Il ‘no al fango’ della Cancellieri.

Corriere della Sera: “Cancellieri offre 2 volte le dimissioni. Letta: resta, è giusto andare avanti”.

A centro pagina: “Il caso dei bonus ai giovani”, “Grillo all’attacco: niente lavoro, un fallimento. La replica del premier: è disfattismo”, “Pdl spaccato sulla legge di Stabilità, Lupi accusa i falchi”.

A fondo pagina: “Un miliardo in quadri: il tesoro nazista”, “Ritrovate in una casa di Monaco 1.500 opere. Tanti capolavori, da Matisse a Picasso”.

 

La Repubblica: “Cancellieri, Letta blinda il governo”, “Il ministro: ‘Basta fango, o mi credono o lascio’. Il Pd si divide”.

A centro pagina: “L’Aquila, il dossier segreto Ue: sprechi e mafia dopo terremoto”

 

La Stampa: “Epifani: manovra da cambiare”, “Intervista al segretario Pd: servono 2,5 miliardi in più, non diamo alibi al Pdl”.

 

 

Il Giornale: “Sette mosse per salvare la casa”, “Il governo progetta di fare cassa con il mattone. Ecco come il centrodestra può impedirlo”, “Cancellieri verso la fiducia. Ma su Berlusconi sbaglia”.

A centro pagina: “Di Pietro vuole multare gli ex. E nasce l’Equitalia dei valori”, “Penali per chi esce dal partito”.

 

Cancellieri

 

Il Ministro della Giustizia, oggi a Strasburgo per “convincere la Corte europea dei diritti dell’uomo che l’Italia ce la sta mettendo tutta per risolvere l’emergenza carceri”, come scrive il Messaggero, rilascia una intervista al quotidiano romano: “Io non mi faccio intimidire dal metodo Boffo”, dice. “Un quotidiano mi attribuisce proprietà mai avute e stipendi mai percepiti. Addirittura una villa a Genzano che forse avrà ereditato un’altra Annamaria Cancellieri, ma non io! E tutto questo per cosa? Per alimentare il sospetto di presunti favori che con esistono. O per gettare fango. Ho trascorso la mia vita da funzionario dello Stato. Sono disgustata”.
Il Ministro non ha intenzione di gettare la spugna, anzi “combatto, querelo e vado avanti”. Se Letta le chiedesse un passo indietro, risponde: “Non ho mai brigato per avere posti nella vita. Tutto quello che mi hanno chiesto di fare l’ho fatto con spirito di servizio. Se il mio servizio non va bene, non sono certo attaccata alla poltrona. Sì, se me lo chiedessero lo farei un passo indietro, ma dovranno anche spiegare al Paese il perché di ciò. Non consento che si passi sopra il mio onore”. Sulle parole spese al telefono con la compagna di Salvatore Ligresti: “Quando sei nell’emotività non pesi le parole. Io so benissimo che i telefoni possono essere intercettati. Ma quando ci sono di mezzo certi valori affettivi, quando vuoi dire a una persona che l’abbracci e che ti dispiace del suo dolore, lo fai. Poi ognuno può leggerle come vuole quelle parole. Non posso rinunciare ad essere un essere umano”, ma spiega che “il mio interessamento ad una donna anoressica, che rischiava il suicidio, non ha di certo inciso sulla decisione della magistratura, come ha spiegato lo stesso procuratore Caselli. E poi, ricordo che il magistrato che ha valutato quelle intercettazioni non vi ha trovato nulla di penalmente rilevante. Questa è malafede. È accanimento”. Quanto alle cose che dirà a Strasburgo, il Ministro dice che per rispondere alle sollecitazioni della Corte Europea per i diritti dell’Uomo l’Italia pensa a “interventi sulla custodia cautelare in carcere, sui tossicodipendenti e sugli extracomunitari”, e – sui detenuti stranieri – “stiamo studiando la possibilità di mandare d’ufficio i detenuti stranieri a scontare gli ultimi due anni di pena nel paese natio. A meno che non abbiano famiglie in Italia”. Infine, “le celle devono essere luoghi dove stare solo otto ore, per dormire, e non più 22 ore come oggi accade al 29% dei detenuti. Ridisegnando gli spazi, rivedendo le attività ricreative e incrementando il ricorso ai lavori socialmente utili, contiamo di arrivare al 79% dei detenuti entro aprile 2014. E poi dicono che mi sono occupata solo di Giulia Ligresti?”.

La Repubblica scrive che spunta l’ipotesi del rimpasto. Poi intervista il candidato alla segreteria del Pd Pippo Civati, che dice: “Meglio avrebbe fatto il Guardasigilli a rimettere subito il suo incarico a disposizione del Presidente del Consiglio. Poi sarebbe stato Letta a decidere il da farsi”.

