Corriere della Sera: “Napolitano a Letta: vai avanti”, “Il Pdl blocca le Camere con il sì del Pd che si spacca”, “Caos dopo l’accelerazione sul processo a Berlusconi. Grillo: sto fermando chi vuole sparare”.
A centro pagina: “Nuovi dubbi sul caso del dissidente kazako. Il premier: basta ombre”.
La Repubblica: “Caos in aula, il Pdl minaccia la crisi”, “Processo Mediaset, Parlamento chiuso per protesta. Il Pd vota sì ma si spacca”.
In taglio basso: “Allarme Ue, l’Italia rischia manovra bis a ottobre”.
La Stampa: “Giustizia, Parlamento bloccato”, “Il Pdl chiede lo stop dei lavori, poi mediazione col Pd: rabbia dei renziani. Caos in Aula: corpo a corpo tra 5 Stelle e democratici. Grillo: il Paese salta”.
Il Giornale: “Qui crolla tutto”, titola parlando di “assalto della magistratura”. “Dopo l’ennesimo colpo giudiziario a Berlusconi, il Pdl va per un giorno sull’Aventino, Grillo sale al Colle e chiede elezioni anticipate. Alle quali ora pensa anche il Pd (con Letta candidato)”, “Toghe scatenate: altri otto mesi di carcere al direttore di ‘Panorama’”.
Il Fatto: “Il Pd si cala le brache. ‘Ma solo per un giorno’”, “B. ordina: bloccare il Parlamento contro la Cassazione”, “I democratici si accodano al diktat del Pdl, riunito in seduta di guerra contro la Corte del processo Mediaset. Polemici i renziani e la Bindi (‘eversione’), ma poi nessuno vota no. Bagarre in aula con i 5 Stelle, che gridano ‘venduti’ ed escono a manifestare in piazza”.
A centro pagina: “Grillo: ‘Napolitano ci dica la verità in tv’”, “Dopo un’ora e mezza di colloquio con il capo dello Stato, il leader e i capigruppo Morra e Nuti incontrano la stampa: ‘Il Presidente ci ha dato ragione. Dice che non ha le pile Duracell, mollerà prima dei sette anni’”.
Il Sole 24 Ore sottolinea in prima pagina che l’asta dei BoT ha ignorato il declassamento dell’Italia deciso da Standard&Poor’s: “I BoT superano il test S&P”, “Forte domanda nell’asta dei titoli a 12 mesi, tassi oltre l’1%. Spread Btp-Bund a quota 279, Piazza Affari perde lo 0,72”, “Saccomanni: il downgrading può essere destabilizzante”.
A centro pagina le parole del governatore di Bankitalia: “Visco: le banche facciano la loro parte”
Politica
“Assemblea permanente, il Sessantotto del Pdl”: con questo titolo in prima pagina su La Stampa Ugo Magri spiega quanto accaduto ieri in Parlamento. “Per un fenomeno di autocombustione politica, governo e maggioranza hanno rischiato di andare a fuoco. All’origine -spiega Magri- c’è la decisione della Suprema Corte di anticipare il giudizio su Berlusconi. Ieri mattina, in preda a un’ira fuori controllo, il Pdl ha tentato di bloccare per protesta i lai del Parlamento. Brunetta, capogruppo alla Camera, ha chiesto tre giorni di stop. Analoga richiesta di Schifani al Senato. Il Pd si è opposto, e per qualche ora la crisi è sembrata dietro l’angolo. I ‘pompieri’ sono riusciti a domare le fiamme con una mediazione, dietro cui non si stenta a scorgere la sagoma di Letta e , forse, di qualcuno ancora più su: nessun blocco dell’attività parlamentare, ma una semplice sospensione per consentire al Pdl di tenere le sue assemblee-sfogatoio dei deputati e dei senatori, che si sono regolarmente svolte nel pomeriggio”. Ma “sui carboni ardenti” è finito anche il Pd: per manifestare sdegno contro il “cedimento” al Cavaliere, “Rosy Bindi non ha partecipato al voto, idem Gentiloni; altri deputati Pd si sono astenuti”. La pausa dei lavori è peraltro stata decisa con i voti contrari di Sel e M5S: questi ultimi sono quasi venuti alle mani con gli avversari,, si sono levati giacca e cravatta e sono usciti in piazza a protestare.
