Il Corriere della Sera: “Gli Usa spiavano 35 leader mondiali. Protesta dell’Europa: è inaccettabile”.
A centro pagina: “Lo strappo di Berlusconi”, “Si riprende il partito. L’ala governativa pronta alla rottura”.
La Repubblica: “Spiati dagli Usa 35 leader mondiali”, “L’Europa accusa Obama: ‘Pronti a bloccare la trattativa sul libero scambio’”.
A centro pagina: “Berlusconi: sarà guerriglia. Governo vicino alla crisi. Legge elettroale, l’opposizione all’attacco di Napolitano”.
La Stampa: “Spiati dagli Usa 35 leader mondiali”, “Nel mirino anche il governo italiano. La Ue minaccia: basta intese con Washington”.
A centro pagina, una foto di Bill De Blasio, candidato sindaco italo-americano di New York: “’La mia New York, capitale dell’eguaglianza’”.
Sotto la testata: “Berlusconi si riprende il partito. Nel Pdl torna aria di scissione”.
Il Sole 24 Ore: “Euro da record a quota 1,38”, “Spread e rendimenti, la Spagna di nuovo meglio dell’Italia”.
A centro pagina le parole del presidente di Confindustria: “Squinzi: più risorse sul cuneo”, “Scontro nella maggioranza sul decreto Pa e sull’Antimafia”.
L’Unità: “Datagate, l’Europa si ribella”.
A centro pagina: “Berlusconi e i falchi sfiduciano Alfano”.
In taglio basso: “Non paga l’Iva ma è assolto”, “Imprenditore milanese dichiara le imposte ma non riesce a pagarle”.
Per Libero questa vicenda fa il titolo d’apertura: “Non pagare l’Iva non è reato”, “Assolto imprenditore lombardo che non era in grado di versare i 180mila euro dovuti a causa della crisi. Sentenza di buonsenso. Ma fisco e governo ne hanno poco e non consentono alla società di spalmare i debiti”.
A centro pagina: “Berlusconi azzera tutto, arriva Marina”.
La vignetta a centro pagina raffigura Matteo Renzi nelle vesti di un novello Nerone, sotto il titolo: “Ex assessore accusa Renzi: ha scassato Firenze”, “Ha liquidato il bilancio in un minuto mentre si lavava i denti”.
Il Giornale: “De Benedetti ci deve 360 milioni ma con lui i giudici non hanno fretta”, “Maxi evasione fiscale”, “La Cassazione mette su un binario morto la sentenza sull’editore di ‘Repubblica’. Solo con il Cavaliere i magistrati hanno bruciato le tappe. E’ un caso?”.
A centro pagina: “I leader del mondo spiati da Obama”
Il Fatto: “B. silura Alfano. Legge elettorale, diktat del Colle”.
A centro pagina: “Merkel, Berlusconi, Napolitano. Gli americani sanno tutto”.
Europa: “Da Napolitano atto di forza sul Porcellum”, “Inedito vertice di maggioranza e governo al Quirinale: si cerca la mediazione da far passare in Senato. Dure proteste degli esclusi”.
Datagate
“L’Europa insorge contro l’America”, titola Il Sole 24 Ore. Si riferisce alle dichiarazioni della cancelliera tedesca Merkel all’inizio del consiglio europeo iniziato ieri: “Spiare gli amici non va assolutamente bene”, ha detto la Merkel all’inizio del Consiglio europeo di ieri. “C’è bisogno di fiducia tra amici e alleati e questa fiducia deve essere ristabilita”. Il presidente del Parlamento europeo, il socialdemocratico Martin Schulz, scrive L’Unità, avrebbe proposto di mettere uno stop ai negoziati sul mega accordo sul libero scambio che tra l’altro dovrà includere anche misure sulle protezione dei dati. “Schulz, sottolineando che gli Stati Uniti restano comunque un partner strategico per l’Europa, ha insistito sulla necessità di non sottovalutare la questione. ‘La cancelliera Angela Merkel non è la mia migliore amica, ma è il capo di governo del mio Paese, e vorrei essere certo che non venga ascoltata dal presidente degli Stati Uniti’. Anche perché, ha aggiunto, ‘pensate un attimo a cosa succederebbe se un servizio di intelligence europeo spiasse il presidente americano’”.
