Il primo ricordo che mi torna in mente dell’amico e maestro che se ne è andato qualche giorno fa è una bella lunga conversazione di anni fa a Parma. Ero là con altri amici a festeggiarlo per una delle sue tante lauree honoris causa e Parma strepitosamente bella dolce e ricca in quei giorni era la cornice ideale. Di tante cose si parlava dopo cena mentre lui tranquillo fumava la pipa: degli affreschi sorprendenti della Camera della badessa di S. Paolo visti insieme nella mattinata, degli ottimi vini italiani e della bellezza vitale delle immagini di Wiligelmo al duomo di Modena che lui aveva visitato il giorno prima insieme a Hanka.
Le immagini, bassorilievi sculture miniature, lo entusiasmavano sempre ed erano per lo storico Le Goff una delle fonti principali e a volte il punto di partenza per le sue indagini. E poi in quella sera parmense si intrecciarono domande mie e sue risposte, sagge e in profondità, su un tema storiografico attuale in quel momento, la biografia storica. Egli l’aveva affrontata per la prima volta dopo un decennio di ricerche con il ricco volume su Luigi IX re di Francia il Santo. Che avesse scelto di dare a quella lunga ricerca, che spazia dalla politica all’arte e alla religione, la forma di una biografia era sorprendente per chi lo seguiva dal tempo degli Annales e totalmente nuovo (e “difficile” aggiungeva lui) per uno storico che fino a quel momento aveva praticato la storia in modo assai diverso, guardando alla lunga durata, alla mentalità, ai processi collettivi. Per lo storico dell’“invenzione del Purgatorio”.
San Luigi è esistito? Quella sera ripetei la domanda che ricorre nelle pagine della biografia e che rimanda a una ragione profonda e metodologicamente importante. Naturalmente, lo sappiamo, Luigi IX è esistito! ma chi era? Il re degli agiografi o quello “vero” narrato dall’amico Joinville dalla straordinaria memoria affettiva? Quello prefigurato dalla tradizione regale formatasi in molti secoli e disegnato dai “luoghi comuni” che Le Goff si era dedicato a smantellare? Molti erano i Luigi di Francia come ogni uomo è in sé molti uomini… È innegabile che un senso di vivida realtà esca dalle pagine scritte da Le Goff tanto che alla fine quel re al lettore pare di conoscerlo: un effetto che non si deve però solo alla felicità narrativa del testo.
A chi ha letto questo libro sembra quasi di vedere il sovrano “lieto e sorridente”, amichevole e dolcemente ironico proprio come apparve al suo vecchio amico e biografo Joinville in un sogno sul far del mattino: “il più bel cavaliere mai visto”, capace di ridere con gli amici, un re che conversando con loro siede volentieri per terra sotto gli alberi nella foresta di Vincennes, che parla e scrive spesso in francese, piange come un bambino desolato per la perdita della madre e dei fratelli, un uomo buono ma lunatico (divers) come confessa la regina a Joinville, un commensale goloso che va matto per la frutta e il pesce, cibi ai quali rinunciare, si può ben capire, gli deve costare una fatica immane e, appunto, da santo. Non c’é dubbio che il fascino e il pericolo di una biografia stiano proprio in questo, nella capacità di produrre effetti di realtà che sappiamo sostanzialmente illusori; proprio per questa ragione – avverte Le Goff – “ lo storico deve restare in guardia”.
Sono aspetti che pongono un problema, affrontano un contrasto – individuo e società – inserendosi in un tema più vasto segnalato in molte pagine del volume e, lo ricordo bene, in quella straordinaria conversazione. La biografia oggi e sempre un genere di moda che inonda il mercato, è stata ed è purtroppo incline a una analisi psicologica anacronistica e a un’aneddotica che acriticamente si propone come significativa di un’essenza o “verità” profonda. In molti casi si sono scritte e si scrivono biografie ingenue e paradossalmente “senza storia” perché prive della consapevolezza che “l’individuo esiste soltanto entro una trama di relazioni sociali diversificate ed è questa diversità che gli consente di condurre il proprio gioco”, come avverte Le Goff.
