e debiti vecchi di 50 anni”.
Sulla prima pagina del Corriere della Sera Paolo Conti e Sergio Rizzo si occupano della situazione del Comune di Roma, e scrivono del “capolavoro di questi giorni, quando il Palazzo si è mostrato di nuovo incapace di porre rimedio all’emergenza dei conti del Campidoglio. Le colpe sono equamente distribuite fra un governo pasticcione e un Parlamento con scarso senso di responsabilità, ma anche una amministrazione debole e frastornata. Nessun sindaco al mondo avrebbe minacciato di bloccare la città per ritorsione, e bene ha fatto Renzi, sindaco pure lui fino a ieri, a mostrargli i denti”. Ma aggiungono che negli anni “sulla poltrona di sindaco si sono seduti anche palazzinari, piccoli funzionari di partito, autentiche macchiette dei potentati locali. Quella zona grigia dove la politica si mischia agli affari ha sfregiato la città con speculazioni inenarrabili e inquinato l’amministrazione con un coacervo di interessi privati e clientelari: il risultato è che il Comune di Roma oggi paga oltre 60 mila stipendi, più del doppio dei dipendenti italiani del gruppo Fiat, offrendo ai cittadini servizi scadenti”.
Ignazio Marino oggi firma l’editoriale de Il Tempo: “Io, sindaco senza un euro”.
Governo, Renzi, Pd, FI
Ieri il Fondo Monetario Internazionale – per bocca del suo portavoce Gerry Rice – ha commentato le annunciate misure economiche del governo Renzi: “Abbiamo ascoltato attentamente” e “diamo il benvenuto ad alcune delle misure che ha toccato nel suo intervento in Parlamento”. Le misure proposte da Renzi “si inseriscono nelle riforme economiche e strutturali proposte nelle discussioni con il Fondo monetario internazionale”, scrive Il Sole 24 Ore.
Il Corriere intervista Fareed Zakaria, analista di politica internazionale, e gli chiede un giudizio sul premier Renzi. “Il premier può diventare il vostro Blair”, è il titolo dell’intervista. Zakaria spiega che Renzi può cambiare l’immagine internazionale dell’Italia, grazie al suo dinamismo e alla sua energia, anche se ricorda che questi elementi “sono decisivi per modificare l’immagine ma non bastano”, perché “al cambio di passo devono seguire rapidamente i risultati”. Sul rapporto Usa Italia Zakaria dice che “Obama guarda a Renzi come a un potenziale riformatore, non come un argine, e lo sostiene per questo”.
Sullo stesso quotidiano Massimo Franco firma la sua “Nota”: “Obbligato a far presto per non diventare un bersaglio o un alibi”, dove si parte dall’attacco “scomposto” del sindaco Marino, episodio “istruttivo” perché “lascia capire quali attese il comandamento della ‘velocità’ renziana abbia suscitato”, e dunque “quale cortocircuito, e quali impazienze, anche eccessive, può causare”. Franco ricorda anche le dichiarazioni, con “linguaggio contorto” ma chiare di parlamentari lettiani, che hanno ieri ribadito che la riforma elettorale e quella del Senato devono essere contestuali, ma anche che altre riforme, “come quella sul conflitto di interesse”, vanno approvate con il concorso di tutti, “e non solo con un rapporto preferenziale” con alcune forze. Il riferimento al conflitto di interessi “sembra fatto apposta per incrinare i rapporti con il Cavaliere”, scrive Franco.
Il Giornale si occupa anche di Berlusconi, che “incalza il governo” attraverso Facebook, un “lungo messaggio” destinato ai suoi elettori in cui ricorda la nascita di Forza Italia, in cui usa toni da campagna elettorale, ma rivolgendosi anche direttamente a Renzi, per chiedergli di “lavorare insieme per una svolta importante” come il cambiamento delle regole “obsolete di funzionamento dello Stato”. “Renzi resta l’interocutore privilegiato: giusto che Pd e Fi si siedano allo stesso tavolo”.
Su La Repubblica: “Legge elettorale, lo sprint di Renzi, giovedì prossimo il voto alla Camera, ma la minoranza Pd: riforme senza Fi”. Si riferisce di un documento dei lettiani e si cita l’orientamento di uno di loro, il senatore Francesco Russo, che, secondo il quotidiano, “guida la fronda e dice no alla doppia maggioranza”.
Ancora su La Repubblica, in riferimento al documento votato ieri in direzione Pd: “Pd nel Pse, D’Alema fa asse con Renzi”, “Solo Fioroni vota no. Ironia del premier: pop corn per godermi lo scontro tra lui e Massimo”.