Alle pagine seguenti si scrive che nell’ambito dell’inchiesta Fonsai i magistrati puntano su Arcore: la Procura di Milano, che ha in piedi una indagine sulla compagnia di assicurazione Fonsai di Ligresti, punta dritta “ad Arcore” con l’ipotesi di corruzione per l’ex presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini. L’ipotesi è che l’Isvap (l’organo di controllo sulle assicurazioni) per anni avesse chiuso un occhio su Fonsai in cambio di qualche contropartita”. E alle pagine 6 e 7, con un richiamo in prima, “l’analisi” di Massimo Giannini sotto il titolo “Dal Cavaliere alla Cancellieri, il romanzo del potere al telefono”, “i Ligresti nel solco del ‘berlusconismo da corruzione’”.

Sul Corriere, in riferimento ai dialoghi intercettati tra i due manager Fausto Marchionnni (che il Corriere presenta come “ex top manager Fonsai e La Repubblica come ex amministratore delegato della compagnia) e Alberto Aderisio, (esperto di relazioni pubbliche legato a Salvatore Ligresti), titola: “Dialogoi tra intercettati: si dice che il pm punta ad Arcore”, “Marchionni e Alderisio convinti che il magistrato Orsi (il pm milanese che, insieme ai colleghi torinesi indaga su Fonsai,ndr) abbia insistito i per ‘indirizzare’ l’interrogatorio verso il Cavaliere”.

Su Il Giornale, un piccolo riquadro spiega: “l’indagine della Procura di Milano sul caso Fonsai punta su Arcore”. A sostenere un accanimento dei pm alla ricerca di notizie che colleghino i Ligresti e il Cavaliere, sono, in un’intercettazione, l’ex top manager di Fonsai Fausto Marchionni e Alberto Aderisio, uomo di fiducia di Ligresti. I due, commentando l’interrogatorio del manager Fonsai Emanuele Erbetta, sostengono che il pm insisteva su Arcore: ‘Era furibondo perché dice che è stato trattato a calci nei denti. Questo (il pm, ndr) -dice Marchionni riferendo i commenti di Erbetta- gli ha piantato una storia gigantesca su ‘sta roba, ha voluto essere portato a Arcore, è andato a Arcore per perorare la causa di Giannini”

 

La Stampa spiega i differenti orientamenti sui due fronti della politica italiana: “Il Pdl ‘gioca’ sul paragone col caso Ruby e il Pd spera di evitare un colpo al governo”. Si legge che il destino politico del Ministro sembra affidato sempre più alla efficacia e alla nettezza delle comunicazioni che farà domani in Parlamento. Il Pd, una volta ottenuto che la Cancellieri riferisse il più rapidamente possibile nelle Aule parlamentari, si è messo, secondo La Stampa, in posizione di attesa, senza atteggiamenti pregiudizialmente ostili, come confermato dalle dichiarazioni di ieri di Gianni Cuperlo e dal silenzio di Matteo Renzi. A quest’ultimo alcuni quotidiani hanno attribuito una posizione ostile, basandosi su alcune dichiarazioni del deputato renziano Ernesto Carbone, ma un altro esponente dell’inner circle renziano, Dario Nardella, si è speso a favore del Ministro, e alla fine fa testo il voluto silenzio che sulla questione si è imposto Renzi stesso. Il quotidiano intervista il deputato di area renziana Paolo Gentiloni che, alla domanda se la Cancellieri debba dimettersi, risponde: “Penso che sia giusto aspettare i chiarimenti che darà in Parlamento”. Il Movimento 5 Stelle, che ha paragonato il caso alla vicenda Ruby, ha presentato una mozione di sfiducia individuale. Ci sono margini per possibili convergenze? Gentiloni: “Escluso in maniera categorica che il Pd possa accodarsi a una mozione della opposizione. Paragoni con vicende passate, come il caso Ruby, non aiutano, perché si tratta di fatti diversi”. Possibili contraccolpi per il governo? “Credo che il governo debba preoccuparsi di più dei possibili contraccolpi che potrebbero arrivare da altre questioni, a cominciare dalla legge di stabilità. Il procuratore di Torino Caselli ha chiarito che non ci sono stati condizionamenti dell’operato della magistratura dal comportamento del Ministro, ma questo non elimina altre ombre della vicenda”. Insomma, secondo Gentiloni, “il ministro non può limitarsi a rivendicare la finalità umanitaria che l’ha spinta ad attivarsi, perché deve chiarire se i mezzi utilizzati siano stati corretti”.

Sul Corriere della Sera: “Tra i dem la (vera) prova e sul sostegno al governo”, “fronte renziano più intransigente nei confronti del Ministro. Cuperlo: non si utilizzi l’episodio per colpire l’Esecutivo”.

