Il Corriere della Sera: “Grecia, Obama preme per l’intesa”. “Telefonata da Washington a Varoufakis: agite o conseguenze serie. Dalla Bce più liquidità”. “Atene presenta oggi le condizioni per il salvataggio. Il conservatore Pavlopulos è il nuovo Presidente”.
A centro pagina, con foto, la Libia: “L’Italia all’Onu: pronti a ruolo guida”.
In evidenza in prima anche una notizia sul Jobs Act: “Licenziamenti collettivi, verso il dietrofront”.
A fondo pagina: “Il Pd pro-Palestina, freddezza del governo”. Su questo argomento da segnalare una intervista al parlamentare Pd Verini: “Il momento è delicato, c’è antisemitismo dilagante. Prima condanniamo Hamas”.
In alto, un intervento di Papa Bergoglio: “Il confronto sulla fede non diventi ideologia”. Si tratta di riflessioni scritte da Bergoglio nel 1984. Riflessioni che “Civiltà Cattolica ha recuperato e tradotto”, e che il quotidiano milanese oggi offre. “Il Papa, il pluralismo e la teologia”.
La Repubblica: “Libia, lotta all’Is ma l’Onu dice no all’intervento”. “Italia: pronti a un ruolo guida nella soluzione politica”. “Blitz dell’Egitto con le truppe di terra nell’enclave di Derna”. “Il Cairo: c’è il rischio che partano barconi pieni di terroristi”.
A centro pagina: “Anche l’America abbandona Atene. Altri soldi dalla Bce”.
Di spalla: “Mondadori vuole Rizzoli. Sarà il gigante del libro. Operazione da 120 milioni. Segrate controllerebbe il 40 per cento del mercato”.
A fondo pagina: “I Pm cercano il contratto segreto tra Berlusconi e le Olgettine”. “Ruby ter, il prezzo del silenzio delle ragazze”.
Accanto, le polemiche su alcune frasi scritte da esponenti di un sindacato di polizia penitenziaria a proposito di un suicidio in carcere: “‘Si è ucciso? Bene, uno di meno’. L’ultima vergogna del carcere”. “I commenti shock degli agenti penitenziari”.
La Stampa: “Gli Usa ad Atene: intesa o gravi conseguenze. Oggi la proposta all’Ue”. “La Bce insiste con la linea dura. Segnali incoraggianti da Berlino”.
Di spalla: “Mondadori vuole i libri di Rcs. C’è l’offerta”. “Fra 120 e 150 milioni”.
La fotonotizia: “L’Italia: sì a un ruolo per stabilizzare la Libia”.
Un richiamo per “il caso” nel Pd: “La mozione pro-Palestina, un caso nel Pd”. “Il riconoscimento legato ai negoziati divide il partito e fa slittare il voto”.
Il Sole 24 Ore: “La Ue frena sul piano greco. Riforme subito o niente fondi”. “Atene insiste sulla riduzione del surplus e chiede uno stop al piano di privatizzazioni”. “Pressing Usa: è l’ora dei fatti”. “I mercati restano fiduciosi”.
Di spalla: “Libia, l’Onu esclude l’intervento militare. ‘Soluzione politica’”. “Allarme terroristi sui barconi verso l’Italia”.
A centro pagina: “Contratti a termine, tetto a 36 mesi”. “Poletti: non cambia la durata di utilizzo”. “Resta il nodo dei licenziamenti collettivi”:
In alto il quotidiano continua ad occuparsi di Veneto Banca: “In campo anche la Consob e la Procura di Treviso. L’Istituto: crediti valutati con rigore”.
Il Giornale: “Il nemico in casa. I terroristi sono già a Roma”. “Caccia a due libici: hanno acquistato armi”. “Carabinieri cauti. Egitto e Israele contro il Califfo”. “Follia Pd: proprio ora vuole il riconoscimento della Palestina”.
Da segnalare una intervista a Paolo Scaroni: “L’Egitto e l’Algeria ci salveranno dall’Isis”.