Intanto i quotidiani continuano ad occuparsi della composizione della squadra di governo, e della nomina di viceministri e sottosgretari. Il Sole 24 Ore: “Ultima trattativa sui sottosegretari. Morando e Casero ancora in pole come vice, ma verso l’Economia anche Baretta, Tabacci e Legnini”. Il quotidiano spiega che oggi il Consiglio dei ministri farà le nomine, e che sono attesi 47 nomi.
Sul Corriere: “Si completa la squadra. Dall’esecutivo la nomina di 45 sottosegretari”.
Sul Giornale: “Donne esaurite, panico per i sottosegretari”, dove si scrive che nelle liste inviate dai partiti a Palazzo Chigi con i candidati ai posti nei ministeri il rapporto tra uomini e donne è di 8 a 1. Sarebbe questo il motivo della impasse, scrive il quotidiano, perché Renzi non sarebbe convinto della presenza di troppi uomini, che però sarebbero poco disponibili a cedere il passo alle signore.
Anche su L’Unità: “Donne, sud e correnti, ultima battaglia per la squadra”. Per il quotidiano i nominati di oggi dovrebbero essere 42-45, Renzi vorrebbe tanto stare sotto i numeri del governo Letta (61 tra ministri, viceministri e sottosegretari) ma “è difficile che riesca”.
5 Stelle
Il Corriere della Sera dedica due pagine alla situazione del Movimento 5 Stelle: altri due deputati hanno lasciato il gruppo, e si vanno ad aggiungere ai 4 espulsi e ai cinque dimissionari di cui si parlava ieri. “Cinque Stelle, altri due fuoriusciti. ‘Il Movimento è diventato una setta’”. “Anche il sindaco di Parma Pizzarotti attacca Grillo: amaro in bocca” perché – ha detto il sindaco pentastellato – l’espulsione dei 4 senatori non è stata spiegata agli elettori grillini con sufficiente chiarezza: “Convincetemi su questa azione così forte che non concede appello perché io non l’ho capita”, ha detto.
I due deputati si chiamano Alessio Tacconi e Ivan Catalano, ed erano già stati contestati dal gruppo in passato.
Lo stesso quotidiano intervista Nicola Morra, ex capogruppo M5S al Senato, insegnante di filosofia. “Siamo sotto assedio, è chiaro, e in un assedio non puoi far finta di niente se c’è chi, tra le tue fila, trama contro”. “Abbiamo un codice. Tutti noi dobbiamo essere sottoposti a controlli. Il codice prevede anche sanzioni, compresa l’espulsione”. E poi: “Questa cosa che non c’è democrazia è una balla di voi giornalisti”.
Economia
In evidenza sulla prima de La Repubblica si legge che la Commissione Ue vuole capire dal Tesoro se, dietro la rivalutazione delle quote di Bankitalia, non ci siano aiuti di Stato agli istituti: “fosse così -scrive Federico Fubini- il decreto che rivaluta il capitale di Palazzo Koch andrebbe riscritto. E il premier avrebbe la certezza di aver ereditato dal suo predecessore un’eredità politicamente radioattiva. A maggior ragione se Beppe Grillo continuerà ad usarla per accusare il governo e le authority di colludere con i grandi banchieri”. Si spiega poi che tutto è partito dal ricorso alla Commissione da parte dell’eurodeputato dell’Idv Niccolò Rinaldi (gruppo Alde). L’esame del caso Bankitalia è appena agli inizi, ma si ricorda anche che proprio in questi mesi le banche italiane sono sottoposte all’esame sulla qualità e la tenuta dei loro bilanci da parte della Bce e dell’Eba, la European Banking Authority.
Il Sole 24 Ore riferisce le parole del presidente della Bce ieri ad un simposio organizzato dalla Bunndesbak a Francoforte. “’Con un tasso di inflazione nell’Eurozona allo 0,8%, chiaramente non siamo in deflazione” ma stiamo piuttosto vivendo “un periodo prolungato di bassa inflazione che sarà seguita da un movimento graduale al rialzo verso tassi di inflazione sotto, ma vicino al 2%”. ha detto Draghi. “’Certamente – ha aggiunto Draghi – un’inflazione che rimanga bassa per troppo tempo é un rischio in sé. Implica che c’é solo un piccolo margine di sicurezza rispetto allo zero. E questo rende gli sforzi di aggiustamento strutturali più difficili”.
Internazionale
In Ucraina si è insediato ieri il nuovo governo guidato da Arseni Iatseniuk, fedelissimo di Iulia Timoshenko. In Crimea, regione a maggioranza russa. Il parlamento locale di Simferopol ieri è stato occupato da uomini armati che hanno issato la bandiera russa. Stanotte militari russi hanno preso il controllo dell’aeroporto di Belbek, vicino a Sebastopoli, e di quello vicino a Simferopol.