Sulla stessa pagina: “Napolitano in allarme fa da scudo al premier”, “Il capo dello Stato ha lavorato per stemperare le tensioni”. Ieri Napolitano ha incontrato il presidente del Consiglio e il Corriere sintetizza: “Letta, faccia a faccia con Napolitano. ‘Si va avanti con determinazione’” (parole di Letta). Di fianco, il quirinalista del Corriere Marzio Breda: “Il lavoro del Colle per arrivare alla tregua sofferta”. Scrive Breda che il presidente ieri ha tirato “i fili che ha a portata di mano” per decongestionare il clima: “in primo luogo ha distribuito qualche consiglio al premier Enrico Letta. Il quale ha preso l’iniziativa e, affiancato da Franceschini, già in mattinata aveva raffreddato le smanie per una diserzione aventiniana che animavano il centrodestra, ottenendo che la pretesa ‘pausa parlamentare’ fosse ridotta a poche ore e non si trascinasse per tre inaccettabili giorni”.
La Repubblica dedica due pagine alla reazione casa Pd. “Il Pd si spacca sullo stop ai lavori, no dei renziani: ‘Un suicidio’. Epifani al Pdl: basta tirare la corda”, “Trenta dissidenti, il capogruppo Speranza sotto accusa”. La renziana Simona Bonafé dice: “Mi sono attenuta all’ordine di scuderia ma il sì alla sospensione è stato un clamoroso autogol”. E Paolo Gentiloni, anche lui renziano, su Twitter: “La Camera sospende lavori per protesta contro la Cassazione. Un precedente grave. Io non ho capito e non ho votato”. Nella pagina di fianco, il “retroscena”: “Rivolta tra i dem contro le larghe intese. Il segretario: ‘meglio un altro governo’”, “Il sindaco (Renzi, ndr) apre il fronte, ma anche Bersani chiede la verifica”. Si descrive quindi l’insofferenza per il governo delle larghe intese e la resistenza dei “filogovernisti”, che però “fanno fatica a reggere e a giustificare la bontà della scelta” di ieri. Insomma, “il rischio della crisi di governo è concreto”, scrive il quotidiano: “forse non salta subito l’esecutivo, ma presto continuando così. Renzi non gongola, però -dicono i renziani- va a finire che si deve preparare alla corsa per la premiership e non per la segreteria Pd”. Infine, sulle stesse pagine, intervista a Rosy Bindi: “Un errore assecondare l’eversione, io non ho votato perché così moriamo”.
L’Unità intervista il segretario Pd Epifani: dice che “da oggi si entra in una fase nuova. Abbiamo assistito ad una richiesta insostenibile in qualsiasi democrazia. La richiesta del Pdl di sospendere per tre giorni i lavori del Parlamento a seguito di una decisione della Cassazione è un atto irresponsabile”, “Il Pdl mette a rischio la funzione stessa di questo governo”.
In prima pagina su Il Fatto i commenti del direttore Antonio Padellaro e di Marco Travaglio. Padellaro: “Il Presidente e il verme della mela”. Dove si legge: “La domanda è: possibile che Giorgio Napolitano non sapesse che il governo delle larghe intese, da lui fortemente voluto e imposto, contenesse in sé, come un verme nella mela, i problemi giudiziari di Silvio Berlusconi?”. Più avanti Padellaro sottolinea che i guai giudiziari di Berlusconi, “grazie alle improvvide intese allargate”, da ossessione privata dell’imputato, si sono trasformate “in un gigantesco affare di governo e di Stato”. E allora: “che fosse questo il vero scopo delle larghe intese, salvare il Cavaliere?”. Travaglio, titolo dell’editoriale: “Rutto nazionale”. “Nel Paese del Partito unico Pdmenoelle-più elle, dove basta un ruttino o un peto del padrone del governo, del Parlamento e del Quirinale per scatenare l’allarme generale -scrive Travaglio- accade pure questo: la serrata delle Camere in segno di lutto nazionale perché la Cassazione, anziché prescriverlo per l’ottava volta, pretende addirittura di giudicarlo in tempo utile”.
Cassazione
Ieri il primo presidente della Corte di Cassazione Giorgio Santacroce ha spiegato in una sede ufficiale, ovvero il Consiglio Superiore della Magistratura, che non c’è stato nessun “accanimento” nei confronti di Berlusconi per la fissazione dell’udienza sul caso Mediaset al 30 luglio. Ne parla ampiamente La Repubblica. “Non c’è stato nessuno zelo particolare, nessun atteggiamento da Speedy Gonzales, è stata solo applicata la legge, i procedimenti urgenti devono andare alla sezione feriale”, dice Santacroce, che “apre” all’ipotesi di un “rinvio”: alla sezione feriale “nella sua discrezionalità e su istanza della difesa nulla vieta di disporre un rinvio della discussione”. Anche sul Corriere: “La Cassazione: nessun accanimento, basta accuse”, “Il primo presidente: attacchi non consoni alla democrazia”.
