Mondiali 2022, il Qatar e i diritti umani calpestati

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Il Qatar è ‘assediato’ da organizzazioni per i diritti umani. Prima le denunce di Amnesty International, di Human Rights Watch, dell’International Trade Union Confederation (ITUC), poi gli ispettori della Building and Wood Workers’ International (BWI) e ora l’inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti. Nel tentativo di salvarsi la faccia, l’emirato cerca di manipolare le missioni di ispettori venuti a Doha da tutto il mondo per verificare le condizioni dei lavoratori stranieri in Qatar, ma i risultati rimangono raccapriccianti.

Questa è l’impressione che Ambet Yuson, segretario generale della BWI, ha avuto mentre era in visita a Doha con una delegazione di 18 persone da diverse organizzazioni sindacali europee su invito del Comitato Nazionale del Qatar per i Diritti Umani.

“È una chiara manipolazione” ha dichiarato Yuson dopo essere stato respinto da un cantiere. “Non ci portano nei posti che vogliamo ispezionare, ma solo nei campi vetrina. Stanno facendo uno show” ha aggiunto.

Questo tour blindato non ha impedito agli ispettori di capire cosa stesse realmente succedendo nel paese. Johan Lindholm, presidente del sindacato svedese Byggnads e membro della missione della BWI a Doha, ha abbandonato il programma previsto dalle autorità governative qatarine e si è mosso di sua iniziativa. Parlando con alcuni operai indiani e del Bangladesh, Lindholm ha scoperto che lavorano più di 10 ore e che, nonostante ciò, ci sono voluti più di due anni di lavoro per guadagnare solo i soldi necessari per coprire i costi del loro viaggio in Qatar.

Atle Høie, segretario internazionale del sindacato norvegese Fellesforbundet, anche lui membro della missione della BWI a Doha, ha riassunto in poche parole le condizioni dei dormitori dei lavoratori stranieri in Qatar: bagni allagati, cucine devastate, condivisione di letti e persone che dormivano per terra.

Anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti, François Crépeau, durante la sua missione a Doha ha deciso di visitare dei dormitori per lavoratori stranieri senza essere accompagnato da ufficiali governativi. Il risultato è stato agghiacciante. “Il posto era una discarica. Questo non è accettabile” ha dichiarato Crépeau, aggiungendo che l’accesso all’acqua era problematico e le stanze erano sovraffollate.

L’inviato speciale ONU ha voluto ispezionare anche dei campi detentivi, in particolare quelli in cui vengono detenute le donne che hanno avuto un figlio al di fuori del matrimonio o senza essere sposate. L’adulterio in Qatar è un reato e viene punito con la reclusione fino a un anno in carcere. “Queste donne vivono in prigione con i loro bambini in condizioni che sono una chiara violazione dei principi a tutela dell’infanzia” ha scritto Crépeau nel suo rapporto a conclusione della missione in Qatar, richiedendo alle autorità di trovare un’altra soluzione.

Uno scenario crudele, inaccettabile in un paese civile, e che non ci si aspetterebbe di trovare in uno dei paesi più ricchi del mondo a cui è stata riconosciuta la capacità di ospitare uno degli eventi sportivi internazionali più importanti, i Mondiali di calcio del 2022. Ma quello che appare raccapricciante agli occhi degli ispettori europei è invece ordinaria amministrazione per i qatarini che non hanno vietato la schiavitù fino agli anni ‘50. Vecchie abitudini e ordini sociali che resistono nell’emirato. Secondo il segretario generale dell’ITUC, Sharan Burrow, in Qatar  vi sarebbe ancora un regime di “moderna schiavitù”.

Finché questo orrore veniva denunciato da organizzazioni per i diritti umani, il Qatar ha ignorato il problema, ma quando la cosa è uscita sulle prime pagine del giornale inglese The Guardian, allora l’emirato ha capito che era necessario intervenire per rimediare a quello che molti definiscono come “bad PR”, cattiva pubblicità.

Nonostante i riflettori della stampa e la presenza in loco di organizzazioni internazionali, rimangono scarse le probabilità di vedere un cambiamento vero nel rispetto dei diritti umani e dei lavoratori in Qatar. Le ragioni sono due. Perché i cittadini sembrano difendere il sistema esistente che garantisce loro privilegi e tutele rispetto alla più numerosa popolazione di stranieri nel Paese. Perché pochi nel Golfo accetterebbero di cambiare su sollecitazione di organizzazioni percepite come occidentali, lontane dai modelli del mondo arabo.

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  1. è difficile commentare quando poco si conosce, al di fuori dell’articolo appena letto, sono rimasta basita e mi viene in mente solo che siamo molto lontani dal rispetto dei diritti umani se esistono paesi ricchi che potrebbero fare grandi cose e che invece dimostrano una cosi grottesca inciviltà, aggiungi l’ISIS, AMAS e chi più ne ha ecc. e certamente c’è da preoccuparsi seriamente …….. siamo circondati e non è detto che prima o poi……..la nostra ignavia non ci punisca…….

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