Con un richiamo in prima pagina La Stampa offre ai lettori l’analisi di Enzo Bettiza dedicata alle tensioni in Crimea: “Dai soldati di Cavour a Jalta, qui si intrecciano i destini del mondo”.
E ancora su La Stampa il reportage è firmato da Domenico Quirico: “In viaggio con i filorussi, ‘La Crimea è terra nostra. Quelli di Kiev? Fascisti’”.
Su La Repubblica è Bernardo Valli ad analizzare “il dilemma di Putin” di fronte alla crisi ucraina e in particolare a quella acutizzatasi in questi giorni in Crimea, con un’attenzione particolare per il premier scelto da Piazza Maidan e confermato dal Parlamento, Arsenij Yatseniuk. Esponente del partito di Yulia Tymoshenko: “un moderato”, non un rivoluzionario. Scrive Valli che “non è una guerra fredda, ma ne ha l’aria” e “il focoso ministro degli Esteri polacco” Sikorski sottolinea che rischia di essere un conflitto regionale. Proprio Sikorski, sullo stesso quotidiano, in un’intervista, dice: “’L’Ucraina può esplodere. Russia e Europa collaborino per evitare il disastro’”, “Ma il nuovo governo di Kiev deve isolare li estremisti”.
L’inviato in Crimea del quotidiano è Nicola Lombardozzi: “Tra i ribelli armati della Crimea, bandiera russa sul Parlamento per sognare la secessione da Kiev”, “Blitz a Sinferopoli. E Yanukovich avverte: il presidente sono io”.
“La bandiera russa sul Parlamento di Crimea” è il titolo del reportage del Corriere da Sinferopoli. “Viaggi tra i militanti: combattiamo il golpe di Kiev”. Le dichiarazioni sono di Iaroslav Ponomarov, 58 anni, reduce dall’Afghanistan. “La Russia ha sempre dato tutto alla nostra gente ed è giusto che ora chieda rispetto”, dice.
Sul Sole 24 Ore. “La Crimea vuole un voto sull’autonomia da Kiev”. La Crimea potrebbe decidere il proprio destino il 25 maggio, in un referendum deciso ieri dal Parlamento regionale di Simferopol per consentire agli abitanti della penisola di esprimersi direttamente sulla propria autonomia. In maggioranza sono russi, e filo-russi sono gli uomini che ieri hanno occupato il Parlamento issando la bandiera di Mosca accanto a quella regionale. Il quotidiano ricorda anche che ieri Yanukovich è riapparso, “prevedibilmente in Russia”, a Rostov sul Don, vicino al confine ucraino. “Mi considero ancora il legittimo capo dello Stato ucraino eletto dai cittadini ucraini in libere elezioni. Mi hanno minacciato fisicamente, sono costretto a chiedere alle autorità russe di garantire la mia sicurezza personale”. “Putin ha evidentemente accettato”, scrive Il Sole.
Sullo stesso quotidiano una analisi di Ugo Tramballi ricorda che al momento della dissoluzione dell’Urss Kissinger e “tutti i cremninologi della vecchia scuola” ritenevano che la Russia senza l’Ucraina “non sarebbe sopravvissuta”, e che dopo una separazione di Kiev da Mosca sarebbe “fatalmente scoppiata la terza guerra mondiale”, tanto che l’allora presidente Bush senior andò a Kiev ad implorare i separatisti di recedere. Ma la guerra non scoppiò, né ci furono pulizie etniche. Oggi la storia, scrive Tramballi, sembra tornata a 25 anni fa. Solo che oggi la proposta di Mosca – enunciata da Putin con il modello della “managed democracy”, di una “autocrazia spurgata dal marxismo leninismo” – è molto poco attrattiva per i popoli “un tempo apparentemente felici di guardare al faro moscovita”.
La Stampa si occupa di quella che considera uno “storico discorso” della cancelliera tedesca Merkel a Westminster: “Merkel ‘inchioda’ Cameron alla Ue”, “Dalla Cancelliera nessuna apertura alla revisione dei Trattati, ma ‘Il Regno Unito resta una voce forte’”. Restano -sottolinea il quotidiano- divergenze sulla libera circolazione, poiché il premier britannico vorrebbe limitarla.
Su La Repubblica: “Berlino avverte Cameron: nella Ue senza sconti”, “La Merkel in visita Westminster: ‘Vi vogliamo in Europa, ma non a qualsiasi prezzo’”.
Sicuramente il “Salva Roma” ha fatto vendere qualche scatola di Maalox in più.