Il Fatto Quotidiano: “L’editto bulgaro bis: sabotiamo otto programmi anti B.”. Si pubblica una lettera inviata cinque anni fa dal consigliere di amministrazione Rai Verro a Silvio Berlusconi, a proposito di Rai.
Libia
Sul Sole, il corrispondente da New York (“Italia pronta a un ruolo guida”) cita le parole dell’ambasciatore italiano all’Onu Sebastiano Cardi, secondo cui il nostro Paese è pronto “a contribuire a un monitoraggio del cessate il fuoco e a lavorare in missioni di addestramento per integrare l’esercito dei miliziani con l’esercito regolare”. Si cita anche il precedente intervento del Presidente Usa Obama: “Non esiste un ‘conflitto di civilizzazioni’ – ha detto Obama. L’occidente non è in guerra con l’Islam. Quella del terrorismo di al Qaida e dell’Isis è una sfida per il mondo intero, non solo per l’America. Bisogna lavorare insieme ai nostri alleati. Ci vorrà tempo, ma li sconfiggeremo’”. E ancora: “‘Nessuna religione è responsabile per il terrorismo’. ‘La violenza contro innocenti non difende l’Islam, ma danneggia l’Islam e i musulmani. Schieratevi nella lotta contro gli estremisti'”.
Sulla Libia si dice “ottimista” Paolo Scaroni, oggi vicepresidente di Rotschild Group, che concede una lunga intervista al Giornale. Dice che “anche con i prezzi del petrolio a 50 dollari al barile, tutti i libici potrebbero vivere di rendita. Non è un problema di sopravvivenza. Quindi credo che alla fine il buon senso prevarrà. Poi, i due fratelli maggiori della Libia, l’Egitto e l’Algeria, vedono come la peste uno stato jihadista alle porte di casa e faranno di tutto per evitarlo”. Sull’Egitto “Al Sisi ha fatto una sorta di colpo di Stato, poi legittimato dalle elezioni, e ha l’appoggio politico ed economico non solo dell’Occidente ma anche di quei governi che vedono i Fratelli musulmani come una minaccia, come l’Arabia Saudita, il Kuwait e Abu Dhabi”. Quanto alla minaccia del terrorismo “l’Europa ce l’ha soprattutto in casa. Finora la maggior parte degli attentati è stata compiuta da militanti islamici che vivono qui da anni”. Parla anche di Ucraina (“Molti non conoscono la storia. L’Ucraina è legata alla Russia da 400 anni, un rapporto storico appunto. È come se domani il Canada diventasse acerrimo nemico degli Stati Uniti”), di energia, e dice anche: “Difendere Gheddafi per me è impossibile. Posso capire alla fine chi dice era meglio lui, ma realpolitik o no, il Colonnello era impresentabile”.
Su La Repubblica una intervista al ministro della Difesa Pinotti: “‘Non esiste una invasione dell’Is ma serve un intervento urgente'”. Dice che più che una invasione dell’Isis quello che sta accadendo è una “infiltrazione”, “soprattutto a Derna” oltre che a Tripoli. Dice che l’attuale inviato Onu Léon gode dell’appoggio dell’Italia ma “siamo consapevoli che è necessario fare un salto di qualità”, e su Prodi dice è “una figura importante”, ma che il governo “si muove con efficacia e autorevolezza sul piano internazionale”.
Sul Corriere, Fiorenza Sarzanini scrive che “l’Eni ha ritirato tutto il personale italiano dalla Libia per motivi di sicurezza e lo stesso hanno fatto le altre aziende che continuano a operare nello Stato africano, affidandosi però a dipendenti locali e addetti alla vigilanza stranieri”, che nei giorni scorsi “il sistema di difesa aerea è entrato in stato di massima allerta per un avviso trasmesso dai servizi segreti”, anche se “non c’è stato alcun riscontro”. Viceversa “nessuna attendibilità viene data dagli analisti alla notizia rilanciata dal quotidiano britannico Daily Telegraph che pubblica documenti compilati da Abu Arhim al Libim, ritenuto uno dei leader dell’Isis secondo il quale ‘grazie alla vicinanza della Libia con gli Stati crociati’ i jihadisti potrebbero ‘utilizzare e sfruttare in modo strategico i tanti barconi di immigrati per colpire le compagnie marittime e le navi dei Crociati’. Gli esperti ritengono che si tratti di pura propaganda, escludono che i terroristi possano confondersi tra i disperati che tentano di raggiungere l’Europa, mentre continuano ad avvalorare l’ipotesi che i fondamentalisti utilizzino i flussi proprio per mettere in ginocchio l’Europa anche provocando divisioni tra gli Stati della Ue che devono gestire l’emergenza”.
