Corriere della Sera: “Conti pubblici, rischio manovra”, “Spese non rinviabili per 6-8 miliardi. La Bce parla di disoccupazione senza precedenti”, “Cassa integrazione e missioni militari da rifinanziare”.
A centro pagina: “Il caso Renzi scuote il Pd. D’Alema critica l’esclusione”.
Dal vertice del G8, a centro pagina anche una grande di Angelina Jolie, che è testimonial della battaglia contro gli stupri di guerra.
La Repubblica apre con una intervista a Silvio Berlusconi: “‘Pronto a votare un pd al Colle'”., “Il leader Pdl: sì all’accordo, ma solo se poi si fa un governo di larghe intese. D’Alema difende Renzi. M5S: via alle ‘quirinarie-web”.
Di spalla: “Il dramma del lavoro, in Italia i disoccupati a quota sei milioni”, “Allarme Bce. Squinzi ai sindacati: mai più guerre”.
La Stampa: “Quirinale, la Lega si smarca dal Pdl”, “Berlusconi in allarme. D’Alema vede Renzi: sbagliato emarginarti”.
Sotto la testata: “Monti all’Europa: ‘dal nostro Paese nessun contagio'”, “Boom disoccupati, allarme Bce”.
A centro pagina: “Venezuela, elezioni nel segno del Comandante”. Con foto di Chavez insieme al regista Oliver Stone, nel 2009, alla presentazione del film che racconta la vita del leader scomparso e che arriva in questi giorni in Italia.
L’Unità punta sul ‘manifesto’ di Fabrizio Barca: “Il partito che vorrei”.
Di spalla: “Bersani vede la Lega: non mi candido al Colle”.
A centro pagina: “Allarme Bce: lavoro senza speranza”.
Il Fatto ha in prima le foto di alcuni possibili candidati al Quirinale sotto il titolo: “Sul Colle non li vogliamo”. Si tratta di Paola Severino, Pietro Grasso, Giuliano Amato, Franco Marini e Luciano Violante. Le motivazioni: “Chi è troppo anziano (Marini), chi ha giocato su troppi tavoli (Amato), chi come Violante è stato a sinistra e ora piace molto a Berlusconi, chi è al centro di troppe polemiche (grasso). E poi la Severino, legale dei poteri forti. Possibile che il nuovo capo dello Stato non possa essere un nome super partes?”.
In taglio basso: “La polizia coprì Alemanno junior”, “Il figlio del sindaco e un’aggressione di stampo fascista: indagati due agenti che insabbiarono”.
In prima anche un richiamo alle rivelazioni di ieri della trasmissione “Servizio pubblico”: “‘Noemi e Ruby, sesso con B. da minorenni'”.
Il Giornale: “Giochi sporchi sul Quirinale”, “Dopo i veleni del ‘Corriere’ su D’Alema, Santoro ricicla le minorenni contro Berlusconi. Cosa c’è dietro?”. “Baffino con Renzi per far fuori Bersani. E il Cav dà 5 giorni al leader Pd”.
A centro pagina, grande foto di Lucia Annunziata: “L’impresentabile abuso edilizio dell’Annunziata”.
In taglio basso: “Pronti, via: anche Grillo è già casta. Nonostante i tagli alle indennità, i 5 Stelle hanno preso 253 euro al minuto”.
Il Sole 24 Ore: “Lo spread BTp-Bund scende sotto quota 300”.
A centro pagina le parole del presidente di Confindustria: “‘E’ finito il tempo degli scontri'”, “Squinzi ai sindacati: dobbiamo cercare soluzioni condivise”.
Quirinale
La Repubblica introduce l’intervista a Silvio Berlusconi sottolineando che in questi giorni si è spesso affiancata alla trattativa per l’elezione del nuovo capo dello Stato, e la formazione di un nuovo governo, l’idea di un “salvacondotto” per il Cavaliere, che chiuda con un colpo di spugna i processi che lo vedono coinvolto. Interpellato quindi esplicitamente sull’ipotesi di una “amnistia” che lo riguardi, Berlusconi risponde: “Ma io è la prima volta che ne sento parlare. E’ un’ipotesi di cui non ho mai discusso con nessuno”. Ma se questa eventualità si concretizzasse, lei accetterebbe? “Guardi, l’amnistia è indigesta a tutti. La gente non sarebbe d’accordo. Sarebbe un modo per fare arrabbiare ancora di più i cittadini”. E poi, spiega, “dovrei anche rompere con la Lega. I leghisti sono fermamente contrari a qualsiasi tipo di amnistia, indulto, ecc.”. Sulla designazione del nuovo capo dello Stato: “Noi siamo disponibili a individuare un presidente della Repubblica che sia di garanzia per tutti e a contribuire alla nascita di un governo in grado di affrontare l’emergenza”. Anche un capo dello Stato Pd? “Noi siamo sicuramente pronti a discuterne, ma quando abbiamo parlato con il segretario -lo devo precisare- non è stato fatto alcun nome”, “ci hanno detto che ci presenteranno una rosa, quando lo faranno allora decideremo”. Ma un’intesa sul presidente della Repubblica di centrosinistra deve comportare la nascita di un governo di larghe intese? “Certo, questo è chiaro”, “se concordiamo su una strada per il Quirinale, anche sull’altro lato dobbiamo trovare un raccordo in un esecutivo di larghe intese, con ministri scelti insieme. Altrimenti niente. Un governo ballerino, sostenuto da qualche gruppetto, non avrebbe la forza di assumere i provvedimenti di cui il Paese ha bisogno per salvare l’economia e per trattare in Europa tutto quello che si deve modificare negli accordi Ue”.
