La Repubblica: “Cancellieri, l’inchiesta passa a Roma”, “a Torino non è indagata. Napolitano elogia la Procura. Oggi il Pg decide”. A centro pagina: “La vittoria di Renzi nel voto dei circoli”, “otto punti su Cuperlo”. Le foto sono per quello che il quotidiano definisce “inferno d’acqua sulla Sardegna”, e parla di un bilancio di almeno 9 morti. Mentre scriviamo sono diventati 14.
Il Corriere della Sera: “Alluvione in Sardegna, è una strage”, “ponti crollati, Paesi sott’acqua, trovati nove corpi, nella notte si cercano di dispersi”.
A centro pagina: “Cancellieri non è indagata, atti a Roma”. E poi sul Pd: “La vittoria di Renzi”.
La Stampa: “Cancellieri, battaglia nel Pd”. “La Procura di Torino: non è indagata”, “Letta preme sul partito: sì alla fiducia”. “Primarie, nel voto degli iscritti (46,7) ha sconfitto Cuperlo (38,4). Sotto la testata i titoli sul “ciclone in Sardegna”. A centro pagina le foto dell’attentatore che “tiene in scacco Parigi”. Ha ferito gravemente un fotografo a Libération ed è in fuga con fucile e bombe. A centro pagina anche “i tagli di Saccomanni, ’32 miliardi in tre anni’”.
Anche su Il Sole 24 Ore: “Tagli di spesa per 32 miliardi in 3 anni”, “si parte con 1,5 miliardi nel 2014. Letta: entro la settimana il piano di privatizzazioni”. A centro pagina le parole del Presidente della Consob: “Il capitalismo è cambiato”, “certi patti di sindacato non più sostenibili”. Di spalla: “La Procura: Cancellieri non è indagata, atti a Roma. Il Colle: scelta rigorosa”.
L’Unità: “Renzi vince il primo round”. A centro pagina: “La Procura: Cancellieri non è indagata”.
Europa: “Gli iscritti dicono Renzi. Ora il timbro dei gazebo”.
Il Giornale: “Un Dc si prende il Pci”, “Renzi batte l’apparato e vince nei circoli del Pd, che sul caso Cancellieri è a un passo dall’esplosione”. “Alfano parte dal 7 per cento ma insulta subito gli ex amici”. La foto è per Daniela Santanchè: “No al burqa, Santanchè rischia la galera”. “L’esponente di Forza Italia sotto accusa per una manifestazione di protesta. Ma per chi l’ha aggredì chiesta solo una multa”.
Il Fatto: “Napolitano a gamba tesa. Cancellieri non si tocca”, “Alla vigilia di una incertissima assemblea dei parlamentari democratici sulla sfiducia alla ministra, il Quirinale plaude alla procura di Torino che dice: i Guardasigilli non è indagato”.
Sul Pd: “Renzi (46,7%) si prende quel che resta del Pd. D’Alema: falso santone”.
In taglio baso: “Ilva, la telefonata e quei buchi nell’autodifesa di Vendola”.
Cancellieri
Ieri la Procura di Torino, scrive Il Sole 24 Ore, ha chiarito che sul caso Ligresti “nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati”. I documenti acquisiti di recente, cioè i tabulati telefonici da cui sono emerse le telefonate tra il Ministro Cancellieri e Antonino Ligresti, e quelle tra Ligresti e il marito della Cancellieri sono finiti in un fascicolo contenente atti nei quali non si ravvisano reati. Un fascicolo, scrive il quotidiano, che finisce alla Procura di Roma, “sede naturale in quanto territorialmente competente per quei fatti, comunque, possono richiedere ulteriori approfondimenti”. Nel “punto” del quotidiano di Confindustria Stefano Folli scrive che, dopo questa notizia, il Ministro Cancellieri è passato dalla “condizione di ministro in bilico a quella di ministro abbastanza saldo in sella”. L’ondata di richieste di dimissioni avrebbe infatti avuto bisogno di una novità “che molti giudicavano imminente”, cioè l’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Torino. “Ma non è andata in questo modo. Gli atti sono stati trasmessi da Torino ai magistrati romani, in vista di ‘ulteriori approfondimenti’. E la storia finisce qui”. Insomma: “Civati se vuole può anche presentare la sua mozione, ma sarebbe una iniziativa personale, senza conseguenze pratiche”.