Ma la biografia è anche per lo storico una occasione ideale per verificare il carattere interstiziale della libertà che gli individui hanno a disposizione. E nella prospettiva di Le Goff la vita individuale di un sovrano diventa un soggetto felicemente globalizzante intorno al quale l’autore organizza da vero maestro la ricerca storica.
La conoscenza di un quadro il più ampio possibile e l’attenzione continua al contesto sociale, economico, culturale, religioso, artistico, e anche filosofico, permettono non di raggiungere l’individuo – questo no- ma almeno di mostrare i modi in cui si costituisce e vive le sue “opportunità” nell’arco della esistenza: la opposizione individuo/società allora si dissolve e si evita il pericolo della “utopia biografica” che carica grottescamente di senso ogni avvenimento della vita raccontata.
In molti ricordano oggi accanto al suo lavoro di storico (un métier, diceva) quella di intellettuale appassionatamente impegnato nella difesa dei diritti, del dialogo e della pluralità. Sotto quest’ aspetto voglio ricordarlo non per le sue azioni e iniziative spesso coraggiose e efficaci, ma ancora attraverso un libro anzi un libretto. Piccolo e straordinario: L’Europa raccontata ai ragazzi del 1995, da me consigliato temerariamente come livre de chevet ai miei nipoti e ai loro amici che l’hanno trovato però tutt’altro che noioso. Il libretto, dopo un avvincente racconto che inizia dalla constatazione che “l’Europa è un continente dove si sente ovunque il mare”, si chiude con parole semplici e chiare: “Appassionatevi alla costruzione dell’Europa, ne vale la pena e.. ricordate che non si può fare niente di buono senza la memoria”.
Magnifico quanto intimo e sincero ricordo del grande storico; tuttavia il mio vivido interesse al medioevo non lo devo al grande maestro e amico della Fumagalli Beonio Brocchieri ma interamente alla professoressa ed al suo intramontabile libro sulla “filosofia” medievale: Storia della filosofia medievale. Da Boezio a Wyclif.
Buona occasione per ringraziare colei che fu la mia “Beatrice”.
Molto bello. Un ricordo personale che è anche testimonianza e spunto di riflessione. Di recente, infatti, gli storici degli Annales (2009) si sono concentrati sulle relazioni metodologiche e di indagine che intercorrono tra storia e storia della filosofia, cercando di risolvere la costruzione di categorie storiografiche attraverso il riferimento alla nozione di costellazione di relazioni sociali, intellettuali, filosofiche etc. Il ricordo di Mariateresa ci mostra per Le Goff la nozione di costellazione, se pure è ammessa, vada ben specificata. E che l’attenzione continua al contesto sociale, economico, culturale, religioso, artistico, e anche filosofico, permettono non tanto di raggiungere l’individuo, cioè di fissarne concretamente il riferimento storico (anche di “Jacques Le Goff” non solo del “San Luigi di Le Goff”) ma quantomeno (e questo ci basti) di mostrare i modi in cui si costituisce e vive le sue “opportunità” . Senza gli individui, e senza le possibilità, colte o meno, delle loro esistenze incerte ma concrete, le categorie storiografiche, costellazioni o meno, restano solo vuote autocelebrazioni astratte: utopie pronte a volgersi in distopie. Un monito anche per l’Europa?
Per ogni medievista cresciuto sui suoi libri, ed educato dal suo metodo critico e dalla capacità di ricostruire l’affresco di un’epoca dall’intreccio di tutti quei particolari nei quali riusciva a vedere il tessuto della storia, questo ricordo fatto di sfumature, memorie personali e rivisitazioni storiografiche ha un sapore “Le Goffiano”. Credo che ciò che meglio descriva la dote particolare del métier che Le Goff praticava così bene sia quel riferimento ai pericoli di una narrazione storica capace di produrre effetti di realtà che sappiamo sostanzialmente illusori; un equilibrio, quello tra narratività e acribia storiografica, che sfugge alle definizioni di metodo e che si regge sul polso dello storico di razza sempre “in guardia”.
E alla fine, ciò che resta è una forte voglia di rileggerla, la biografia di Luigi il Santo.