Su Il Giornale Camillo Langone difende la memoria dei “crociati”, partendo da una frase del ministro Gentiloni ieri in Parlamento (“Non siamo crociati”): “I crociati erano animati da una fiducia in Cristo talmente forte da essere oggi inconcepibile non solo da un Gentiloni ma anche da un cattolico praticante medio”. E poi: “Goffredo di Buglione, che non era uno scalzacani bensì un potente signore feudale i cui possedimenti andavano dal Lussemburgo a Bruxelles, il cuore dell’odierna Europa atea e inerte, dovette vendere o più probabilmente svendere buona parte delle sue terre. Altro che occasione di arricchimento, per tanti partecipanti le crociate significarono la rovina economica”.
Da segnalare anche – su Avvenire – un intervento del deputato di “Per l’Italia-Centro Democratico” Mario Marazziti, in cui scrive che serve una “Italia in prima linea”, e una “forte risposta europea” ma che “forte non vuol dire guerra”.
Marine Le Pen viene intervistata da La Repubblica a proposito della crisi libica: “Nessuna guerra, l’Italia chiuda le frontiere”.
Grecia
Il Sole 24 Ore: “Atene apre a una proroga degli aiuti”. Si legge che “a dispetto delle critiche ufficiali di Atene contro l’ultimatum europeo, ieri sera circolava voce, rimbalzata dalla stampa greca e dalle agenzie di stampa anglosassoni, che la Grecia potrebbe chiedere oggi una estensione dell’accordo di finanziamento europeo che ha permesso al paese di evitare finora il fallimento. L’attuale programma di aggiustamento scade alla fine di questo mese. In queste circostanze, la semantica ha la sua importanza: Atene sembra fare una differenza tra accordo di finanziamento e programma di aggiustamento”. Il primo accodo prevede prestiti, il secondo associa finanziamenti a (impopolari) misure di politica economica”.
Ancora sul Sole 24 Ore, Alessandro Plateroti si chiede “che cosa dobbiamo aspettarci dal vertice di domani dei 19 ministri delle finanze europei sul caso-Grecia” e risponde che “la Grecia non fa più paura”, che “i mercati borsistici e obbligazionari” non sembrano terrorizzati, e che oggi “il realismo dei tedeschi si è rivelato ben più concreto dei modelli teorici su cui si basava Varoufakis. E proprio per questo la Merkel non ha ceduto di un passo sulla richiesta-base per un negoziato: la riconferma da parte greca degli impegni assunti nel piano di salvataggio del 2012”. Dunque oggi i leader greci “al di là dei proclami battaglieri, sanno bene che se nel testo della loro proposta che sarà discussa venerdì non è confermato a chiare lettere il rispetto degli impegni presi con la Bce, l’Fmi e la Ue, né Draghi né Bruxelles saranno disposti a finanziare le banche e trattare un nuovo salvataggio”. E dunque “ad essere negato non è il diritto di economie deboli come la Grecia di ridiscutere prestiti e riforme su basi più sopportabili, ma non c’è spazio per chi tenta di farlo senza rispettare le regole del gioco, minacciando di far saltare il banco se non vince la partita. Il banco – cioè l’euro – ha oggi denaro per neutralizzare le crisi e forza politica per far rispettare le regole. Al di fuori c’è il buio. Tsipras, come Varoufakis, sembrano averlo capito bene: se non è contagioso, il malato non fa paura”.