La Stampa scrive che tutta la vicenda Cancellieri è racchiusa nel fascicolo “modello K” spedito dai magistrati di Torino ai colleghi di Roma, “competenti a valutare il caso”. Si tratta di un fascicolo con “atti relativi a fatti nei quali non si ravvisano reati allo stato, ma che possono richiedere approfondimenti”. Il che vuole dire -spiega il quotidiano- che saranno i pm della capitale a dover formulare eventuali ipotesi di reato e disporre ulteriori accertamenti. Quali? Ad esempio sentire le persone citate nell’informativa della Finanza relative alle comunicazioni avute dalla Cancellieri: il fratello di Salvatore Ligresti, Antonino; Sebastiano Peluso, marito della ministro e il Guardasigilli stesso.
“Il Colle apprezza la scelta dei pm: rigore e chiarezza nella decisione”, titola il Corriere della Sera. Il quotidiano ricorda che Napolitano conosce bene e stima il ministro, fin dai tempi in cui la conobbe: quando il capo dello Stato guidava il Viminale e lei era uno dei funzionari più attivi e in vista del ministero. L’analisi sottolinea anche come sullo sfondo di questa vicenda vi sia “il rischio delle spinte per nuovi equilibri nell’esecutivo”: alla rincorsa lanciata dal M5S con la mozione di sfiducia si sono aggiunte una pesante pressione mediatica e parecchie voci critiche del Pd. Da Renzi a Civati (a favore delle dimissioni), mentre Cuperlo al momento si limita a chiedere al ministro di valutare la possibilità di dimissioni “con lo spirito di servizio che l’ha sempre contraddistinta”.
Il Fatto scrive che “è cominciata un’altra storia, da ieri. Ufficialmente. Il Quirinale contro Renzi”.
La Stampa: “Letta preme sul Pd: ‘No alla sfiducia’. Ma la tensione nel partito resta alta”. Un cuperliano doc, anonimo, dice: “A Enrico non conviene spaccare il Pd per salvare la Cancellieri”.
Su La Repubblica: “Il pressing del Pd per le dimissioni del ministro, ‘Letta deve sapere che così non reggiamo. I renziani pronti a dare battaglia, il rischio di uno scontro con il Quirinale. Un deputato renziano, anonimo, dice che la base non accetta di ingoiare l’ennesimo rospo per fare un favore a Napolitano”. Questa sera l’assemblea dei gruppi parlamentari Pd, e secondo La Repubblica i renziani faranno fuoco e fiamme, salvo rimettersi alle decisioni della maggioranza “nel caso (a questo punto improbabile) che il gruppo si pieghi e faccia quadrato intorno al ministro della Giustizia. Ma, a pochi giorni dalle primarie, nessuno ha voglia di farsi scavalcare a sinistra da Renzi”.
Il Giornale: “Cancellieri isolata. L’addio a un passo”. Renato Brunetta, capogruppo Pdl accusa i Democrat che vogliono “presentarsi al Congresso con gli scalpi di Berlusconi e della Cancellieri”.
Su Il Fatto si dà conto di una lettera del 20 agosto scorso firmata dal direttore del carcere di Vercelli ai suoi superiori: per il quotidiano si tratta della risposta alle richieste del Guardasigilli dopo le chiamate sul caso di Giulia Ligresti. Il quotidiano evidenzia che neanche la Procura di Torino ha ancora acquisito questo documento, che sarebbe la prova che tutte quelle telefonate della Cancellieri hanno prodotto il risultato voluto.
L’Unità sottolinea che il Pd “aspetta il premier”: interpellato, “uno dei massimi dirigenti” del partito spiega che di fronte al caso Cancellieri, che rischia di spaccare i Democratici, a metterci la faccia deve essere il Presidente del Consiglio.
Primarie Pd
Renzi, scrive L’Unità, ha vinto tra gli iscritti incassando il 46,7 per cento dei voti. Gianni Cuperlo è secondo, con il 38,4, seguito da Civati con il 9,2 per cento e da Gianni Pittella che, con il 5,7 per cento, viene escluso dalla sfida ai gazebo.
Per avere una idea precisa dei risultati ottenuti dai candidati, rimandiamo ai grafici de La Stampa, che danno conto del risultato del voto nelle principali province italiane (stacco netto a Torino tra Renzi e Cuperlo, 47 contro 40; a Venezia 47,4 contro 41; a Roma, 52 contro 38; mentre Cuperlo ottiene il 50,4 a Bologna, contro il 37,2 di Renzi; e c’è un testa a testa a Bari, tra il 41,5 di Cuperlo e il 40,8 di Renzi).