Pd
“Barca rompe il tabù: un partito di sinistra”: con questo titolo L’Unità presenta il “manifesto” del ministro per l’unione dei democratici con Sel e altri soggetti radicati sul territorio. Il ministro ha fatto sapere di essersi iscritto ieri al Pd e, come scrive il quotidiano, “pensa a una forza laburista con finanziamenti pubblici ridotti all’osso”. E proprio su L’Unità i lettori troveranno la presentazione che il ministro Fabrizio Barca fa del proprio manifesto, dal titolo “un partito nuovo per il buon governo” che, per ammissione dello stesso Barca, “è figlio dell’azione ministeriale per la ‘coesione territoriale’ una esperienza che mi ha portato a concludere che senza una nuova ‘forma partito’ non si governa l’Italia”. Barca si propone di individuare un metodo “che superi l’errore secondo cui pochi individui, gli esperti, i tecnocrati, dispongono della conoscenza per prendere le decisioni necessarie al pubblico interesse, indipendentemente dai contesti. Ed eviti l’altro, nuovo errore della nostra epoca: quello di pensare che la folla possa esprimere quelle decisioni in modo spontaneo, attraverso la Rete. Non è così. Serve un processo di azione pubblica che promuova in ogni luogo il confronto acceso e aperto tra le conoscenze parziali detenute da una moltidine di individui e consenta decisioni sottoposte a una continua verifica degli esiti, usando le potenzialità della rete”. Più avanti Barca esclude che si tratti di “tornare al partito scuola di vita”, il partito di massa dove si ascoltano i bisogni e si insegna la “linea” per soddisfarli e per costruire un nuovo ‘avvenire che già conosciamo”, né tantomeno di abbracciare il “partito liquido”: si tratta di “chiudere con forza per sempre la stagione dei partiti stato-centrici o di occupazione dello Stato, e di costruire un ‘partito palestra’ che, essendo animato dalla partecipazione e dal volontariato, e tranendo da cioò la propria legittimazione e dagli iscritti e simpatizzanti una parte determinante del proprio finanziamento, sia capace di promuovere la ricerca continua e faticosa di soluzioni per l’uso efficace e giusto del pubblico denaro”.
Intanto ieri Massimo D’Alema a Firenze ha avuto un lungo incontro con Matteo Renzi, all’indomani dell’esclusione del sindaco di Firenze dal gruppo dei grandi elettori nominati dalla Regione Toscana per la designazione del prossimo capo dello Stato. Il Corriere della Sera scrive di “disgelo” tra i due, e racconta “le lodi al ‘nemico’” fatte da D’Alema: chi l’avrebbe mai detto, fa notare il Corriere, solo tre mesi fa, che D’Alema, l’uomo della Bicamerale, uno dei massimi registi delle fortune e delle disgrazie del centrosinistra, avrebbe un giorno deciso di rendere omaggio a quel MatteoRenzi con il quale, durante le primarie Pd, volarono bordate che nemmeno le due Coree si sognano? D’Alema, nella battaglia del “giamburrasca” fiorentino per la rottamazione, fu il bersaglio grosso. Ed è stato lo stesso D’Alema a mostrarsi persino “premuroso” sul caso dei grandi elettori da cui è stato escluso Renzi: “Un errore, ma è dipeso da questioni locali”.
Su La Repubblica: “D’Alema, faccia a faccia con Renzi, ‘è un leader del Pd, errore escluderlo, ma non c’è nessuna scissione’”. Il quotidiano sottolinea che oggi lo stesso D’Alema incontrerà Bersani, perché non venga in mente a qualcuno di pensare che stia nascendo una insolita alleanza con il rottamatore per tagliare fuori il segretario Pd.
Sul Corriere della Sera, intervista al Senatore eletto con Scelta Civica Pietro Ichino: “Con Matteo leader è naturale una convergenza”, “ora punti a guidare i Democratici, anche se il rischio di rottura è reale”. Per Ichino c’è uno scollamento tra apparato ed elettori, e nel bacino cui il Pd può rivolgersi, Renzi è oggi molto più centrale di ieri”:
Da La Repubblica segnaliamo anche un intervento dell’ex premier laburista Tony Blair, che spiega come la crisi possa trasformarsi in una “occasione” per la sinistra (“il Labour deve essere molto deciso nello smentire la tesi che è stato lui a ‘creare’ la crisi”).