E lo stesso quotidiano ricorda che oggi il ministro Cancellieri sarà a Strasburgo, dove dovrà dar conto delle misure che l’esecutivo intende mettere in campo per rispondere alle accuse della Corte europea dei diritti umani per il sovraffollamento delle carceri e la lentezza dei processi: entro il maggio 2014 l’Italia dovrà aver messo a punto riforme che garantiscano “una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione”, pena il pagamento degli indennizzi a tutti i detenuti ricorrenti. Il nostro Paese, infatti, è secondo solo alla Russia per ricorsi pendenti: sono 14.550.

Su La Stampa, una pagina sulla emergenza giustizia: “Oggi a Strasburgo il piano svuota carceri. Fuori 10 mila detenuti. La Cancellieri: ‘Così risolveremo il sovraffollamento’”.

 

Legge di Stabilità

 

La Stampa intervista il segretario Pd Epifani. Al cronista, che gli riferisce di una dichiarazione di Renato Brunetta (capogruppo Pdl alla Camera), secondo cui “se sulle tasse non si cambia il governo non c’è più”, Epifani risponde: “Il centro-destra ha la chiara tentazione di fare della legge un banco di prova per forzature politiche. Dobbiamo fare un mezzo miracolo, che consiste nel dare più senso alla manovra, provare a venire incontro a molte delle critiche che le sono piovute addosso e togliere ogni alibi al centro-destra”. Secondo Epifani nella manovra “c’è un po’ di tutto e poco di tutto”. Servono “più investimenti”, “chiediamo più giustizia sociale”. Per esempio, spiega il segretario Pd, “il fondo per le non autosufficienze è al di sotto dell’anno scorso. Lo sblocco delle rivalutazioni delle pensioni più basse è timido. Manca del tutto l’attenzione alla produttività nel pubblico impiego. Come si fa a riorganizzare la macchina statale se nel frattempo si continua a chiedere ai suoi dipendenti solo sacrifici? Infine le detrazioni per il lavoro dipendente: sono troppo basse perché la gente non le viva come una beffa. Per l’anno prossimo proponiamo di restringere la platea dei beneficiari a 23mila euro eventualmente alzando anche la no tax area, e di riallargarla nel 2015 e nel 2016 investendoci più risorse”.

 

Sul Corriere della Sera, occupandosi del Pdl: “La partita governativi-lealisti mette a rischio la legge di Stabilità”. Il punto di vista degli esponenti “governativi” sarebbe questo: i ‘lealisti’ del fronte di Raffaele Fitto, avendo capito che Berlusconi e Alfano si stanno riavvicinando, attaccano a testa bassa sulla legge di Stabilità per far saltare l’intesa nel partito e nel governo. I lealisti invece la vedono così: noi diciamo quello che pensa Berlusconi, lui non può né vuole accettare una legge di stabilità che riempie di tasse il nostro popolo, e non può certo lasciare la golden share del partito ad Alfano.

Su La Repubblica: “Le condizioni di Alfano: ‘restiamo se non cade il governo’”. Che La Repubblica traduce così, parlando di una linea di demarcazione che Alfano avrebbe tracciato ieri con gli altri Ministri: fuori da Forza Italia se il partito dichiarerà guerra sulla legge di Stabilità. Su Il Giornale il dossier del capogruppo Pdl Renato Brunetta: “Perché riscrivere la legge di Stabilità”, “dall’ultima fiducia in Aula il governo Letta ha spostato a sinistra l’asse della politica economica. Bisogna ripartire da azioni per lo sviluppo e alleggerire le tasse sulla casa”. Secondo Brunetta la legge di Stabilità, ad una prima analisi macroeconomica, sembra realizzare una redistribuzione del reddito tutta a danno dell’elettorato di centrodestra (dalla tassazione sulla casa alla deindicizzazione delle pensioni, al contributo di solidarietà sulle pensioni elevate) e tutta a vantaggio dell’elettorato di sinistra, dal finanziamento della cassa integrazione in deroga agli esodati.

Nella pagina di fianco, il “retroscena”: “Stabilità, il Cav non fa sconti: emendamenti Pdl a valanga”.

 

Internazionale

 

Alle pagine R2 de La Repubblica, Vanna Vannuccini ricorda che oggi l’Iran celebra la presa dell’Ambasciata Usa, 34 anni fa, con il consueto sfoggio di retorica anti Stati Uniti. Ma sotto la superficie le cose stanno cambiando, con l’arrivo del nuovo Presidente Rohani. Quest’ultimo ha dimostrato di cambiare direzione con la sua telefonata con Obama, la prima da 34 anni di un Presidente iraniano con il suo omologo Usa. Il suo governo, ha detto Rohani all’Onu, vuole migliorare le relazioni con Usa e Occidente. I cartelloni antiamericani sono stati rimossi dalla capitale. Gli ultraconservatori sono in allarme, i pasdaran temono, se i rapporti con gli Usa si normalizzeranno, di esser messi da parte e privati dei loro redditizi business. Per questo hanno deciso di reagire, ed oggi sfileranno all’insegna dei loro slogan. Hanno tappezzato la città con cartelloni che irridono la “onestà americana”: vi si vedono un negoziatore iraniano e uno americano, l’uno di fronte all’altro. Ma l’americano sotto la giacca da civile porta stivali e pantaloni americani e sulle ginocchia sotto il tavolo porta un fucile.