Anche su La Stampa si legge: “La Ue tentata dalla ‘rappresaglia’, a rischio il trattato sul Commercio’”. Il quotidiano scrive che invece potrebbe avere una accelerazione cui il Parlamento ha dato il primo “sì” lunedì scorso: regole importanti per i consumatori – spiega La Stampa – poiché costringono società come Google e Amazon a non poter esportare le informazioni sui clienti senza un consenso specifico, pena multe sino a 100 milioni.
Sul Sole 24 Ore Vittorio Emanuele Parsi si occupa delle conseguenze di un possibile stop al Trattato Transatlantic Trade and Investment Partnership: “Tra i due litiganti godono Cina e Russia”. Dove si sottolinea che è in Francia e in Germania che sta montando il risentimento nei confronti dell’America, e della relazione speciale che lega questi due Paesi agli Usa. In particolare la Germania, che ha rappresentato per oltre 65 anni il vero pivot della politica europea di Washington. La TTIP per Parsi deve essere considerata qualcosa di più della mera realizzazione di un’area di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico. Essa costituirebbe semmai il nuovo architrave per una prosperità comune almeno quanto lo fu la Nato per la comune sicurezza”. “Potrebbe diffondere e tutelare pratiche per una good governance del sistema economico internazionale capace di attirare anche i Paesi esterni alla sua area di applicazione” proprio quando sembra inevitabile il declino della egemonia occidentale. Ma proprio in Germania e in Francia si trovano molti degli scettici circa l’utilità del TTIP: il settore aerospaziale d’oltralpe è uno dei competitor di quello americano, e la Cina è il primo mercato per l’import/export tedesco. Pechino e Mosca certo non vedono di buon occhio il protrarsi di una governance occidentale sul sistema internazionale.
Secondo La Stampa “Letta si allinea a Merkel e Hollande”: si riferisce alle dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio, anche lui a Bruxelles per il Consiglio europeo. “Dobbiamo fare tutte le verifiche e vogliamo tutta la verità, non è minimamente concepibile e accettabile che ci sia una attività di spionaggio di questo tipo”. Il quotidiano sottolinea la “prudenza” di Letta, e la spiega così: il Presidente del Consiglio ha insistito sulla necessità di fare verifiche perché l’Italia non ha gli strumenti sufficienti per sapere se e quanto invadente sia stata l’attività di spionaggio. Nell’incertezza della propria strumentazione, spiega La Stampa, da parte dei servizi e del governo, risulta difficile capire se i vertici politici italiani siano stati ignorati perché poco interessanti o se l’intelligence americana e inglese, come sostenuto da Glen Greenwald, abbia effettivamente interferito sulle conversazioni private di imprenditori o primi ministri italiani. A cominciare da Berlusconi, le cui connection con Paesi come Russia o Libia non sono mai state gradite agli americani. E allora La Stampa si chiede: “Nella prudenza del governo c’è anche il possibile ‘coinvolgimento’, in questo caso come vittima, di Silvio Berlusconi?”.
Su Il Sole 24 Ore una inchiesta di Claudio Gatti: “Il grande orecchio americano in ascolto dai cavi di Palermo”. Centotrentunmilaseicentosettantanove: è il numero di chilometri di cavi di fibra ottica che, dopo aver attraversato il Mediterraneo, atterrano in Sicilia. In quei cavi, spiega Gatti, passa il 100 per cento delle telecomunicazioni non satellitari che escono dall’area strategicamente più delicata al mondo, ovvero Medio Oriente e mondo arabo. Secondo Greenwald Gran Bretagna e Stati Uniti hanno accesso a quei cavi.