Economia
Si apre oggi a Torino il convegno di Confindustria-Piccola industria e Il Sole 24 Ore dedica ampio spazio alle dichiarazioni che il Presidente Giorgio Squinzi ha rilasciato nella giornata di ieri, accennando anche ad un colloquio avuto con i leader sindacali, che oggi saranno ospiti alla assise piemontese. “Non credo assolutamente che le relazioni industriali siano il primo problema del Paese”, “è uno dei problemi”, ha detto Squinzi. Il riferimento è al tavolo aperto sul tema della rappresentanza sindacale, ma anche alla riforma Fornero, sulla quale – scrive Il Sole – numerose riflessioni critiche convergono, visto che non è riuscita ad incidere sul mercato del lavoro, “anzi, lo ha ulteriormente irrigidito, e ora molti se ne stanno rendendo conto, anche tra quelli che l’hanno sostenuta”. Secondo Squinzi le parti sociali devono sedersi ad un tavolo e trovare soluzioni condivise: il modello tedesco può essere una direzione da seguire, ma dobbiamo muoverci, perché “solo uniti, sulla stessa barca che sta affrontando la tempesta perfetta, si possono trovare soluzioni”, “dobbiamo remare tutti nella stessa direzione. Il senso di responsabilità delle parti sociali non è mai stato tanto elevato e concorde come in questo momento”. Di spalla, sotto questo articolo che sintetizza nel titolo le parole di Squinzi (“E’ finito il tempo degli scontri”) la presentazione dell’evento di oggi: “Imprese riunite a Torino, la manifattura torni al centro”.
La Stampa intervista la segretaria Cgil Susanna Camusso. Dice: “Penso sia necessario e possibile trovare una posizione comune tra le associazioni imprenditoriali e quelle sindacali per avere almeno una agenda delle emergenze da affrontare”. Per la Camusso, “c’è di sicuro un terreno di discussione e una urgenza di oggi è fare qualcosa per il lavoro, quindi anche per le imprese”. Quali punti di contatto possono esserci con gli industriali? “Un primo punto può essere costruire una soluzione equilibrata sul fisco, partendo dal fiscal drag e dall’Imu per alleggerire il peso delle imposte su pensioni e salari. C’è poi tutto il terreno delle emergenze, che vanno dal rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga per salvare il lavoro, al tema degli esodiati”. Quanto alla pressione sulle imprese, “abbiamo aperto anche ad una riduzione dell’Irap per le imprese togliendo la quota lavoro”, ma chiarisce che è necessario “spostare la tassazione dal lavoro alla rendita. Il punto di partenza per avviare qualsiasi processo è la redistribuzione del reddito”
Segnaliamo peraltro che sullo stesso quotidiano compare una intervista al vicepresidente della BDI, l’associazione degli industriali tedeschi, Hans-Peter Keitel: “Esistono delle forti somigliazne tra il sistema industriale italiano e tedesco. E le imprese del nord Italia non hanno nulla da invidiare alle nostre. Non voglio dare consigli, voglio dirle cosa ha funzionato in Germania: dieci anni fa abbiamo affrontato riforme incisive e dolorose del welfare che hanno provocato enormi dibattiti. Ma senza di esse il nostro sistema non sarebbe quello che è oggi”, dice. E più avanti spiega: sono le riforme strutturali e i tagli alla spesa improduttiva a creare le condizioni perché le imprese riprendano a correre. E’ quello il volano giusto, non le ricette keynesiane.
La Repubblica intervista l’economista e premio Nobel Joseph Stiglitz: “Più Europa e meno euro, se si resta a metà guado l’Italia paga il prezzo più alto”. Per Stiglitz è il momento di uscire dalla trappola del rigore. Si esprime anche su una possibile alleanza Pd-Pdl, e dice che il livello di corruzione associato a Berlusconi no è compatibile con il programma di un governo che vuole far pulizia. Vede più naturale una convergenza con Grillo.
Internazionale
La Stampa scriver che nella battaglia per far approvare leggi più restrittive sulle armi da fuoco il Presidente Obama ha vinto il primo round al Senato: con 68 a favore e 31 contro è stato superato l’ostacolo dell’ostrunzionismo con cui 14 senatori Rep tentavano di bloccare sul nascere la legge che espande i controlli su cui possiede armi, aumenta le pene per le compravendite illegali e – in un emendamento – prevede di reintrodurre la messa al bando delle armi semi-automatiche che era in vigore fino al 2004.
“Nel fast food delle armi” è il titolo di un reportage di Vittorio Zucconi,su La Repubblica (“Così ho fatto shopping di pistole”. “In un emporio dove una calibro 9 si compra per 400 dollari”).
Sullo stesso quotidiano un intervento di Michelle Obama (“Diamo ai nostri ragazzi l’opportunità di crescere lontano dalla violenza”).
La Repubblica racconta che le deputate turche hanno ottenuto di poter indossare i pantaloni in Parlamento: una norma del 1923 le costringeva ad indossare la gonna, non attillata e sotto il ginocchio. Il divieto di pantaloni risaliva alla fondazione della Repubblica: era stato introdotto per “de-islamizzare” la vita pubblica, poiché alle deputate era vietato non solo indossare il velo ma anche i pantaloni islamici larghi che nascondevano le forme. Probabilmente si andrà ora anche ad una battaglia parlamentare per togliere il divieto di velo.