I titoli di tutti i quotidiani sono dedicati quest’oggi all’approvazione in Consiglio dei ministri della Legge di Stabilità.
Corriere della Sera: “Pochi tagli e mini aumenti in busta paga”, “Letta: per la prima volta non crescono le tasse, la pressione fiscale diminuirà”.
A centro pagina, la foto è per il feretro di Erich Priebke ad Albano: “Priebke, funerali sospesi. La folla assalta il feretro e fronteggia i neonazisti”.
La Repubblica: “Letta: meno tasse, salva la sanità”, “Manovra da 11,6 miliardi, critiche da Confindustria e Cgil. Elezioni in un giorno solo”.
A centro pagina: “Assalti al feretro, scontri con i neonazi: bloccato il funerale di Priebke ad Albano”.
La Stampa sintetizza nel titolo d’apertura le parole del presidente del consiglio: “’Meno tasse a imprese e famiglie’”, “La Finanziaria di Letta: fisco più leggero, niente tagli alla sanità”.
A centro pagina: “Gli scontri fermano i funerali di Priebke”.
Il Sole 24 Ore: “Cuneo fiscale, tagli per 10 miliardi in 3 anni”, “Manovra da 11,6 miliardi, minori spese per 3,5. Sforbiciata sulle detrazioni Irpef al 19%”.
Il Giornale: “Manovra contentino”, “Letta fa il democristiano: poche riforme, ma almeno non ci sono tagli alla sanità e stangate fiscali”, “Il Pd gioca sporco, il governo rischia sulla decadenza di Berlusconi”.
A centro pagina: “Calci e sputi alla salma tengono in vita Priebke” (di Marcello Veneziani).
In taglio basso: “Rai, dopo Crozza salta Benigni”, “Lo scandalo per i cachet stellari ferma lo show (da 4 milioni) del comico”.
Libero: “Via i tagli, restano le tasse”.
Sotto la testata: “Priebke, dalla farsa alla risa col morto”.
Il Fatto: “Stabilità di Letta: niente tagli Sanità. Arriva la trise, nuova tassa sulla casa”.
A centro pagina: “Così i saggi costituenti pilotavano i concorsi”, “Le carte dell’indagine di Bari sulle manovre per favorire parenti e amici in università. Barbera sponsorizza Pizzetti, De Vergottini segnala due ‘protette’. Pressioni a favore della Bernini (Pdl), ma poi il concorso salta”.
L’Unità: “Letta: ‘No tagli alla sanità”.
A centro pagina: “Priebke, rivolta ad Albano e funerali sospesi”.
In taglio basso: “Napolitano chiede riforme. Il Pdl lo attacca”.
Legge di stabilità
Il Sole 24 Ore dedica 16 pagine alla legge di Stabilità varata ieri dal Consiglio dei Ministri, con uno “speciale”.
Il quotidiano, in una “analisi”, scrive che la prima legge di Stabilità a firma Letta-Saccomanni si affida a una copertura iniziale certa ancorché contenuta, composta da tagli ‘tradizionali’ alla spesa, rinviando di fatto alla ‘spending review’ il compito di reperire nuove e più consistenti risorse”. La vera scommessa, secondo il quotidiano, “sarà abbandonare in via definitiva la prassi dei tagli lineari che per certi versi ritroviamo anche in questa legge di Stabilità, così da impostare un disegno organico che ridisegni finalmente il perimetro e i meccanismi alla base del formarsi della spesa. Questa è la vera spending review, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, che invita ad attuare un ‘miglioramento duraturo dell’efficienza della qualità della spesa pubblica, a tutti i livelli amministrativi’”.