Su La Stampa, Tonia Mastrobuoni si occupa delle sintonie tra l’Ungheria di Orban e la Grecia di Tsipras, che “hanno usato persino lo stesso termine, ‘spararsi sui piedi’, per commentare la decisione di imporre sanzioni alla Russia”. Il leader ungherese “ha offerto a Putin il palcoscenico per una prima, clamorosa rentrée nella ‘vecchia Europa’ da quando la Russia è stata cacciata dal G8 e la Ue ha imposto il giro di vite più severo sulle sanzioni”. In Grecia la situazione “s’intreccia con il difficile negoziato sugli aiuti europei e la troika”, ma “i partiti al governo, la sinistra estrema di Syriza e la destra di Anel, hanno entrambi una posizione filorussa. E il governo non ha mai nascosto le offerte di aiuti provenienti da Mosca, per ostentare un’alternativa, al tavolo con i partner europei”.
Politica italiana
In prima pagina sul Fatto Quotidiano, Marco Travaglio (“Che fate, lo cacciate”) commenta il “documento” pubblicato oggi. Si tratta di una lettera del consigliere di amministrazione Rai Antonio Verro a Silvio Berlusconi, che sarebbe un “reperto d’epoca” – “se quell’epoca fosse archiviata. Risalente all’agosto 2010, la lettera inquadra il tentativo di “rinverdire i fasti dell’editto bulgaro del 2002”, chiudendo una serie di “programmi sgraditi” a Berlusconi. “Sì, avete capito bene: un consigliere Rai chiede al presidente del Consiglio, che è pure proprietario di Mediaset, il via libera per imbottire i programmi sgraditi al governo (o al premier? o a FI? o a Mediaset?) di claqueur che applaudano o fischino a comando e di ospiti filogovernativi, e addirittura per sabotare i non allineati con ‘strettoie organizzative'”. Si dice anche che sarebbe “di fondamentale importanza” nominare la “turboberlusconiana Susanna Petruni” a direttore di Rai 2. “Chissà se oggi il consigliere Verro rassegnerà le dimissioni, o se la presidente Anna Maria Tarantola e gli altri consiglieri gliele chiederanno, o se non accadrà nulla. Come sempre, da vent’anni”, conclude Travaglio.
Da segnalare, sul Corriere, una intervista a Roberto Maroni. Si parla dei rapporti nel centrodestra, e in particolare tra Ncd e Lega: “Qui l’asse con Ncd va. Salvini lasci alle Regioni le scelte politiche locali”.
Sullo stesso tema Ugo Magri su La Stampa scrive che tra Berlusconi e Salvini “è in atto una trattativa complessa. In apparenza lo scontro è totale, con Forza Italia e Carroccio pronti a sfidarsi nelle Regionali. In palio c’è la Campania, unico luogo dove Berlusconi potrebbe vincere, ma gli occorre l’aiuto di Alfano e Casini. Per questo motivo ieri l’altro Toti ha negoziato l’intesa con Area Popolare. Sennonché Salvini pone l’aut-aut”. Si ricorda che “il 28 febbraio Salvini punta sul botto mediatico della sua manifestazione a Roma, in attesa di farne un’altra con Marine Le Pen”. Si ricorda che “Berlusconi risulta infatuato, politicamente, di Salvini. Lo considera bravo e vincente, al punto da accarezzare l’idea di farci in prospettiva un partito insieme, qualora l’altra operazione non vada in porto. Si racconta che avrebbe addirittura già prudentemente registrato un simbolo e un nome: ‘Lega l’Italia’. Matteo (non Renzi, Salvini) diventerebbe a quel punto il candidato premier…”.
Ancora su La Stampa, una intervista a Salvini: “Intanto in Liguria avanti da soli. È nostro il candidato migliore”.
Sul Messaggero Salvini, pure intervistato, dice: “‘Con Alfano non ci andiamo. Berlusconi decida cosa vuole'”.
A proposito di Campania, La Repubblica intervista Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno sospeso dalla Legge Severino, che ribadisce: “Correrò alle primarie” Pd, che il partito ha rinviato per l’ennesima volta al primo di marzo.