Il Pdl minaccia la crisi

Il Corriere della Sera: “Strappo di Berlusconi, governo in bilico. Il Pdl non vota più la fiducia. Napolitano: non mandiamo tutto a picco. Giornata politica drammatica, lo spread torna a salire. Alfano annuncia la ricandidatura del Cavaliere, primarie annullate”. A centro pagina: “Fuori dal Parlamento chi è condannato a più di due anni”.

La Repubblica: “Monti a un passo dalla crisi. Il Pdl non vota la fiducia. Napolitano: ‘State attenti o tutto a picco’. Berlusconi si candida, niente primarie. Frattini e Pisanu dissentono dal partito. Oggi Alfano al Quirinale. Lo spread sale a 328”. A centro pagina: “Ancora scontri in Egitto, schierati i carri armati in difesa di Morsi”.

Il Fatto quotidiano. “Così il presidente Morsi s’è fatto fregare dalla sindrome del complotto. I Fratelli musulmani temevano una ‘minaccia esistenziale’. E scatenano la crisi più grave dalla fine di Mubarak”.

Il Sole 24 Ore: “Governo in bilico, tensione sui mercati. Il Pdl scarica l’esecutivo Monti. Napolitano: evitare la precipitosa fine della legislatura. Il premier: attendo le valutazioni del Quirinale. Via alla riforma dell’indandidabilità”.

La Stampa: “Monti a un passo dalla crisi. Il Pdl si astiene sulla fiducia in aula. Napolitano: non mandiamo tutto a picco. Stamattina Alfano al Colle: ‘Il Cavaliere si candida’. Pd e Udc: irresponsabili”.

Il Giornale: “Licenziato Monti. Aperta di fatto la crisi di governo: il centrodestra si astiene sulla fiducia sia al Senato sia alla Camera. Alfano oggi al Quirinale, si va verso le urne. E il Pdl ritrova la sua compattezza sulla candidatura del Cav”. A centro pagina, con foto: “L’ultimo errore di Passera, maestro di gaffe”. Il ministro ieri mattina aveva criticato un eventuale ritorno in campo di Berlusconi (“Tornare indietro è un male”), e a partire dalle sue parole diversi parlamentari Pdl hanno giustificato il loro voto sulla fiducia al governo.

Il Fatto quotidiano: “Torna Berlusconi, scoppia il caos”. Il Caimano rimette in riga Alfano che dice ‘niente primarie, si candida lui’, poi impone al Pdl di dare l’annuncio di sfratto a Monti uscendo dalla maggioranza”.

Libero: “Addio Monti. Berlusconi torna in campo e si appresta a staccare la spina al governo che ha portato l’Italia in recessione. Ma l’errore è stato farlo nascere e lui ne è responsabile. Avrebbe dovuto rivolgersi agli elettori un anno fa: adesso convincerli a tornare alle urne e votare centrodestra è missione quasi impossibile”.

Politica

Su La Stampa: “Il Quirinale e l’impossibilità tecnica di andare al voto in febbraio”. Il retroscena si sofferma sui provvedimenti ancora all’esame del Parlamento. Il presidente “è anche interessato a capire fin dove si spinge la disponibilità del partito di Silvio Berlusconi. Il ddl sviluppo può finire il suo percorso oppure no? E che si fa con la delega fiscale? Ieri, di fronte al direttivo dell’Anci, Napolitano ha chiesto di non ‘arrivare ad una fine convulsa della legislatura, lasciando andare a picco quello che non deve andare a picco’. Dopodiché – ha sottinteso – se si vuole mandare tutto per aria si proceda: ma come si dice, mettendoci la faccia”. Insomma: l’election day a febbraio è impossibile, e “il voto politico a marzo è già concordato. E allora?Allora quel che cambia – ed è necessario che sia chiaro che cambia – è il ‘rapporto politico’ del Pdl col governo di Mario Monti. Finito il periodo di purgatorio e penitenza, Berlusconi torna infatti in campo. E non può farlo che in un modo: andando all’assalto del governo dei tecnici ‘che ci hanno portato – ha ripetuto il Cavaliere ai suo – in una situazione assai peggiore di quando c’ero io’”.

Roberto D’Alimonte, sul Sole 24 Ore, scrive che “si voterà probabilmente con il vecchio sistema”, e che “forse è quello che Silvio Berlusconi ha sempre voluto”. E sogna il 2006, quando perse ma Prodi “conquistò una maggioranza risicata”. Il titolo dell’articolo è: “Al Nord e in Sicilia lotta per il Senato”.

Sul Corriere della Sera. “I partiti si preparano al voto anticipato. L’ex premier punta a febbraio e al pareggio in Senato”, e cita tra virgolette lo stesso Berlusconi: “Prendiamo le distanza, facciamo una azione di disturbo e prepariamo la campagna elettorale: se agganciamo la Lega prendiamo il 27 per cento e il pareggio al Senato è assicurato. Così sarò di nuovo io a dare le carte, anche se qualcuno pure nel Pdl sperava di emarginarmi”.