Gatti ha interpellato Vito Gamberale e Gian Mario Rossignolo, che sarebbero venuti a saperlo solo nella primavera del 1998, quando erano rispettivamente direttore generale e presidente di Telecom Italia. Un rappresentante dell’intelligence americana presentò loro la richiesta di accesso a quegli snodi chiave della rete di cavi di fibra ottica. Rossignolo racconta che Gamberale gli spiegò di aver avuto questa richiesta, e che intendeva dargli corso: “Non vedevo perché si dovesse dare accesso ad enti stranieri e permettere loro di operare sul nostro territorio. Perciò dissi di non procedere all’autorizzazione, a meno che non avessi avuto la richiesta di farlo dalle autorità politiche”. All’epoca presidente del consiglio era Romano Prodi. La versione di Gamberale è leggermente diversa: “La richiesta a me arrivò da un nostro dirigente, venuto a parlarmi assieme a un funzionario esterno. Non ricordo chi fosse, ma era una persona con un ruolo istituzionale, la quale mi riferì della richiesta degli americani”, “era chiaro che la questione richiedeva una verifica politica”, “quindi andava sottoposta agli organi di governo. Cosa di cui decise di farsi carico lo stesso Rossignolo”. Rossignolo racconta di aver chiesto una risposta a Prodi: “Non fu data. Per cui decisi che la cosa non sarebbe stata fatta. Non so però cosa successe dopo, perché ad ottobre poi a Palazzo Chigi andò Massimo D’Alema. E io rassegnai le dimissioni da presidente di Telecom”. Anche D’Alema, interpellato da Gatti, invoca la dovuta cautela poiché il tema dei rapporti con servizi stranieri è coperta da segreto di Stato, come ha confermato anche la sentenza della Consulta sul caso Abu Omar. Detto ciò posso invece dichiarare che nessun governo italiano, tanto meno quello da me presieduto, ha mai autorizzato gli americani ad effettuare intercettazioni di cittadini italiani”. “Ho detto quel che posso dire, non mi piace violare le leggi dello Stato italiano”.
Su La Repubblica, Carlo Bonini: “26 reti sotto il mare, così le spie di Washington pescano i segreti dell’Italia”. Bonini scrive che Edward Snowden a giugno aveva riferito all’Espresso che l’Italia e il suo governo non hanno avuto destino diverso da quello tedesco o francese. Il settimanale in edicola dà conto del lavoro di intercettazione sui cavi sottomarini di americani e inglesi. La difesa della sovranità nazionale dell’Italia e della sua sicurezza cibernetica – scrive Bonini tentando di spiegare il realismo del governo, che evita di dare per certo ciò che non può – al largo dei nodi della sua rete domestica: Mazara del Vallo, Olbia, Otranto e Civitavecchia, Savona e Palermo, ovvero un tratto chilometrico assai breve rispetto alle 26 dorsali di cavi sottomarini che la attraversano.
Per tornare alle reazioni tedesche, il Corriere della Sera nella sua corrispondenza titola: “Incredulità a Berlino, ma anche il governo finisce sotto accusa”. Si ricorda che nel luglio scorso venne chiesto ad Angela Merkel se avesse avuto la percezione di essere controllata. Il Der Spiegel ricorda come la Cancelliera abbia reagito con sorpresa usando queste parole: “Non sono al corrente di niente, altrimenti avrei riferito al comitato di controllo parlamentare”. All’epoca insomma prevalse la linea morbida, ma oggi tutti in Germania vogliono evitare di apparire indulgenti con gli Usa: il ministro degli esteri Westerwelle ha convocato l’ambasciatore Usa per spiegazioni, il suo collega della difesa Thomas de Mazière ha sottolineato come dopo quanto accaduto niente può tornare come prima. E il Presidente della Spd Gabriel ha dichiarato che “è difficile immaginare di negoziare l’accordo di libero scambio tra Ue e Usa se la libertà e i diritti personali dei cittadini europei sono messi in pericolo”. A parlare, sottolinea il Corriere, non è più il leader dell’opposizione ma l’uomo che probabilmente diventerà il vicecancelliere nel governo di Grande Coalizione.