La Repubblica offre anche il punto di vista dei risultati regionali (Lombardia 45 per cento a Renzi, 39 per Cuperlo e 15,5 per Civati; Friuli Venezia Giulia 51,8 per Renzi, 32,3 per Cuperlo, 15 per Civati; Piemonte per Renzi al 45,6, con Cuperlo al 40,5, con Civati all’11,8; la Puglia al 41,7 a Renzi, in netto distacco su Cuperlo al 34 per cento, con un 13 per cento per Civati. In Sicilia vince Cuperlo al 47,6 contro il 42,6 di Renzi; in Molise Cuperlo straccia Renzi con il 61,5 contro il 32,6; in Emilia Romagna è un testa a testa tra Cuperlo al 43,6 e Renzi al 42,3, con un 12,9 per Civati; nel Lazio 50,5 a Renzi, 39,9 a Cuperlo e 7,3 a Civati).
Per tornare a L’Unità, il quotidiano scrive che alle primarie aperte Renzi dovrà poi far lievitare in maniera consistente il risultato dei congressi di circolo, mentre Cuperlo dovrà non allontanarsi troppo dalla percentuale conquistata. Cuperlo ha ribadito: “La partita è aperta”. Il primo incontro diretto sarà domenica alla Convenzione nazionale a Roma: verranno comunicati ufficialmente i dati dei congressi e verrà data la parola ai tre candidati che si sfideranno alle primarie. Suscita malumori tra i sostenitori di Cuperlo il fatto che il responsabile organizzazione del Pd abbia conteggiato nel voto finale i voti dei congressi di Salerno (finiti 2566 a 50 in favore di Renzi grazie all’endorsement fatto dal sindaco della cittadina) che rappresentano circa l’1 per cento dei votanti locali, e su cui i comitati Cuperlo hanno sollevato dubbi. Il quotidiano intervista Stefano Bonaccini, coordinatore della mozione di Renzi, soddisfatto innanzitutto per la grande partecipazione: “Quasi 300 mila iscritti, e non era affatto scontato”. Bonaccini ricorda poi che fino a qualche tempo fa Renzi “veniva descritto come un corpo estraneo al partito”.
Patrizio Mecacci, del comitato Cuperlo, insiste per l’annullamento del voto a Salerno, chiede verifiche anche nella provincia di Roma.
La Repubblica scrive che Gianni Pittella appoggerà il rottamatore. Nel sud Italia Pittella ha ottenuto il 12 per cento, e in Basilicata è addirittura arrivato primo, con il 31 per cento. Anche qui si sottolinea come il risultato del sindaco meriti un brindisi, visto che “accusato dal fronte Bersani-D’Alema” e dai “giovani turchi”, tutti supporter di Cuperlo, di essere un alieno del partito, “ha invece avuto la maggioranza”. E’ convinto che la partita sia ancora tutta da giocare il cuperliano Matteo Orfini, che dice: “Quello raggiunto da Cuperlo però è un buon punto di partenza per le primarie. Ci davano all’1 per cento, siamo al 38. Ora comincia la fase più divertente”.
Ampio spazio viene dedicato dai quotidiani alle battute velenose di Massimo D’Alema nei confronti di Renzi. Per restare a La Repubblica: “D’Alema, attacco frontale al sindaco, ‘ignorante e legato all’establishment’”. D’Alema ha reagito alle parole di Renzi, che lo aveva accusato di aver distrutto la sinistra, rinfaccia al rottamatore un “tardo blairismo con echi liberali”. Poi dice: “E’ spiritoso, brillante, ma è superficiale, e questo non depone a favore di chi dovrebbe diventare il leader del più grande partito italiano”, “non può più fare il giamburrasca”, “la dialettica vecchi-giovani è falsa, molti quadri giovani del partito sono con Cuperlo”. Poi dice: “grazie a De Luca, Bassolino, Veltroni, Franceschini, Renzi è ormai l’uomo dell’establishment. Vedremo i prezzi che dovrà pagare a questo establishment”. Il rischio – ammonisce D’Alema – è che trasformi il partito nella peggiore Democrazia Cristiana. Per D’Alema si fronteggiano due visioni: “Quella di Cuperlo, fondata sulla difesa dei valori della sinistra, e quella di Renzi, per un partito acchiappa-tutti”.