Su La Repubblica un retroscena riassume nel titolo: “La linea Maginot del Professore: ‘devono sfiduciarci apertamente’. Il Quirinale pensa al voto il 10 marzo. Silvio punta a far saltare incandidabilità e processo Ruby”. Secondo il quotidiano l’obiettivo di Berlusconi è ottenere in un colpo solo almeno 4 risultati: affondare l’incandidabilità, archiviare la riforma elettorale, strappare l’election day, e in ultimo sperare che anticipando la campagna elettorale possa contare sul ricorso sistematico al legittimo impedimento sul processo Ruby. Un tattica processuale finalizzata a evitare la sentenza prima del voto, perché il suo incubo è quello di ritrovarsi già a fine dicembre o inizio gennaio una condanna che trasforma la campagna elettorale in una corsa ad handicap. “Il tutto condito dalla possibilità di licenziare con un gesto della mano le polemiche intestine sulle primarie, e di costruire la propaganda del partito sulla critica al governo, sull’attacco all’Ue e soprattutto sul rifiuto dell’Imu.

Per Libero quella del governo Monti è “la ripicca”: “Prima vendetta su Berlusconi. ‘Liste pulite’ subito in vigore”. Il quotidiano scrive che il decreto legislativo che prevede l’incandidabilità al Parlamento italiano o europeo, in caso di condanna in Cassazione a pene superiori ai due anni, mette a rischio il ritorno in campo di Berlusconi. Il Cavaliere ha infatti reso nota la volontà di candidarsi di nuovo e, quasi contemporaneamente ieri, il Consiglio dei ministri ha stabilito che il decreto sarà in vigore già dalle prossime elezioni. Sul capo di Berlusconi pende il processo per frode fiscale sui diritti televisivi Mediaset. Il 26 ottobre scorso, infatti, in primo grado, il tribunale di Milano lo ha condannato a 4 anni. E il fondatore del Biscione è stato anche interdetto dai pubblici uffici per cinque anni e 3 anni dalla gestione delle imprese.

Su La Repubblica anche i dati di un sondaggio dell’Atlante politico di Demos commentati da Ilvo Diamanti. Il sondaggio è stato svolto tra il 3 e il 5 dicembre da Demetra, ed è così sintetizzato: “Le primarie scuotono la politica. Pd al 38 per cento, Grillo in frenata, calano drasticamente gli indecisi”. Il Pd è stato trainato dalle primarie ed oggi Bersani e Renzi svettano nella graduatoria del gradimento dei leader. Dove Renzi è in testa se si chiede agli interpellati che voto darebbe su una scala da 1 a 10. In questa scala il 61 per cento gli darebbe almeno 6. Per Bersani il 50,1, per Monti il 47,3, per Bonino il 38,5, per Montezemolo 36,1, per Vendola 33 per cento.

Di fianco, una analisi di Roberto Biorcio e Fabio Bordignon evidenzia come nel Pdl solo per un elettore su cinque il ritorno del Cav fa bene al Pdl.

Internazionale

La Repubblica ha come inviata in Egitto Vanna Vannuccini, che dà conto anche del discorso tenuto in Tv dal presidente egiziano Morsi. Ha fatto appello al dialogo ed ha invitato ad un incontro i rappresentanti della opposizione. I manifestanti chiedono che venga rinviato il referendum sul progetto di Costituzione varato dall’assemblea costituente e previsto per il 15 dicembre. Chiedono una nuova assemblea costituente che rifletta la pluralità della società egiziana e il ritiro del decreto che ha ampliato i poteri dello stesso presidente. Alcune richieste sono sostenute anche dal Gran Imam El Tayyeb, capo del prestigioso centro teologico sunnita Al Azhar. Ha chiesto a Morsi di sospendere il decreto sui suoi superpoteri e di cessare di usarlo. Scrive la Vannuccini. “Il Paese è elettrizzato, i laici si organizzano, gli islamisti si mobilitano, tutti sono su posizioni intransigenti”, e di fronte allo spettro di una guerra civile ieri si sono moltiplicati gli appelli alla calma: l’ex capo della Lega Araba Moussa, uno dei leader del Fronte di salvezza nazionale, dell’opposizione, ha detto di aver preso contatto con in Fratelli Musulmani e con i salafiti di Al Nour per “porre fine allo spargimento di sangue”. La Vannuccini scrive anche che Esam El-Eryane, notabile della Fratellanza, è partito ieri alla volta degli Emirati e di Washington.