L’editoriale del quotidiano, firmato da Guido Gentili (“Idee buone, poco coraggio”) scrive che “non c’è la grande sterzata per il 2014”, ma “c’è un cambio di direzione”. Sulla manovra principale, quella sul cosiddetto cuneo fiscale, Gentili spiega che si tratta di 1,5 miliardi a testa per lavoratori e imprese, “e questo è l’impatto per il 2014, a meno che non possa essere rafforzato strada facendo da operazioni quali la rivalutazione delle quote Bankitalia e il rientro dei capitali illegali esportati. Essendo la la manovra sul cuneo la ‘regina’ del pacchetto anticrisi ci si poteva aspettare una scalettatura più coraggiosa degli impegni”, scrive Gentili.
Paolo Baroni, su La Stampa, firma un commento dal titolo: “Scelte prudenti ma la strada è lunga”.Dove si legge che “una volta tanto la manovra, che oggi si chiama Legge di Stabilità, è molto meno pesante rispetto agli anni passati. Niente lacrime e sangue, ma cautela e oculatezza”. In questo modo Letta evita che il Pdl “riparta in quarta con la sua crociata contro le tasse ma attutisce i rischi di scontro sociale” e soprattutto “aiuta il Paese nel lento percorso di uscita dalla recessione”.
“Che questo galleggiamento serva poi anche nei prossimi mesi è tutto da dimostrare”, scrive Baroni.
La crescita vera, forte, quel +2 per cento messo in conto solo per il 2015, ha bisogno di tutt’altri interventi, e soprattutto di molte più risorse. Il governo lo sa, e ha già messo in conto di procurarsi altre entrati rimettendo all’ordine del giorno la caccia ai capitali fuggiti in Svizzera, ed ha promesso che tutti i proventi della spending review sarà destinati alla riduzione della pressione fiscale.
Su La Repubblica Massimo Giannini, nell’editoriale dal titolo “Né stangata né frustata”, scrive che “la prima legge di Stabilità della Grande Coalizione all’italiana riflette i limiti della strana maggioranza che l’ha prodotta. Non si può giudicare rivoluzionaria, non aggredisce il Leviatano della spesa pubblica improduttiva, e non aziona le leve di una economia competitiva. Ma non si può neanche definire rinunciataria: azzarda qualche timido tentativo di introdurre politiche redistributive senza alimentare ulteriori dinamiche recessive. Il risultato è una manovra di mantenimento. O di galleggiamento, secondo i punti di vista. Ci mette ‘al sicuro’ con l’Europa (e questo il premier Letta fa bene a rivendicarlo) ma non ‘ci porta fuori dalla recessione’ (e questo il ministro Saccomanni esagera a sottolinearlo)”. Alle pagine interne si descrive la tensione che si è creata ieri in sede di Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio Letta si sarebbe sfogato così, parlando al vicepremier Alfano: “non possiamo essere ancora ostaggio di Berlusconi e delle vostre bandierine sulla casa”. Il vicepremier Alfano si era presentato a Letta con un sondaggio eloquente, che gli avrebbe illustrato in questi termini: il partito delle colombe vale il 4 per cento, cioé non esiste, e io non posso intestarmi una finanziaria in cui riemerge la tassa sulle abitazioni, anche se adesso si chiama Trise. Darebbe ossigeno ai falchi. La ministra della sanità Lorenzin, Pdl, avrebbe a sua volta minacciato le dimissioni per i preannunciati tagli alla sanità, che poi sono stati esclusi.
Lo stesso quotidiano spiega, a proposito di Imu, che in realtà i dettagli sulla nuova tassa Trise verranno resi noti solo oggi. Sarà meno pesante, però, dice il quotidiano, dovrebbe essere pagata non solo dai proprietari di prime e seconde case, ma anche dagli affittuari (una quota tra il 10 e il 30 per cento). Secondo la Cgia di Mestre con la Trise sparirebbero però le detrazioni per i figli.
Nicola Porro su Il Giornale scrive che “a caldo la finanziaria di Letta si può definire ‘democristiana’. Nel senso che non sarà truculenta nei tagli e nelle imposte ma neanche rivoluzionaria”. Porro scrive che la riduzione del costo del lavoro, sommando i benefici per le imprese e quelli per i dipendenti, per l’anno prossimo vale circa 3 miliardi. E tuttavia i conti non tornano: la manovra è infatti da 11,5 miliardi e le coperture di cui ha parlato il premier sono vicine agli 8,5 miliardi.
