Phillip Blond con il suo “red torism” ha propostoin chiave britannica qualche cosa di più di un aggiornamento retorico del “compassionate conservatism” dei neocons americani e ha cercato di dare uno notevole slancio di socialità alla piattaforma di David Cameron. «Reset» ne ha tratto una domanda per la sinistra europea e per quella italiana in particolare: come mai i progressisti pur avendo ereditato il ruolo della critica sociale e della solidarietà fanno oggi fatica ad affermarsi sulla frontiera della giustizia sociale, della tutela dalla povertà? Come può apparire più incisiva e più vicina alla sensibilità popolare (e delle comunità locali) la proposta della destra? Su «Reset» rispondono Marcello Messori, Stefano Zamagni e Laura Pennacchi.
Per Messori «quando la “destra” parla di uguaglianza e di solidarietà, tende a farlo nel segno della difesa dello statu quo ante che viene propagandato come meno selettivo e diseguale rispetto a un indeterminato e minaccioso futuro; e quando la stessa “destra” parla di “lotta alla povertà”, tende a farlo nel segno di un’offerta di protezione che sconfina con il ripristino del vassallaggio verso la parte più debole della società. I progressisti dovrebbero, invece, combinare i valori di uguaglianza, di lotta alla povertà e di solidarietà con l’apertura e il governo del cambiamento», mentre « i governi di centrosinistra, succedutisi dopo l’adesione italiana all’Unione monetaria europea (1998), hanno oscillato fra un’acritica esaltazione del nuovo e la rincorsa alle posizioni più reazionarie di rifiuto del cambiamento»
Per Zamagni «abbandonata la sponda del sociale, della solidarietà organizzata, la sinistra è passata ad abbracciare le ragioni dell’individualismo assiologico, per timore di essere tacciata di rigurgiti collettivistici. La difesa dei diritti individuali è così diventata la nuova frontiera della politica, ignorando però – e questo è stato un grave errore teorico – che è il personalismo e non già l’individualismo ad assicurare la «migliore» e più efficace difesa dei diritti individuali». Ne è sorto un «dualismo: si applica il codice simbolico del bene totale quando ci si occupa di bioetica o di diritti individuali; si invoca invece il codice del bene comune quando si devono affrontare questioni come quella del lavoro o del nuovo welfare. Ma come si è potuto non capire che non si può essere fautori di due logiche così diverse?»
Per Laura Pennacchi il paradosso dipende anche dal fatto che la destra può attingere a un populismo estremamente duttile, fungibile in molte direzioni, neoliberalismo compreso, con un’attitudine semplificatoria preclusa alla sinistra, data la complessità delle ambizioni trasformatrici di cui è storicamente portatrice.