La guida suprema Khamenei per un verso ha espresso sostegno a Rohani (“nessuno deve indebolire i negoziatori, hanno una missione difficile e nessuno deve considerare la diplomazia un cedimento al compromesso”, ha detto) ma, riferendosi ironicamente alla National Security Agency ha spiegato che “gli studenti che assaltarono il covo di spie dimostrarono di essere in anticipo sui tempi”.

Inoltre si è detto non ottimista sugli stessi negoziati: “L’America è legata alle pressioni del regime Sionista, guidato da un governo illegittimo e bastardo”.

Su La Stampa: “Il paletti di Khameney sul nucleare”, di Maurizio Molinari. Il quotidiano parla di un braccio di ferro della Guida Suprema con Rohani. Sarebbero 4 le condizioni poste da Khameney: rifiutare la chiusura dell’impianto sotterraneo di Qom per l’arricchimento dell’uranio; rifiutare di portare il livello dell’arricchimento dell’uranio sotto il 5 per cento; non abbandonare la costruzione del reattore da acqua pesante di Arakh, ovvero la strada che può portare a produrre il plutonio necessario per un’arma atomica; non impegnarsi a ratificare il protocollo addizionale dell’Agenzia atomica Aiea, che Teheran firmò 10 anni fa, ma che da allora il Parlamento iraniano non ha mai reso operativo. Quest’ultima linea rossa lascia intendere la contrarietà di Khameney a consentire alla Aiea ispezioni senza ostacoli negli impianti più protetti dal segreto, come ad esempio quello di Parchin, indicato dalla stessa Aiea come sito sospettato di aver ospitato test militari.

 

La Repubblica ha una intera pagina dedicata al caso Snowden. Mentre intellettuali e uomini politici tedeschi chiedono che gli venga dato asilo politico in Germania, dalla Casa Bianca al Congresso fioccano i no ad una ipotesi di clemenza per l’ex collaboratore della Nsa. Il Corriere della Sera si occupa proprio dell’appello dei tedeschi illustri, che fa la copertina del settimanale Der Spiegel , dove Snowden ha pubblicato il suo manifesto: “dire la verità non è reato”. Snowden è un eroe per il romanziere Peter Schneider, e sulla stella linea ci sono altri scrittori come Hans Magnus Enzesberger.

La Repubblica intervista il filosofo americano Michael Walzer: “La talpa del Datagate è un eroe, negli Usa la democrazia è a rischio”, dice. E sottolinea che per capire la Nsa bisogna tornare alla sua nascita e ai tempi di Bush e Cheney: “Per capire la Nsa bisogna tornare alla sua nascita, alla presidenza Bush, chiedersi se lo stesso Bush ne fosse al corrente: lo era, più probabilmente, il vicepresidente Cheney. Da allora la Nsa ha seguito il suo corso e non ha ritenuto necessario informare Obama: qualcuno forse non si fidava di lui”. Dice ancora Walzer a proposito della richiesta di Germania e Francia di un codice di condotta: “Merkel e Hollande hanno ragione, però il codice dovrà tutelare il mondo intero, non solo amici e alleati”.

 

Il Corriere della Sera ricorda che da ieri il Segretario di Stato Usa Kerry ha iniziato la sua missione in Medio Oriente. Prima tappa è l’Egitto, dove, secondo il quotidiano, proverà a ‘ricucire’ con l’Egitto dei generali. Dalla deposizione del Presidente ed esponente dei Fratelli Musulmani Morsi nessun alto esponente Usa aveva ancora messo piede in Egitto. Un mese fa l’Amministrazione Obama aveva deciso di tagliare alcune forniture militari ed aiuti economici. Incontrando il Ministro degli esteri egiziano Fahmi, Kerry ha dichiarato: “la nostra alleanza sarà più forte quando questo Paese sarà rappresentato da un governo civile, inclusivo, eletto democraticamente e basato sul rispetto della legge e delle libertà fondamentali. Al generale Al Sisi, reggente di fatto del Paese, Kerry avrebbe chiesto di non prorogare le leggi di emergenza oltre il 14 novembre, previsto per la loro fine. La seconda tappa del viaggio di Kerry prevista è l’Arabia Saudita, dove i problemi sono relativi alla apertura di Washington a Teheran e all’attacco alla Siria. Due cose che Ryad non ha affatto gradito.

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