Ampio spazio per l’Egitto anche su Il Sole 24 Ore: “Morsi prova a calmare la piazza”, “il Presidente dispiega i blindati, poi in serata propone un incontro alla opposizione”, “confermati referendum costituzionale e decreto sui pieni poteri”. La sede dei Fratelli Musulmani al Cairo è stata assaltata. Di fianco, una analisi di Alberto Negri: “La primavera araba sta fallendo la prova del potere”. Dove si legge che i movimenti di ispirazione religiosa saliti al potere con la primavera araba inviano segnali di pericolosa “involuzione”: la questione accomuna l’Islam dei Fratelli Musulmani in Egitto al partito Ennahda in Tunisia, poiché in questo Paese il movimento è in rotta di collissione continua con il sindacato UGTT, che fu tra le anime della primavera tunisina ed è espressione dei laici e della sinistra. “L’islam politico ha successo in Turchia – scrive Negri – grazie agli eclatanti risultati economici e a una Costituzione fortemente secolarista, dove la parola Islam non viene citata neppure una volta. Anche per questo il primo ministro Erdogan vorrebbe cambiarla”. Il richiamo dei movimenti islamici arabi all’Akp turco “sono frequenti, ma sembrano motivati più dall’intenzione di dare prova di moderazione che come modello da applicare: sulla sponda sud le vicende sono troppo diverse per paragonarle alla storia della Turchia, dove Ataturk seppellì le spoglie dell’impero ottomano e il califfato, cioè la massima espressione storica dell’Islam politico”.

Anche Il Fatto ha una inviata al Cairo, Francesca Cicardi, che spiega come la situazione sia tornata simile a quella della rivoluzione contro Mubarak, perché sono i militari a decidere il destino di Morsi.

E poi

Sulle prime pagine Vito Mancuso (La Repubblica), Gian Enrico Rusconi (La Stampa) e Paolo Foschini (Il Corriere della Sera) commentano le partole del Cardinale di Milano Angelo Scola, ieri, alla festa milanese di Sant’Ambrogio. Scola ha parlato di Europa e della laicità dello Stato che “si configurerebbe addirittura – scrive Rusconi – come “minaccia alla libertà religiosa”. Dalla cronaca de La Stampa: “Lo Stato improntato alla ‘laicità’ finisce per ‘esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle’ dall’ambito pubblico”, ha detto Scola. Il cardinale ha ricordato “il presupposto teorico” del modello francese che “si basa sulla idea della indifferenza, definita come “neutralità” delle istituzioni statali rispetto al fenomeno religioso. Concezione pure “assai diffusa nella cultura giuridica e politica europea”, e nata per “favorire la libertà religiosa di tutti”, ma che ha finito per diventare, secondo Scola, “un modello maldisposto verso il fenomeno religioso”. Oggi, ha detto Scola, le divisioni più profonde non sono tra credenti di diverse fedi ma tra “cultura secolarista e fenomeno religioso”. E dunque la “giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato” ha finito per dissimulare, “sotto l’idea di neutralità”, il sostegno dello Stato a una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio”. E la cultura secolarista, attraverso la legislazione, diventa così “la cultura dominante, che espelle il le identità religiose”.

Se ne occupa anche Il Foglio, in uno dei suoi editoriali (“Nel nome di Costantino, Scola chiede di superare l’ambigua laïcité”). Scola ha ricordato come, nel diciassettesimo centenario dell’Editto di Milano di Costantino, che ha sancito la nascita della libertà di professare il proprio credo, nel 313 dopo Cristo, rappresenti “un inizio mancato”. La ricetta di Scola “è quella di uno Stato che non interpreti la sua aconfessionalità con distacco, ma porti la libertà religiosa ad essere ‘libertà realizzata posta in cima alla scala dei diritti fondamentali’. In questo senso va recuperato ciò che l’Editto di Milano ha iniziato. Come scriveva Gabrio Lombardi ‘l’editto del 313 ha un significato epocale perché segna l’initium libertartis dell’uomo moderno’. Questo significato lo deve recuperare anche la Chiesa. Sulla cattedra che fu di Dionigi Tettamanzi e di Carlo Maria Martini, che qui inaugurò il suo dialogo con i non credenti, Scola invita ora i cristiani, superati i decenni della contestazioni ‘che annunciavano la fine di ogni forma pubblica del cattolicesimo, a testimoniare l’importanza e l’utilità della dimensione pubblica della fede”.

Al discorso di Scola risponde, intervistato da La Repubblica, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Il suo discorso sarà per me motivo di riflessione, ma non mi convince la sua posizione negativa sulla ‘neutralità’ dello Stato. Forse bisogna intendersi sul concetto di neutralità: lo Stato non deve essere confessionale, ma deve fare di tutto per rendere effettivo il principio costituzionale della libertà di professare liberamente la propria fede, serve una equidistanza tra tutte le religioni. Il diritto di professare il proprio credo non deve portare a discriminazioni, né privilegiare una religione anche se maggioritaria. In Italia dobbiamo fare ancora molti passi in avanti ed è per questo che, a Milano, stiamo lavorando per dare vita ad un albo delle associazioni religiose che permetta a tutti di avere gli spazi adeguati per potersi riunire.

Segnaliamo che il Corriere della Sera, da lunedì, distribuirà una collana dedicata al pensiero del Cardinale Carlo Maria Martini. Omelie, discorsi, lettere pastorali, con introduzioni di intellettuali e vaticanisti.

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