Alle pagine interne Il Giornale spiega così le misure: “Cuneo fiscale, taglio da 10 euro al mese. Confindustria è già sulle barricate”; “Sulla casa si abbatte un nuovo balzello. La Trise costerà più dell’attuale Imu”; “cala la scure sui dipendenti pubblici: assunzioni bloccate, meno straordinari”. C’è un capitolo che riguarda anche la Rai, che non riceverà più per intero il canone pagato dai telespettatori: lo Stato tratterrà come strumento di riduzione del deficit il 5 per cento dal canone, che si traducono in 80 milioni di Euro.
La Repubblica spiega che si tratta di un taglio del cuneo fiscale per 10,6 miliardi in 3 anni: l’obiettivo è ridurre la pressione fiscale dal 44,3 al 43,8 nel 2015. Si tratta di 2,5 miliardi che saranno divisi tra imprese e lavoratori, 1,5 che andranno ad aumentare le detrazioni Irpef, con l’effetto di accrescere il peso della busta paga: per La Repubblica si tratta di un bonus in media sopra i 100 euro netti, con punte di 185 per i redditi bassi.
Il Sole 24 Ore, sul pubblico impiego: “Statali, contratti ‘bloccati’ per il 2014”. “Stretta anche sul turn over: dal 20 per cento di quest’anno tornerà gradualmente al 100 per cento solo nel 2018”. La manovra prevede un taglio del 10 per cento degli straordinari e la dilazione da 6 a 12 mesi del pagamento del tfr ai lavoratori in uscita.
Su La Repubblica: “Giro di vite sul pubblico impiego, contratti congelati e meno straordinari, così si risparmiano 1,5 miliardi”, “stop al turn over, sale a un anno l’attesa per la liquidazione”.
Priebke
Proteste e scontri in strada: è finito così ad Albano, cittadina in provincia di Roma, quello che avrebbe dovuto essere il funerale del capitano nazista Erich Priebke. Albano, come ricorda il Corriere della Sera, è medaglia d’argento al valor civile per la Resistenza. Nella notte il feretro è stato portato via, dopo scontri tra una falange di neonazisti e gli abitanti del luogo. Si era trasformato in un fortino assediato la sede delle Fraternità San Pio X, ovvero i lefevriani: don Pierpaolo Petrucci, superiore dei lefevriani d’Italia, si difende: “il mio dovere di coscienza di sacerdote mi aveva imposto di dire sì alle esequie, non c’entra la politica e non c’entra neanche Priebke, ma solo il rispetto di un morto, che in vita si confessava e riceveva pure la comunione”. Il quotidiano intervista il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, che spiega: “i lefevriani hanno una sede qui ad Albano dai tempi dello scisma. Io non sapevo nulla dei funerali, la loro comunità non dipende da me: non è la Chiesa cattolica”, “la reazione e lo scandalo della popolazione di Albano erano prevedibili. E dimostrano quanto fosse nel giusto il Vicariato di Roma quando ha escluso esequie pubbliche proponendo una preghiera privata e discreta che è stata rifiutata”. Ancora sul Corriere, troviamo un’intervista ad Aharon Appelfeld, sopravvissuto alla Shoah, scrittore. Racconta che una volta fuggito dal lager aveva sentito parlare molto di Priebke: “Lui sarebbe felice di essere odiato. Seppelliamo in silenzio senza perdono”, dice. Oggi, peraltro, cade l’anniversario dei 70 anni del rastrellamento nel Ghetto di Roma: a ricordarlo è il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi.
