Il 23 settembre a Berlino ci sarà ancora Angela Merkel. Impossibile esito diverso con il vantaggio che qualsiasi sondaggio accredita alla Cdu nelle elezioni politiche di domenica prossima. Meno scontata è la maggioranza che sosterrà la Cancelliera per i prossimi quattro anni. Molto probabilmente non sarà quella nero-gialla che ha guidato la Germania fino ad oggi. «È quasi inevitabile una nuova Grosse Koalition con Spd e Cdu insieme. La probabile sconfitta dei liberali e l’impossibilità di una maggioranza assoluta per la Merkel spalancano la strada al coinvolgimento dei socialdemocratici» dice Angelo Bolaffi, ex direttore dell’Istituto culturale italiano a Berlino e autore di Cuore tedesco (Donzelli) che sarà presentato il 23 settembre a Roma.
Bolaffi, dunque “larghe intese” anche in Germania?
E’ abbastanza certo il matrimonio tra Cdu e socialdemocratici dopo il voto di domenica prossima. Anche se i liberali dovessero superare lo sbarramento del 5, i loro eletti non basterebbero per confermare la maggioranza attuale. Bisogna vedere come andrà la Spd, se per esempio raggiungessero la maggioranza nel Bundesrat potrebbero esercitare una forma di ricatto nei confronti della Merkel.
Che problemi potrebbe creare alla Cancelliera una maggioranza con dentro anche i socialdemocratici?
Che dovrà trattare di più con gli altri. Dopo l’ottimo risultato in Baviera, i cattolici della Csu alzeranno il prezzo. Se ci fosse una grande coalizione ci sarà qualche problema in più da risolvere per la Merkel. I bavaresi le faranno sentire il fiato sul collo. Per esempio sulla questione della Maut, il pedaggio per gli stranieri sulle autostrade tedesche, ticket che la Merkel non vuole.
Le elezioni in Baviera hanno riproposto la solidità del modello Csu.
Si tratta di un modello strano, antico e cattolico a differenza di quello che tutti raccontano della Germania protestante. È un modello cattolico che tiene insieme un tasso di “corruzione fisiologica” e di clientelismo funzionale e al tempo stesso di razionalità produttiva unita alla salvaguardia di valori tradizionali. Un modello simile a quello emiliano in Italia. Possiamo dire che la Baviera è l’Emilia al di là delle Alpi.
Che idea si è fatto di Alternative für Deutschland, la formazione anti-euro candidata a erodere consenso a destra della Merkel?
Mi pare che esprima una fatto che è anche la vera novità dopo tante chiacchiere dette sulla Germania. La Germania anti-euro, la Germania esce dall’euro ecc. Chiacchiere, se Afd non ce la fa a superare lo sbarramento – e i sondaggi per ora la danno sotto il 5 –, la Germania sarà l’unico paese in Europa dove non esiste un partito populista e contrario alla moneta unica.
In un intervento di Habermas che Reset ha pubblicato qualche giorno fa, il filosofo se la prende con quelli che da sinistra attaccano l’euro.
Ho apprezzato molto che abbiate centrato il punto di Habermas nel titolo. In Germania è stata la Linke a votare contro il finanziamento dei greci e non un partito populista come hanno scritto altri, per esempio Repubblica. È da sinistra che si è chiesto il ritorno agli stati nazionali e a politiche keynesiane. E Habermas ha fatto molto bene ha criticare queste posizioni.
Il fantasma del populismo che attraversa l’Europa non sembra affliggere la Germania.
Lo hanno confermato le elezioni in Baviera: in Germania i partiti funzionano.
I Verdi che hanno per anni incarnato una certa critica soft al modello dei partiti si preparano a una batosta. Come si passa in un anno e mezzo dal trionfo a Stoccarda al 10 per cento attuale?
I Grünen hanno dimenticato la grande lezione di Joschka Fischer e si sono attestati su un modello di giustizia sociale vecchio stampo che non appartiene alla loro cultura. Perdono consenso non avendo una prospettiva verso l’Europa, non hanno un modello di società in mente. In ogni caso, guidano il Baden-Württemberg, che è la regione più ricca della Germania, quella della Mercedes e della Bosch, per intendersi. E questo è comunque importante per il futuro della Germania.
Un declino inarrestabile?
No. Mi sento di dire che magari non domani, ma dopodomani, potrebbe esserci una alleanza della Cdu con un partito verde che sostituisca i liberali e si batta per i diritti del cittadino accompagnati da una cultura della “seconda modernità” alla Ulrich Beck. E questa potrebbe essere una prospettiva interessante.
Nel suo libro Cuore tedesco la ricostruisce la storia della Germania dalla caduta del muro a oggi. E prova anche a rispondere a chi ha fatto cattiva informazione su Berlino.
L’errore della stampa europea ed italiana è stato dar retta a ideologi americani come Paul Krugman, che sostiene che la politica della Merkel sia neoliberista confondendola con la Thatcher e Reagan. Al contrario, e nel libro ripesco Foucault su questo, la politica economica tedesca di questi anni riprende “l’ordo-liberalismo” tedesco che si contrappone al liberalismo anglosassone. Un liberalismo che tiene insieme mercato e tutela delle regole da parte dello Stato.
Dunque, la Merkel ha non solo colpe ma anche meriti?
La Merkel ha capito che il problema dell’Europa dopo l’89 non è più il passato con i suoi incubi e le sue guerre ma la nuova collocazione europea in un mondo globale. Se i paesi non si uniscono non ce la possono fare, ma se non trovano una base economica e sociale comune non possono riuscire a stare insieme. Questo è il ragionamento che sta dietro alla politica europea della Merkel. L’euro da solo non ce l’ha fatta e bisogna dunque rendere più omogeneo lo spazio economico dell’Europa in modo tale da superare la crisi. Ovviamente questo impone delle riforme ai singoli paesi e questo è complicato. I tedeschi hanno il merito di essere passati in una decina d’anni da malati d’Europa a locomotiva attraverso durissime riforme.