Internazionale
“Tolleranza zero con i Fratelli musulmani”, “Mandato d’arresto per il leader Badie e altri 9 membri del movimento”. E’ il titolo che il Corriere della Sera dedica alla situazione in Egitto, che peraltro “è sull’orlo del default”. La “seconda rivoluzione” dei Giovani Ribelli che il 30 giugno aveano chiamato in piazza fiumi di persone contro il deposto presidente Morsi “è ormai sbiadita”, scrive il Corriere: l’estesa coalizione laica che aveva voluto la deposizione di Morsi ha ottenuto che El Baradei sia vicepresidente ed ha accettato un premier tecnocrate, ma “la sua voce è sempre più debole”, “i loro improbabili alleati salafiti mantengono le postazioni ma pare saranno esclusi dal futuro governo”. Invece i militari e, al loro fianco, i silenziosi e potenti mubarakiani proseguono nella “Grande Restaurazione”. E ieri i segnali che il capo dei militari intende procedere senza cedimenti sono stati molti: “la magistratura (in gran parte mubarakiana) ha emesso ordini di arresto per la guida suprema dei Fratelli musulmani Mohammad Badie, finora mai toccato, con l’accusa di aver ‘pianificato e incitato atti criminali’ nella strage di domenica al Cairo in cui 53 Fratelli musulmani erano stati uccisi dai soldati. Con lui altri 9 dirigenti del movimento”.
Su La Repubblica (“’Arrestate il n.1 dei Fratelli musulmani’, la piazza: ‘Pronti a scatenare l’inferno’”) si scrive che dopo aver dapprima incitato “alla disobbedienza”, poi “alla rivolta di piazza” e infine “alla guerra civile”, i leader della Fratellanza “sono costretti a ritornare in clandestinità, inseguiti da un mandato di cattura del procuratore generale del Cairo”.
Intanto “salafiti e liberali bocciano il testo costituzionale promulgato dal nuovo presidente” ad interim Mansour. Ma l’America ha confermato l’invio di 12 cacciabombardieri al nuovo governo egiziano per il prossimo mese. Grande attenzione, sulla stessa pagina, anche per la campagna di prestiti e finanziamenti delle monarchie del Golfo: “Kuwait, Arabia saudita ed Emirati, pioggia di dollari in Egitto dopo il golpe”.
Su La Stampa: “Il Congresso frena Obama sulle armi anti-Assad”. Si profila un nulla di fatto sul progetto di fornitura di armi ai ribelli siriani: a osteggiare il piano del presidente è il Congresso, timoroso che gli armamenti possano finire nelle mani dei gruppi più radicali ed estremisti dei rivoltosi, in particolare quelli legati ad Al Qaeda. I membri delle commissioni di intelligence di Camera e Senato hanno posto una serie di restrizioni al finanziamento del provvedimento rendendo di fatto impossibile procedere con la fornitura
E poi
Sulla prima de La Repubblica: “L’ultimo miracolo di Francesco è il santo più visitato dal web”, “boom di preghiere digitali per il poverello di Assisi dopo l’elezione di Bergoglio”. Di Paolo Rodari.
Della “guerra per il Corriere” parla oggi in una conversazione con Il Foglio Cesare Geronzi, presidente di Fondazione generali: lui che, come scrive il quotidiano, in Rcs, assieme a Giovanni Bazoli “faceva e disfaceva”, parla della lettera che Diego Della Valle ha scritto al presidente della Repubblica definendola “una sgrammaticatura”: “e che poteva mai rispondergli il presidente della Repubblica?”, dice Geronzi. Poi aggiunge: “un’azienda si conquista con il denaro e con le idee chiare. Se non metti la prima cosa, e non possiedi la seconda, non c’è niente da fare”.
Sul Foglio si parla di un saggio di Paul Coleman dedicato alla secolarizzazione in Europa pubblicato dalla rivista First Thing, “madrina del cattolicesimo conservatore statunitense”, come la definisce il quotidiano, che riassume così nel titolo i contenuti di questa analisi: “Così nell’Europa dei diritti le leggi ingabbiano la fede in Dio”, “La fatale privatizzazione del cristianesimo in Occidente”. Dall’aborto al matrimonio gay, dalla vicenda del Crocifisso sul luogo di lavoro, “ovunque è in gioco la libertà religiosa”.