Secondo L’Unità un ruolo fondamentale nella vicenda del funerale poi non celebrato ad Albano di Priebke lo ha avuto Maurizio Boccacci, fondatore e leader dell’organizzazione neonazista Militia, che ha ad Albano la sua città di residenza. Ieri, sottolinea il quotidiano, era in prima fila. E L’Unità intervista Renzo Gattegna, romano e presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Sulla ipotesi di portare la salma o le ceneri in un cimitero militare tedesco, dice: “So che ci sono cimiteri riservati non a semplici soldati, ma ai gerarchi nazisti, a chi è stato coinvolto nelle stragi: credo che quello sarebbe il posto più adatto”.
Berlusconi
“I 5 Stelle rinviano la decadenza del Cav”, titola polemicamente L’Unità: sarebbe questo il risultato ottenuto dai grillini chiedendo che si ricorra al voto palese nel decidere della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Spiega L’Unità: la richiesta di ‘interpretare’ il regolamento sulle modalità del voto comporta un’ulteriore istruttoria, e ben che vada si arriva a metà novembre. Il regolamento è quello del Senato, ed era ieri all’esame della apposita giunta di Palazzo Madama, e il tema è quello del voto segreto sulla decadenza di Berlusconi. Il Movimento 5 Stelle chiede l’abolizione del voto segreto in nome – scrive il quotidiano – “di una presunta o malintesa trasparenza che, dicono, ‘deve esserci sempre anche se sono votati provvedimenti che riguardano la libertà della persona’. Lo hanno fatto – aggiunge il quotidiano – anche per mettere in difficoltà il Pd, convinti che nel segreto dell’urna qualcuno avrebbe provato a salvare Berlusconi (senza sapere che anche il voto segreto può diventare nei fatti palese grazie ad alcuni accorgimenti nei gesti)”.
Il regolamento dice anche che fino a che il presidente della Giunta per le elezioni, Stefano, non trasmette al presidente del Senato la relazione non si può procedere. E visto che ieri la relazione non è ancora arrivata, il voto in Aula sulla questione non si può fissare.
Il Giornale: “Il Pd fa il gioco sporco sulla decadenza del Cav. Schifani: così rompiamo”, “i democratici si allineano a Sel e Grillini e aprono al voto palese”. “Rinvio al 29 ottobre, e slitta a novembre la decisione dell’Aula”.
Libero: “Per mettere Silvio alla gogna gli regalano un mese in Senato”, “Democratici e grillini insistono a chiedere il voto palese nonostante sia impossibile cambiare il regolamento. E così la decisione slitta al 29”.
Su La Stampa si parla anche dell’ultimo “amaro calice” per Berlusconi, che si potrebbe veder revocata il titolo di Cavaliere del Lavoro. Gli fu attribuita nel 1977 da Giovanni Leone. Per i Cavalieri del Lavoro la data da cerchiare con il circolo rosso è il 19 ottobre: il giorno in cui la Corte d’Appello si pronuncerà sulla esatta durata della interdizione dai pubblici uffici.
Riforme
Il Corriere della Sera sintetizza così l’orientamento espresso ieri dal Capo dello Stato: “La spinta di Napolitano ai partiti. Ho legato il mio impegno alle riforme”. Ha spiegato Napolitano: “Si sa che al procedere di queste riforme io ho legato il mio impegno all’atto di una non ricercata rielezione a Presidente. Impegno che porterò avanti fino a che sarò in grado di reggerlo e a quel fine”.
Su La Repubblica: “Porcellum e Costituzione, aut-aut di Napolitano”.
Il Fatto: “Articolo 138, Napolitano avverte: resto al Colle per le riforme”. Il Colle, secondo Il Fatto, ha “preparato” il voto di Palazzo Madama, che oggi dovrebbe approvare in seconda lettura il disegno di legge costituzionale che, secondo il quotidiano, stravolge l’articolo 138 e istituisce un comitato di 42 parlamentari che potrà riscrivere i titoli I, II,III e V della seconda parte della Carta costituzionale. Il quotidiano intervista Stefano Rodotà che, parlando della fretta sulla riforma della Costituzione, dice: “Meno garanzie, più poteri personali, strada pericolosa”. E’ critico sul semipresidenzialismo e sul premierato forte.