Riforme, Forza Italia
Su Libero si definisce “irrituale” il vertice tenutosi ieri al Quirinale sulla legge elettorale: l’iniziativa ha coinvolto il ministro per le riforme Quagliariello, il ministro per i rapporti con il Parlamento Franceschini, i capigruppo Pdl, Pdl e Scelta Civica al Senato (Zanda, Schifani e Susta), oltre alla presente della Commissione Affari Costituzionali del Senato Finocchiaro. E il titolo dell’articolo è il seguente: “Napolitano fa il premier: ‘Ora la legge elettorale’. Il capo dello Stato striglia la maggioranza: non deve decidere la Consulta. Mentre Grillo ne chiede l’impeachment’”. Anche in prima pagina su Il Giornale il direttore Sallusti considera un fatto senza precedenti il vertice al Quirinale: “Visto che la maggioranza è paralizzata, il Quirinale si è preso i pieni poteri e commissaria il Parlamento, dettando temi, tempi e soluzioni”, “ma che razza di democrazia è questa?”.
Su Il Fatto: “Parlamento in quarantena. Il Colle riscrive il Porcellum”. “Ultimatum ai partiti: legge elettorale prima della sentenza della Consulta, ma l’accordo non c’è, e Napolitano si prepara ad utilizzare un decreto”. La Repubblica sintetizza nei titoli la reazione degli esclusi dal vertice: “Lega e Sel: inaudito. Grillo: impeachment”. Alle 21.15 di ieri, dopo una giornata di polemiche, dal Colle hanno fatto sapere che il Presidente della Repubblica “si riserva di ascoltare i gruppi di opposizione nelle modalità più opportune”.
“Ritorno a Forza Italia e incarichi azzerati”, titola il Corriere della Sera, dando conto delle scelte di Silvio Berlusconi. Per oggi ha convocato un ufficio di presidenza che dovrebbe votare la proposta di ritorno a Forza Italia con annesso azzeramento degli incarichi, a partire da quello di Alfano come segretario, per finire con quelli dei coordinatori. “La vendetta si serve fredda”, sibilano i falchi plaudendo alla scelta di lanciare Forza Italia e defenestrare il segretario, leader di quegli innovatori che ancora 4 giorni fa al Senato si contavano, firmando una lettera a difesa del governo, che era un modo per dire che i numeri per la sopravvivenza dell’esecutivo erano dalla loro parte e Berlusconi non aveva più armi. Ma l’ex premier ha voluto dimostrare, a loro ma soprattutto a tutti i loro avversari, o possibili interlocutori, dai magistrati al Pd – per arrivare al Capo dello Stato – di possedere ancora l’arma più importante, ovvero il partito. Ne torna presidente e dominus assoluto, marginalizzando i governativi che adesso non escludono la scissione.
Su Il Giornale: “Il Cav accelera su Forza Italia ma resta il gelo con Alfano”. Per il quotidiano la riunione di oggi è la “cartina di tornasole” del braccio di ferro interno al Pdl, tra colombe e lealisti, con i secondi che chiedono la confluenza del partito in Forza Italia con conseguente azzeramento delle cariche e pieni poteri al Presidente (cioè Berlusconi). Alfano, insomma, dovrebbe lasciare la poltrona di segretario, cosa che il ministro dell’Interno non gradisce affatto perché rappresenterebbe nei fatti una sorta di ridimensionamento.
Secondo Libero sono sempre più forti le voci di una discesa in campo della figlia Marina.