Su Il Giornale è Paolo Guzzanti a scrivere che “chi è giovane non può rendersi conto della portata di un evento come quello della conquista dell’apparato che fu comunista da parte di un rampollo della democristianeria”. Renzi “ha spazzato via l’apparato comunista ed ha fatto perdere le staffe a D’Alema, affacciandosi sulla scena politica nazionale come Attila travestito da Fonzie”. Insomma, per Guzzanti, “il Dc Renzi” ha “espugnato il fortino del Pci”. Quando vorrà, il Palazzo d’Inverno, ovvero Palazzo Chigi, sarà suo. Intanto lo farà tremare con l’Ariete delle elezioni, che è convinto di vincere perché “conta sull’azzoppamento di Berlusconi”. Sullo stesso quotidiano si scrive che l’asse D’Alema-Bersani-Marini-Letta (la presenza del premier al libro ‘antiRenziano’ dedicato a Bersani è stata interpretata come un indiretto endorsement) si è collocato sotto la soglia psicologica del 40 per cento: “L’exploit del rottamatore manda in tilt i colonnelli”. Il quotidiano peraltro sottolinea che dopo lo scandalo tessere è precipitato il numero dei votanti, che si sono fermati a 300 mila, registrando quindi una perdita secca di 170 mila rispetto alle primarie per la segreteria del 2009.
Anche il Corriere della Sera sottolinea come preoccupi il crollo degli iscritti al voto. E anche qui si raccontano i sempre più tempestosi rapporti tra Renzi e D’Alema.
E’ La Stampa invece a raccogliere la soddisfazione e insieme l’amarezza di Renzi. Che se la prende con “i pasdaran” e gli “avvelenatori di pozzi”. Dice Renzi: “I trattativisti ci chiamano e ci dicono ‘ ok, avete vinto, ma ora calma e prudenza, non pompate il risultato’. E noi, mi creda, faremmo precisamente questo. Ma i pasdaran…”. E i pasdaran, spiega il quotidiano, sono coloro che dicono che la segreteria Renzi potrebbe essere un problema, che molte persone potrebbero non sentirsi rappresentate e andare via, che il sindaco di Firenze non è stato votato dal 50 per cento degli iscritti al Pd. Due nomi su tutti: D’Alema e Fassina”. Insomma, si racconta che D’Alema starebbe ripetendo da settimane che il Pd rischia la scissione. Dice Renzi: “Sì, ora vorrebbero avvelenare i pozzi, buttarla in caciara. Ma questo è un partito dove chi perde resta. Io persi con Bersani ma sono rimasto nel Pd e ho seguito la linea che ci indicava il segretario”.
Internazionale
Il corrispondente de La Repubblica da Gerusalemme dà conto della sorpresa suscitata dalle dichiarazioni del premier Netanyahu che ha usato il podio della Knesset per lanciare una offerta clamorosa al presidente palestinese Abu Mazen: “lo invito da qui. Rompiamo l’impasse. Venga a parlare alla Knesset e io andrò a Ramallah”. Netayahu ha poi precisato: “Affinché la pace sia reale, deve essere una strada a doppio senso. Non si può chiedere agli ebrei di riconoscere uno stato nazionale di Palestina senza chiedere ai palestinesi di riconoscere lo stato nazionale del popolo ebraico”. Il premier da tempo, ricorda La Repubblica, chiede che i palestinesi riconoscano Israele come Stato del popolo ebraico. Richiesta finora respinta dai leader dell’Anp perché vi vedono una rinuncia al diritto al ritorno dei rifugiati. Ma per gli israeliani è una richiesta impossibile, perché impossibile sarebbe accogliere i milioni di rifugiati da Libano, Siria e Giordania, perché altererebbero l’equilibrio demografico. Se ne occupa anche L’Unità, che racconta come l’intervento di Netanyahu abbia decisamente spiazzato il presidente francese Hollande, in visita a Gerusalemme. Poche ore prima, peraltro, Hollande, da Ramallah, aveva chiesto lo stop immediato e definitivo dei piani di colonizzazione da parte di Israele dei territori occupati. Nel suo intervento alla Knesset, Hollande è tornato sul dossier più caldo per Israele, ovvero quello iraniano: le sanzioni a Teheran rimarranno in vigore finché l’Iran non avrà pienamente convinto la Francia di aver “definitivamente rinunciato” al nucleare a scopi militari. La Francia “non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari”.
La Stampa e La Repubblica raccontano la storia di Burak Karan, 27 anni, talento del calcio, promessa della BundesLiga e morto tra i guerriglieri anti-Assad. Nel 2008 aveva lasciato lo sport per arruolarsi tra i ribelli siriani. Era nato a Wuppertal. La Repubblica scrive che sarebbero almeno 220 i radicali islamisti tedeschi integrati in brigate di jihadisti. E sarebbe tale il richiamo verso la Siria da comportare un calo degli afflussi verso Pakistan e Afghanistan. Nel marzo del 2008 sparì nel nulla e insieme alla moglie e ai due figli partì per le zone di frontiera turche che ospitano i siriani in fuga dalla guerra civile. Ufficialmente disse a tutti di voler solo aiutare le Ong umanitarie.