E nella pagina di fianco: “Fredda, parziale o totale. La scissione è a un passo”, “Alfano al bivio: o accettare le condizioni del leader o uscire dal partito. Per fondarne un altro, alleato o addirittura per crearne uno rivale”. Nell’incipit dell’articolo: “Non è questione di ‘se’. La spaccatura nel Pdl è scontata”. E i tempi non potranno che essere brevi. Tutto verte sul come: le carte le dà Berlusconi, se indicasse Alfano come successore per i governativi la faccenda si chiuderebbe lì. Ma l’ipotesi no è all’ordine del giorno, visto che per stasera il Cavaliere ha convocato un ufficio di Presidenza in cui proporrà la confluenza del Pdl in Forza Italia 2.0, l’azzeramento delle cariche e l’incarico di presidente a se stesso. Un reset che significherebbe la vittoria di Raffaele Fitto, capo dei lealisti, a meno che all’ultimo momento non spunti qualche riconoscimento del ruolo di Alfano nel nuovo partito: ad esempio la vicepresidenza di Forza Italia, da assegnargli al consiglio nazionale dell’8 dicembre. “Difficilmente per Angelino potrebbe bastare. Per molti dei suoi, a partire dai ministri Quagliariello e Lorenzin, di sicuro no”, commenta il quotidiano. Una delle ipotesi all’ordine del giorno, secondo Libero, è una scissione vera e propria, tra un Forza Italia colonizzata dai falchi e un Pdl governativo affidato ad Alfano. Pur sempre, comunque, una mossa concordata col Cavaliere, il che consentirebbe ai due partiti di presentarsi alleati alle elezioni.
Sergio Chiamparino ha annunciato le dimissioni da Presidente della Compagnia di San Paolo a seguito di un avviso di garanzia ricevuto in relazione ad indagini in cui viene accusato di abuso d’ufficio. La magistratura torinese, scrive il Corriere, aveva avviato una inchiesta sulle concessioni ai locali – bar, discoteche, birrerie – sotto le arcate della sponda del Po che lambisce la centralista piazza Vittorio Veneto e conosciuta come Murazzi.A Chiamparino la magistratura contesterebbe la delibera con la quale nell’agosto 2009 vennero rinnovate le concessioni dei Murazzi. Sarebbero state approvate nonostante alcune irregolarità, tra le quali le presunte parziali inadempienze nel pagamento dei canoni. Chiamparino ha motivato le dimissioni spiegando che in questo modo si evitano possibili danni reputazionali alla Fondazione San Paolo. E si è detto pronto a collaborare con la magistratura con serenità: “Si tratta di un atto dovuto”, ha detto ieri il Procuratore capo Caselli.
Sullo stesso quotidiano si scrive che il Consiglio della Compagnia San Paolo è già orientato a rifiutare le sue dimissioni, e lo stesso Chiamparino sa bene che non resterà in Fondazione per sempre, e che prima o poi chiederà il ritorno alla politica.
La Repubblica: “Lunedì Chiamparino entrerà dimissionario in consiglio generale, ma uscirà presidente. Nessuno, tranne Fratelli D’Italia, sembra intenzionato ad attaccare l’ex sindaco”.
Internazionale
Su La Repubblica: “Tunisia nel caos, rivolta contro il potere islamista”, “laici in piazza per contestare il partito Ennahda: ‘tollera gli integralisti’. Scontri e feriti”. Nei giorni scorsi, si ricorda la polizia aveva condotto una offensiva contro i miliziani di Ansar El Sharia, conclusasi con una decina di jihadisti uccisi. Ma in successivo raid erano morti sei agenti, in una zona vicina a Sidi Bou Said, e un altro a Menzal Bourghiba, poco lontano dalla capitale.
La Stampa intervista il candidato sindaco a New York, l’italo-americano Bill de Blasio: “Con me New York diventerà la capitale dell’eguaglianza”, “C’è la New York dei ricchi, che brilla, e quella dei poveri. Ora dobbiamo la possibilità di muoverci verso una società più inclusiva”, “Edifici economici accanto ai nuovi grattacieli di lusso per permetter alla gente di restare in centro; scuole e ospedali di quartiere”.